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Autore: Juliet8198    02/09/2020    1 recensioni
Vivevano in un sogno meraviglioso. In quel mondo fittizio, i due ragazzi potevano fare quello che volevano ed essere quello che volevano. Potevano toccare le stelle e vivere in fondo al mare. L'unico limite era la loro immaginazione.
Ma i sogni nascondono ciò che temiamo di più. Essi liberano le ombre che cerchiamo di reprimere nella parte più nascosta della nostra psiche.
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-Tutto questo...non è reale.-
-Lo so, ma tu lo sei. Noi lo siamo. Questo mi basta. Questa può essere la nostra realtà.-
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jimin spalancò gli occhi e rimase a fissare con crescente meraviglia il giovane, che si stava toccando il retro del collo in un gesto di estremo imbarazzo mentre incollava lo sguardo al pavimento. 

 

Doveva ammettere che i suoi ricordi erano davvero accurati. Rammentava ancora alla perfezione i gesti, le occhiate e il tono della voce del suo migliore amico nel giorno in cui lo conobbe per la prima volta. A guardarlo così, però, gli appariva decisamente più basso e più infantile di quanto se lo ricordava. Taehyung a sedici anni assomigliava decisamente ad un bambino. Vedendo gli occhi stralunati della sua copia sul pavimento, il ragazzo ebbe quasi l'istinto di ridere. Già. Taehyung a sedici anni assomigliava ad un bambino, se teneva la bocca chiusa. 

 

Nel momento in cui Jimin lo sentì parlare per la prima volta, il netto contrasto quasi cozzante tra il suo viso innocente e la sua voce profondamente baritonale lo fece rimanere di sasso. La sua giovane copia rimase infatti in silenzio ad osservare quel bizzarro elemento che aveva appena rumorosamente fatto irruzione nella sua nuova casa, con una voce assurdamente affascinante e un marcato accento che gli strideva nelle orecchie. Da dove veniva? Sembrava mescolare una serie di cadenze e dialetti diversi, ma aveva vagamente il suono di Gyeongsang. 

 

-Io sono Jimin.- replicò semplicemente la sua copia, aprendosi in un sorriso che gli socchiuse le palpebre, riducendo drasticamente il suo campo visivo. 

 

Taehyung sollevò finalmente lo sguardo, rilassandosi a sua volta in un sorriso che gli metteva in mostra tutti i denti. Era strano, quel suo modo di sorridere, ma era anche irresistibilmente adorabile. 

 

-Piacere Jimin...ssi?- 

 

La sua voce si sollevò di qualche tono al calare della frase, accompagnata da un'espressione interrogativa negli occhi. La sua copia continuò sfacciatamente a fissarlo con curiosità. 

 

-Di che anno sei?- gli chiese allora seccamente. 

 

Taehyung arruffò le sopracciglia in un cipiglio indeciso. 

 

-Novantacinque.- replicò allungando le labbra in una sorta di broncio bambinesco. 

 

Jimin osservò la sua copia con uno sbuffo divertito, mentre poteva quasi sentire di nuovo il pensiero che in quel  momento era lampeggiato  nella sua testa. 

 

"Ma questo da che pianeta è caduto?" 

 

-Allora Jimin va bene. Sono un novantacinque anche io.- mormorò infine il ragazzino, sollevandosi finalmente da terra. 

 

Il sorriso tornò sul volto di Taehyung velocemente come se n'era andato e gli fece brillare gli occhi di una particolare luce che Jimin aveva sempre trovato invidiabile. 

 

-Spaziale.- 

 

La copia corrucciò il viso in confusione, osservando il ragazzino con il berretto rosso. 

 

"Ma questo come parla?"

 

Lo spettatore, fermo nell'angolo della scena, sentì un piacevole solletico al petto. Quel solletico aveva sollevato parte del peso che gli comprimeva lo sterno e che lo faceva respirare a fatica. Aveva anche leggermente allentato la morsa di angoscia che minacciava di chiudergli la trachea. Era come una bibita ghiacciata in un giorno di arsura o come una fontana di cioccolato dopo un mese senza dolci. Una sensazione di piccola, ma indomita allegria che risolleva la giornata. 

