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Autore: Teo5Astor    11/09/2020    13 recensioni
Un ragazzo osserva da vicino i suoi idoli in una partita d’allenamento della nazionale giapponese in ritiro in Italia. Cosa succederebbe se il destino gli desse improvvisamente la possibilità di scendere in campo con quei calciatori che ha sempre ammirato?
Un cuore che batte, un pallone che rotola sull'erba, una goccia di sudore che scende dalla fronte. La rete che si gonfia.
Una storia di sogni, di amicizia e di passione per il calcio.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Un sogno che si avvera
 
 
«Ma se veniamo sconfitti in questa partitella di allenamento rischiamo di perdere il nostro posto da titolari?» domanda all’improvviso Bruce, senza smettere di fare gli esercizi di riscaldamento con il resto della squadra.
«Tu senz’altro, Harper!» scoppia a ridere Clifford Yuma, dandogli una vigorosa pacca sulla spalla che quasi lo fa finire a terra.
«In effetti ci farebbe comodo un difensore più affidabile di te!» rincara la dose Ralph Peterson in tono scherzoso.
«Dovete smetterla di provocarmi voi due!» sbotta Bruce, irritato. «Se vi prendo…».
«E dai, Bruce, lo sai che amano prenderti in giro per tenere alto il morale della squadra!» sorride gentile Tom Becker, frapponendosi tra i litiganti.
«Già, la nostra è una difesa più che affiatata proprio perché siamo uniti e crediamo nei nostri compagni!» sorride a sua volta Julian Ross, il leader del reparto arretrato con la sua letale gestione della trappola del fuorigioco.
«Ben detto, io e Ralph non rinunceremmo mai a te, mio caro Harper!» ride di nuovo il gigantesco Clifford, stringendo in una morsa sia Bruce che Peterson senza smettere di correre.
«Certo che siete proprio un bel gruppo, è sempre uno spasso allenarsi con voi!» esclama il piccolo Rob Denton, saltando agilmente sulla schiena di Yuma.
«Credo che dovremmo concentrarci di più sul riscaldamento, adesso» riporta tutti alla realtà Danny Mellow. «Guardate Mark, Holly e Philip come sono concentrati».
Seguendo lo sguardo del più giovane della generazione d’oro del calcio giapponese non posso fare a meno anch’io di restare affascinato dai tre capitani di questa squadra capace di vincere tutto contro ogni pronostico. L’asse centrale, la spina dorsale della formazione.
Guidano il gruppo in silenzio, focalizzati su un unico obiettivo: vincere.
La ferocia di una tigre, la leggerezza di due ali nel cielo, la tenacia di un’aquila.
Li guardo e mi sento quasi in soggezione.
Ce li ho davanti, a pochi passi da me, e quasi non mi sembra vero.
Il Giappone è venuto ad allenarsi nel campo della squadra dove io sono cresciuto in vista dell’amichevole che dovrà giocare dopodomani contro la Nazionale italiana e la mia vecchia società mi ha chiesto il favore di venire a dare una mano. E così eccomi qui, in scarpe da calcio, maglia e pantaloncini, a guardare il riscaldamento di quelli che sono sempre stati i miei idoli, letteralmente in mezzo a loro. Ai miei piedi la sacca piena di palloni, nel cuore un turbine di emozioni che fatico a descrivere.
Sono stato assegnato come raccattapalle alla Squadra A per la partitella in famiglia che si svolgerà tra poco, e non potevo chiedere di meglio. Qui ci sono tutti i miei preferiti di sempre, anche se mentirei se dicessi di non ammirare profondamente anche i componenti della Squadra B, molti dei quali sarebbero titolari ovunque. Ma in questa generazione d’oro ci sono diversi fenomeni, e così molti della Squadra B non possono fare altro che farsi trovare pronti quando l’allenatore li chiama in causa, ed è proprio per questo che sono certo che oggi venderanno cara la pelle per provare a conquistarsi un posto da titolare.
Osservo alla mia destra i tre portieri che si allenano a parte, e rimango impressionato dalla loro bravura. Benji Price, ovviamente, maestoso e intimidatorio, ed Ed Warner, scattante e fulmineo come un gatto, non lasciano passare nessuno dei tiri in porta del buon Alan Crocker, amico, terzo portiere e prezioso aiuto in fase di preparazione.
