Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: Impossible Prince    01/10/2020    0 recensioni
La storia è qua per disturbare la vostra ipocrisia.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: N, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Dream ha pubblicato una foto dopo tanto tempo”


Mi era stato detto anni fa che il modo più feroce con cui puoi ferire una persona è tramite l’indifferenza. Non sono mai stato incline a crederci, sarà perché essere indifferente non è mai stata una mia dote.
Sono una persona viscerale. Se apprezzo una persona glielo faccio capire in ogni modo. E se la disprezzo mi diverto ancora di più.
Ma ignorarla? Semplicemente non pensarci, passarci sopra? No, non è da me. Non se ne parla. Era qualcosa che per mi era ignoto, di cui non avevo mai capito la portata e che non pensavo di poterla mai comprendere.
Sono una persona viscerale, vi dicevo. Ma quello stesso atteggiamento era il medesimo che sono solito causare io. Mi si ama o mi si odia. O bianco o nero. Il grigio, con tutti i suoi fratellini posti educatamente sulla scala non sono mai stati contemplati.
Eppure, accadde.
E siccome non conoscevo la portata, non conoscevo il significato, il sapore di quella scala di grigi mi avvicinai per studiarla da vicino, per osservarne la pigmentazione, per capire. E l’orrore si impossessò di me.
 
