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Autore: pippobaudo_    07/09/2020    2 recensioni
Courtney 'Wallis', eccezionale tirocinante presso il migliore studio legale del Canada e moglie di uno degli uomini più potenti della città... se solo se lo ricordasse.
Aiutata da un'acida coinquilina, un'artista gotica e un criminale con un'indecente cresta verde, riuscirà a ricostruire la propria vita passata tassello dopo tassello e a colmare il vuoto lasciato da uno spiacevole trauma?
Genere: Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Courtney, Duncan, Gwen, Heather | Coppie: Alejandro/Heather, Bridgette/Geoff, Duncan/Courtney, Duncan/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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LUNEDI’ 07 SETTEMBRE 2020
 
COURTNEY
Era seduta sulla chaise longue, nello studio del padre: questi l’aveva lasciata ad attenderlo per sbrigare qualche faccenda in segreteria, con la promessa, però, che al suo ritorno avrebbero consumato insieme il pranzo: sushi, il preferito di entrambi.
Fissò il soffitto pensando a cosa avrebbe dovuto raccontare al genitore… la pratica forense era iniziata nei peggiori dei modi, al servizio di quella bisbetica della Chang che non faceva altro che impartirle ordini a manetta o, peggio, rubarle le soluzioni dei casi; Heather, dopo il racconto del furto del libretto, rimasto ancora indecifrabile, aveva deciso di non rivolgerle più la parola, almeno fino a quando la spagnola non fosse rinsavita. Per quanto riguardava la sua memoria, di certo non poteva raccontargli di Duncan…
Duncan.
L’ultima volta che lo aveva visto risaliva alla notte passata insieme, scervellandosi su come decifrare il codice. Aveva pensato – e sperato - che ascoltando la sua storia, qualcosa potesse riaffiorare in lei, flashbacks o – perché no – sentimenti che fossero. Ma aveva provato solo la più totale indifferenza.
 
Sbuffando, cominciò, annoiata, a camminare avanti e indietro per la stanza, studiò ogni sopramobile, carta e fascicolo presenti sulla scrivania, finché una cartella psichiatrica catturò la sua attenzione: “Mike Doran”. Perplessa, sfogliò il suo contenuto: ad ogni parola, una nuova ruga si faceva largo sulla fronte.
'Questa sovrapposizione di appuntamenti deve finire' sbottò tra sé il signor Barlow aprendo la porta. Courtney, mise il fascicolo al proprio posto e cercò di apparire il più naturale possibile. 'Ho una segretaria incompetente, quando avrai un ufficio legale tutto tuo circondati di persone affidabili' le consigliò l’uomo alzando un indice nella sua direzione. 'Allora, quanta fame hai?'.
 
'Molta!' esclamò Courtney sorridendogli. 'Vai avanti, prendo la borsa e ti raggiungo' aggiunse la ragazza pregando che il genitore la assecondasse in quella piccola richiesta.
 
'D’accordo, chiudi la porta, tesoro'. Courtney tirò un sospiro di sollievo vedendo il padre dileguarsi verso il corridoio; veloce, fece quello in cui ormai era diventata brava: afferrò il fascicolo e lo infilò nella borsa.
 



 
HEATHER
Si stava mettendo accuratamente lo smalto rosso sulle unghie, leggendo distrattamente una rivista di moda rubata a Lindsay, quando il campanello appeso alla porta a vetri suonò, segno che un cliente era entrato. 'Siamo chiusi'.

'Lo siete sul serio o non hai voglia di lavorare?' le rispose una voce calda e molto familiare. Alzò lo sguardo dal giornaletto e in un attimo i suoi occhi furono incatenati a quelli del ragazzo. 'Le altre dove sono?'. Heather alzò un sopracciglio in disappunto.

'Perché? La nottata passata in mia compagnia non ti è bastata?' chiese lei soffiando sulle unghie della mano affinché lo smalto asciugasse. Il ragazzo ghignò leggermente avanzando verso di lei. 'Comunque non ci sono, giorno di ferie alla SPA. Quindi hanno affidato a me la gestione del negozio'.

'E com’è che lo staresti gestendo?' domandò Alejandro portandosi dietro al bancone con l’asiatica. 'Lo sai che ci sono le telecamere, vero?'.

