Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Nymeria87    25/09/2020    5 recensioni
dal testo:
“Ti sta bene tutto questo?” le chiese d’un tratto in un sussurro indicando con la mano le tavolate difronte a loro.
Sansa lo guardò curiosa soppesando per un momento la sua espressione costernata mentre cercava di comprendere il significato delle parole di Jon.
[...] “sei un uomo di valore Jon, ti meriti tutto questo, lo hai dimostrato sul campo di battaglia!”,
“Sono quasi morto sul campo di battaglia, e lo sarei se non fosse stato per te!”.
“Hai rischiato tutto per il Nord, è questo quello che loro vedono, un uomo che darebbe la vita per la sua terra e la sua gente...”
Per il Nord, certo, ma avrei dato la vita anche solo per te Sansa, sei stata il mio ultimo pensiero prima dell’impatto con le armate Bolton.
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Ripartiamo dalla settima stagione ripercorrendo gli eventi visti nella serie ma andando a scavare un pò piu’ a fondo, attraverso i gesti e le espressioni che hanno fatto galoppare la mia mente molto lontano, a coltivare congetture e ad immaginare ciò che (ahimè) non abbiamo potuto vedere.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jon Snow, Sansa Stark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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ci siamo! scusate l'interminabile attesa ma tra problematiche col pc e varie ed eventuali ci ho messo una vita a concludere questo capitolo analizzandolo in ogni suo minimo dettaglio come mi ero prefissata.
Approdiamo finalmente a Roccia del Drago e al primo incontro tra Jon e Dany. 
buona lettura!







La debole luce dell’alba imminente, li accompagnò attraverso i ruggiti dell’oceano; le onde rabbiose si infrangevano sulle superfici rocciose di calcare e arenaria che emergevano dai flutti, simili a scaglie dei mostri marini che erano soliti abitare le antiche storie della Vecchia Naan.
 
Sotto un cielo plumbeo e la protezione dell’eremo su cui si stagliava austera la fortezza di Roccia del Drago, l’accoglienza della Regina li attendeva sulla battigia, sotto forma di guerrieri Dotraki schierati, una giovane ragazza dal viso straniero e Tyrion Lannister.
 
Tutto risultava inospitale agli occhi di Jon ed un ombra andò veloce ad attraversargli il volto.
 
“Il bastardo di grande Inverno” lo accolse il Primo Cavaliere della Regina.
“Il nano di Castel Granito” rispose a tono Jon prima di rilassare il viso in un mezzo sorriso e stringere la mano del su interlocutore. Quando anche Davos fece la propria presentazione, fu poi il turno di Missandei, che diede loro un assaggio della cortesia della Regina Targaryen: chiese di consegnare le armi e sequestrò la scialuppa con cui erano approdati, sotto i loro sguardi sconcertati prima di fargli strada verso la fortezza.
Jon fece gesto ai suoi uomini di rimanere alla baia prima di seguire il gruppo guidato da Tyrion.
“Questo posto è cambiato” gli sussurò Davos, mentre la mente del Re del Nord ricordò la voce di sua sorella: l’inverno è arrivato.
 
