Anime & Manga > Captain Tsubasa
Ricorda la storia  |       
Autore: Moriko_    24/09/2020    5 recensioni
Due compleanni, due persone, un'unica data: 12 Marzo.
Lo straordinario cammino della vita dai primi passi alla maturità, verso più grandi ed importanti traguardi.
[Il titolo, che riassume il tema dell'intera opera, è ispirato a una citazione di Jean Paul, scrittore e pedagogista tedesco: "I compleanni sono piume sulle ampie ali del tempo."]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Nuovo personaggio, Shingo Aoi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fanfiction

Sommario. 
Due compleanni, due persone, un'unica data: 12 Marzo.
Lo straordinario cammino della vita dai primi passi alla maturità, verso più grandi ed importanti traguardi.

[Il titolo dell'intera opera - "The feathers on the wings of time" - è ispirato a una citazione di Jean Paul, scrittore e pedagogista tedesco: "I compleanni sono piume sulle ampie ali del tempo."]

 

 

abVgWXG

Nascita.

{Morisaki's side}

 

 

BGM: Nexus - Life

 

 

 

[12 Marzo. Nankatsu, prefettura di Shizuoka.]

 

Sotto il cielo limpido di una fresca giornata di inizio primavera, risuonarono nell’aria le allegre urla di due bambini che stavano giocando a rincorrersi nel cortile della loro casa. La loro dimora, situata in un quartiere periferico della cittadina di Nankatsu, nel cuore della prefettura di Shizuoka, era una di quelle che si potevano definire le classiche villette di campagna: spaziosa e confortevole, su due piani e con un cortile che affiancava il basso muricciolo che cingeva l’abitazione, per loro era come una reggia dove poter scatenarsi in totale libertà.

«Vieni, fratellino!»

Il maggiore dei due bambini, Ken'ichi, si mosse da un punto all’altro del cortile come un’anguilla, riuscendo a sfuggire all’ultimo secondo a suo fratello Takaji, più piccolo di lui di un anno. Dall’alto dei suoi tre anni si stava divertendo a prenderlo in giro, lasciando che lo raggiungesse senza muoversi per poi ripartire solo quando il piccolo stava per sfiorarlo.

«Ahahah, non mi prenderai mai!» gridò contento, mentre con un balzo si allontanava di nuovo da Takaji che iniziò nuovamente a protestare.

«Nooooo!»

Poco lontano un giovanotto sulla trentina stava osservando felice il gioco dei due fratelli: seduto sulle scale d’ingresso con le ginocchia piegate e il mento appoggiato sui palmi delle mani, Noboru ebbe la premura di avere gli occhi sempre puntati su di loro. Non li mollava nemmeno quando, di tanto in tanto, prendeva in mano il suo cellulare e con un veloce sguardo controllava la presenza di qualche nuova notifica sullo schermo.

Niente. Ancora nessuna notizia...

Il giovane diede un sospiro e ripose il cellulare nel taschino della sua giacca. Erano trascorse diverse ore da quando suo fratello Hideki gli aveva affidato le sue piccole pesti, per correre alla volta dell’ospedale con sua moglie Izumi: la donna, incinta del loro terzo figlio, aveva rotto le acque nelle prime ore del mattino, per cui aveva avuto giusto il tempo per avvisarlo e dargli le chiavi di casa, prima di correre a tutta velocità verso l’ospedale municipale della città. Per uno strano caso del destino - o forse era più fortuna - quel giorno Noboru non era di turno al centro commerciale S-Pulse Dream Plaza[1] della vicina Shizuoka. In altre circostanze avrebbe preferito restare nella sua piccola casa di Shizuoka e riposarsi un po’, dato che il giorno dopo doveva svegliarsi presto per la sua quotidiana routine presso il Shimizu Soccer Shop; ma per Hideki era sempre ben disposto a farsi in quattro per aiutarlo. D’altronde, così ne avrebbe approfittato anche per vedere i suoi due nipotini, che erano decisamente cresciuti dall’ultima volta che li aveva incontrati.

Circa un mese.

Un bel lasso di tempo, complice anche la distanza che li separava ogni giorno: a causa del suo lavoro Noboru si era trasferito proprio a Shizuoka, e spesso era difficile incontrarsi con Hideki e la sua famiglia nella cittadina di Nankatsu, dato che entrambi avevano orari di lavoro e anche giorni liberi differenti. I due fratelli si sentivano tutte le sere per telefono, ma per Noboru vedere i suoi adorati nipotini proprio lì, davanti ai suoi occhi, era decisamente un’altra cosa.

Quell’oasi di pace, così lontana dalla frenesia del centro e del luogo dove stava trascorrendo la sua vita, lo rasserenava: se un giorno avesse avuto la possibilità di avvicinarsi a loro, alle sue adorate pesti, forse non ci avrebbe pensato due volte a lasciare la vita che stava conducendo fino a quel momento.

