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Autore: Scarlet Jaeger    06/09/2020    4 recensioni
"Ma a volte
l'amicizia fra maschio e femmina non è fatta per
durare a
lungo, perché prima o poi uno dei due finisce per innamorarsi
dell'altro."
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 37
 
 
Riuscimmo ad andare a trovare Rei in ospedale solamente quando fu l'ora consentita alle visite e lo facemmo entrando tutti insieme a passo di carica. Takao, Max ed il Prof entrarono per primi, mentre io e Kai rimanemmo a debita distanza, nonostante anche il nostro passo trasportasse una certa urgenza. Rimasi un po’ titubante, perché non sapevo cosa avrei visto. Non sapevamo se il nostro compagno fosse sveglio, ma riuscii a tirare un sospiro di sollievo quando lo vidi con gli occhi aperti. Era steso sul letto, con la testa poggiata su due cuscini per stare più rialzato, e nonostante fosse attaccato ad una flebo mi sembrava che stesse molto meglio. Per lo meno ci sorrise quando entrammo.
La cosa che mi saltò più all’occhio però, fu il fatto che Mao gli stava tenendo una mano fra le sue con fare amorevole. In quel momento capii come doveva essersi sentita, perché probabilmente mi stavo sentendo alla stessa maniera. Ma lo sguardo della ragazza, dopo essere scorso su tutti i membri dei Bladebreakers, si fermò infine su di me e dall’espressione che fece mi resi conto che lei e Rei dovevano aver parlato di molte cose, incluso quello che era successo tra me e lui. Mandai giù un groppo amaro di saliva e serrai le labbra, cercando di sorriderle, ma che fosse un gesto incredibilmente nervoso lo capì anche lei.
Rimanemmo con il nostro compagno per circa una mezz’ora prima di lasciarlo riposare ed in tutto quel tempo mi decisi a non avvicinarmi più di tanto al letto. Lo avevo fatto solamente appena entrata, dopo qualche attimo di esitazione, e solo per chiedergli come si sentisse. Lui mi rispose affabile, con il suo solito tono dolce che mi aveva sempre mandata in brodo di giuggiole. In quel momento capii che finalmente doveva essere in pace con sé stesso. In fondo aveva portato a termine ciò che si era prefissato di fare e ciò che ci aveva promesso. Ci aveva regalato una strabiliante vittoria, se pur a caro prezzo.
«Rimettiti presto amico!», gli disse infine Takao, porgendogli la mano in segno di saluto, ma lo sguardo di Rei saettò subito su di me e quello non passò inosservato agli occhi attenti della sua compagna.
Io mi limitai a ricambiare l’occhiata e quella volta lo feci col sorriso. Non mi feci fermare dall’invidia o dalla gelosia della ragazza, perché volente o nolente io volevo troppo bene a Rei per ignorarlo in quel momento delicato. Volevo che almeno lui sapesse quanto ci avesse fatto preoccupare.
«Non preoccuparti, mi rimetterò presto!», mi sorrise, decidendosi a rivolgermi la sua attenzione. Ci sarebbero state molte cose che avrei voluto chiedergli, compreso cosa si fossero detti lui e Mao o se fossero arrivati entrambi ad una conclusione riguardo i loro sentimenti, ma non dissi nulla. Non mi sembrava il momento adatto, soprattutto non di fronte a tutte quelle persone. Era una questione privata tra me e lui.
Così gli sorrisi ancora, decidendomi finalmente a raggiungere la sua posizione e stringere la mano che mi aveva allungato per salutarmi.
«Ti aspetto», gli dissi affabilmente e mi costrinsi a non alzare lo sguardo dai suoi occhi ambrati. Se lo avessi fatto, avrei sicuramente notato l’occhiata contrariata che invece mi aveva riserbato la componente dei White Tigers.
Cosi tornammo in Albergo in silenzio, un po’ più rincuorati di quando eravamo entrati però. Solamente Takao parlava, principalmente a sproposito, e sicuramente lo stava facendo per scaricare tutta la tensione che doveva aver provato da quando Rei aveva messo piede sul Beyblade Stadio. Inoltre capii che era molto nervoso per l’incontro che avrebbe dovuto combattere il giorno dopo contro Yuri, il miglior esponente della squadra Russa. Sarebbe stato un osso duro, sapendo anche quanto giocassero sporco i Blader di Vorkof, e penso che lo sapesse anche lui.