 

-Ehi, Jimin, dovrebbe essere arrivato il tizio nuovo...- 

 

La voce di Namjoon fece improvvisamente irruzione nel salotto, annunciando la sua imminente presenza nella stanza. Quando il corpo del ragazzo fece il suo ingresso, però, il silenzio calò su tutte le figure presenti. 

 

-Oh ciao, sei arrivato! Tu devi essere Taehyung, giusto? Io sono Namjoon!- 

 

Jimin non ce la fece. Fu più forte di lui. Il suo petto scoppiettò leggermente in una breve risata, che lo portò a singhiozzare in modo imbarazzante. Non poteva farne a meno, d'altronde. La faccia di Tae davanti al ragazzo più grande, che aveva fatto il suo glorioso ingresso con solo un paio di boxer indosso e i capelli scarmigliati, era la cosa più divertente dell'universo. Il ragazzino aveva velocemente percorso il corpo di Namjoon, per poi lasciarsi scappare un'espressione sconvolta in cui le sue labbra avevano assunto una buffa piega all'ingiù e infine abbassare gli occhi sul pavimento il più velocemente possibile. 

 

 

La scena venne lavata via come un dipinto sciolto dall'acqua. I colori persero chiarezza man mano che l'inchiostro sbiadiva e veniva spinto via fino a formare nuove immagini, nuove forme, una nuova composizione.

 

La risata che era nata nel petto di Jimin morì velocemente, senza avere il tempo di crescere e lasciargli una piacevole sensazione nell'anima. Tornò la solitudine. Tornò l'angoscia insieme alla disperazione e all'incertezza. E tornò la pesante consapevolezza del fantasma che lo teneva per mano al suo fianco. Stava ridendo sommessamente. Ma quella risata era così... priva di corpo. Priva di anima. Assomigliava a quella di Jein ma non aveva quella calda allegria e quell'incontenibile ironia che esplodevano in lei. 

 

Il petto di Jimin tornò ad essere oppresso da macigni pesanti quanto il mondo. 

 

-Pronto?- 

 

La voce di suo padre riempì il piccolo salotto della casa in cui era cresciuto. Il suo tono leggermente impaziente aveva attirato lo sguardo dei due ragazzini spaparanzati sul divano, intenti a giocare ai videogiochi. Erano sospesi a mezz'aria, pendevano dalle sue labbra come se fossero ancorati ad esse con un amo. 

 

-Ho capito, grazie mille. Fra quanto?- 

 

L'uomo continuò la conversazione cercando di appianare la voce e non lasciare trapelare alcuna emozione, ma l'impresa non gli riuscì completamente. Jimin poteva ancora percepire le note di eccitazione e fierezza velate da una sfumatura di preoccupazione e apprensione. La sua copia lo fissava con le palpebre spalancate, incapaci di chiudersi. Erano talmente fisse sull'uomo che il ragazzo poteva giurare che i suoi occhi erano pronti a versare un mare di lacrime, dato l'inusuale scintillio che vi aveva preso piede. 

 

-Perfetto. La ringrazio, arrivederci.- 

 

L'uomo abbassò il telefono e chiuse la chiamata. Dopo un lungo, interminabile istante di silenzio, voltò lo sguardo verso il maggiore dei suoi figli. Tutte le emozioni che fino a qualche momento prima aveva orgogliosamente tentato di nascondere, inondarono improvvisamente il suo viso come alta marea. 

 

-Hai passato l'audizione. Fra due settimane devi essere a Seoul.- mormorò con la voce leggermente tremolante. 

 

Le dita della copia di Jimin fecero scivolare il controller che fino a poco prima stringevano nervosamente, provocando uno schianto di plastica sul pavimento. Finalmente serrò gli occhi, stringendo le palpebre così forte che anche se le lacrime non avessero voluto uscire, furono strizzate fuori a forza. 