Nel bel mezzo di questi pensieri i due piccoli gli si avvicinarono: il più grandicello di loro gli porse le mani intrecciate, i suoi occhi che gli brillarono di una fierezza mai vista prima.

«Cosa c’è, Ken'ichi?» chiese Noboru, allungando lo sguardo.

«Guarda, zietto: una farfalla!»

Ken'ichi aprì leggermente i palmi delle mani, e mostrò allo zio l’insetto che era imprigionato. Incuriosito Noboru avvicinò il volto: vide una farfalla che sbatteva le ali senza mai fermarsi, nel disperato tentativo di liberarsi da quella strana prigione di carne nella quale si trovava.

«Hai visto?» esclamò entusiasta suo nipote. «Ho fatto proprio come mi hai detto! Piano piano! Vedi? Si muove ancora!»

«Che bravo!»

Noboru arruffò i capelli del piccolo, e solo allora Ken'ichi si decise a liberare la farfalla.

Intanto, mentre zio e nipote si erano incantati a guardare il volo leggero e spensierato dell’insetto che stava festeggiando la sua libertà dopo minuti di agonia, Takaji ne approfittò per avvicinarsi al fratello e, con uno scatto, afferrò divertito la sua maglietta.

«Preso!»

Ken'ichi sobbalzò. Troppo tardi: distratto da quella farfalla che aveva trovato nel cortile della loro casa e felice di mostrargliela allo zio, non si era accorto che Takaji stava continuando ad inseguirlo, riuscendo così a toccarlo... finalmente.

«Oh, no!»

«Evviva!» esclamò il piccino: alzò le braccia al cielo e festeggiò la sua vittoria con piccoli saltelli qua e là.

In quel momento il cellulare di Noboru vibrò. L’uomo lo prese di nuovo, e non appena vide sullo schermo il nome di suo fratello non esitò ad alzarsi in piedi e rispondergli subito dopo. «Pronto? Ah... aaaaah! Arriviamo subito!»

Noboru ripose il cellulare al suo posto, mentre le sue labbra si curvarono in un sorriso soddisfatto.

«Chi è, zietto?» chiese Ken'ichi.

Noboru gli sorrise teneramente. Prese in braccio Takaji, che ancora rideva per l'impresa riuscita, e con un cenno invitò l’altro a seguirlo.

«Bambini, andiamo: ha appena telefonato papà!»

 

 

 

Il sole era ormai alto in cielo: era appena passato mezzogiorno e c’era molto traffico sulla strada che portava alla zona ospedaliera della cittadina. Alla guida di un City SUV Volkswagen di color turchese scuro, Noboru attendeva con un po’ di impazienza di liberarsi dalla coda nella quale era capitato: quella strada, una delle principali arterie della cittadina, era sempre piena di automobili e camion per via di molte persone che si muovevano nell’ora di pranzo.

Tamburellando il volante, Noboru diede una fugace occhiata allo specchietto retrovisore per vedere come stessero i due nipotini: Takaji si era addormentato, mentre Ken'ichi era intento a giocare con un peluche a forma di squalo.

«Raaaw... raaaw!» ripeteva il piccolo di tanto in tanto, mentre muoveva nell’aria il pupazzo.

Nel vederlo giocare in quel modo, con così tanta innocenza, sulle labbra dello zio si delineò un dolce sorriso. A lui piaceva quell’atmosfera familiare, così tranquilla come ricca di energie positive: gli ricordava i tempi ormai lontani nei quali anche lui e Hideki erano piccoli, proprio come Ken'ichi e Takaji. Un anno di differenza separava i due fratelli Morisaki, così come i due bambini che ora erano seduti in quell’auto.

Noboru provò una sensazione di nostalgia che riscaldò il suo cuore. Gli tornarono alla mente quei primi momenti trascorsi insieme a suo fratello, nonostante fossero trascorsi diversi anni: i due erano inseparabili, come ora lo erano i suoi nipotini, giocando e divertendosi insieme.

E ora Hideki è diventato papà... per la terza volta! Come vola il tempo!

A differenza del fratello lui non aveva avuto la fortuna di avere figli, e per questo motivo Noboru considerava i suoi nipotini come se fosse stato lui il loro papà. Con la nascita di Ken'ichi, lui promise a se stesso di voler bene a quel bambino e a tutti quelli che ne sarebbero seguiti, e di aiutare suo fratello e sua moglie a crescerli quando poteva: in realtà non si era mai considerato la persona più adatta a farlo ma tre anni prima, nel tenere in braccio quel piccolo frugoletto, nel profondo del suo cuore aveva sentito di fare la cosa giusta. Non voleva deludere nessuno: il vestire il ruolo dello zio sarebbe stata la sua principale missione per il resto della sua vita.

