Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: MonicaX1974    11/09/2020    0 recensioni
Attenzione! SPOILER! Si consiglia la lettura solo dopo aver letto "The beginning".
Approfondimenti, momenti inediti, restroscena e spin-off, in questo libro troverete tutto quello che ancora non sapete su Harry, Chloe e tutti gli altri protagonisti dai quali proprio non riesco a separarmi.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Chloe

È un sorriso costante quello che resta sul mio viso da settimane. Sono coccolata e viziata come una bambina, e la verità è che me ne sto approfittando, ma non m'importa: a breve si dimenticheranno tutti di me per concentrarsi sulla piccola creatura che sta per venire alla luce, perciò mi approfitterò di tutti loro ancora un po'.

Non manca più molto, la scadenza è vicinissima e la valigia con tutto il necessario per l'ospedale è già pronta da più di un mese. L'ho preparata prima delle nostre vacanze estive perché Harry ha detto che temeva di venir colto da un attacco di panico. Con quel borsone pronto si sente molto più tranquillo.

Dopo esserci sposati, per il suo compleanno siamo tornati a New York: Harry ha prenotato la stessa stanza in cui siamo stati la nostra prima volta nella Grande mela. La mia pancia non era enorme come lo è ora e ci siamo goduti il fine settimana, in tutti i sensi.

L'evento successivo al quale abbiamo partecipato è stato il matrimonio di mia sorella e Zayn. All'inizio di giugno la mia pancia era più che evidente e ho ringraziato Harry per aver avuto quella pazza idea del matrimonio improvvisato.

In questi mesi è stato talmente meraviglioso che nemmeno mi sono accorta di essere incinta - se non fosse per l'enorme pancione che mi porto dietro. Il suo sguardo per me non è mai cambiato, come anche il suo "appetito" e la cosa ha fatto innalzare la mia autostima a livelli mai visti prima.

Al punto tale che nemmeno la presenza di Winter in città mi ha creato problemi: non aiuta più Grace negli studi - la sorella di Harry ha cambiato tutor - ma la bionda è rimasta a Boston e si è fatta vedere qualche volta alla HS Financial Services.

Nemmeno quello m'importa: il mio rapporto con Harry è così solido che la sua presenza non mi fa paura.

Niente mi fa più paura.

A parte dover partorire a breve, ma so che posso farcela. O almeno lo spero.

Non faccio che sfogliare album di foto da stamattina, come se volessi riportare alla mente tutti i ricordi felici della mia vita. Mi sento positiva, carica di energia ed è come se tutte queste immagini avessero il potere di ricaricare questa energia all'infinito.

Sorrido come una stupida nel vedere la foto del mio ultimo compleanno, a soffiare sulle candeline della torta stretta in una maglietta premaman a larghe bande orizzontali colorate, dalle quali – all'altezza della pancia – spuntano un paio di occhietti vispi, a impersonare un bimbo che cerca di sbirciare il mondo esterno prima di venire alla luce. È stato il regalo di Kurt, che ha tutta l'intenzione di fare lo zio a tempo pieno.

Volto la pagina dell'album e sorrido ancora nel vedere la tutina da motociclista in miniatura che ha comprato Harry. Come prevedibile abbiamo discusso sul fatto che io fossi totalmente contraria all'idea che la creatura andrà mai su quei trabiccoli a due ruote – o almeno io ho discusso; lui si è limitato ad ascoltarmi per tutto il tempo, poi mi ha sorriso e alla fine ha detto che non sono mai stata capace di resistergli e che cederò a ogni sua richiesta. Mi sono finta offesa, lui mi ha sorriso, mi ha baciata e io gli ho detto di amarlo, facendolo sorridere.

Ogni foto porta con sé un momento della nostra vita, che ripercorro con il pensiero che a breve tutto verrà stravolto. Forse ho paura di dimenticare certi dettagli, forse ho bisogno di tenerli con me il più a lungo possibile, o forse ho solo paura del futuro e mi sto aggrappando al passato.

Diventare genitore mi spaventa.

Spero di essere all'altezza.