Proseguirono per una passaggio a serpentina, eretto tra gli alti e grigi scogli che li avrebbe portati alla rocca principale; il vento impetuoso alzava sboffi di fresca salsedine, quasi ad avvolgerli con frequenze scandite, mentre le nubi andavano finalmente a diradarsi, regalando qualche sprazzo di sole che però non arrivava a scaldarli. I gabbiani volavano ancora alti e il loro canto si confondeva con la voce dell’oceano ed il suono del vento.
“E Sansa?” chiese ad un tratto Tyrion, ridestando Jon dai suoi pensieri, “ho sentito che è sana e salva a Grande Inverno”.
“Lo è” rispose fermamente Jon, quasi sulla difensiva.
“E devo mancarle terribilmente” proseguì Tyrion con una nota amara nella voce che Jon non seppe se interpretarlo come sarcasmo o altro. Aggrottò le soppraciglia a soppesarlo, senza rispondere.
“Un matrimonio imposto e non consumato” precisò il nano quando incontrò gli occhi del suo interlocutore.
“Io non ho chiesto” cercò di soprassedere Jon, guardandosi nervosamente attorno, mentre proseguiva sui suoi passi.
“Beh.... in ogni modo è andata così, o non è andata... è più intelligente di quanto dia a vedere comunque”,
“sta iniziando a dimostrarlo” pensò ad alta voce Jon, mentre cercava di spingere il pensiero di lei nei meandri più sicuri della sua mente.
“Bene” concluse Tyrion prima di chiedere a Jon in che modo un Guardiano della Notte si fosse ritrovato ad essere Re del Nord.
“I miei Lord pensano che io sia stato un pazzo a venire qui” rispose accigliato Jon mentre scrutava l’immensa fortezza che li dominava dal’alto.
“Certo che lo pensano, se fossi stato tra loro, ti avrei consigliato lo stesso. Per esperienza, gli Stark non sembrano fare una bella fine quando viaggiano a Sud”,
“è vero” rispose Jon, “ ma io non sono uno Stark” aggiunse quasi in sfida prima che un boato, un ruggito assordante, greve e graffiante li atterrò al selciato, d’istinto a ripararsi da quello che poteva essere un attacco, un’esplosione o una schiera di dardi tuonanti quando invece Drogon li sorpasso in volo, abbassandosi quasi a sfiorarli.
Draghi, draghi veri e adulti, immensi e maestosi nella loro mostruosità.
Davos rivolse il suo sguardo allarmato su Missandei, che lo accolse con una luce di soddisfazione negli occhi, gongolante nel senso di supremazia che quelle bestie sambravano dare a tutta la corte della Regina Targaryen.
Tyrion tese la mano, per far rialzare Jon ancora sconcertato da quella visione assurda mentre non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle ali immense e screziate che sorvolavano la fortezza: “potrei dirti che ci si abitua, ma in realtà non è proprio così” lo ridestò il nano, “vieni, la loro madre ti aspetta” proseguì Tyrion.
Jon si voltò silenziosamente verso Davos che gli restituì uno sguardo esplicito.
Erano reali, i Draghi erano reali e loro dovevano portarli a Nord, in un modo o nell’altro.
 
 
La sala del trono era scarna, austera e cupa, illuminata solo da un lato grazie ad una schiera di alti sottili finestroni; inospitale e freddo era quel luogo, tanto da far risultare le cripte di Grande Inverno calde e accoglienti al confronto.
In fondo alla sala, il trono era posto in posizione dominante alle cui spalle si ergeva uno strato di roccia frastagliata, esattamente come quelle che a Jon erano parse scaglie acuminate emerse dal mare; solenne nella sua immobilità, stava Daenerys Targaryen, con i capelli d’argento esposti alla fioca luce del mattino che risplendevano come se irradiassero raggi lunari; neri e scarlatti i suoi abiti e fissi su Jon i suoi occhi lucenti, mentre Missandei si prodigava ad elencare con sempre più enfasi i suoi innumerevoli nomi, come se potessero contare qualcosa contro la minaccia del Re della Notte.
 
Jon non poteva dire di non essere rimasto colpito da quella ragazza e dal perpetuo contrasto che traspariva da lei: nonostante il viso fosse a mezz’ombra, Daenerys era di una bellezza completamente esotica e Jon non sapeva se esserne affascinato o spaventato. La Regina Targaryen aveva un viso d’angelo che irradiava oscurità, un corpo minuto avvolto da ombre ed uno sguardo inespressivo, duro che emanava scintille violette.
 