Noboru si sistemò gli occhiali da sole, che nel frattempo gli erano scivolati leggermente dal naso, e vide nello specchietto Ken'ichi che aveva smesso di giocare e che ora lo stava osservando con i suoi grandi occhi castani, specchio limpido di quelli della sua mamma.

«Zietto!»

«Dimmi.»

«Metti Hamigaki Jaws

«Agli ordini, piccolino!»

Noboru accese la radio e inserì al suo interno il CD che Hideki gli aveva dato. Vi era l’imbarazzo della scelta, con una lunga lista di canzoni per bambini, ma lo zio sapeva quali fossero le preferite dei suoi nipotini: Hamigaki Jaws e Baby Shark. Tra i due piccoli, in particolar modo Ken'ichi sembrava essere quello talmente innamorato degli squali, al punto dal volere qualsiasi cosa a tema, dai libri ai peluche, e di certo la musica non faceva un’eccezione.

Quando nell’aria si udirono le prime note di Hamigaki Jaws, gli occhi di Ken'ichi si illuminarono per la gioia: il bambino, che ormai conosceva a memoria quella canzone, la seguì cercando di ripetere le parole che stava ascoltando e iniziando a muoversi a ritmo della musica. «Shark!» urlò ad un tratto, lanciando in aria il suo amato pupazzo che gli finì prima in testa e poi cadde sul tappetino dell’automobile.

«Il mio squalo...» iniziò a piagnucolare Ken'ichi, osservando il gioco che non poteva recuperare, almeno non in quel momento. «Zietto, lo squalo... lo squalo è caduto a terra...»

«Non preoccuparti,» disse Noboru, rassicurandolo. «Siamo quasi arrivati: lo zio te lo prende non appena ci fermiamo!»

Dopo un momento di esitazione il piccolo alzò la testa e continuò a canticchiare, distratto ancora una volta dalla canzone successiva che ora si sentiva all’interno del SUV sul quale stavano viaggiando.

Intanto Noboru era riuscito a superare quella coda e così riprese a guidare spedito nel traffico cittadino. Non vedeva l’ora di rivedere suo fratello, sua moglie e, soprattutto, l’ultimo arrivato della famiglia: iniziò a fantasticare sull’aspetto del neonato, se assomigliasse di più a Hideki o Izumi... oppure se fosse stata la sua fotocopia, anche se ciò che davvero gli importava in quel momento era il vederlo in perfetta salute.

«Dimmi, Ken'ichi: secondo te, come sarà il fratellino?» chiese a suo nipote, abbassando leggermente il volume della canzone.

«Urm...» Il bambino guardò lo zio piuttosto pensoso e restò in silenzio; poi, ad un tratto, fu lui a rivolgergli un’altra domanda: «Zietto, è come il bambolotto che abbiamo a casa?»

«È molto più bello di un bambolotto,» rispose Noboru con orgoglio: anche se non aveva ancora visto il neonato, nel vedere i due nipotini era certo che anche il terzo sarebbe stato meraviglioso come loro. «Certo che è più bello: assomiglierà a te e Takaji! Pensa che non sarà fermo come un bambolotto: si muoverà, proprio come te e Takaji!»

«Come Takaji?»

«Certo! Ma è ancora più piccolo di Takaji... avrà bisogno di mangiare e di crescere un po’, prima che potrà giocare con voi.»

«E sa parlare?»

«Sì! Tu e Takaji dovete fare i bravi e insegnargli tutto... così presto sarete in tre a giocare!»

Ken'ichi annuì, e sempre con aria pensierosa domandò: «E come si chiama?»

«Beh, non lo so! Lo sapremo solo quando arriviamo da mamma e papà!»

«Zietto! Ho un'idea: lo chiamerò Same![2]»

Noboru sobbalzò. «Sei sempre il solito! Non puoi chiamarlo squalo; e se al fratellino non piacciono gli squali?»

«Devono piacergli, come a me e Takaji... per forza, è il nostro fratellino!»

Lo zio sbarrò gli occhi, ma poi rise tra sé e sé di fronte al grande interesse del suo Ken'ichi per gli squali, che lo sorprendeva sempre più anche nelle piccole cose quotidiane. Con la vista dell’ospedale che ora si delineava di fronte a lui, Noboru si divertì ad immaginare il futuro del maggiore dei suoi nipotini, sommerso nelle profondità del mare e che si divertiva ad entrare in diretto contatto con pesci diversi tra loro.

Chissà, forse da grande potrebbe diventare un veterinario... oppure lavorare in un parco acquatico... o forse gli passerà la mania degli squali e farà tutt’altro. I bambini sono così imprevedibili!

