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Autore: TDwriter    21/09/2020    0 recensioni
"Alla fine, dopo aver dormito così poco e aver letto così tanto, il cervello di lui si prosciugò, e andò completamente fuori testa"
- Don Chisciotte della Mancia, Miguel de Cervantes
Alessandro Lombardi abita nella Riviera dannunziana, ha ventun anni e tutta una serie di presunte certezze alla Zeno Cosini. Alessandro però vivrebbe perennemente in un universo calviniano, sa orientarsi in mancanza di luce e sogna una fuga in pieno stile Mattia Pascal.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo VII

Poggiò l'ultima T-shirt nel cesto della bicicletta color giallo fluo, circondata da altre magliette che pendevano dal soffitto tramite dei ganci. Uscì dal negozio per osservare il proprio lavoro, soddisfatta: la vetrina per il giorno dopo era pronta. La parte che più preferiva del proprio lavoro, ma che spesso e volentieri era affidata agli stagisti. Quel giorno però era il primo per loro, perciò Sara gli aveva mostrato le attività da svolgere nel resto del negozio.

Avevano iniziato entrambe a lavorare lì dopo il diploma, perché il proprietario dell'attività le conosceva tutte e due, dato che avevano svolto anche loro lo stage lì, quando frequentavano la scuola. Inoltre era uno dei pochi a non farsi problemi a causa della loro relazione, a non chiedere a loro e ad altri dipendenti di fingere di fronte alle domande dei clienti. Ora stavano entrambe risparmiando, e in futuro forse avrebbero aperto anche loro un negozietto.

Rientrò per raccogliere le proprie cose, mentre Sara mostrava ai ragazzi la vetrina per la nuova stagione primaverile. Fuori stava quasi per tramontare, e il gruppo di adolescenti era tanto entusiasta che quasi le dispiacque non aver fatto l'allestimento con loro. Si ripromise di segnarsi i recapiti telefonici dei migliori per richiamarli nella stagione estiva.

Si affacciò per salutarli e assicurarsi che tutti loro avessero modo di tornare a casa senza farsi chilometri a piedi, ma fortunatamente avevano già recuperato un passaggio o abitavano vicino, come lei e Sara. Li risalutò e sollevata usci dal retro, da dove la strada era più breve. Faceva fresco, ma si stava bene. Quella sera avrebbero potuto mangiare gli avanzi del pollo a cui lei avrebbe aggiunto quintali di salsa. “La cena dei campioni” si disse, pensando a come l'avrebbe sgridata sua madre. Rise. Avrebbe dovuto chiamarla, invitarla a cena preparandole qualcosa di decente e dirle di lei e Sara, sempre che non avesse già capito. Prima o poi avrebbe dovuto farlo.

Cambiò strada, andando a sinistra, e poi svoltò l'angolo. Si arrestò: c'era qualcuno seduto sul marciapiede, davanti al condominio. Si stava sfregando le mani bluastre, che sembravano spuntare fuori a fatica dal maglione, come se l'interno fosse cavo, come se ad animarlo ci fossero solo quelle due estremità congelate. Doveva essere lì da tempo e aveva con se uno zaino. Irene si guardò intorno: c'era un piccolo capannello di gente al bar lì vicino, avrebbe potuto arrischiarsi e offrire il proprio aiuto. Infilò la mano nella borsa, tenendola dentro come se stesse cercando qualcosa, ma afferrando lo spray al peperoncino e riprendendo a camminare. Lanciò un altro sguardo al bar, prima di sentirsi chiamare. Trasalì, e la presa si fece più salda. Davanti a lei stava Alessandro, più morto che vivo, nei suoi cinquanta chili scarsi che puzzavano di alcol. “Scappa” pensò “Corri in quel bar e telefona a Sara”.

   
 
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