Fù il turno di Davos nell’introdurre Jon, conciso nel presentarlo con il singolo titolo di Re del Nord, risultando quasi una barzelletta alla corte di Daenerys. La Regina si rivolse quindi direttamente a Jon, ma approcciandosi a lui con il solo titolo di Lord, quello che ne conseguì fu una assurda ed inutile filippica tra lei e Davos sulla precedente fedeltà di casa Stark al trono Targaryen, rivelando le reali intenzioni di quell’invito infausto ed avverando i più tormentati sospetti di sua sorella Sansa.
“...quindi immagino, mio Signore, che tu sia qui per inginocchiarti” domandò retorica la ragazza.
Jon aveva ascoltato senza proferir parola, sospirando di tanto in tanto, poichè la frustrazione rispetto a quegli inutili giochetti di potere, gli erano estranei come sarebbe potuta risultare la spiaggia calda e appiccicosa di Dorne, sotto ai suoi piedi. Jon era deluso, amareggiato da se stesso e dall’intera situazione, perchè tutto in quella sala, in quei gesti, nelle parole scelte era stato impostato per farli sentire piccoli, in soggezione ed insignificanti: quello non era un invito, non lo era mai stato, era solo una prova di potere,
un capriccio di una ragazzina che non sapeva niente di quelle terre e che pretendeva asservimento incondizionato, sbandierando ai quattro venti un Nome di cui volutamente ignorava i retroscena.
Jon prese coscienza di quei pensieri alzando il viso con noncuranza, fino ad incontrare gli occhi di lei quasi con sarcasmo mentre le rispondeva semplicemente che no, non si sarebbe inchinato al suo cospetto.
Indispettita Daenerys incassò la risposta: “oh, questa è una sfortuna. Avete quindi viaggiato fino a qui per infrangere il giuramento con Casa Targaryen?” domandò con una punta di arroganza, riuscendo però a mantenersi controllata nell’espressione.
“Rompere il giuramento?” chiese sarcastico Jon, “tuo padre ha bruciato vivo mio nonno, ha bruciato vivo mio zio e avrebbe bruciato tutti i Sette Regni se...”,
“mio padre...” lo interruppe Daenerys a voce più alta ottenendo il suo ascolto, “...era un uomo malvagio. A nome di Casa Targaryen ti chiedo perdono per i crimini commessi a discapito della tua famiglia”.
Jon scambiò uno sguardo dubbioso con Tyrion, i cui occhi sembravano volergli sottolineare quanto Danerys potesse essere diversa da Cersei  e più degna di fiducia, “...e ti chiedo di non giudicare una figlia in base ai peccati del padre”.
Uno spiraglio balenò agli occhi di Jon, una necessità di dimostrarsi differente dal tiranno che era stato suo padre, un’appiglio su cui poter far leva: sembrava che tutti fossero in cerca di una costante approvazione. Jon osservava e ascoltava per capire chi aveva davvero di fronte.
“Le nostre due Casate sono state alleate per secoli e sono stati i secoli migliori che i Sette Regni abbiano mai conosciuto. Secoli di pace e prosperità, con un Targaryen seduto suo Trono di Spade ed uno Stark a servire come Protettore del Nord” asserì Daenerys tentando di arginare con la musicalità della sua voce, l’irruenza delle imposizioni che le sue mani contratte, incatenate tra di loro, non riuscivano a reprimere.
“Io sono l’ultima Targaryen, Jon Snow” proclamò con fervido orgoglio, “onora il giuramento fatto dai tuoi avi, inginocchiati e io ti nominerò Protettore del Nord”.
Jon fu attraversato da un’epifania in quell’istante: Daneryse era tutto quello che lui aveva davvero temuto che fosse e nulla di più.
“Insieme, salveremo queste terra da coloro che vogliono distruggerle” concluse con veemenza lei, distendendo un sorriso tutt’altro che accogliente.
Gli offriva potere, alleanza e protezione in cambio di una cieca fiducia basata sul niente e sembrava non rendersene minimamente conto.
 