'Lo sai che le so spegnere, vero?' terminò lei ignorando la sua vicinanza, finché non sentì qualcosa di freddo accarezzarle la spalla sinistra. L’asiatica notò di traverso la collana che il ragazzo era solito indossare; incuriosita ne prese il ciondolo, messo in risalto dai pettorali di Alejandro, e lo studiò attentamente soffermandosi su ogni dettaglio, accarezzando con le dita la lettera incisa sulla fronte dell’animale.

'È un oggetto di famiglia a cui sono molto legato' cominciò lui. 'Siamo in tre ad averla, io e i miei fratelli, Carlos e… José' sospirò amaramente.

'Non ti piace José?' chiese Heather scrutandolo.
 
'Odio mio fratello' dichiarò Alejandro quasi irritato e arrabbiato. 'Lui deve sempre vincere, ogni volta. José vive per umiliarmi, mi dà sempre dei pugni sul braccio e mi chiama “Al” solo per farmi dispetto'.

'Che discorsi da ragazzino, Al' lo provocò Heather con le mani ai fianchi. Il ragazzo la fissò intensamente negli occhi e con uno scatto felino la afferrò per le cosce e la mise a sedere sul bancone della cassa. La ragazza non fu per niente stupita da quel gesto, anzi, sapeva di avere una certa influenza sul latino, ma il momento e il luogo che lui aveva scelto per darsi alla spensieratezza le sembravano alquanto discutibili. 'Non mi pare il caso'.

'Che ne dici allora di andare via prima e pranzare insieme?' suggerì il latino; e lei non se lo fece ripetere due volte.



 
COURTNEY
Rientrò in casa, esausta e con la pancia piena dopo la grande abbuffata al ristorante giapponese; non vedeva l’ora di buttarsi sul morbido divano e godersi quel pomeriggio di riposo in compagnia della televisione. Gettò con malagrazia la borsa sul tavolo e… che diamine stava accadendo?
Sgranò gli occhi dalla sorpresa: i cassetti di ciascun mobile erano stati svuotati, il divano era stato completamente smontato, ogni vaso rovesciato: il caos regnava sovrano. Che fosse stato un ladro? Impossibile, televisione e oggetti di valore erano stati gettati a terra; eppure, chiunque fosse stato, doveva essere alla ricerca di qualcosa per fare tutto quel casino… si catapultò in camera, preoccupata per quello che non avrebbe più potuto trovare nel doppio fondo della cassapanca ai piedi del proprio letto.
Fortunatamente il libricino nero era ancora lì, in perfetto stato.
Fece qualche passo in direzione del salotto, ma sentì improvvisamente due grandi mani afferrarle il colletto della camicetta e scaraventarla con prepotenza contro il muro, perdendo la presa sull’agenda. A quel colpo, Courtney si sentì mozzare il fiato, un dolore lancinante cominciò a percorrerle la schiena.
Il suo aggressore - con tanto di calzamaglia nera sul volto - si chinò per prendere il libretto, ma la ragazza, per niente sprovveduta e poco impaurita, gli assestò un bel pugno sulla mandibola, si riappropriò dell’oggetto e cercò di uscire di lì prima che l’uomo potesse reagire.
Intravide il portone di casa, qualche passo e sarebbe uscita da quell’inferno; era a pochi centimetri dalla libertà ma qualcosa di pesante le piombò addosso facendola sbattere a terra, il libretto stretto tra le sue braccia. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non darglielo… e l’uomo doveva averlo capito: la voltò supina e, messosi sopra di lei, in ginocchio, portò le proprie mani sul suo esile collo facendo pressione al centro con i polpastrelli.
L’aria cominciò a mancarle, il viso sfumò sul blu. Cercò di svincolarsi da quella presa muovendo braccia e gambe, prese addirittura a graffiare viso, collo, spalle dell’energumeno arrivando a strappargli la collanina in argento che indossava. Non avrebbe resistito a lungo, quella sarebbe stata la sua fine, se lo sentiva; le immagini cominciarono a sfocare, sbiadendo sempre più, il suo corpo non aveva più la forza di controbattere e gli occhi si stavano lentamente chiudendo...

