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Autore: Herm_periwinkle    20/09/2020    2 recensioni
Sono passati diversi anni dalla fine della guerra e i regazzi del team Avatar non hanno avuto più occasione di vedersi, ciascuno preso dalla propria vita. Fino a che la nascita di Moma li porterà a riunirsi. Sono cambiati molto, alcuni sono più felici, altri sono semplicemente insoddisfatti delle proprie vite. Gli equilibri del gruppo, dopo tanto tempo che i loro membri sono stati lontani, sono destinati a cambiare, forse per sempre. Riuscirà Zuko ad affrontare i mutamenti che avverranno? Katara sarà in grado di discernere la verità del suo cuore? O saranno così ciechi da credere che nulla è cambiato?
[Zutara]
Dalla storia:
“Vedo il modo in cui vi guardate.”
Ci fu una pausa lunghissima, infinita. Abbassò lo sguardo colpevole, non sapendo cosa dire. Cosa si poteva dire in una situazione simile? Ogni parola sarebbe suonata sbagliata, una stupida scusa, ipocrita e inopportuna.
“Ti conosco più di chiunque altro e so che tra voi c’è qualcosa. Si vede, è palpabile. Ti chiedo solo di dirmi la verità: vi siete baciati?”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katara, Quasi tutti, Sokka, Zuko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era ormai quasi una settimana che Zuko aveva notato che la situazione tra loro due era diventata eccessivamente strana. Tutto era cominciato perché aveva visto Katara giù di morale e non gli faceva affatto piacere trovarla a fissare con aria persa il mare o, peggio ancora, imbambolarsi a guardare il vuoto. Si era incaponito che voleva farla stare bene, voleva vederla sorridere. Tutti gli amici si comportano così, giusto? Non c’era assolutamente niente di male, lui di questo ne era più che certo. Eppure non riusciva a non sentirsi in difetto, come se stesse facendo qualcosa di profondamente sbagliato.

Erano uniti, troppo uniti. Passavano insieme tantissime ore, ridevano come matti, scherzavano, si spintonavano e giocavano. Si prendevano costantemente in giro e, in un modo o nell’altro, si ritrovavano sempre in situazioni dubbie. Zuko non sarebbe stato in grado di spiegare come si creavano certe situazioni, lui non faceva mai niente per trovarsi così vicino a lei, succedeva e basta. Si ritrovavano a fissarsi negli occhi, con i visi così vicini e in situazioni simili non riusciva a trattenersi e lasciava scivolare il suo sguardo dagli occhi blu, enormi, sprigionanti dolcezza, alle labbra carnose e delicate, sempre pronte e piegarsi in un sorriso.
Scosse la testa. No, non doveva pensare alle sue labbra, non era consono. Era la ragazza del miglior amico che avesse mai avuto!

“Qui qualcuno è innamorato o sbaglio?”
Alzò lo sguardo come se fosse stato colto in fragrante e si ritrovò davanti la faccia canzonatoria di Sokka. Subito cambiò espressione e fece in modo che dal suo viso non trapelasse alcunché. O almeno sperò che fosse così. “Cosa te lo fa pensare?” ringhiò, forse eccessivamente aggressivo.
“Hai staccato i petali a quasi tutte le margherite intorno a te. Compresa quella che hai in mano.”
Zuko si affrettò a incenerirla all’istante e Sokka capì che non era aria. “Scusa, scusa, stavo solo scherzando. Mamma mia che brontolone” gli disse allontanandosi.
Zuko aveva la fronte imperlata dal sudore e il cuore che batteva a mille. Perché era scattato in quel modo? Poteva sembrare quasi un’ammissione di colpa. Sokka stava scherzando, non avrebbe mai nemmeno potuto immaginare che qualcuno all’infuori di Aang potesse trovare interessante la sua piccola sorellina. Che a lui non interessava affatto, si sbrigò a ripetersi mentalmente. No, non era interessato, non lo era mai stato e mai una storia tra loro avrebbe potuto funzionare. Che follia.