«Ahi!» mi lamento all'improvviso, sentendo una strana sensazione al pancione, come se qualcosa mi avesse stretto con forza. Quando si allenta quel senso di costrizione abbasso lo sguardo verso il pancione, dove poso la mano. «Ehi... tutto bene?» chiedo alla piccola creatura.

Non sento alcun movimento, così resto immobile. Solo la mano si muove alla ricerca dei suoi piedini, che poco dopo sento sotto le mie dita. Sorrido e tiro un sospiro di sollievo.

Non è stato facile nemmeno per Harry; affrontare questa gravidanza l'ha reso spesso ansioso, a volte in maniera eccessiva, ma mi rendo conto che anche lui è spaventato e stiamo vivendo insieme un'altra delle nostre prime volte. Abbiamo trascorso tantissimi momenti sdraiati a letto con le sue mani sul pancione alla ricerca di qualche movimento. Ha passato tanto tempo a parlare al pancione e io mi emozionavo ogni volta che mi scopriva la pancia anche solo per guardarmi.

Credo di essermi sentita la donna più bella di tutto il pianeta. E anche la più fortunata.

«Ahia». Un'altra sorta di fitta, ma non è proprio una fitta.

Sento la pancia stringersi, una sensazione che dura qualche secondo, poi passa nello stesso modo in cui è arrivata. «Che stai combinando lì dentro?»

E non appena finisco di formulare quella domanda ad alta voce ho l'illuminazione: devono essere le contrazioni. Ero terrorizzata all'idea di non riconoscerle. Durante il corso di preparazione al parto hanno detto che sarei stata in grado di capirlo, ma ero convinta che non ne sarei stata capace e avrei fatto un disastro.

«Oddio!»

A distanza di diversi minuti ne sento un'altra. Chiudo l'album di fotografie e lo poso sul tavolino, poi prendo il cellulare e controllo l'orario; a breve dovrebbe tornare Harry dall'ufficio, così inspiro a fondo e cerco di mantenere la lucidità. Mi alzo in piedi, faccio qualche passo e arrivo in cucina, dove mi appoggio al ripiano quando sento di nuovo la mia pancia stringersi e stavolta la percepisco quella sensazione anche sulla schiena.

«Mi stai dicendo che è ora?» chiedo rivolta al pancione.

Poggio una mano all'altezza dei reni per massaggiare la parte indolenzita ed è in quel momento che sento aprirsi la porta di casa.

«Stewart, sono a casa» urla dall'ingresso. «Dove sei?»

«Sono in cucina».

Quando mi raggiunge mi trova nella stessa posizione: appoggiata in avanti con una mano sul fondo della schiena.

«Stai bene?» mi domanda preoccupato.

Gli sorrido per rassicurarlo e torno a mettermi dritta.

«Credo sia arrivato il momento».

«Cosa? Adesso?» ribatte agitato, facendomi ridere.

«Non adesso, ma suppongo che non manchi molto. Ahi».

Un'altra stretta – una contrazione – e porto le mani sul pancione.

«Merda, non sono pronto».

Riesco a ridere anche se la contrazione non è ancora del tutto terminata.

«Come sarebbe a dire che non sei pronto? Sono nove mesi che aspettiamo questo momento. A cosa credi servisse il corso pre-parto?»

«Beh, io non sono pronto, Chloe. Dimmi che tu lo sei» mi sfida.

«No» ammetto, facendo spuntare un sorriso soddisfatto sulle sue labbra.

«Secondo te ce la possiamo fare senza dover chiamare qualcuno?»

Rido ancora della sua preoccupazione, perché è davvero dolce.

«Possiamo farcela, Styles. Dobbiamo solo prendere la mia valigia - che è già pronta - e andare in ospedale. Te la ricordi ancora la strada per l'ospedale, no?»

Mi rilasso quando la contrazione scompare del tutto e mi avvicino a lui per quanto il pancione mi permetta di farlo.

«Siamo insieme, Harry. Possiamo fare tutto».

Lo rassicuro, portando entrambe le mani sul suo viso. Lui imita i miei gesti, e il contatto delle sue mani sulla mia pelle mi infonde la sicurezza di cui avevo bisogno, come se fluisse da lui a me; ed è sempre stato così.