Jon prese tempo osservando la sala, soppesando ogni pietra dei muri circostanti.
Come poteva pretendere la sua totale fiducia sulla base di un Nome il cui stesso motto era fuoco e sangue, non poteva credere di trovarsi in una situazione così al limite dell’assurdo ma aveva bisogno di quei draghi.
Decise nel rincarare la dose, con la speranza di farle svelare ancora di più le sue carte: “hai ragione, non hai colpe per i crimini commessi da tuo padre e io non sono legato ai giuramenti dei miei avi”.
In un’attimo, la finta maschera di cordialità si sgretolò dal volto di Daenerys e in tutta risposta abboccò al suo amo: “quindi perchè sei qui?” chiese apatica, sostenendo il contatto visivo.
“Perchè io ho bisogno del tuo aiuto, e tu del mio” rispose semplicemente Jon, introducendo sotto forma di enigma la reale motivazione di quella visita.
Daenerys voltò il suo viso verso Tyrion, in un’espressione presuntuosa e petulante prima di tornare con gli occhi su di lei, come se considerasse tutto una inutile perdita di tempo: “hai visto i tre Draghi volare in cielo quando siete approdati?” chiese retorica.
“Li ho visti”,
“e i guerrieri Dotraki? Ognuno di loro ha giurato di uccidere per mio volere”,
“difficile non notarli”,
“ma ancora, tu ritieni che io abbia bisogno del tuo aiuto” puntualizzò la ragazza.
“Non per sconfiggere Cersei” intervenne prontamente Davos, “potresti prendere d’assalto Approdo del Re domani e la città cadrebbe subito. Diamine, siamo quasi riusciti a conquistarla noi senza avere draghi!” constatò quasi borbottando.
“Quasi” sottolineò Tyrion, ricordando ancora l’assalto.
“Ma tu non hai attaccato Approdo del Re. Perchè?” chiese retorico Jon, “l’unica ragione che posso supporre è che non vuoi uccidere migliaia di innocenti. Sarebbe il modo più semplice di vincere la guerra , ma tu non l’hai fatto; il che significa che...alla fine dei conti...sei meglio di Cersei” le concesse Jon.
“E ancora questo non spiega perchè ritieni che io abbia bisogno del tuo aiuto” tornò a puntualizzare Daenerys, per nulla lusingata dalle osservazioni di Jon.
“Perchè proprio ora tu, io, Cersei e chiunque altro, siamo bambini che giocano tra loro, lamentandoci urlando di quanto le regole non siano giuste”.
Innervosita, la Regina dei Draghi si voltò verso il suo Primo Cavaliere: “mi avevi detto che quest’uomo ti piaceva” sibilò ad alta voce.
“l’ho fatto” rispose Tyrion non distogliendo lo sguardo da Jon,
“eppure dal momento che ci ciamo incontrati, si è rifiutato di chiamarmi Regina, si è rifiutato di inginocchiarsi e ora mi apostrofa come bambina” replicò lei tornando a fissare i due forestieri, ma continuando a parlare come se non fossero presenti in sala.
“Ritengo che stia chiamando tutti indistintamente bambini: è una metafora” spiegò calmo Tyrion, più curioso di sapere dove il discorso intrapreso da Jon li volesse portare.
“Vostra Grazia, chiunque tu conosca morirà prima che l’inverno sia finito se non ci difendiamo dai nemici che arrivano da Nord!” replicò frustrato Jon a voce più alta.
“Da quello che posso vedere, tu sei il nemico che arriva dal Nord” rispose candidamente lei.
“Io non sono tuo nemico”decretò lui fermo e risolutivo, prima di pronunciare quelle parole che avrebbero stravolto ogni priorità: “i morti sono il nemico” ammise snervato dalla consapevolezza delle spiegazioni che avrebbe dovuto dare.
 
“I morti?” pronunciò scettica Daenerys prima di rivolgersi nuovamente a Tyrion: “un’altra figura retorica?” chiese sarcastica.
“L’esercito dei morti è in marcia” continuò per nulla toccato Jon.
“L’esercito dei morti?” ripetè Tyrion sforzandosi di capire.
Jon comprese in quel momento che il Primo Cavaliere della Regina era forse l’unico che avrebbe potuto portare la Madre dei Draghi dalla sua parte, se solo fosse riuscito a convincerlo di quella assurda situazione: “tu non mi conosci bene mio Lord, ma credi che io... sia un bugiardo o un pazzo?” chiese finalmente Jon, rivolgendosi al Lannister,
“no, non credo tu sia nessuna delle due cose” gli confermò tranquillamente l’uomo,
“l’esercito dei morti è reale” disse Jon volgendo il suo sguardo determinato nuovamente verso Daenerys, “gli Estranei sono reali. Il Re della Notte è reale, io li ho visti. Se passassero la Barriera mentre bisticciamo tra noi...” azzardò qualche passo, spinto dalla necessità di farle capire, prima di fermarsi alla vista dei guerrieri Dotraki, incedere a protezione della loro Regina, “...saremmo finiti” conlcuse imperturbabile.
 