Inoltre era tutto il giorno che Katara lo evitava. Non poté far a meno di chiedersi perché e di continuare a cercarla ovunque. Eppure ogni volta che si avvicinava a lei, dopo poco sembrava avere qualcos’altro da fare e lo abbandonava lì. Era come se tutta la magia della settimana passata fosse scomparsa nel nulla. Cercò di ripetersi che non gli importava, che era giusto così e che non sentiva affatto la mancanza dei momenti trascorsi insieme, ma sotto sotto sapeva che stava mentendo a se stesso. Voleva tornare a stare sempre insieme a lei, questa distanza, seppur minima lo stava uccidendo.

Cavolo, era il Signore del Fuoco e si stava comportando come uno stupido adolescente innamorato. No, non innamorato. Non era affatto la parola giusta. Lievemente affascinato, sì, era decisamente meglio. Ecco, il loro rapporto poteva essere definito come amicizia, ma con un pizzico di interesse reciproco. Sempre che fosse tale e che non si fosse immaginato tutto. Ad ogni modo, che male c’era? A lui non avrebbe dato fastidio se Katara si fosse comportata così anche con altre persone. Poi però questo pensiero gli si fissò in testa. La immaginò abbracciata ad un altro, la immaginò guardare con uno sguardo innamorato un altro. Sentì lo stomaco contorcersi dalla rabbia e dalla gelosia. Ma doveva essere normale anche quello, alla fine era una persona importante per lui, era solo sana gelosia quella che sentiva.

Che poi, perché era tutto il giorno che non riusciva a pensare ad altro? Non era certo la persona migliore del mondo, anzi aveva moltissimi difetti. Ad esempio, faceva la mammina e rimproverava tutti quando sbagliavano qualcosa. Era fastidiosa all’inverosimile quando si impuntava e sapeva essere estremamente irritante. Quando teneva il muso diventava odiosa. Però aveva un gran cuore e perdonava sempre tutti. Sapeva essere dolcissima e incantevole quando dominava il suo elemento. Ed era innegabile dire che era diventata davvero bellissima, con quei capelli lunghi e i tratti del viso che sembravano scolpiti da un’artista.

Zuko notò che Katara aveva smesso di legarsi i capelli. Non poté far a meno di chiedersi se lo avesse fatto per lui, perché le aveva detto che stava meglio con i capelli sciolti. Ma glielo aveva davvero detto? Non riusciva a ricordarsi se lo aveva fatto o se lo aveva solo immaginato.
Stava cominciando a tramontare il sole. Rientrò in casa cercando di mantenere un’aria neutrale, ma stava cercando Katara in tutte le stanze. Si chiese se avrebbero visto il tramonto insieme anche quella sera. Era una cosa che avevano fatto spesso e finivano sempre per chiacchierare di argomenti profondi e interessanti. Anche Katara aveva un animo tormentato, ma era molto più brava di lui a celarlo.

Non la trovò dentro casa e si sentì terribilmente perso. Era tentato di chiedere informazioni a Toph o a Suki, ma non poteva esporsi così tanto. Ormai qualsiasi cosa dicesse o pensasse gli sembrava un’ammissione di colpa. Perché era venuto a trovare Sokka? Stava tanto bene per i fatti suoi nel suo palazzo, un po’ stressato, ma tutto sarebbe stato meglio di quella situazione.
Decise di andare a vedere il tramonto da solo, pregando in cuor suo che Katara fosse lì. Solo quella sera e poi se la sarebbe tolta dalla testa per sempre. Uno, due giorni massimo e se ne sarebbe andato.

 Il suo cuore fece un tuffo quando la vide seduta sulla piaggia, con i piedi immersi nell’acqua e il volto rivolto verso il sole. La sua pelle riluceva come fuoco alla luce rossastra.
Si avvicinò titubante e si sedette accanto a lei. Aveva lo sguardo assorto e guardava la linea dell’orizzonte, dove il sole stava lentamente scomparendo. Teneva in mano un bigliettino tutto stropicciato.
“Che cos’è?” le chiese. Aveva un orribile presentimento.
“Una lettera di Aang” rispose lei, stringendola più forte. Fissò i suoi occhi blu in quelli ambrati di Zuko. “Torna domani.”
A Zuko sembrò di sentire un tonfo, ma doveva essere stato solo il suo cuore.
   
 
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