«Okay, piccola Stewart. Andiamo a conoscere la piccola Evelyne».

Sorrido con lui al pensiero che ha sempre avuto ragione sul fatto che fosse una femmina, e usciamo di casa dopo aver recuperato il mio borsone. Durante il tragitto sono tornata ad avvertire le contrazioni e Harry è rimasto in silenzio per tutto il tempo. Una volta arrivati a destinazione mi hanno visitata e portata in sala parto. I medici sono stati sorpresi dalla velocità con cui questa piccola sta tentando di venire alla luce, io non so se esserne sollevata o preoccupata.

«Avanti, Chloe, andrà bene. Io resto qui» mi rassicura stringendo una mano tra le sue.

«Non lasciarmi, Harry».

Sono decisamente più spaventata di lui – o forse riesce a mascherarlo meglio – ma sono terrorizzata all'idea che qualcosa possa andare storto.

«Ti ho detto che non vado da nessuna parte, Chloe. Adesso stringi la mia mano».

Ed è quello che faccio subito dopo, quando una contrazione più forte delle altre mi costringe a un lamento strozzato mentre chiudo gli occhi.

«Harry» riesco a dire con un filo di voce, quando torno a respirare.

«Sono qui... Resto qui».

***

Harry

Vederla soffrire senza poter fare niente per alleviare il suo dolore è uno strazio. So che è normale, che è il percorso fisiologico della gravidanza, eppure farei qualunque cosa per provare al suo posto quel dolore.

«Harry?»

«Sono sempre qui». Le stringo la mano. «Avanti, Chloe, manca poco» la incoraggio, sperando che davvero manchi poco.

Sono concentrato su di lei, respiro al suo stesso ritmo e trattengo il fiato quando lo fa lei. Stringo forte la sua mano quando stringe la mia e cerco di fare in modo che mi guardi negli occhi più volte possibili.

Sono teso e non so nemmeno come mi sento. Ho in mente un unico pensiero: che Chloe smetta di provare quel dolore. Da quando siamo arrivati in ospedale tutto si è svolto in fretta: prima la rottura del sacco amniotico, poi la perdita delle acque e ora l'ostetrica che continua a dire che ci siamo quasi, ma Chloe non fa che spingere e soffrire.

«Andiamo, Chloe, ancora una volta» ripete l'ostetrica e Chloe trattiene il fiato .

Lo faccio anch'io, vado in apnea e riprendo fiato quando sento la sua voce uscire in un lamento quando non ce la fa più a spingere. Mi sento come se avessi appena compiuto una lunga risalita dal fondo di una piscina. Arrivo alla superficie alla ricerca d'aria, sto boccheggiando e quando riemergo inspiro profondamente, provando un sollievo inaspettato. Poi un pianto forte, disperato, di una vocina che spacca i timpani. Mi volto d'istinto e quasi il cuore non mi scoppia nel vedere un piccolo fagottino tutto sporco tra le mani della ginecologa che mi guarda con un gran sorriso.

«Harry?»

Mi volto verso Chloe che mi osserva con grande curiosità e non ho idea se il mio sorriso possa diventare più grande di quanto già non sia, ma sento che le fossette stanno scavando le guance in profondità.

«Vuoi vederla?»

Annuisce e allora l'aiuto a tirarsi su con la schiena. Porta una mano davanti alla bocca e piange. Sono lacrime di gioia, lo so, e forse avrei bisogno anch'io di sfogarmi in qualche modo, ma in questo momento riesco solo a sorridere.

Mi accorgo che la dottoressa si alza in piedi e si avvicina. «Vuole tenerla?»

Chloe allunga le braccia e osservo la scena che si svolge sotto ai miei occhi. Mia figlia tra le braccia di mia moglie e io mi sento così felice. Quando mi ha detto di essere incinta non credevo di poter essere ancora più felice; poi ci siamo sposati ed è passato tutto a un livello superiore. Ho creduto che non ci fosse altro che avrebbe potuto superare la perfezione di quel momento. Ma ora, guardare Chloe che piange mentre è incantata a guardare la piccola creatura che tiene tra le braccia, nostra figlia, mi fa credere che la felicità possa essere infinita.