 

Dopo aver parcheggiato il City SUV nell’ampio parcheggio dell’ospedale, Noboru scese insieme a Ken'ichi. Takaji stava ancora riposando, per cui il giovane prese dal cofano il passeggino e porre là il piccolo; poi diede la mano a Ken'ichi e tutti insieme entrarono nel reparto di maternità.

Trovata la stanza dove si trovava sua cognata, il giovane zio fu sorpreso nel trovarla chiusa. Guardò l’orologio che aveva al polso, confrontando l’orario con quello scritto sulla bacheca delle informazioni. No... non siamo fuori orario. Forse è appena entrato il medico... e mio fratello? Sarà dentro?

Noboru stava per rivolgersi a suo nipote, invitandolo a sedersi nel corridoio insieme a lui in attesa di saperne di più, ma all'improvviso si sentì qualcosa che aveva colpito la sua testa con leggerezza, quasi in modo affettuoso. Nel voltarsi, il giovane vide suo fratello che stava reggendo in mano una lattina di tè fresco.

«Ciao, Noboru!»

«Hideki!» esclamò l’altro, e si slanciò verso il fratello: gli gettò le braccia intorno al collo e lo strinse forte a sé. Contemporaneamente anche Ken'ichi corse da suo padre, abbracciando con entusiasmo la sua gamba.

«Ciao, papà!»

«Ohi ohi!» disse Hideki, cercando di non perdere l’equilibrio in quel doppio abbraccio. Prese in braccio Ken'ichi, e gli diede un bacio sulla fronte. «Ciao, piccoletto! Ti sei divertito con lo zio?»

«Sì!» rispose il bambino, mostrando il pupazzo a forma di squalo che nel frattempo era riuscito a recuperare dall'automobile quando erano scesi dal SUV. «Vedi, vedi? Ho portato lo squalo, raaw! Così anche al fratellino piacerà!»

Il padre sorrise, e diede una pacca sulla spalla di Noboru. «Allora, campione! Sei pronto a conoscere il nuovo arrivato?»

«E me lo chiedi: non vedo l’ora! Però...»

Noboru si portò una mano dietro la nuca e diede un profondo sbadiglio, voltando le spalle e facendo spallucce. «Quanto vorrei essere sul divano di casa mia e non qui... che sonno!»

Hideki guardò suo fratello con un certo sbigottimento e non capiva il perché di quell’improvviso cambiamento: fino a cinque secondi prima suo fratello sembrava così entusiasta di essere lì con lui, per festeggiare insieme alla sua famiglia il lieto evento...

Per sua fortuna, Noboru si voltò e scoppiò subito a ridere. «Scherzetto! Ma certo che sì: questo e altro per i miei nipotini! Anzi: non vedo l'ora di conoscere anche il nuovo arrivato, chissà se sarà così birbante come questi due!»

In tutta risposta e quasi senza dargli il tempo di finire la frase, Ken'ichi non ci pensò due volte a lanciare il peluche che aveva in mano sulla testa dello zio. «Non è vero: sei tu il birbante! Sei tu!» ripeté il piccolo, tra una risata e un’altra.

«Eddai, Ken'ichi!» disse Noboru con un tono lamentoso ma colmo di divertimento. Alzò le mani e proseguì con un furbo sorriso: «Lo zio stava solo scherzando! Tu e Takaji siete due angioletti, gli angioletti dello zio!»

Hideki cercò di trattenere le risate di fronte al gesto del figlio e poi quello del fratello; poi posò a terra il suo piccolino, prese il peluche e glielo restituì, accarezzandogli la testa. «Però, Ken'ichi... mi raccomando: quando andiamo dalla mamma puoi portare questo pupazzetto, ma non lo devi più lanciare. Qui devi fare il bravo: ricordati che non sei a casa.»

«Sì, papà!»

Noboru sorrise, poi rivolse lo sguardo verso il piccolo Takaji che ancora dormiva nel passeggino. «Lui non vuole saperne di svegliarsi, vero?»

«Tranquillo,» rispose Hideki. «Non appena sentirà la voce della mamma, vedrai che aprirà subito gli occhi. Non sembra, ma è un bel furbacchione!»

«Papà, papà!» disse Ken'ichi, afferrando il pantalone di suo padre. «Andiamo? Andiamo dalla mamma e il fratellino?»

«Certo, non appena uscirà il dottore!»

«Il dottore? Il signore con il camice bianco?»

«Sì, ricordi? Quello del gioco che hai a casa... vedi?» disse Hideki, prendendolo per mano e indicandogli la porta dove si trovavano sua madre e suo fratello. «Ora la porta è chiusa e non possiamo entrare; solo quando uscirà questo signore dal camice bianco possiamo andare dalla mamma!»

