Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: steffirah    28/09/2020    3 recensioni
Una volta iscrittosi all'università, Syaoran si trasferisce in un nuovo appartamento con due coinquilini e mezzo, e si ritrova a vivere esperienze del tutto impreviste. La sua vita però cambierà del tutto quando verrà assunto per lavorare presso una persona con cui non sapeva neppure di aver instaurato un legame... Un legame che lo riporterà alle sue origini, spingendolo a trovare quella famiglia che gli manca.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane, Sakura, Syaoran
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I



 
 
 
Suono al campanello, in attesa.
«Un attimo!» esclama qualcuno all’altro lato della porta. Sembra una voce abbastanza giovanile, molto allegra.
Si odono diversi rumori e altri suoni ovattati, prima che essa si spalanchi. Un uomo alto, dal fisico asciutto e slanciato, i capelli biondi di media lunghezza, legati in una coda dietro la nuca, mi guarda con due grandi occhi celesti, sorridendomi apertamente.
«Sei Syaoran-kun?»
Annuisco, inchinandomi mentre mi presento.
«Via con queste formalità, non ce n’è bisogno visto che da oggi vivremo insieme.»
«Ma lei è più grande di me -» provo a ribattere debolmente, venendo subito interrotto.
«Senz’altro sei ancora un ragazzo, ma se ti dico che in questa casa puoi evitarle, evitale pure. A noi non può che fare piacere.»
Si sposta di lato, facendomi spazio per lasciarmi entrare, aiutandomi a portare dentro la valigia.
Mi tolgo le scarpe, indosso delle ciabatte, e poso le prime in un apposito scaffale che egli mi indica. Rifletto sulle sue parole e, sapendo che c’è anche un altro coinquilino, mi guardo intorno, alla ricerca di questi.
«Kuro-sama non c’è, oggi aveva lezione.»
Kuro-sama? Che sia un soprannome? So che si chiama Kurogane, almeno stando a quel che mi ha riferito il proprietario della casa.
«Anche lei – ehm» mi mordo la lingua, notando la sua occhiata di ammonimento, per cui mi correggo. «Anche tu, Fay-san, insegni. Giusto?»
«Esattamente, all’accademia di belle arti», conferma in tono cantilenante. «Vedo che sei ben informato!»
«L’ooya-san mi ha parlato di voi quando ho comprato l’appartamento», spiego, dando un’occhiata ad esso. È infatti la prima volta che lo vedo dal vivo. Sembra abbastanza arioso, almeno quanto basta per tre persone.
«Mmh, spero abbia detto soltanto cose positive», riflette e subito lo tranquillizzo.
«Assolutamente, mi ha parlato benissimo di voi.»
Lui mi scruta con fare riflessivo, prima di aprirsi in un nuovo sorrisone.
«Ti abituerai presto a noi, senz’altro!» esclama energicamente. Sembra una persona molto pimpante e allegra, oserei dire spensierata.
«Sono nelle vostre mani.»
«Ancora con questo keigo!» Sospira, posandomi una mano sulla spalla per spingermi più verso l’interno. «Vieni, ti faccio fare un piccolo tour.»
Lo lascio condurmi oltre l’ingresso e scopro così che in fondo al corridoio, a destra rispetto alla porta, c’è una cucina, aperta su una piccola sala munita di tavolo e sedie. Nell’angolo c’è un bagno e quando vi entriamo mi accorgo che è più grande di quanto supponessi, visto che ospita sia una vasca che una doccia. Mi indica poi due camere parallele, dicendomi che quella a sinistra è la sua e quella a destra è di Kurogane-san, mentre l’ultima nel corridoio – accanto alla lavanderia – è la mia. Nel tragitto mi ha mostrato anche il balcone su cui stendono i panni e curano delle piantine, mentre, andando verso esso, c’è una gabbia con un coniglio bianco. È enorme.
«Lei è Mokona, stai attento perché è iperattiva», mi mette in guardia, approfittandone per darle da mangiare.
«È tua?»
«Diciamo che è di tutti, io e Kuro-pin l’abbiamo trovata insieme.»
Di nuovo, il suo nome è cambiato.
Mi rivolgo al coniglio, allungando un dito per toccarne il pelo: è morbidissimo.
«Yoroshiku, Mokona.»
Quasi mi avesse capito strofina il musetto umido contro il mio polpastrello, sniffandomi.