E io che credevo che non sarei mai stato felice.

«Vuole tagliare il cordone?» mi domanda la ginecologa, distogliendomi dai miei pensieri.

«Davvero?» rispondo come un idiota, pur sapendo che era una cosa possibile.

«Tenga».

La dottoressa mi porge un paio di forbici e io mi volto a guardare Chloe che mi fa un cenno con la testa. Mi avvicino e afferro le forbici. La dottoressa mi mostra il punto da tagliare e mi fermo un attimo.

«Non le farò male, vero?»

«No, certo che no» risponde come se stesse parlando a un bambino.

«Okay».

Inspiro, espiro e taglio, mentre Chloe tiene gli occhi fissi su di me, sul mio gesto.

«Molto bene» commenta la dottoressa, avvicinandosi per prendere di nuovo la bimba. «Adesso facciamo un bel bagnetto a questa meraviglia e intanto facciamo riprendere la mamma. Se il papà vuole seguirci, può pensare lui al bagnetto» ci comunica la donna.

Mi volto verso Chloe che già mi sta guardando.

«Vai con lei» mormora con un filo di voce e l'espressione radiosa nonostante la stanchezza.

«D'accordo». Mi chino su di lei e le lascio un bacio sulle labbra. «Ci vediamo tra poco».

Mi allontano con l'infermiera che tiene in braccio la piccola e ci avviciniamo a un lavandino. A quel punto la sporge verso di me che resto a guardare come un idiota.

«Dovrebbe prenderla in braccio» spiega.

E allora allungo le braccia e quando sento quel peso piuma tra le mie mani, mi convinco sempre di più che la mia felicità non ha limiti. Non è spiegabile a parole ciò che provo, nessuna parola potrebbe rendere abbastanza l'idea di ciò che sta succedendo nella mia testa e nel mio cuore.

È come un'esplosione di fuochi d'artificio. Tutto si accende in una serie di colori luminosi, che si espandono in ogni parte del mio corpo. In un attimo dimentico tutto il brutto del passato, come se non avesse davvero importanza. Adesso c'è lei e insieme a Chloe non c'è altro di più importante per me.

«Può lavarla, non si romperà» mi prende in giro l'infermiera con un sorriso.

E allora provo a metterla sotto l'acqua, ma lei piange e io sono impacciato come il più inesperto dei papà.

«Preferisce che faccia io?»

«Sì, grazie».

Con molta gentilezza mi toglie la piccola dalle mani.

«Avete già deciso il nome?»

«Evelyne» rispondo deciso, e dirlo ad alta voce per la prima volta da quando è nata, mentre la guardo agitarsi e piangere, è un'altra emozione così forte che mi toglie il fiato.

«Se vuole può tornare da sua moglie. Appena avremo finito con i controlli la porteremo nella sua stanza».

«D'accordo, grazie». Poi osservo la piccola che ancora piange. «A tra poco, amore mio».

Mi allontano camminando all'indietro, andando a sbattere prima contro qualcuno, poi contro il muro e alla fine esco dalla sala parto. Raggiungo la stanza di Chloe come un automa, senza ben sapere ciò che sto facendo. Quando entro lei non c'è. Mi siedo sul divanetto per aspettarla, ma poi non riesco a stare fermo e mi alzo per raggiungere la finestra. Forse dovrei avvisare qualcuno o forse vuole farlo Chloe, ma c'è una persona che ho assolutamente bisogno di sentire. Non posso tenere per me tutto questo o esploderò anch'io dalla gioia.

Prendo il telefono dalla tasca della giacca che ho lasciato in stanza prima di entrare in sala parto e faccio partire la chiamata. Non so se sia ancora al lavoro impegnato in qualche riunione o se sia già a casa, ma ho davvero bisogno di dirglielo.

«Harry! Tutto bene?» mi risponde al secondo squillo.

«Sì, tutto benissimo» rispondo con un filo di voce.