«Uuuuh...» Ken'ichi mise il broncio e, lasciata bruscamente la mano del padre, incrociò le braccia. «Uffa! Io volevo vedere Same...»

«Same?»

Il papà spalancò gli occhi e guardò Noboru, pensando che fosse una delle sue trovate: quando era con i suoi figli, il fratello a volte riempiva le loro teste di frasi e parole apparentemente senza senso, che poi i piccini ripetevano anche quando lui era tornato a casa, come se fosse stato un codice segreto che solo loro tre riuscivano a decifrare.

Noboru si avvicinò al fratello e gli mise una mano sulla spalla, aiutandolo così a fugare ogni dubbio. «Non farci caso. Si è messo in testa di chiamare così il fratellino... e comunque ha deciso tutto lui: questa volta non c’entro niente!»

«È vero, papà!» aggiunse Ken'ichi con allegria. «Lo zietto non era molto felice!»

Hideki guardò il figlioletto, che in quel momento era tornato a giocare con lo squalo subito dopo aver detto quelle parole, e sorrise rassegnato. «È sempre il solito!»

 

 

In attesa che il dottore uscisse dalla stanza dove si trovava Izumi, Hideki e Noboru si accomodarono nel corridoio e discussero del più e del meno, mentre Ken'ichi continuò a giocare con il suo squalo coinvolgendo di tanto in tanto padre e zio. Nonostante fosse così assorto nel suo gioco, fu proprio il piccolo a notare per primo la presenza di un giovane uomo che indossava un camice bianco di fronte alla porta, ora aperta, che il suo papà gli aveva indicato.

«Papà! Il dottore!»

Al richiamo del figlioletto Hideki si alzò e andò dal medico per parlare con lui sullo stato di salute di sua moglie e del neonato. Non appena la conversazione ebbe termine, tornò dal fratello e disse: «Possiamo entrare!»

Subito Ken'ichi raggiunse il padre e gli afferrò la mano, seguito da Noboru che spingeva il passeggino di Takaji.

I quattro così entrarono nella stanza, illuminata dai raggi del sole che trapelavano attraverso le tende. Al suo interno vi erano due letti posti l’uno di fronte all'altro: il primo era vuoto perché la ragazza che lo occupava si trovava in sala parto, mentre sull'altro vi era una giovane donna che teneva in braccio un piccolo neonato. La donna portava sul volto i segni della fatica del parto, ma l’espressione che stava rivolgendo a suo figlio non lasciava adito a ulteriori dubbi: era serena, come le onde del mare dopo una tremenda tempesta notturna.

Non appena vide i suoi familiari fare ingresso in quella stanza, Izumi li accolse con un silenzioso sorriso. Per Hideki, il vedere ogni volta sua moglie in quel letto era un miscuglio di belle sensazioni: nonostante ciò che le era accaduto chiaramente visibile tra le prime rughe del suo volto, la sua dolce indole non era stata minimamente scalfita, e il bambino che cullava tra le sue braccia era meraviglioso come gli altri due figli.

Anche Noboru si commosse: si trattenne dall’urlare per la felicità che stava attraversando ogni angolo del suo corpo, ma non riuscì ad evitare che le lacrime iniziassero a scendere dai suoi occhi, diventati lucidi nel vedere Izumi e il neonato.

Invece Ken'ichi, contrariamente a quanto era solito fare, si nascose prontamente dietro la gamba del padre, non appena incontrò lo sguardo della mamma che voleva salutarlo. La presenza tra le braccia di sua madre, le stesse che fino al giorno prima lo avevano accarezzato e coccolato, di quel terzo bambino ancora più piccolo di lui e di Takaji, gli aveva provocato un sentimento di profonda timidezza.

«Su,» lo esortò Hideki, accompagnando suo figlio presso Izumi. «Non vuoi vedere il fratellino?»

Il piccino affondò il volto nelle pieghe del pantalone di suo padre, senza lasciare la presa. «Papà...»

«Dimmi,» sussurrò Hideki, inginocchiandosi di fronte a lui e prendendogli la mano con dolcezza.

«E se... e se il fratellino ha paura degli squali? Mi vuole bene?»

«Certo che ti vuole bene,» rispose la donna con tenerezza, anticipando la risposta del marito. «Questo piccoletto non vede l’ora di conoscerti, è da un bel po’ che è sveglio!»

Hideki e Ken'ichi le si avvicinarono ulteriormente; Izumi prese la mano del figlio e lo esortò a giocare con il neonato.

«Ken'ichi, ti presento Yuzo

Gli occhi del fanciullo erano ora focalizzati sul fagottino che la mamma aveva in braccio. Il piccolino iniziò ad agitare le gambe in quel momento e Ken'ichi, anche se non poteva ancora sapere che i neonati fossero in grado di vedere solo luci e ombre, interpretò quel movimento come un tentativo di interazione, confermata dal fatto che il suo sguardo si fosse soffermato proprio su di lui.