Dopo cena, nel quale assistetti alle solite scene del nostro capitano che mangiava come se non ci fosse stato un domani e di Max che spremeva maionese su ogni piatto facendoci vergognare tutti, ci ritrovammo nella camera di questi ultimi per limare gli ultimi dettagli riguardo la finalissima. Io non avevo molta voglia di interagire e parlavo solo se interpellata. Mi ero seduta sul letto di Takao, mentre gli altri ragazzi erano seduti sui divanetti della stanza. Tranne Kai, che se ne stava in piedi a braccia conserte a poca di stanza da loro. Le vecchie usanze non le avrebbe mai abbandonate.
Quando finalmente decidemmo che fosse giunta l’ora di andare a dormire, mi resi conto che, in assenza di Rei, avrei dovuto condividere la stanza solo con Kai e quello portò il mio cuore ad agitarsi. Mi sentii avvampare quando lui chiuse la porta della nostra camera alle spalle, soprattutto perché subito dopo mi penetrò con un’intensa occhiata. Sembrava come se avesse voluto dirmi qualcosa ma non sapeva come farlo, quindi non mi restò altro da fare che sedermi sul letto matrimoniale con l’aria abbattuta. Forse fu la mia espressione a convincerlo a parlare.
«Non dovresti essere triste, in fondo hai visto anche tu che sta molto meglio. E poi non hai avuto quello che hai sempre sognato?»
Sentii la sua voce rompere il silenzio dopo alcuni secondi, mentre andava a sedersi sul suo letto per parlarmi a quattrocchi, ma in un primo momento non capii il senso delle sue parole e credo che la mia espressione confusa glielo avesse fatto capire. Lui alzò gli occhi al cielo, leggermente spazientito, ma quello non gli impedì di continuare a parlare.
«Parlo di Rei», iniziò, «si vede lontano un miglio che sei triste e pensierosa per lui, come lo sei stata per tutto il mondiale. Lo capirebbe anche un bambino che sei innamorata di lui…», storse leggermente il labbro, come se determinati sentimentalismi fossero troppo per lui. «Ma non hai sempre desiderato che lui ricambiasse? Beh, ora ricambia, no?», concluse e mi meravigliai molto del fatto che lui avesse voluto parlare proprio di quello. Ma forse era un modo per non finire a parlare del campionato o del match perso, perché non credo che a lui interessasse molto di ciò che c’era tra me e Rei. Tuttavia lo guardai un po’ di traverso, giusto per capire quanto potevo espormi a parlare con lui. È vero che avevo recuperato un po’ del vecchio rapporto che avevamo avuto in passato, ma non mi sentivo del tutto pronta a confidarmi con lui. Purtroppo tutti quegli anni passati avevano cambiato molte cose tra noi, compresa la sua capacità di capire gli intricati meccanismi del cuore di una ragazza. Non che ne fosse mai stato in grado comunque. Eravamo troppo piccoli al tempo per parlare di qualcosa che non fosse il Beyblade o la scuola.
«Non è così semplice», sospirai, afflosciando leggermente le spalle con fare abbattuto. «Anche se entrambi abbiamo ammesso di provare qualcosa l’uno per l’altra non vuol dire che sia tutto facile. Io sono molto confusa, e credo che lo sia anche lui. In fondo lui prova lo stesso sentimento per Mao», conclusi facendo spallucce e lo vidi aggrottare leggermente le sopracciglia. Non disse nulla però, perché credetti davvero che non sapesse cosa dire, e poi non era minimamente il tipo adatto per consolare qualcuno. Sono sicura che se avesse potuto, o solo se fosse successo qualche giorno prima, lui sarebbe scappato da quella stanza a gambe levate, per tornare forse il giorno dopo. Per fortuna invece non fece nulla di ciò, ma rimase in silenzio, fino a che non fui io a romperlo di nuovo.