Alla mia sinistra, invece, posso ammirare il riscaldamento della Squadra B, che si schiererà col 3-4-3: Jack Morris, Bob Denver e Tomeya Akai in difesa, Ted Carter, Jason Derrick, Paul Diamond e Sandy Winters a centrocampo, James Derrick, Patrick Everett e Johnny Mason in attacco. In porta con loro giocherà Benji perché ha voluto sfidare gli attaccanti titolari della Squadra A, che giocherà invece col 4-3-1-2: Bruce Harper, Julian Ross, Clifford Yuma e Ralph Peterson dietro, Danny Mellow, Philip Callaghan e Tom Becker a metà campo, Holly Hutton dietro alle punte Mark Lenders e Rob Denton. La porta sarà difesa da Ed Warner.
Respiro nervosamente e giochicchio col pallone tra i piedi, nell’attesa che qualcuno mi dica cosa devo fare. Guardo Mark e Rob, oltre ad Akai dall’altra parte, e penso che è meraviglioso poter vedere ogni settimana questi tre campioni nella nostra Serie A, visto che giocano nella Juve, nell’Inter e nella Sampdoria. In particolare Lenders, il mio preferito di sempre insieme a Callaghan.
«Ehi, Teo! Ti chiami Teo, giusto?!»
Una voce mi desta dai miei pensieri e mi fa voltare di scatto. A pochi metri da me c’è proprio Philip che mi guarda.
«Ci puoi dare i palloni? Abbiamo finito con la corsa» sorride.
«A-ah, sì! Certo!» balbetto, passandogli una palla e facendo lo stesso con tutti gli altri.
«Grazie!» mi sorride Holly, avvicinandosi a me insieme a Philip e Tom, che mi dà una pacca sulla spalla.
«Tu giochi a calcio?» mi chiede con gentilezza il componente meno celebre dell’inarrestabile Coppia d’Oro.
«Io… sì, sono un difensore centrale, ma faccio anche il terzino destro se serve!» ribatto, confuso da quelle attenzioni. «Vi seguo da sempre e… beh, io non ce l’ho fatta a sfondare, sono rimasto un dilettante».
«Però ami il calcio, giusto?» mi chiede Holly, palleggiando e guardando con amore il pallone. Già, il suo migliore amico. «È questo quello che conta!»
«Il nostro capitano ha ragione!» conferma Philip, determinato. «Oggi vinceremo per te!» aggiunge, prima di correre via coi suoi compagni e lasciarmi senza parole. La sua immancabile fascetta bianca per capelli gli svolazza sulla nuca.
«Ehi tu!»
Una voce profonda e rude quasi mi spaventa, mentre sono ancora preso a guardare i tre campioni che si sono appena allontanati da me. Mi volto e mi trovo davanti Mark Lenders in persona, che mi fissa negli occhi senza trasmettere apparentemente emozioni. È un fascio di nervi, una montagna di muscoli pronti a scattare. Un leggero vento gli smuove i lunghi capelli neri e il sole illumina la sua pelle olivastra. Alle sue spalle anche l’inseparabile Mellow mi osserva, immobile e serio.
«Ah, ti serve un altro pallone?» domando timidamente al mio idolo, che mi fa sentire piccolo nonostante il mio metro e ottanta.
«No, mi servi tu. Ho sentito che sei un difensore, no?» ribatte senza troppi giri di parole, lasciandomi di stucco.
«E-eh, sì, però…».
«Ho bisogno di un difensore per provare dei dribbling e dei tiri in porta, i nostri stanno facendo delle esercitazioni tattiche. Seguimi» mi ordina, dirigendosi verso una porta. «Andiamo Danny, tu farai i cross e gli assist» aggiunge perentorio.
«Sì, capitano!» ribatte il suo fedele scudiero fin dai tempi della scuola elementare.
Io mi ritrovo a seguirli senza capire, mi muovo come un automa.
«Bene, adesso tu dovrai contrastarmi. Mettici energia, tanto vedo che sei grosso, non avere paura di farmi male!» ringhia Mark, guardandomi di sbieco.
«Sì!» ribatto, facendomi forza e cercando di concentrami.
«Forza Danny, passami il pallone!» urla Mark, con il compagno che lo serve perfettamente.
L’attaccante della Juve stoppa alla grande la palla e mi punta, superandomi senza difficoltà per poi calciare un siluro nella porta ora difesa del povero Alan Crocker, che non può fare altro che tuffarsi senza riuscire nemmeno a deviare quel tiro imparabile.