Davos aguzzò la vista, passando da Jon a Danerys, per capire come avrebbe reagito a quelle parole la Regina Targaryen. Anche Tyrion fece lo stesso gesto, incapace di figurarsi una reazione da parte di lei.
 
“Io sono nata a Roccia del Drago” asserì la Regina dal nulla, “non che me lo ricordi” puntualizzò alzandosi dal suo trono, “scappammo prima che gli assassini di Robert potessero raggiungerci”.
Intrecciò le mani davanti a se, all’altezza del grembo prima di avanzare qualche passo.
“Robert era il migliore amico di tuo padre giusto? Mi chiedo se tuo padre sapesse che il suo migliore amico avesse mandato dei sicari ad uccidere una bimba ancora in fasce” asserì incontrando lo sguardo sconcertato di Jon, “non che importi ora, ovviamente”, eppure i suoi occhi dicevano tutt’altro quando iniziò a scendere la scalinata che li separava, mentre ancora continuava a parlare.
“Ho passato la mia vita in terre straniere. Così tanti uomini hanno cercato di uccidermi che non ne ricordo i nomi” era vanto quello; “sono stata venduta come una giumenta” e odio, “sono stata incatenata e tradita, stuprata e infangata” furia senza redini. “Sai cosa mi ha tenuta viva tutti questi anni passati in esilio? La fede. Non in qualche Dio, non in miti o leggende. In me stessa. In Daenerys Targaryen” proclamò senza alcuna esitazione, con una follia latente negli occhi ametista che si dimenava furiosa per sovrastare la sua calma apparente. “Il mondo non vedeva un drago da centinaia di anni prima che i miei figli nascessero. I Dotraki non avevano mai attraversato il mare, qualunque mare: l’hanno fatto per me. Io sono nata per regnare sui Sette Regni...e così farò”.
 
Si riteneva al di sopra di tutti, custode di un potere che nessun’altro possedeva, fedele solo a se stessa e alle sue brame di conquista del Trono di Spade.
 
“Regnerai su un cimitero se non sconfiggiamo il Re della Notte” rispose impietoso Jon, quasi disgustato da tanta arroganza pur rendendosi pienamente conto dell’imperioso dramma di supremazia che dominava quella ragazza.
Con un passo avanti, Tytion intervenne per dar loro uno spaccato più logico delle parole pronunciate dalla sua stessa Regina: “la guerra contro mia sorella è già iniziata, non pui chiederci di mettere un freno alle ostilità per perorare la tua causa...qualunque cosa tu abbia visto al di la della Barriera”.
Con le stesse dinamiche, Davos si fece portavoce della causa del Nord: “voi non gli credete, lo capisco questo, farei fatica anche io. Ma se il destino ha riportato Daenerys Targaryen sulle nostre coste” e Jon calamitò il suo sguardo sulla Regina, osservando le sue reazioni alle parole perfettamente scelte di Davos – anche lui aveva compreso quale linguaggio usare per ottenere la sua più completa e favorevole attenzione -  “...ha anche posto Jon Snow sul trono del Nord. Sei stata la prima a portare i Dotraki a Westeros e lui è stato il primo a stringere un’alleanza tra i Bruti e il popolo del Nord” Davos aveva avuto l’intuizione di riproporre Jon, utilizzando lo stesso piano linguistico con cui lei aveva spiegato se stessa: la prima ad aver fatto cose straordinarie, e che rendevano lei stessa un essere straordinario, il destino e la sua volontà.
“É stato eletto Lord Comandante dei Gerrieri della Notte e Re del Nord, non a causa dei suoi natali -non ne ha, è un dannato bastardo - ma tutti quei rudi figli di puttana lo hanno scelto come loro leader perchè credevano in lui” ed era vero, Jon non aveva avuto diritti sul Nord: a differenza di lei non aveva un Nome di cui farsi bandiera, lui era sempre stato lo scarto della cucciolata.
“Tutte queste cose a cui non credete, beh, lui le ha affrontate, le ha combattute per il bene della sua gente. Ha rischiato la vita per la sua gente, ha preso una pugnalata nel cuore per la sua gente, ha dato la sua stessa vita per...”
NO!
Un’urgente sguardo di esplicito ammonimento attraversò gli occhi di Jon e bloccò Davos dal pronunciarsi oltre.
Nessuna parola sulla questione del risveglio dall’ombra, meno mi espongo meglio sarà.
 