«Ciao!» disse il fratello maggiore e con delicatezza lasciò la mano della mamma per prendere quella del fratello, così piccola e delicata rispetto alla sua e quella dei genitori: senza che se ne accorgesse la sua timidezza svanì in un attimo.

Nello stesso istante Takaji aprì gli occhi, svegliandosi lentamente dal sonno nel quale era caduto. Voltò la testolina a destra e a sinistra, cercando di capire in che razza di posto fosse capitato: non appena si accorse della madre la chiamò, porgendo disperatamente le braccia verso di lei. «Mamma, mamma!»

Noboru lo prese con sé e lo portò vicino al letto. «Et voilà: ecco qui, tutti insieme!»

Non appena Takaji vide il neonato in braccio alla mamma, spinto da grande curiosità chiese allo zio: «Quello... è il fratellino?»

«Sì!» rispose Noboru, con un tono di voce profondo e fiero. «Si chiama Yu–»

«Che bello!» esclamò il piccolo pieno di felicità, sporgendosi in avanti per cercare di afferrare il fagottino. «Voglio prenderlo, voglio prenderlo!»

«E... ehi! Aspetta un attimo, Takaji: così mi fai cadere!»

A causa di quell’improvvisa spinta ci mancò poco che zio e nipote finissero sul letto.

Hideki e Izumi risero di gusto. Entrambi pensarono che da quel giorno la loro vita sarebbe stata ancora più movimentata del solito: i loro tre figli, nati a pochi anni di distanza l'uno dall'altro, avrebbero portato ancora più gioia e allegria nella loro casa.

 

 

Note dell'autore:

[1] S-Pulse Dream Plaza. È un centro commerciale situato a due passi dal porto di Shizuoka; tra i negozi del centro, il luogo dove lavora Noboru è il ​Shimizu Soccer Shop, un negozio di prodotti e articoli sportivi.

[2] “​Same” (サメ o 鮫) è il nome giapponese degli squali, e si legge alla giapponese: “same”.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

(Che sarà un po' lungo, almeno per questa volta...)

Ciao a tutti. Lo so... vi aspettavate un'ennesima fanfiction su Yuzo, invece avete appena letto una storia ricca di OC che nemmeno conoscete. Ebbene: sappiate che è fatto apposta.

Questo che avete appena letto, infatti, è solo il primo di una lunga serie di capitoli - una quindicina - che, partendo dalle origini, farà un lungo viaggio nella storia di due personaggi che adoro molto: Yuzo Morisaki Shingo Aoi

L'idea per questa storia è arrivata proprio nel mese di marzo, quando ho scoperto che Yuzo era nato lo stesso giorno di Shingo ed io, un po' dispiaciuta del fatto che avevo scritto una fanfiction per Yuzo e non per Shingo (che a me è sempre piaciuto come personaggio, fin dai tempi in cui eravamo abituati a chiamarlo Rob Denton ;P), ho pensato che sarebbe stato bello mettere in cantiere una storia ambientata nel giorno del loro compleanno. O, come presto vedrete, nel corso dei vari compleanni che vivranno man mano che cresceranno...

Yuzo e Shingo hanno due personalità apparentemente un po' diverse tra loro, ma sono accomunati dalla stessa passione per il calcio. Loro inizieranno a conoscersi meglio solo quando entrambi approderanno in Nazionale (sì, è vero: in realtà si incontrano molto prima, alle medie, però vi ricordate che quasi nessuno ha riconosciuto il povero Shingo durante il World Youth? Probabilmente anche lo stesso Yuzo non si ricordava più di lui XD), dopo anni di esperienze diverse ma che li hanno portati sulla vetta proprio grazie all'impegno che hanno messo nel diventare dei bravi calciatori.

Questa storia nasce, dunque, per descrivere un duplice percorso di vita - che poi diventerà anche un percorso calcistico - che parte dalla nascita di questi che allo stato attuale della mia storia sono ancora due fagottini, per poi arrivare al "traguardo" (per modo di dire, in realtà è anche un "inizio") costituito dall'approdo di entrambi nella Nazionale giapponese. La storia, però, per via di cose si intersecherà con le vite degli altri membri della loro famiglia; ragion per cui ciò che avete letto e che seguirà sarà una sorta di What if proprio perché Takahashi non ci ha lasciato molti elementi a tal proposito. Se almeno Shingo ha avuto la "benedizione" di avere una famiglia nella serie - dei genitori e una sorella - di Yuzo non si sa nulla. Niente di niente, nemmeno come sono d'aspetto; però proprio ciò ha permesso di divertirmi ad immaginare le loro vite (per Yuzo ho creato un intero mondo, per Shingo sono partita dalle poche basi che il manga ci ha fornito) e anche le loro rispettive famiglie. Da loro è scaturito un intero racconto di situazioni, scenari, spaccati di vita quotidiana, ma anche sentimenti e pensieri delle persone che li hanno sempre circondati con grande affetto e che - e di ciò ne sono certa - li hanno aiutati a diventare quelle straordinarie persone che sono oggi.