«Vedi di darti una svegliata, non voglio allenarmi da solo» prova a pungermi nell’orgoglio Mark, senza guardarmi.
Danny lancia un nuovo pallone e stavolta gli vado addosso subito, tirandogli la maglia e cercando di reggere l’urto fisicamente, finendo col venire travolto dalla sua forza superiore. Mi godo un altro gol sdraiato a terra, col profumo dell’erba che mi riempie i polmoni.
«Così va meglio, colpiscimi più forte» mi incoraggia Lenders.
Andiamo avanti così per un bel po’, perdo il conto dei tentativi anche perché mi ritrovo senza fiato e pieno di lividi, ma non sono disposto a mollare. Mark mi punta per l’ennesima volta e finalmente riesco a ribattere un suo tiro gettandomi a peso morto in scivolata dopo averlo sbilanciato aggrappandomi a lui con tutte le mie forze.
«Bene, basta così per oggi, hai fatto un bel lavoro» accenna un sorriso Mark, porgendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi da terra, grondante di sudore, in apnea e con la gambe con la quale ho respinto il tiro che ancora trema. «A fine partita vieni da me nello spogliatoio, ho in borsa una mia maglia della Juve usata in campionato, te la regalo volentieri» aggiunge, prima di andarsene, facendomi quasi svenire per l’emozione.
 
Mi godo la partitella a bordo campo, ancora sudato dopo il riscaldamento speciale che ho dovuto sostenere anch’io, e resto impressionato dalla qualità tecnica dei giocatori e dalla determinazione che traspare dai loro occhi. A vederli giocare da così vicino mi sembra improvvisamente ancora più chiaro il perché abbiano vinto tutto ovunque.
Si tratta di una sfida d’allenamento da quarantacinque minuti, e ne sono trascorsi almeno una ventina anche se il risultato è ancora inchiodato sullo 0-0. Non mi stupisce più di tanto la cosa, ben conoscendo le capacità dei due portieri in campo. Mister Freddy Marshall osserva concentrato la partita, al suo fianco c’è il direttore tecnico Kirk Pearson che segue in silenzio ogni azione e Alan Crocker che si sgola nell’incitare i compagni uno ad uno.
Il predominio della Squadra A è abbastanza netto e vedere giocare Oliver Hutton da una distanza così ridotta mi sembra un privilegio di cui forse non sono nemmeno degno. Tuttavia non è semplice nemmeno per uno come lui riuscire a segnare un gol al Super Great Goal Keeper Benjamin Price.
Ora è la Squadra B ad attaccare e noto subito uno sguardo d’intesa tra i gemelli Derrick, che scattano insieme verso la porta avversaria, mentre Patrick cerca di portare fuori zona Clifford Yuma per liberare uno spazio in mezzo.
«Adesso, Paul!» ordinano in coro i gemelli acrobati, con Paul Diamond che dal centro del campo lascia partire un lancio lungo, alto e preciso.
Imprendibile per tutti, o quasi.
«Catapulta!» grida Jason, lasciandosi scivolare a terra di schiena  e portando le gambe piegate verso il petto.
«Infernale!» urla James, saltando sopra i piedi del fratello, che lo lancia nel cielo verso la palla.
«Non vi permetterò di segnare!» sbotta Ed Warner, senza distogliere gli occhi dalla palla.
«Ci penso io, Ed! Conosco a memoria la loro tecnica!» si intromette Bruce, saltando contro il palo per darsi lo slancio e scagliarsi verso il cielo per contrastare James Derrick.
Il difensore riesce nel suo intento respingendo il pallone, che lo colpisce in pieno volto e arriva docile tra le braccia di un incredulo Ed.
«Attento Bruce!» sbraita il solitamente mite Tom Becker, notando che il compagno ha perso la coordinazione e sta cadendo male.
«Ah!» urla di dolore il difensore, atterrando malamente sulla caviglia.
«Ti sei fatto male, Harper?!» gli chiede subito James Derrick.
«Sei uno stupido senza cervello, è solo un allenamento!» lo sgrida Jason, mentre tutti i compagni si avvicinano per sincerarsi delle sue condizioni.
«E allora?! Anche noi difensori dobbiamo allenarci a fermare qualunque tipo di attacco!» ringhia Bruce, che non perde mai l’occasione fin da bambino di battibeccare coi due gemelli, rialzandosi di scatto. «E poi non mi sono fatto nient-ahia!» si interrompe, vinto dal dolore.