«Sai Kai», dissi con voce malinconica, piantando gli occhi in un punto indefinito della stanza. «A volte vorrei essere come te. Tu hai vissuto fin ora pensando solo a te stesso, egoisticamente, come se ciò che ti succedeva attorno non avesse la benché minima importanza. Non c’era nulla che scalfisse la tua impassibilità e la tua freddezza, mentre io mi sono sempre fatta carico dei problemi di tutti. Essere sentimentali ed un po’ troppo altruisti stanca…»
Mi portai le gambe al petto come ero solita fare quando ero triste o pensierosa, o anche solo nervosa, ed abbassai lo sguardo per osservarmi le ginocchia. Avrei voluto guardarlo negli occhi, ma sapevo che non sarei riuscita a sostenere il suo sguardo. Per quanto continuassi ad essere attratta da Rei, era sempre stato Kai ad avere il primato nel mio cuore. E lo capii forse troppo tardi. Mi ero avvicinata a Rei soprattutto nei momenti di sconforto dovuti ai battibecchi con lo stesso Kai, o quando lui aveva delle uscite troppo sprezzanti nei miei confronti, e lo dimostrava il fatto che tutte le volte finivo a piangere tra le sue braccia. Però arrivai anche a capire che, se quella situazione non si fosse resa necessaria, probabilmente non ci saremmo mai avvicinati l’uno all’altra. Probabilmente avremmo continuato a trattarci da amici, nonostante l’attrazione reciproca, e quella constatazione, per quanto vera fosse, mi lasciò un po’ di amaro in bocca. Mi chiesi se quella era la conclusione alla quale era arrivato anche Rei…ma purtroppo per sapere la verità avrei dovuto chiederlo al diretto interessato.
«Non è facile nemmeno vivere come me…», ammise però Kai in risposta, e quando spostai di nuovo i miei occhi su di lui stava guardando altrove. Capii quanto fosse stata sofferta da parte sua quell’affermazione, perché in fondo c’era un motivo che io conoscevo fin troppo bene che spiegava il perché del suo innato scetticismo e della sua posata freddezza. Sicuramente non doveva essere stato facile vivere sotto il comando di Vorkof, dovevo riconoscerlo. A pensare a quello che doveva aver passato nella sua giovane vita mi si strinse il cuore e mi detti della stupida per aver pronunciato quelle parole.
«Scusa…», gli dissi infatti. «Indubbiamente mi dispiace per tutto quello che hai passato Kai…», sospirai, «ma forse dovrei pensare più a me stessa…», conclusi e siccome non avevo voglia di continuare a parlare, soprattutto perché lui sembrava essere del mio stesso avviso, mi alzai dal letto con in mano il mio pigiama e mi diressi in bagno per cambiarmi.
Quando tornai in camera, Kai aveva indossato la sua tenuta da notte e si era coricato supino sotto le coperte del suo letto. Stava osservando mestamente il soffitto, come se lì ci fossero state tutte le risposte a cui anelava. Non si voltò nella mia direzione nemmeno quando gli lancia un’ultima occhiata, prima di sprofondare nella solitudine di quel grande letto matrimoniale.
Mi decisi a spegnere la luce quando oramai ero sicura che da parte sua non avrei sentito più una parola e alla fine pensai che si fosse addormentato. Invece, dopo qualche attimo, in cui credevo di essere riuscita a trovare una posizione in cui riuscire a prendere sonno o scaldarmi, ecco che lui parlò di nuovo.
«Perché hai scambiato i nostri cuscini?», mi chiese, spiccio e diretto come solo lui sapeva essere e quelle parole mi fecero prendere un colpo. Per fortuna era buio, altrimenti mi avrebbe vista arrossire dall’imbarazzo. Inoltre non sapevo davvero come mi sarei dovuta giustificare. Non potevo certo dirgli la verità! Per cui feci passare alcuni secondi, in cui pensai veramente a cosa dire, prima di rispondere.
«Il tuo mi sembrava più comodo…», gli resi noto, cercando anche di farlo con il tono di voce più disinvolto possibile. Seppi per certo di non avergliela data a bere, soprattutto perché sentii ridacchiare nel silenzio della stanza, ma non disse altro ed io non mi azzardai a continuare.
Mi detti di nuovo della stupida e, voltandogli le spalle, sperai di sprofondare nelle braccia di Morfeo.
 
 
Purtroppo però il sonno non sopraggiunse ed io trascorsi circa due ore a voltarmi e rivoltarmi nel letto, alla disperata ricerca di un po’ di tregua. Avevo continuato a tormentarmi con mille pensieri, sia riguardanti i due ragazzi che avevano scombussolato il mio cuore, sia riguardo alla finale che Takao avrebbe dovuto disputare il giorno dopo. Ero così tanto nervosa ed ansiosa che finii a piangere senza un vero motivo e solo per sfogare tutta la tensione che provavo. Mi mancava Rei, perché vederlo dormire sereno accanto a me mi aveva dato una certa sicurezza in quegli intensi giorni, e mi mancava l’audacia per chiedere a Kai di coricarsi accanto a me come a volte avevamo fatto da piccoli. In quel momento sarebbe stata gradita anche la presenza di Takao ed il suo rumoroso russare pur di avere un po’ di conforto. Kai era molte cose, ma non era mai stato di molta compagnia in quel mondiale.