***

Mi svegliai che erano tipo le dieci e mezza quella mattina. Il sole entrava dritto attraversando le persiane e proiettandosi sul lenzuolo, sulla mia gamba, sulle mie mutande e certo, anche sulla mia faccia. Se non fosse stato per quella stella di merda, probabilmente avrei dormito per altre due ore. Ma se non fosse per quella stella di merda, adesso, saremmo tutti morti.
Guardai il soffitto bianco. Mi sentivo... su di giri. C’era elettricità nell’aria. O forse erano solo i postumi di cinque ore di sonno. Mi rotolai verso sinistra e afferrai il telefono e poi cercai di rimettermi supino, ma il cavo del telefono me lo impedì.
Ora, avrei potuto staccare il telefono dal caricatore perché in fin dei conti era carico ma questo lo avrebbe portato a scaricarsi prima nel corso della giornata e l’idea mi dava fastidio, mi dava un senso di costante precarietà per quello strumento. Sapevo che il cavo fosse corto, succedeva ogni mattina e ogni mattina, come quella, pensavo che avrei dovuto comprarne uno più lungo, ma puntualmente non lo facevo e potete scommetterci che non lo avrei fatto neanche quel giorno.
A differenza di tutti gli altri giorni che erano cominciati alla stessa maniera, ovvero con il sole che mi schiaffeggiava il viso, quel giorno in particolare aveva qualcosa di diverso. Era elettrico, vi avevo detto. E se fossi stato un veggente, se avessi acquisito anche un briciolo delle doti dei miei Pokémon psico avrei preso il telefono in quel preciso istante e disinstallato quello che andava disinstallato.
Alcuni sono capaci. L’ho letto sul quotidiano l’altro giorno. Raccontavano di questo allenatore che aveva passato il tempo assieme ad una squadra di Pokémon psico e ora era in grado di usare la telecinesi per spostare piccoli oggetti. Allora l’ho detto a Camilla ma Camilla mi ha detto che non era vero, che sicuramente era una montatura e che robe del genere non erano possibili, perché allora lei avrebbe dovuto essere una forza della natura.
Camilla lo è davvero una forza della natura, dico davvero. Ma tantissimo proprio. E una volta aveva detto che voleva rendermi forte come lei e mi aveva tenuto sotto la sua ala fino a quando non sono andato ad Alola. Non aveva preso con letizia la mia decisione, ma diceva che dovevo farlo, per mettere qualche punto fermo nella mia vita e che fino a che non lo avrei fatto, avrei continuato a girare attorno alla vicenda. Camilla aveva ragione, ovviamente. Camilla è una forza della natura, dico davvero. E anche della verità. Ha sempre ragione. Fu dopo il viaggio ad Alola che comincia questa storia che sto scrivendo su questo computer sgangherato dove non funziona la a della tastiera, e quindi quando scrivo ciao esce in realtà scritto cio.
Comitato Internazionale Olimpico.
Però voi le a le vedete, ed è perché ho comprato una tastiera esterna, una di quelle che costa poco, quelle in cui la distanza tra i tasti e microchip è chilometrica sicché scrivo come un boomer, un tasto alla volta producendo quei rumori simili alle serie tv anni ’90 quando facevano vedere un ufficio e tutti gli impiegati battevano sempre un sacco le dita. Chissà che avevano da scrivere.
Io non gli ho mai vissuti gli anni ’90 ma Dream sì. Diceva che per lui gli anni ’90 erano un po’ la rappresentazione della sua infanzia, forse era per questo che voleva che Hillary Clinton vincesse la presidenza, perché i Clinton sarebbero tornati alla Casa Bianca. Ma sappiamo tutti com’è andata e Dream non ha più parlato degli Stati Uniti. Avevo visto Dream ad Alola.
Ero stato con lui per un po’. Dream era stato protagonista di una storia simil biblica, il figliol prodigo. Grande allenatore – detiene tutt’ora il record per il numero di vittorie alla Lega Pokémon – aveva contribuito alla distruzione della cellula del Team Rocket nella regione di Johto nel 2001, salvo poi perdere l’interesse nell’allenamento dopo che un suo Pokémon è morto di tumore. Ma nessuno sapeva di Umbreon. Poi però aveva ricominciato ad allenare e quando Giovanni organizzò il colpo di stato, era fuggito a Kalos dove aveva ottenuto asilo politico e lì aveva deciso di ricominciare ad allenare, con me come compagno di viaggio. Il mondo era estasiato dalla notizia: dopo la pagina nera della propria storia quale segno migliore di rinascita e ripresa di Dream che torna ad allenare? Ma una mattina mi son svegliato e bello ciao, ciao, ciao, ciao. Non c’era più. Sparito nel nulla, volatilizzato. Aveva lasciato solo un biglietto sopra ad una pokéball: “Grazie di tutto ma non fa per me. Io vado via”. Avevo scoperto che se n’era andato ad Alola e anni dopo lo andai a trovare. Ma quello che avevo visto non mi era piaciuto e allora ero tornato indietro. Non mi va di parlarne, dico davvero. Magari un giorno avrò voglia ma adesso no.
Anche Camilla non sa nulla di quello che è successo ad Alola, nonostante sia una forza della natura non è riuscita a farmi parlare. Neanche la mia ragazza, Alessia, sa qualcosa. Adoro Alessia, è forse la ragazza più eccezionale che abbia conosciuto. Però a volte non mi sembra che mi capisca. E in ogni caso, sicuramente, non avrebbe capito quello che è successo ad Alola, quindi non ho mai toccato il discorso con lei nonostante abbia fatto domande.
Così quella mattina il telefono vibrò quando stavo pensando che sarei potuto rimanere prono sul letto e abbronzarmi a chiazze. Mi piaceva il calore del sole in quel sotto-chiappa ma ormai è istintivo vedere chi scrive quando riceviamo una notifica, no?
Solo che non era nessun messaggio. Era Instagram. Con quell’icona oscena, fucsia e quel carattere piccolo piccolo attorno. Che brutta l’icona di Instagram, ragazzi, dico davvero. Mai visto qualcosa di così brutto. Persino il Muchalax che avevo da piccolo sarebbe stato in grado di fare un lavoro migliore. Adesso Snorlax non è più con me, l’ho regalato a Dream prima di vedere quello che avevo visto. Andavano d’accordo assieme e sono felice, nonostante tutto.
Lessi il messaggio affianco all’icona e provai una sensazione strana, come se il cuore avesse smesso di pompare e fossi morto. Quando Barbossa muore nella Maledizione della Prima Luna dice: “Oh, sento freddo”, ecco, appunto, sentivo freddo. Ma sarebbe stato solo l’inizio.
“Dream ha appena pubblicato una foto dopo tanto tempo”.
Aprì Instagram e fu come se un pugno uscì fuori dallo schermo e mi colpì dritto sul naso, che dolore. C’era il Ponte di Canalipoli e sotto una didascalia: “Me lo ricordavo più grande”. Lasciai cadere il telefono sul comodino facendogli fare un rumore secco ma ero già dall’altra parte del letto che stavo ruotando la maniglia della finestra. La pancia aveva cominciato a farmi male e presto sarei dovuto andare al bagno, potevate contarci. Aprii le finestre, tirai via il chiavistello dalle persiane e aprii anche loro. Vidi un Wingull volare sopra il tetto di casa e davanti, con i raggi del sole che ne oscuravano la visione, il ponte di Canalipoli, il Golden Gate Bridge de noialtri. Provai ad aguzzare la vista sul ponte ma casa era troppo lontana perché potessi riconoscere qualcosa che non fossero i camion. Se anche in quel momento fosse passato sul ponte non lo avrei visto.
Ma Dream era in città e tanto bastava. A cosa non lo so. Ma tutto di me era stato cancellato appresa quella notizia. La mia identità, la mia storia, quel bigliettino sulla pokéball, i miei Pokémon, era tutto secondario, una serie di piccoli punti scollegati tra loro che facevano da contorno al fatto che Dream fosse in città.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Impossible Prince