«Sei il solito pasticcione Bruce, adesso ci toccherà finire la partita in dieci contro undici visto che non abbiamo riserve!» lo provoca Jack Morris, sorridendo sghembo.
«Sta’ zitto, Jack! Io posso benissimo continuare!» ribatte Bruce, offeso, riproponendo un’ennesima lite col suo amico d’infanzia.
«Io penso che dovresti uscire e farti vedere dal medico, Bruce. La partita è tra due giorni e avremo bisogno di te, non possiamo rischiare che la situazione si aggravi» interviene Holly, riportando la calma con la sua sola presenza.
«Ma, Holly… io…» farfuglia Harper, a testa bassa.
«Holly ha ragione, Bruce. Adesso vai a farti visitare, vedrai che con un po’ di ghiaccio sarai come nuovo già domani mattina» lo rassicura Tom, sorridendo rassicurante e appoggiandogli una mano sulla spalla.
«E va bene…» accenna un sorriso triste e rassegnato Bruce, abbandonando il campo mestamente.
«Ok, ragazzi. Non abbiamo riserve, quindi Alan entrerà in campo per giocare in difesa con la Squadra A, non vedo alternative» interviene Freddy dalla panchina.
«Aspetti, Mister! Un difensore ce l’abbiamo!» si intromette Mark Lenders, autoritario, e io non capisco di chi stia parlando.
Mi chiedo se avevano convocato qualcun altro, tipo Bright della Toho o Coleman della Muppet, ma non mi sembra di averli visti.
«Ha ragione! Teo è un difensore e si è scaldato tutto il tempo con Mark e Danny, può giocare lui con noi!» esclama Philip, voltandosi verso di me, che improvvisamente mi sento addosso gli occhi di tutti.
«Sì, che bello! Gioca con noi!» comincia a saltellare Rob Denton, felice come un bambino.
Arretro di un passo, a disagio. Una goccia di sudore freddo mi scende lungo la schiena.
«I-io?!» chiedo con un filo di voce.
«Ti va di giocare con noi?» mi domanda gentilmente Tom, avvicinandosi. Ho sempre ammirato la sua pacatezza, il suo sorriso, la sua disponibilità. «Sai, in qualche modo tutto questo mi fa tornare in mente la prima volta in cui ho giocato con Holly ai tempi delle elementari!»
«È vero, mi ricordo quell’episodio, anche quella volta si era fatto male Bruce!» sorrido a mia volta. Mi sento meglio, più a mio agio.
«Certo, giocherò! A te va bene, Alan?» aggiungo, voltandomi verso Crocker.
«Per me non c’è problema, mi fai solo un favore perché sono negato se devo giocare fuori dai pali!» mi sorride con gentilezza.
Kirk Pearson alle sue spalle sembra incuriosito mentre ci osserva.
«Grazie!» gli dico, ben consapevole che probabilmente un portiere professionista potrebbe fare meglio di un dilettante come me pur giocando in difesa.
«No, siamo noi a ringraziarti, Teo!» mi sorride Holly, porgendomi la mano. Gliela stringo, e guardo da vicino la fascia da capitano con una profonda ammirazione. È lui stesso a lanciarmi una maglia della nazionale giapponese, quella che dovrò indossare. È la numero 25. «Da adesso siamo compagni!»
 
Mi posiziono in difesa sulla fascia destra, proprio dove giocava Bruce. Non è il ruolo che prediligo, ma è già un assurdo privilegio per me poter essere qui in mezzo a tutti questi campioni. Per mia fortuna mi ritrovo il più delle volte a dover fronteggiare Johnny Mason, uno dei più “normali” della generazione d’oro del calcio giapponese, e in qualche modo riesco a cavarmela senza sfigurare troppo. Anche se, lo ammetto, ho il fiato corto dopo pochi minuti e il gioco si sviluppa talmente veloce intorno a me che ho quasi l’impressione di ritrovarmi immerso in un frullatore in alcuni momenti.
Vivo qualche minuto complicato quando Patrick Everett si sposta a giocare sul mio lato, lui sì che fatico a contenerlo, ma per fortuna Ed riesce a neutralizzare il suo Tiro del Falco in un’azione in cui mi ha dribblato facilmente.