Nel caso specifico di oggi, per Yuzo ho immaginato l'esistenza di altri due fratelli maggiori. Il motivo è dovuto al suo nome「有三」nel quale c'è la presenza del kanji 「三」che indica il numero "tre": è lo stesso kanji di cui è composto il nome di un altro portiere presente nella serie di CT, Genzo「源三」- infatti, forse non a caso, lui è il terzogenito della famiglia. Da quando ho iniziato ad indagare sui kanji per i nomi delle persone, complice un breve post in giapponese sui Wakabayashi e che metteva in campo l'ipotesi che anche Yuzo fosse il terzogenito della sua famiglia, mi è venuto più semplice immaginare che Yuzo non fosse figlio unico. Beh: per fortuna questo fandom è già abituato a questa bella ipotesi, perciò forse non vi sto dicendo nulla di nuovo! ;P

E, a proposito della famiglia che compare qui, di seguito vi lascio un breve elenco dei personaggi comparsi qui. Una sorta di piccola "appendice" a ciò che avete letto, perché dovete sapere che i loro nomi e anche i loro ruoli non sono stati scelti a caso, bensì hanno un preciso significato:

 

- Ken'ichi 「研一」 è il primo figlio di Hideki e Izumi. Fin dalla tenera età è affascinato dal mondo marino, in particolare dagli squali. Il suo nome è una combinazione dei kanji 「研」(studio) e「一」("uno", essendo il primogenito di casa Morisaki).
- Takaji 「鷹二」 è il secondogenito. Rispetto al fratello maggiore è molto più vivace ed è affascinato dalla natura - in particolare, il suo animale preferito è il lupo. Il suo nome è una combinazione dei kanji 「鷹」(falco) e「二」("due", essendo il secondo di casa Morisaki).
- Hideki 「秀樹」 è il padre dei tre bambini che compaiono in questa storia. Ha un anno in più rispetto a Noboru e, come lui, è originario di Nankatsu. Il suo nome significa "alberi ad alto fusto", in combinazione con il suo cognome「森崎」Morisaki, che racchiude in sé il kanji di "foresta".
- Izumi 「泉」 è la moglie di Hideki e madre dei tre bambini che compaiono in questa storia. Il suo nome significa "fonte/sorgente" - l’ho scelto per affiancarlo al suo cognome da sposata.
- Noboru 「翔」 è il fratello minore di Hideki. Da diversi anni vive a Shizuoka per via del lavoro del quale ho fatto accenno in questa prima parte, ed è un grande appassionato di calcio. Il suo nome significa "che sorge/si innalza".

 

Su questa prima parte in generale, qualche precisazione che non ho inserito nelle note dell'autore.

- Le immagini che precedono il testo sono state create con Canva, uno strumento di progettazione grafica presente sia come sito online che come app. Perciò, anche le singole immagini che sono state scelte per rappresentare il cuore delle varie parti sono state inserite attraverso questo strumento, dunque sono di dominio pubblico - in realtà esistono anche quelle a pagamento che non puoi inserire a meno che... non le paghi, appunto, per cui ho preferito scegliere ciò che sono riuscita a trovare gratuitamente.

- Per ciascuna delle varie parti ho inserito una traccia sonora prima del testo. Possiamo definirla "BGM" perché è una musica di sottofondo a tutti gli effetti: le musiche che ho scelto sono le stesse che mi hanno accompagnato lungo la stesura delle varie parti, e che ho trovato adatte per ciò che stavo narrando. Se vi va, buttateci un occhio... anzi, un orecchio! ;D

- Come tutti i lettori di CT ben sanno, Nankatsu è una cittadina posta nelle vicinanze del monte Fuji; io - un po' per complicare la vita ad alcuni dei miei personaggi, perché pensate che l'abbia fatto? XD - l'ho immaginata un po' distante da Shizuoka. Per chi è del Piemonte - e chi non lo è può vederlo su Google Maps senza problemi - avete presente la distanza Torino-Moncalieri, ad esempio? Ecco, uguale: circa una ventina di minuti in auto. Anche per questo motivo non indifferente, la storia è stata inserita tra le What if.