«Andrete d’accordo!» assicura Fay-san con un sorrisetto.
Chissà come fa, a sorridere così tanto senza provare dolore… A me, a lungo andare, comincia a far male la mascella. Evidentemente, dev’essere una persona molto solare.
Successivamente mi concede del tempo nella mia stanza per poter mettere a posto le mie cose. Non che nel mio bagaglio ci sia molto, soltanto lo stretto necessario.
Do un’occhiata alla camera, notando che è sufficientemente ampia da potermi permettere di fare esercizio, ed è poco arredata. Ci sono soltanto un armadio a due ante, una scrivania di un legno scuro vuota con due cassetti ai lati, una tenda bianca semitrasparente e un letto a una piazza separato dalla finestra da un piccolo comò. Stranamente, già c’è un copriletto di un colore sobrio, a tinta unita. Che ci abbiano pensato gli altri due inquilini? Dovrò ricordarmi di ringraziarli.
Apro la valigia, svuotandola poco alla volta, e metto tutto a posto, cominciando a crearmi i miei spazi.
Dopo pochi minuti ho già finito, per cui esco di lì, recandomi in cucina, dove trovo Fay-san con la testa nella credenza.
«Ti va un po’ di torta?» domanda, sentendomi arrivare. «L’ho preparata ieri sera.»
«Volentieri», accetto, e ad un suo cenno mi accomodo.
Ne taglia una fetta, ponendomela davanti, insieme a del tè caldo già pronto.
«Non essere tanto teso, rilassati», mi rimbrotta bonario.
«Mi dispiace, è che è la prima volta che mi trasferisco in un appartamento in cui vivono persone adulte», provo a giustificarmi. Gli spiego brevemente che fino a poco prima che cominciassi l’università abitavo presso mio fratello, finché non sono riuscito a racimolare dei soldi per potermi staccare dalla famiglia.
Detto ciò assaggio la torta bicolore, scoprendo che – come previsto – la parte scura è al cioccolato. È buonissima. Provo anche il tè, dopo averne annusato l’ottima fragranza. Sa di cannella e arancia.
Mi congratulo con lui e, dopo avermi ringraziato, nota un piccolo particolare.
«Non so se è giusto chiedertelo, e non sei tenuto a rispondermi, ma se vivevi con tuo fratello perché hai deciso di andartene?»
Abbasso lo sguardo e prendo tempo sorseggiando il tè, intervallandolo col dolce.
Lui attende pazientemente, ma quando sta per riaprire bocca lo anticipo, tagliando corto: «Noi non siamo veramente fratelli e mi sembrava di vivere a sue spese. Mi sentivo in colpa».
Fay-san mi fissa dubbioso e leggo la curiosità nei suoi occhi, ma più di questo non me la sento di rivelare. Anche perché neppure io stesso sono sicuro del mio passato.
«A proposito, devo contattarlo per dirgli che sono arrivato», ricordo improvvisamente.
«Fai pure!» concede alzandosi. «Io aziono la lavatrice, se hai bisogno di me sai dove trovarmi.»
Attendo che Fay-san esca dalla cucina prima di comporre il suo numero.
«Moshi moshi?»
«Sono Syaoran.»
Lo sento sospirare, ma subito il suo tono si alleggerisce. «Sei arrivato?» Confermo, al che investiga ad oltranza: «Com’è andato il viaggio?»
«Bene.»
«Hai già conosciuto i tuoi coinquilini?»
«Uno solo, l’altro è a lavoro. Sembrano entrambi brave persone.»
«Lo saranno di certo.» Mi sembra di vederlo sorridere anche da qui.
«Kimihiro, tu come stai?» mi accerto, impensierito.
«Io sto bene. Certo, un po’ si sente la tua mancanza, ma ci farò l’abitudine.»
Chino il capo, scusandomi.
«Ma di cosa, Syaoran? Era giusto che prima o poi ci lasciassi. Non erano queste le tue radici, dopotutto.»
Taccio, non sapendo come ribattere. Non posso dire che non sia così, ma non posso neppure ferirlo ulteriormente.
«Mi dispiace», ripeto afflitto.
«Ancora?» sbuffa. «Ascolta, per me la cosa più importante è che tu stia bene e possa trovare la tua strada.»
Mi si formano le lacrime agli occhi, ma tento di scacciarle, alzando lo sguardo verso il soffitto bianco.