 “...se non mettiamo da parte le nostre divergenze e non uniamo le nostre forze, moriremo tutti. E non importerà quale scheletro siede sul Trono di Spade” concluse il Cavaliere delle Cipolle.
“Se non importa allora perchè non vi inchinate?”chiese Tyrion quasi in supplica, come se volesse trarli in salvo, “giurate fedeltà alla Regina Daenerys, aiutatela a sconfiggere mia sorella e insieme le nostre armate proteggeranno il Nord.
“Non c’è tempo per questo” risolutive le parole di Jon.
“Non c’è tempo per nessuna di queste cose! Mentre stiamo qui a dibattere...”,
“basta un attimo per inchinarsi, metti la spada al suo servizio” seguitò Tyrion.
“E perchè dovrei farlo?!” sbottò Jon, al pieno della sua sincerità senza filtri di convenienza, prima di rivolgersi nuovamente a Daenerys: indignato, scettico e per nulla intimorito, “senza offesa, Vostra Grazia, ma io non vi conosco. Per quanto ne so, la tua pretesa al trono si regge interamente sul nome di tuo padre e il mio stesso padre ha combattuto per spodestare il Re Folle. I Lord del Nord hanno riposto la loro fiducia in me per guidarli e io intendo continuare a farlo al meglio delle mie possibilità” concluse imperturbabile.

“É giusto” rispose apatica lei, “come è giusto farti notare che ti trovi al cospetto della legittima Regina dei Sette Regni. Dichiarandoti Re delle terre del Nord, ti poni in aperta ribellione” concluse definitiva lei.
Con quelle parole Jon ebbe conferma di quanto le ragioni fossero inutili con lei: Daenerys era troppo focalizzata su se stessa e sul Trono di Spade, nessun fatto ne logica ne onesta osservazione le avrebbero fatto cambiare idea. Il fatto che Jon le aveva esposto, era solo un’ulteriore complicazione alla sua ascesa al Trono e suscitava in lei solo irritazione.
Le parole di Jon erano risultate ben lontane da tutta quella ammirazione autoreferenziale di cui lei amava circondarsi.
 
 
La tensione fu bruscamente interrotta da un fruscio di broccati ed un cadenzare veloce di passetti sulla scura pavimentazione. Lord Varis apparve a sussurrare poche parole alle sole orecchie della sua Regina e subito Daenerys si rivolse loro con rinnovata cordialità: “vorrete perdonare le mie maniere: sarete molto stanchi dopo il lungo viaggio, provvederò a farvi avere la cena nelle vostre stanze” asserì, prima di rivolgere qualche parola in lingua Dotraki ai guerrieri alle sue spalle.
Jon scambiò con Tyrion uno sguardo allarmato, come se l’espressione del nano potesse rivelare ciò che il linguaggio straniero celava.
“Sono tuo prigioniero?” chiese ad un tratto Jon, richiamando l’attenzione della Targaryen.
Daenerys lo soppesò per un attimo: “non ancora” decretò definitiva prima di voltargli le spalle e lasciare che abbandonassero le sale del trono.
 
   
 
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