 

Jimin osservò quello che era stato l'inizio di tutto. Un ragazzino che a sedici anni stava realizzando il suo sogno, che di lì a poco avrebbe lasciato alle spalle la famiglia per ritrovarsi completamente solo in una città fin troppo grande per lui. Ricordava quanto era felice, quel ragazzino. Aveva appena vinto la lotteria della vita. Il biglietto di un treno che capita una sola volta. E lui era pronto a salirci, su quel treno. Lo era per davvero. Nonostante ciò, c'erano cose che era difficile lasciare indietro. Era doloroso il pensiero di non poterle impacchettare e infilare in valigia, insieme alle magliette e alle sue sneakers preferite. 

 

Una di queste si alzò dal divano in uno scatto, lanciando il controller che aveva stritolato fra le mani e chiudendosi in camera sbattendo violentemente la porta. Le spalle della copia sussultarono dalla sorpresa, mentre lo spettatore sentiva una vecchia ferita riaprirsi in uno squarcio pulsante, come se qualcuno l'avesse perforata con una lancia. Pensava che ormai fosse guarita, ma si sbagliava. Non c'era alcuna cicatrice, solo carne viva, sensibile e sanguinante che veniva lacerata sempre più dai suoi sensi di colpa. 

 

Suo fratello aveva solo quattordici anni quando lui se n'era andato da Busan. Era un moccioso con cui litigava fin troppo spesso e che in alcuni giorni gli faceva fortemente desiderare di essere nato figlio unico. Era il suo peggior nemico e il suo miglior amico, prima di conoscere Tae. 

 

-Vedrai che gli passerà.- 

 

Suo padre, con un tono di voce magicamente confortante, gli aveva passato una mano sulla schiena, osservandolo con un sorriso incoraggiante. 

 

Jimin lo aveva guardato con il volto diviso a metà. Una parte che voleva abbandonarsi alla felicità, l'altra che indulgeva nel mare di sensi di colpa che lo stavano affogando. Traendo un lungo sospiro, la copia si alzò a sua volta dirigendosi verso la porta che era appena stata chiusa con fin troppa veemenza e vi si appoggiò contro con tutto il corpo. 

 

-Jihyun.- disse con tono appena sufficiente a penetrare il legno dell'ostacolo. 

 

-Non appena te ne andrai, venderò tutte le tue cose su Ebay e trasformerò la tua stanza nella mia salagiochi! Perciò non pensare neanche di ritornare perché tanto io qua non ti voglio!- sentì urlare rabbiosamente in risposta. 

 

La figura appoggiata alla porta si accovacciò, accartocciandosi su se stessa come un pezzo di carta sciupato e spiegazzato. I suoi occhi persero la scintilla di felicità e soddisfazione che fino a prima erano riusciti a conservare mentre una parola si incideva nella sua testa, marchiata a fuoco dalla sua sadica coscienza. 

 

"Perdonami."

 

 

Mentre l'aria sembrava diventare più rarefatta intorno a Jimin e il suo petto bruciava come se fosse stato trafitto da una raffica di proiettili, una fredda carezza gli sfiorò la guancia. 

 

"Basta. Lasciami stare." 

 

-Lasciami stare.- mormorò con voce insufficientemente decisa.

 

-Amore mio, se è troppo doloroso per te possiamo andarcene.- rispose lei, sorda al suo blando ordine. 

 

Avvicinandosi ancora di più al suo corpo con la sua gelida presenza, arrivò a centimetri dal suo orecchio con la stessa solennità di qualcuno che sta che confessare il segreto più ambito del mondo. 

 

-Possiamo tornare a casa nostra. Quella che abbiamo costruito insieme. La nostra casa sul lago.- 

 

"Stai lontana da me." 

 

Jimin tenne lo sguardo davanti a sé e al corridoio di una scuola che stava lentamente prendendo forma. 

 

-Possiamo tornare da nostro figlio.- sussurrò lei, facendo penetrare la sua voce in ogni fibra del corpo del ragazzo. 

 

La instillò dentro di lui come un cancro, un morbo maledetto che divora dall'interno, portandoti all'autodistruzione. 