«Anche per me, tutto ciò che conta è che tu stia bene e sia felice.»
«Io già lo sono», replica in tono serio. «Concentrati unicamente su te stesso, non pensare più a me. Il tuo nii-san ci sarà sempre per te, lo sai. Ma pensa prima di tutto a trovare la tua felicità.»
Prendo un respiro tremante, sperando che non si accorga che sono sull’orlo di un pianto. Tuttavia è stata una mia scelta abbandonare l’unica famiglia che avevo e, a questo punto, è troppo tardi per pentirsene. Non si può più tornare indietro.
«Grazie», sussurro, asciugandomi gli occhi.
«Non mi ringraziare Syaoran. Stammi bene, e aggiornami se dovessi trovarla.»
«La felicità?»
«La tua vera casa.»
Detto ciò attacca e io ancora sono imprigionato nel suo tono accorato. Per questo non mi accorgo che è rientrato anche l’altro ospite di quella casa, finché una voce possente, molto profonda e virile, non mi richiama.
«Oi, ragazzo. Sei il nuovo arrivato?»
Alzo la testa di scatto, voltandomi, trovandomi davanti un uomo alto e muscoloso, con corti capelli neri come la notte e gli occhi dal taglio sottile, affilato, con iridi di un colore bizzarro. Sembra quasi scarlatto.
Mi metto in piedi, facendogli un breve inchino.
«Mi chiamo Syaoran, sono arrivato da poco. Yoroshiku onegaishimasu.»
«Io sono Kurogane, piacere mio», risponde secco, appoggiandosi alla parete. Quindi ricordavo bene il nome! «Evita questi convenevoli.»
«Prego?»
«Sii semplicemente te stesso.» Dinanzi alla mia confusione sospira, sembrandomi scocciato e parzialmente rassegnato. «Dovremo convivere per un bel po’, no?»
«Sì.»
«Bene, allora prendi un respiro e rilascia la tensione. Fa’ come se fossi a casa tua.»
Sgrano gli occhi, ma poi svio lo sguardo, tentennando. Può mai essere davvero così semplice?
«Ma sentiti, Kuro-tan. Non è “come se”, questa è anche casa sua.»
Fay-san compare dal nulla alle sue spalle, facendolo sobbalzare, portandosi dietro anche Mokona.
«Hai cacciato il coniglio!»
«È l’ora della passeggiata», canticchia il biondo.
«L’ora della passeggiata un corno! E come mi hai chiamato?!»
Fay-san finge di pensarci su, puntandosi un indice alla bocca. «Se non erro, Kuro-tan.»
«Il mio nome è Kurogane!!» sbraita, facendo come per acciuffarlo.
«Waah! Kuro-pun si è arrabbiato!» esclama il biondo per niente spaventato, tutt’altro. Sembra se la stia spassando.
«Piantala o giuro che stavolta ti ammazzo!» lo minaccia, ma l’altro riesce a sfuggirgli e così fa Mokona che corre come un razzo tra l’uno e l’altro.
«Ohh guarda», rimarca Fay-san in tono accusatorio. «Per colpa tua Mokona è impazzita.»
«Se non te la riprendi subito la acciacco e la butto nel forno.»
«Syaoran-kun, vedi che crudele che è?» piagnucola, guardandomi coi lacrimoni.
Non ci sto capendo niente, ma prima che riesca a pronunciarmi il coniglio fa un balzo verso di me.
Mi abbasso a prenderlo prima che fugga e, sorprendentemente, si acquieta tra le mie braccia. Entrambi ci restano di stucco, ma repentinamente Fay-san si riprende dallo sgomento per esultare.
«Mokona adesso è anche tua!»
Ripenso alla loro vitalità, alle loro parole. Se questa è la mia casa, prevedo tante scenette comiche a tinteggiarmi quotidianamente.
Sorrido loro, mettendomi totalmente nelle loro mani. Sperando che almeno essi riescano a riempire quella piccola assenza che sento in me.










 
Spiegazioni:
Ooya-san = proprietario di una casa
Keigo = linguaggio onorifico/gentile 
Yoroshiku (onegaishimasu) = "Piacere di conoscerti" (con onegaishimasu è ancora più formale)
Moshi moshi = "Pronto?" (A telefono)
Nii-san = fratello maggiore
  
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