 
Fu all’improvviso, una boccata d’aria le invase i polmoni. Courtney iniziò a tossire e a massaggiarsi il collo dolorante; a fatica si mise a sedere e riaprì gli occhi. La vista era leggermente sfocata ma riuscì comunque a distinguere le figure intorno a sé: innanzi a lei c’era Heather con un vaso tra le mani e lo sguardo rivolto verso l’aggressore steso a terra. 'H-heather…' balbettò Courtney. L’amica si precipitò su di lei, aiutandola lentamente a rialzarsi.

'Come stai?' domandò l’asiatica preoccupata.

'N-non preoccuparti per me, chiama qualcuno e lega quel tipo' fece la spagnola. L’altra annuì, ma una volta giratasi l’uomo non c’era più e con lui anche il libretto nero.



 
DUNCAN
Lui e Gwen, non appena ricevuta la notizia dell’aggressione di Courtney, si erano immediatamente catapultati nell’appartamento di lei, ancora a soqquadro. Era preoccupato e arrabbiato al tempo stesso, semmai avesse scoperto il responsabile di tutto quel casino lo avrebbe sistemato lui, a mani nude tra l’altro.
'Courtney, come stai?' domandò per prima cosa Gwen una volta entrata nel caotico salotto. L’ispanica si trovava sdraiata sul divano, il collo presentava dei vistosi lividi violacei. Qualcosa avvampò dentro di sé, dire che era furioso era un eufemismo, lo avrebbe fatto fuori lo stronzo che aveva osato toccarla.
 
'Un po’ dolorante ma sto bene' rispose la ragazza mettendosi a sedere a fatica. Duncan, contrariato, la invitò nuovamente a sdraiarsi spingendola pacatamente sul divanetto. 'Sto bene, sto bene…'.

'Mica tanto' commentò il punk accanto alla gotica.

'Beh, vedessi l’altro: Heather gli ha tirato un vaso in testa' commentò Courtney. 'Fortuna che hai smontato prima da lavoro, altrimenti a quest’ora non sarei qui a parlarne'.
Il silenzio calò sui quattro, Duncan tenne il suo sguardo fisso sulla figura di Courtney, che, accortasi delle sue insistenti occhiate, gli sorrise appena come a volerlo rassicurare. Quel sorriso, però, si spense quasi subito lasciando spazio al dispiacere. 'Mi dispiace, non ho potuto fare niente per il libretto, è riuscito a prenderlo e a scappare via'. Il punk le si avvicinò, guardandola intensamente negli occhi, non le avrebbe permesso di prendersi la responsabilità di quello che le era capitato, inoltre quel maledetto libricino non conteneva nulla che potesse mettere nei guai uno di loro, dunque perché disperarsi?
 
'Non è colpa tua, Courtney' commentò lui.

'Anche se la brillante idea di rubare quel libro è stata tua' aggiunse Heather ricevendo le occhiatacce di tutti.

'Ad ogni modo, sono riuscita a sfilare questa all’aggressore' proseguì Courtney mostrando la collanina. Duncan la esaminò, non l’aveva mai vista prima: era fatta interamente d’argento, compreso il ciondolo a forma di toro, sulla cui fronte era incisa una “J”. 'Sapete di chi possa essere? Qualcuno che lavora all’“All Stars”?'.

'Non è stato nessuno di loro' rispose Gwen, analizzando anche lei quello strano cimelio. 'Geoff ha detto che hanno ordini dall’alto dunque non possono toccarti. Devono attenersi strettamente alle regole'.

'Altrimenti?'.
 
'Verrebbero uccisi seduta stante' terminò Duncan mimando una pistola con la mano destra e portandosela alla tempia. Sospirò, e solo dopo svariati minuti, notò Heather quasi pietrificata sul posto, lo sguardo fisso sulla collana stretta in quel momento tra le mani della gotica. 'Panterona, tutto bene?'.

'Oh, ehm, sì sì' fece lei. 'M-mi è venuto in mente che forse Lindsay sa il nome della gioielleria da cui proviene la collana…' e, alzatasi in piedi e afferrato il cimelio, si diresse verso le scale lasciando tutti quanti perplessi. 'Non starò via molto'.