Nella visione generale della storia questo elemento non è stato messo a caso, anzi: già in questa prima parte della storia è stato sottolineato come la distanza non abbia mai danneggiato i legami familiari - in questo caso tra Noboru e i suoi nipoti/suo fratello - ma, anzi, si può continuare a coltivarli e a rafforzarli. (Lo scrivo per esperienza diretta, con pezzi di famiglia sparsi in ogni angolo d'Italia. :'))

- Come avete già visto, in questa storia viene data voce anche ai bambini. Finora ho pubblicato storie nelle quali parlavano bambini dai cinque anni in su, dunque con un linguaggio già abbastanza comprensibile; è ovvio che quando ci riferiamo a bambini di età decisamente inferiore - in questo caso di due e tre anni - il loro parlato non è ancora ben scandito. Per evitare, però, che gran parte del discorso diretto da parte dei più piccoli fosse costituito da parole in corsivo (per esempio "fatellino" al posto di "fratellino") ho preferito lasciare tutte le parole così come le conosciamo noi adulti, optando per frasi il più possibile semplici e tipiche dei bambini.

"Hamigaki Jaws" - che il piccolo Ken'ichi adora alla follia - è una popolare canzone per bambini in Giappone, insieme alla celeberrima hit mondiale "Baby Shark" (della quale esiste una versione giapponese qui). Il testo è molto semplice: parla di squali che si lavano i denti. Tutto qui, LOL!

- L'Ospedale municipale di Nankatsu esiste per davvero nella serie di CT - nel capitolo 15 del World Youth viene ricoverato Mikami. Supponendo che Nankatsu sia una cittadina abbastanza grande per avere un ospedale (ha ben cinque scuole elementari, per cui...) ho pensato che all'interno di esso esistesse anche un reparto di maternità.

- Un veloce appunto sulla "villetta" dei Morisaki che compare all'inizio della storia: si tratta della classica abitazione che ciascuno di noi avrà visto negli anime o nei manga, con un primo piano, uno spazio dove parcheggiare l'automobile e un piccolo cortile che - nel loro caso - quasi gira intorno all'abitazione. Forse un giorno di questi riuscirò a disegnarla e mostrarvela, così da farvi avere l'idea che ho nella mente ;)

 

A conclusione di questa lunga parte di delucidazioni, da parte mia è doveroso fare qualche ringraziamento. Come sicuramente avrete già notato, la grafica di questa storia è cambiata rispetto a quelle precedenti, e su questo ringrazio Melanto che mi ha dato qualche dritta per impostarla nel modo che vedete. Dire che il tutto è partito da una semplice domanda sul come si impostasse il rientro della prima riga su questo sito... e alla fine sono arrivata ad utilizzare un intero programma sul quale non avevo mai messo mano e così a personalizzare le pubblicazioni ancora di più, LOL!

Un'altra persona che ci tengo a ringraziare fin da subito è stellaskia. Non è più presente su EFP come autrice, però è stata colei che mi ha so-supportato fin dai germogli di questa storia: l'ha vista nascere nella sua prima versione, l'ha rivista quando ci ho messo mano per una seconda volta dopo i suoi consigli e ora potrà vederla finalmente pubblicata dopo mesi e mesi di lavoro.

E, riallacciandomi a quest'ultimo punto, un ringraziamento speciale va a tutti voi che siete giunti fino a qui e siete curiosi di proseguire nella lettura. Ho deciso di mostrarvi questa storia solo ora che la stesura globale è quasi giunta al termine, in modo tale da riuscire a dare una costante con le varie pubblicazioni e non lasciarvi in sospeso tra una parte e un'altra: per ora è previsto un aggiornamento a settimana - forse ci sarà una pausa nel mese di ottobre, lasciando spazio alle storie del Writober (se parteciperò o meno, questo è ancora da vedere) ma potrò dirvelo con certezza solo la prossima settimana. Questa è una storia sulla quale ho davvero buttato sudore e lacrime, che mi ha portato a maturare sullo stile insieme con i protagonisti... e se alla fine del suo percorso riuscirà ad essere apprezzata anche solo da una persona, beh: potrò dire che avrà fatto il suo lavoro. Perché questa non è solo una storia su alcuni personaggi che mi piacciono: nel corso della stesura è presto diventata una storia nella quale ci ho messo tutta me stessa, ponendomi come obiettivo anche solo un briciolo di miglioramento, non solo nello stile ma anche nella creazione di scenari e personaggi per essere il più possibile credibili agli occhi dei lettori.

Infine vi invito a seguirmi sulla pagina Facebook dove - a parte qualche scemenza - ho in progetto di pubblicare anche curiosità, aggiornamenti e informazioni varie su questa storia. Però non posso dirvi quando di preciso: in fondo, siamo ancora agli inizi... ;P

Ci vediamo al prossimo aggiornamento!

--- Moriko

 

 

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Moriko_