Mi ero talmente stufata di stare sdraiata senza riuscire a prendere sonno che alla fine mi portai seduta sul materasso con un sonoro sbuffo, prima che mi decidessi ad alzarmi dal letto spazientita per andare in bagno a sciacquarmi la faccia. Ero scossa da tremiti e singhiozzi per via del pianto e se non mi fossi data una calmata avrei sicuramente svegliato il mio compagno di stanza.
Tornai in camera dopo che mi fui rinfrescata il volto e quando mi chiusi la porta alle spalle per poco non mi venne un colpo.
Kai era in piedi tra il suo letto ed il mio, con le braccia conserte e l’aria decisamente contrariata. Faceva quasi paura, soprattutto perché era rimasto in penombra ad osservarmi di sottecchi, con gli occhi ametista che scintillavano nella mia direzione.
Serrai le labbra, dandomi la colpa per averlo svegliato, ma lui non mi dette modo di scusarmi.  In più il mio cuore mi stava di nuovo tradendo, perché iniziò a battere all’impazzata di fronte a quella vista. Sarebbe stato molto più facile per me se lui avesse continuato a dormire…
«Devi continuare a piangere ancora per molto?», mi chiese con una smorfia, ma nella sua voce, seppur fosse leggermente stizzita, non c’era rabbia.
«Non so di cosa parli…», gli risposi prontamente, anche se il mio tono incredibilmente nasale mi tradì seduta stante. Lui però sospirò, chiaro segno che fosse decisamente spazientito, e si avvicinò a me costringendomi a trattenere il respiro. Non riuscivo a capire quali fossero le sue intenzioni, né riuscivo a leggere la sua espressione. Kai era una maschera di apatia.
In ogni caso non disse nulla, mi prese solamente per un braccio e mi trascinò fino alla porta d’entrata, dove prelevò il mio cappotto.
«Mettitelo», mi disse esasperato, in un tono che non avrebbe ammesso altre repliche.
Io lo presi con un sopracciglio alzato, perché di nuovo non capii cosa gli passasse per la testa.
«Vuoi che esca in pigiama??», gli chiesi inoltre, iniziando anche io a spazientirmi verso tutto quel mistero, ma lui mi scoccò un’occhiata che mi impose di stare zitta.
Feci come mi aveva detto ed indossai scarpe e cappotto, osservando poi i suoi gesti. Anche lui aveva indossato il suo cappotto, sopra gli indumenti che usava come pigiama, chiudendo la cerniera fin sotto il mento e mettendo poi le scarpe. Lo vidi anche avvicinarsi al comodino e prendere qualcosa che infilò in tasca, ma dalla mia posizione non riuscii a vedere cosa fosse. Poi tornò verso di me, mi afferrò per un braccio e mi trascinò fuori dalla stanza intimandomi di non fare rumore.
Ero rimasta talmente scioccata da quel gesto che mi feci guidare senza dire una parola. Lasciai che mi tirasse per un braccio e mi beai della stretta che la sua mano aveva fatto attorno al mio polso. In più spostai lo sguardo ad osservare il suo profilo. La sua espressione era rimasta irremovibile, quasi spazientita, e probabilmente la colpa era mia.
In un primo momento non capii perché mi stesse portando fuori dall’Hotel, né dove mi stesse portando in generale, visto che dopo svariati passi sotto la neve ancora non si decideva a fermarsi.
«Dove stiamo andando?», gli chiesi dopo alcuni minuti di silenzio, decidendomi a spezzarlo.
Lui spostò i suoi occhi su di me con un’occhiata in tralice, senza neanche voltare la testa nella mia direzione e mi intimò un “lo vedrai” che mi fece storcere le labbra in una smorfia.
«Fa freddo…», gli resi però noto, stingendomi il cappotto addosso con la mano libera. Il gelo di Mosca in piena notte era qualcosa a cui non ero mai riuscita ad abituarmi. A lui invece sembrava non importare e mi chiesi se stesse facendo finta di non sentirlo oppure se non lo sentisse davvero. In più eravamo usciti con una certa urgenza, che mi aveva impedito di vestirmi un po’ più calda o anche solo di prendere un cappello.
In quel momento feci il primo starnuto.