 

"Ti prego." 

 

"Torniamo alla nostra vita." 

 

Quel tarlo era ancora dentro di lui, si era impiantato nel suo stomaco cibandosi delle sue paure e delle sue insicurezze dal momento in cui la casa che aveva immaginato per la sua famiglia era crollata su se stessa, fragile come carta. 

 

Doveva rimanere concentrato. Jein lo aspettava. Tae lo aspettava. Il gruppo e la sua famiglia lo aspettavano. 

 

-Staremo al sicuro...- 

 

Il trillo della campanella interruppe quel veleno corrosivo con puntualità provvidenziale. Il corridoio della sua vecchia scuola si presentò a lui con il suo fiume impetuoso di studenti assonnati e le sue file infinite di armadietti cigolanti e un po' ammaccati. E lì, appoggiata alla superficie metallica con estrema eleganza, c'era niente meno che lei. 

 

Kim Miyon. 

 

Jimin vide distrattamente la sua copia avvicinarsi a lei con una terribile t-shirt troppo hipster perfino per l'epoca e i pantaloni calanti come allora adorava portare. 

 

-Volevi parlare? O avevi solo voglia di vedermi?- 

 

Il quindicenne si appoggiò accanto alla ragazza portando il peso su una gamba in una posa cool e un'espressione sbarazzina sul viso. Allora era convinto di essere un gran figo, sopratutto da quando aveva iniziato ad uscire con una delle ragazze più belle della scuola. 

 

Miyon sembrava essere la perfezione fatta a persona. I suoi capelli lunghi e lucenti erano sempre in ordine e il suo viso così ben proporzionato portava costantemente quel lieve strato di trucco appena notabile e che ispirava a pensare che fosse una bellezza naturale. Era diventata la sua ragazza quattro mesi prima, dopo essersi proposta a lui sotto l'enorme sorpresa di tutti i suoi amici, che lo osservavano con invidia ogni volta che sfilava per i corridoi con lei. 

 

Si sentiva il re del mondo. In quei quattro mesi aveva avuto più autostima che in tutta la sua vita. Doveva immaginare che, proprio per questo motivo, la caduta sarebbe stata assai dolorosa. 

 

-Voglio rompere.-

 

CI SIAMO QUASI! 

Ebbene sì, cari lettori, lettrici, gatti, topi, porcospini vari...

Manca davvero poco al gran finale. Penso che in circa cinque capitoli chiuderemo la storia. Mi sembra volata questa esperienza in confronto a Déjà vu. Pensavo anche che fosse più corta ma come numero di parole siamo più o meno lì. 

E dunque, dato che la chiusura è imminente, sono già work in progress per la prossima creatura. 

Vi avevo parlato in precedenza dell'idea ispirata a Daechwita ma, sadly, penso che non sarà lei la vincitrice questo giro. Non la sento ancora pronta dal punto di vista della trama e conosco ancora troppo poco della storia coreana per poter scrivere un'ambientazione coerente. 

Detto ciò, ho altre due idee che stanno macinando nella mia testa. La prima verrebbe probabilmente in forma di storia breve e sviluppava l'idea dei membri dei BTS come personificazioni delle stagioni (lo so, è un'idea molto figa). Purtroppo anche lei non la sento ancora pronta nella mia testa perciò forse per ora la metterò da parte in un angolino della mia mente. 

L'ultima proposta, forse quella definitiva, è un AU sulla hanahaki. Mi piaceva molto l'idea è forse la unirò al concetto di anima gemella (da un punto di vista più scientifico che spirituale). Sono molto carica perché ho in mente di renderla molto più allegra rispetto alle precedenti, anche se la nostra dose di sofferenza quotidiana ci sarà sempre in una certa misura XD se no non potrebbe essere una storia sulla hanahaki. Forse, forse, forse... potrei avere già pronta la copertina. 

Se sono abbastanza convinta, potrei fare anche il reveal al finale di questa storia. Cosa dite? 

 

 

 

 

 

 

   
 
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