«Sei strano, Harry. Stai bene? Chloe sta bene?» dal suo tono di voce riesco a sentire tutta la sua preoccupazione.

«Sì, stiamo bene».

«Davvero? E perché hai una voce strana».

«Perché sei diventato nonno».

Dall'altro capo del telefono c'è un silenzio assordante, un silenzio che dura a lungo, o forse un attimo, credo di aver perso la concezione del tempo.

«È nata?» domanda sorpreso.

Io e Chloe non abbiamo avvisato nessuno che stavamo venendo in ospedale e mi rendo conto di quanto sia improvvisa questa notizia.

«Evelyne Styles è appena venuta alla luce».

«Dio, Harry, dove siete? Chloe sta bene? E la piccola?»

Rido a causa delle sue tante domande e, nonostante sia stato capace di ricostruire un legame con mio padre – degno di tale nome – sono sempre sorpreso di come riesca a mantenere in salute il nostro rapporto. Perché adesso che l'ho ritrovato ci tengo davvero ad avere un rapporto sano con lui.

«Stanno bene entrambe. Stanno facendo i controlli di routine alla piccola e...» mi blocco quando sento un rumore alle mie spalle. Mi volto per vedere Chloe sulla sedia a rotelle spinta dall'infermiera che poi l'aiuta a mettersi a letto. «E Chloe è appena arrivata. Siamo al Massachusetts General Hospital. Ti aspettiamo». Ci salutiamo, chiudo la chiamata e raggiungo Chloe. «Come ti senti?» le domando, sedendomi sul bordo del letto.

«Stanca, ma felice. Stavi parlando con tuo padre?».

«Sì, avevo bisogno di dirglielo o sarei impazzito dalla felicità». Mi sorride e allunga una mano verso di me, che mi affretto a stringere.

«Com'è andato il bagnetto?»

«Oh, un disastro. Non ha fatto che piangere. Direi che come inizio va benissimo». Ride e io con lei.

«Ti hanno detto quando la porteranno qui?»

«Al termine dei controlli. Sei stata bravissima là dentro».

«No, Harry. Tu lo sei stato. Sei stato coraggioso e io ti amo da impazzire».

Le sorrido, la bacio e non importa davvero chi sia stato più bravo o coraggioso, perché nel momento in cui la piccola culletta fa il suo ingresso nella stanza, io e Chloe ci voltiamo in quella direzione a osservare quella piccola tutina rosa e bianca che non smette di muoversi. Non piange più, adesso è molto più tranquilla.

«Se vuole può attaccarla al seno. Mi chiami per qualsiasi cosa. Adesso vi lascio soli».

L'infermiera lascia la camera e io guardo Chloe, che a sua volta mi guarda con una luce negli occhi che fa brillare anche me.

Non ho bisogno di chiederglielo, so che freme dalla voglia di tenerla in braccio. Mi avvicino alla culletta e cerco di prenderla come mi è stato insegnato per non farle male. Poi la metto tra le braccia di Chloe, che la guarda con un amore infinito negli occhi.

«Evelyne, questa è la mamma».

E di nuovo resto a osservare le donne più importanti della mia vita, adesso insieme. Chloe che si scopre un seno per tentare di allattare la piccola, in un gesto che le viene così naturale che sembra l'abbia fatto da tutta la vita. Una scena che potrei restare a guardare per il resto dei miei giorni, con il petto gonfio di felicità e la testa piena di tanti progetti per il futuro. Un futuro che non credevo di avere.

Chloe solleva lo sguardo su di me, ha gli occhi lucidi e io mi avvicino a lei, tornando a occupare il posto accanto a lei, sul bordo del materasso. Poggio una mano sulla sua gamba e mi perdo a guardarla. È bellissima.

«Ti amo» sussurra con un filo di voce.

«Ti amo» rispondo allo stesso modo.

Poi, entrambi portiamo lo sguardo su Evelyne. Il nostro vero nuovo inizio.

 Il nostro vero nuovo inizio

        

SPAZIO ME

SPAZIO ME

Ci leggiamo nei ringraziamenti...

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: MonicaX1974