«Siamo in Russia, il freddo è di casa…», liquidò invece la questione lui, che faceva sempre tutto facile. Quella constatazione mi fece imbronciare come una bambina a cui è stato negato qualcosa, ma mi imposi di non controbattere, tanto con lui sarebbe stato tutto inutile.
Continuai in silenzio a scorrere l’attenzione su dove stavamo andando, fino a che non finimmo in un parco giochi completamente coperto di neve.
«Eccoci», mi rese noto lui quando arrivammo al centro di quel parchetto, in cui neanche riuscii a capire le attrazioni che c’erano. Notai uno scivolo, un’altalena ed alcune panchine. Per quanto riguarda il resto dei giochi era troppo buio ed innevato per capire cosa fossero, ma fui estremamente sicura che Kai non mi avesse portato lì per giocare. Almeno non a quelli.
«Perché siamo qui?», gli chiesi infatti, spazientita, portandomi le braccia al petto quando finalmente lui mollò la presa che aveva fatto sul mio polso.
«Ero stanco di sentirti piangere», mi rispose facendo spallucce ed io serrai le labbra in un’espressione colpita, ma lui continuò prima che potessi controbattere. «Volevo fare qualcosa per aiutarti, ma non sono la persona adatta per farlo a parole», si aprì in un piccolo sorrisetto furbastro, «pensavo che ti sarebbe servita una distrazione…», concluse, impettendosi e portando anch’egli le braccia conserte al petto. Mi penetrò con uno sguardo leggermente assottigliato, che mi fece storcere le labbra ancora di più.
Però era riuscito nel suo intento.
Avevo smesso di piangere.
«Con una distrazione intendi una polmonite? Perché se continuiamo a stare impalati qui potrei non superare la notte!», commentai stizzita ma lui sbuffò appena, portando entrambe le mani alle tasche del cappotto. Solo in quel momento mi accorsi che erano piene di qualcosa che faticava a starci dentro.
«Ma che…», iniziai di nuovo, ma non feci in tempo a finire la fase. Lui mi lanciò contro qualcosa che riuscii a stento a prendere al volo e con mia somma meraviglia mi accorsi che si trattava di Star Pegaso col suo lanciatore.
Quando alzai gli occhi su di lui, notai che stava tenendo in mano il suo Dranzer.
«Ma certo, è chiaro…», ridacchiai dopo aver capito perfettamente le sue intenzioni. Mi aveva trascinata fin lì per sfidarmi, perché il Beyblade era sempre stata l’unica cosa che fosse mai riuscita a calmarmi. Ed aveva pensato bene.
In quel momento gliene fui immensamente grata, perché era dal nostro misero allenamento in Francia che non lanciavo il mio Bey ed avevo iniziato a sentirne la mancanza. Avevo lanciato Dranzer pochi giorni prima, certo, ma non era stata comunque la stessa cosa.
«In posizione!», intimò, senza lasciarmi altro tempo per pensare. Sono sicura che lo avesse fatto appositamente per non permettere alla mia mente di pensare ad altro se non alla sfida, così che il mio cervello fosse stato finalmente libero dai pensieri che continuavano a tormentarmi.
Lui l’aveva capito ed a modo suo stava cercando di aiutarmi.
In più era dai tempi in cui giocavamo insieme, molti anni prima, che non mi battevo con lui serenamente. Quella constatazione silenziosa bastò ad infiammare il mio spirito e farmi battere il cuore all’impazzata.
Dopo il lancio i due Beyblade iniziarono a rincorrersi per tutto il giardino innevato, colpendosi reciprocamente con violenti attacchi che ci costringevano a correre via dalla direzione in cui schizzavano. La neve continuava a scendere copiosa dal cielo e ci aveva bagnato già i capelli, ma a noi sembrava non importare. Dranzer dava la caccia a Star Pegaso, che riusciva a trovare riparo grazie alla semi oscurità procurata dalle attrazioni del parco. Gli occhi di Kai scintillavano nella direzione del suo Bey, mentre sul volto rilassato c’era un sorrisetto che conoscevo bene, perché era dai tempi in cui ci sfidavamo nel parco della nostra città che non lo vedevo.
In quel momento potei dire di essere stata davvero felice, libera di giocare con lui senza impedimenti, nonostante la nostra partita fosse finita in parità.
L’ultimo attacco ci aveva sfiniti entrambi e finimmo per accasciarci a terra sulla neve cercando di riprendere fiato, con Star Pegaso e Dranzer oramai fermi in mezzo a noi. In più mi presi qualche secondo per osservare meglio Kai, visto che lui aveva il volto rivolto verso il cielo e gli occhi chiusi. Ansimava per regolarizzare il respiro e non era mai stato più bello di così.