Tom mi passa la palla e avanzo qualche metro sulla fascia, finché non mi ritrovo braccato da Paul Diamond e Sandy Winters. Provo a guardarmi intorno in cerca di un compagno, ma Philip e Rob mi sembrano troppo lontani, per il resto è come se vedessi tutto nero intorno a me. Vado improvvisamente nel panico, non so dove giocare la palla, ho paura di perderla. Con una giocata di puro istinto riesco a farla carambolare contro lo stinco di Paul, guadagnando la rimessa laterale e la possibilità di uscire dal mio stato di trance e di totale apnea.
«Adesso ti dico il mio segreto» bisbiglia Bruce sorridendo, seduto a bordocampo con la borsa del ghiaccio sulla caviglia, mentre vado a recuperare il pallone per rimetterlo in gioco. «Quando mi ritrovo la palla tra i piedi e non so cosa fare perché sono pressato, allora cerco con lo sguardo Holly e gliela passo in qualche modo. Tanto dopo ci pensa lui!»
«G-grazie!» gli sorrido, ansimando.
«Se ce l’ha fatta uno come me a diventare un professionista, allora sono certo che anche tu puoi aiutarci a vincere questa partita!» mi fa l’occhiolino, mentre batto la rimessa laterale.
 
Siamo ormai giunti all’ultimo minuto di gioco e il risultato è sempre fermo sullo 0-0 quando Philip riceve palla in mezzo al campo e alza la testa in cerca di un compagno libero. Noto che sono tutti marcati e avanzo timidamente di qualche metro sulla fascia.
«Adesso, Teo! Scatta in avanti!» urla all’improvviso Julian Ross dalle retrovie, sempre bravissimo a leggere il gioco prima degli altri e i possibili sviluppi tattici.
Senza pensarci ascolto le sue indicazioni e mi butto all’attacco, cogliendo di sorpresa Jason Derrick, che rinuncia a seguirmi. Vedo con la coda dell’occhio Philip lanciarmi un pallone preciso che atterra docile tra i miei piedi e mi consente di puntare verso l’area di rigore. Alzo la testa e noto Mark e Rob scambiarsi di posizione per cercare di smarcarsi e carico il destro per provare a servire uno di loro con un cross. All’ultimo istante, però, mi ritrovo davanti Tomeya Akai che mi ostruisce ogni via di passaggio, ed è a questo punto che ripenso a quello che mi ha appena detto Bruce. Cerco con lo sguardo Holly e lo vedo al limite dell’area, faccio una finta e calcio il pallone in qualche modo verso di lui, per poi godermi il momento in cui carica il suo famoso Tiro ad Effetto nonostante il mio assist non fosse esattamente preciso. La palla sembra dotata di vita propria quando sale nel cielo e poi cade in picchiata all’improvviso, diretta all’incrocio dei pali. Benji si tuffa all’indietro e con un pugno chiuso riesce miracolosamente a deviarla in calcio d’angolo.
Osservo la scena con gli occhi sgranati e col cuore che batte forte. Sto giocando con dei veri mostri.
È tutto così bello. Così pazzesco.
 
Tom si appresta a battere il calcio d’angolo e vado anch’io in area di rigore per provare a sfruttare quella che è sempre stata la mia arma migliore, ossia il colpo di testa, anche se dubito che avrò qualche chance in mezzo a tutti questi fenomeni e con uno come Benjamin Price a difendere la porta.
Becker, a sorpresa, crossa lungo oltre il secondo palo, dove si era già appostato Philip per quello che ha tutta l’aria di essere uno schema che si erano preparati in precedenza.
«Eagle Shot!» urla Callaghan, calciando una rasoiata potentissima che passa in mezzo a una selva di gambe, diretta all’angolo basso alla sinistra di Benji.
«Aaahhh!» grida il Super Great Goal Keeper, compiendo un balzo prodigioso e riuscendo a respingere la palla sulla linea.
Il pallone si impenna e atterra appena fuori dall’area, con Mark Lenders che lo stoppa e solleva la gamba destra per caricare al massimo la sua straordinaria potenza.
«Tiro della Tigre!» sbraita, lasciando partire un missile diretto all’incrocio dei pali opposto al lato della porta in cui si trova Benji.
Il portiere si alza di scatto e si tuffa, riuscendo ancora una volta a respingere il pallone, che però vola alto nel cielo a pochi metri dal palo, esattamente nel punto in cui si trova Holly.