 
HEATHER
Aveva appena parcheggiato l’auto rossa davanti al condominio in cui abitava il latino, decisa a estorcergli una confessione: ormai aveva intuito le reali intenzioni di Alejandro, legarsi a lei per arrivare a Courtney. Amareggiata con se stessa per non averlo capito prima e per essere stata causa di dolore ai danni dell’amica, trafficò con il contenuto del cruscotto, tirandone fuori un coltellino.
Scassinata la serratura del portone, si precipitò sulle scale salendo due gradini alla volta, affrettò il passo e raggiunse l’appartamento di lui.
 
'Buonasera, chica' salutò una voce suadente.

'Questo lo dici tu' rispose Heather entrando e colpendolo con una spallata al suo passaggio.

'So che non riesci a stare lontana da me, ma per quanto voglia spendere del tempo con la mia ragazza preferita, stasera non posso, querida' fece lui chiudendo la porta e dandole le spalle. 'E prima che tu possa fare qualche battuta: no, non devo uscire con nessun’altra'.
 
'Tuo fratello, José, ha fatto visita alla mia coinquilina oggi pomeriggio' commentò lei andando al punto, notò come la schiena di Alejandro si fosse irrigidita a quelle parole. 'E non provare a negarlo dal momento che ho qui un suo souvenir' e giratosi, il latino sgranò gli occhi alla vista della collana e del ciondolo. ' “Un oggetto di famiglia”, “ce l’abbiamo in tre, io e i miei fratelli” ' proseguì lei instancabile parafrasando le parole pronunciate da lui quel giorno e lanciando il gioiello ai suoi piedi. 'Allora, Al, per chi lavorate? Perché vi interessa avere quel libretto, scommetto che è stato il vostro capo a volerlo…'. Alejandro riprese il controllo di sé e un ghigno compiaciuto prese vita sul proprio viso.
A quell’immagine Heather perse le staffe: repentinamente gli si avvicinò, e il sorriso beffardo di lui si spense; Alejandro sbiancò quasi subito, non solo perché notò lo sguardo omicida della ragazza, ma anche l’oggetto metallico che questa teneva in mano, e, più precisamente, puntato al suo collo. Lei lo scrutò un secondo, dopodiché lo costrinse con le spalle al muro. 'Quel giorno al negozio, la prima volta che ci siamo visti, tu e Carlos stavate controllando Lindsay, non è vero? Avete scoperto che Duncan era stato rilasciato, che dietro a tutto quanto c’erano lei e la sua amichetta Beth, quindi avete pensato bene di sorvegliarle e fare domande in giro…' continuò l’asiatica più a se stessa che al ragazzo. 'Ma non avete scoperto niente, fino a quando…'.
 
'Abbiamo saputo che quelle avvocatesse alla stazione in realtà non erano Lindsay e Beth' la interruppe Alejandro, il coltellino ancora puntato al pomo d’Adamo. 'Ma fino ad ora non sapevamo chi avesse preso il loro posto… siete state tu e la tua coinquilina Courtney?'. Heather si maledisse mentalmente, avendo saputo prima che il ragazzo ignorava questo piccolo dettaglio lo avrebbe di gran lunga omesso. 'Devo ammetterlo: sei dannatamente brava' proseguì lui, beccandosi una stilettata dall’altra. 'Ma io lo sono di più' e dettò ciò, con lo scatto felino che lo contraddistingueva, il latino invertì le posizioni: girò Heather, appoggiando la schiena di lei al proprio petto, con il braccio sinistro bloccò il suo corpo, mentre la mano destra si chiuse su quella di lei che teneva il coltello, ora pericolosamente appoggiato al collo niveo ed esile dell’asiatica. 'Allora, adesso che vogliamo fare?'.
Heather deglutì pesantemente, forse affrontare da sola un ragazzo alto e muscoloso non era stata proprio una brillante idea…
Il cuore iniziò a martellarle nel petto, ma doveva mantenere il sangue freddo, non voleva cedere così facilmente sebbene la pressione che sentiva sul collo le impedisse di muoversi e liberarsi.
Ad Alejandro ormai bastava un colpo secco, e lei non sarebbe più stato un problema.
 
 



 
E così fu.
   
 
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