Cercavo di riportare alla memoria i vecchi tempi pur di scacciare il pensiero e ripensai alle nostre sfide e come mi sentivo ogni volta che finivamo in parità. Stavo provando le stesse emozioni di allora, anche se con una certa consapevolezza che mi portò a serrare le labbra con colpevolezza.
Non potevo certo dirgli che ero innamorata di lui, seppur la situazione potesse sembrare quasi romantica.
L’atmosfera fu spezzata da una raffica di starnuti, che feci riprendendo fiato a stento.
Mentre era in corso la nostra sfida avevo dimenticato tutto, sia dove eravamo, l’ora tara che era e sia il fatto che stava nevicando e che c’erano ben pochi gradi. Solo in quel momento realizzai che il mio corpo era scosso da molti brividi e che i capelli oramai quasi fradici mi ricadevano lungo il viso. Sentivo il naso e la punta delle orecchie ghiacciate, così come i miei piedi, dentro le scarpe non proprio adatte a stare sulla neve. A completare il tutto c’erano le mani gelate, che riuscii a muovere a stento.
«Kai…», lo richiamai infatti, provando ad alzarmi da terra, ma le mie gambe non sembravano più in grado di reggere il mio peso e crollai di nuovo in ginocchio.
Lui si accorse subito che qualcosa non andava, solo per come ero caduta come una pera cotta e come il mio corpo fosse scosso dai brividi.
«Hey…», lo sentii richiamarmi quando mi fu vicino e le sue mani furono l’unico conforto quando cercò di aiutarmi ad alzarmi. «Tutto bene?», mi chiese, seppur la sua espressione fosse decisamente allarmata.
«No», sentenziai in un primo momento, riuscendo a stento a parlare da quanto battevo i denti. «Ho freddo!», gli resi noto, cercando il più possibile di stringermi il cappotto addosso, ma per quanto ci provassi, oramai la neve aveva inzuppato anche quello. Lui invece sembrava così tranquillo che mi chiesi seriamente se fosse umano. «Tu no?», gli chiesi infatti e lo vidi serrare le labbra con colpevolezza. Probabilmente si stava dando la colpa per quanto successo, ma non disse nulla. E poi, conoscendo Kai, probabilmente era già entrato in panico ma non voleva darlo a vedere. Ero sicura che non si fosse mai trovato in una situazione del genere, ed avrebbe preferito continuare così…
«Torniamo in albergo. Hai bisogno immediatamente di una doccia calda!», sentenziò perentorio, prendendomi sottobraccio ed aiutandomi a camminare a ritroso sulla strada del ritorno.
Quando entrammo nella Hall dell’Albergo, a parte un’occhiata preoccupata da parte della receptionist, che però Kai liquidò con la sua solita indifferenza e col solito menefreghismo, notai che fossero le quattro del mattino…
Fine capitolo 37
 
 
°°°°°°°°°°
Colei che scrive:
Ma ciao e ben trovati in questo 37° e terzultimo capitolo ehehe (ebbene sì, mancano 3 capitoli alla fine, ma non temete!!)
In questo capitolo abbiamo trovato una Saya molto pensierosa ed un Kai che cerca di aiutarla in qualche modo ma…ahimé, ha fatto peggio XD e chissà come sarà per loro questa serata ehehehe ma io sono diabolica ed ho troncato il capitolo prima di farvi vedere come andrà a finire muahahaha sarà tutto nel prossimo aggiornamento! :P però sono curiosa di sapere come si comporterà Kai secondo voi! XD Mi piace scrivere questi aneddoti originali, è per questo che ho ingegnato ed iniziato a scrivere il continuo :D
Bene, spero che, nonostante l’originalità del capitolo, io abbia mantenuto almeno un po’ il carattere originale di Kai U.U ci tengo particolarmente <3
Bene, detto questo passo a ringraziare i miei meravigliosi recensori (davvero grazie di cuore <3), tutte le persone che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua ^_^
Vi lascio infine l'immagine del personaggio a cui mi sono ispirata per creare fisicamente Saya *-* (Virtual Aiko, da Virtual Yui <3 di cui l'anno scorso sono riuscita a farci il Cosplay *-* ps. Sì, sono una cosplayer <3 ehehe). Ps. adoro i personaggi con gli occhi viola *-* Sarà un caso?! Forse no! xD
Alla prossima!!!
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