Osservo affascinato il capitano librarsi leggero verso l’alto e capovolgersi, pronto ad effettuare una delle sue leggendarie rovesciate. I nostri occhi si incrociano per un istante, ma è tutto quello che mi basta per capire cosa devo fare. Con una leggera spinta mi libero della marcatura di Bob Denver e corro verso il lato opposto della porta.
Tutto quello che succede dopo è come se non mi riguardasse, per quanto avviene in fretta e quasi al di là della mia volontà. Solo puro istinto.
Vedo Holly colpire il pallone in rovesciata e Benji tuffarsi per pararlo, salvo rendersi conto troppo tardi che non si trattava di un tiro, ma di un cross.
Io sento solo l’impatto della palla sulla mia fronte, a non più di un metro dalla porta completamente vuota.
Osservo la rete gonfiarsi davanti a me, mentre cado incredulo all’indietro sull’erba fresca e l’arbitro fischia tre volte per decretare la fine della partita.
Abbiamo vinto e sono stato io a segnare, non riesco ancora a credere a quello che è successo.
Guardo la palla rimbalzare davanti a me e mi ritrovo Rob Denton addosso che mi abbraccia.
«Sììì! Abbiamo vintooo! Hai segnato, Teooo!» esulta, mentre io ho quasi più l’impressione di essere stato letteralmente colpito dall’assist di Holly, come se mi avesse usato per fare una carambola.
Ma va bene così… va benissimo così!
«Mi hai battuto, a quanto pare» dice Benji, dopo essersi rialzato, avvicinandosi e squadrandomi con aria torva. «Sono sempre di pessimo umore quando subisco un gol, figuriamoci se a farmelo è un dilettante…» sbuffa, fermo davanti a me.
Resto impressionato dal carisma che emana, non solo da quanto è imponente e massiccio. Si toglie dalla testa il suo immancabile cappellino rosso e lo calca sulla mia, di testa, che continuo a osservarlo quasi intimorito, ancora seduto a terra.
«Ti è andata bene stavolta, ma la prossima sfida la vincerò io!» annuncia con aria tenebrosa, accennando un sorriso prima di andarsene, salutandomi con un cenno della mano.
«Sei stato bravissimo, Teo!» esclama Tom.
Mi rendo conto che i miei compagni di squadra mi hanno circondato. Philip mi allunga una mano per aiutarmi a rialzarmi, visto che sono ancora a terra, incredulo e col cappellino di Benji calcato sulla fronte.
«Abbiamo vinto grazie a te!» sorride il ragazzo cresciuto nella Flynet, abbracciandomi.
«Ben fatto» aggiunge Mark, dandomi il cinque, prima di lasciare il campo seguito da Danny e da Ed.
«Ma… è tutto merito di Holly, io non ho…» farfuglio, faticando ancora a mettere ordine tra le emozioni che si accavallano dentro di me.
«Tu hai fatto un movimento perfetto e mi hai messo in condizione di poterti fare quell’assist» interviene il capitano, sfilandosi la sua maglia numero 10 della nazionale giapponese e porgendomela senza smettere di sorridere. «Questa è tua, grazie per aver giocato con noi oggi. Non dimenticarti mai di amare il calcio!»
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: grazie a tutti voi che avete letto questa storia, prima di tutto! Se vorrete lasciarmi il vostro parere ne sarò onorato, anche perché è la primissima volta che scrivo su questo fandom, dato che di solito pubblico su quello di Dragon Ball, quindi i consigli sono ben accetti. A tal proposito ringrazio in anticipo chi mi ha seguito da Dragon Ball e anche chi fa parte da tempo di Captain Tsubasa, spero di essere stato all’altezza di un manga e anime che amo da sempre.
Ho scelto di utilizzare i nomi “storici” della prima edizione dell’anime italiano per i personaggi, per il resto mi auguro di aver reso al meglio i caratteri dei vari giocatori e che abbiate apprezzato la presenza del mio alter ego che si ritrova catapultato in campo!
Chi sono i vostri preferiti? Io scelgo Philip e Mark, chi mi conosce lo sa già ;-)
Ancora grazie a tutti voi che vorrete lasciarmi un commento, a chi inserirà la storia nelle liste e a chi leggerà in silenzio!
Ci vediamo mercoledì prossimo su Dragon Ball col nuovo capitolo di “Le Sette Sfere e una Notte”, a presto!
 
Teo
 
 
   
 
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