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Autore: Cassandra Stoneheart    08/10/2020    0 recensioni
Elisa Mastrangeli lavora in un'agenzia di marketing pubblicitario, vive a Milano e si sente ormai distante anni luce dalla vita che ha lasciato in Sicilia quindici anni prima.
Una chiamata sconvolgerà, però, la sua routine milanese e la costringerà a tornare a Palermo, la città in cui è natta e dove abita ancora la madre Luana.
Il ritorno a casa sarà un imprevisto sorprendente che riporterà a galla demoni da cui Elisa non si è mai liberata davvero e sarà l'occasione per ripensare a tutta la sua vita, agli sbagli di un tempo e all'amore a cui ha rinunciato per paura.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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«Ti hanno mai detto che sei un coglione?» Fatico a trattenere l’ilarità. L’alcol è arrivato alla testa. Sì, forse la terza birra potevo anche evitarla. Ma, in fondo, chi se ne frega. Sono contenta di questa serata. Sono contenta una volta tanto.
Il locale in cui siamo seduti io, Max e Cinzia è un posto tranquillo, lontano dal centro. Luci soffuse, lounge bar, divanetti e tavolini rotondi. Un posto tremendamente fuori moda e forse è per questo che mi piace così tanto. In più non c’è mai troppa confusione. Veniamo serviti in fretta e trattati con una gentilezza davvero poco milanese dai proprietari del locale che ormai ci hanno preso in simpatia.
Max incassa il mio insulto ridacchiando. «Okay, okay. È vero. Potevo evitarmi quella discussione col capo, ma pensavo che qualcuno glielo dovesse dire che era una stronzata la sua idea.»
Cinzia annuisce e gli dà un buffetto. «La scena di oggi rimarrà negli annali. Letteralmente epica.»
«Ora, però, sappiamo quale sarà la prima testa a cadere, se ci saranno tagli del personale» dico io e poi mando giù l’ultimo sorso di Moretti. Sghignazzo ancora giuliva, ebbra della rilassatezza tipica del fine settimana.
«Sei proprio una stronza, Elisa, quando ti ci metti.»
Io gli rivolgo un sorriso smagliante, noncurante del suo commento. Sappiamo bene che lui non verrà licenziato: è il migliore di noi a lavoro. Io stessa ho imparato molti trucchi del mestiere da quando lavoro nell’agenzia di marketing pubblicitario “Ronconi & Soci”. Non è il lavoro dei sogni, non guadagno troppo, ma almeno posso permettermi una stanza in pieno centro a Milano e per il momento è tutto quello di cui sento il bisogno.
Il telefono squilla. Riesco a recuperarlo a fatica. Il troppo luppolo mi ha scombinato i neuroni e anche rovistare nel marasma della mia borsa è un’impresa quasi titanica.
Il numero sul display è sconosciuto, ma non mi lascio intimorire e schiaccio “RISPONDI”.
«Pronto?»
«Sì, sto parlando con…», la voce all’altro capo del telefono appartiene a una donna, «Elisa… Elisa Mastrangeli?»
«Sì, sono io. Chi è lei?»
«Signora Mastrangeli, la sto chiamando dal Policlinico di Palermo. Sua madre è attualmente ricoverata da noi e ci ha detto di chiamarla.»
«Oh.» Non sono capace di articolare una frase di senso compiuto. Solo un maledettissimo “Oh” di sorpresa. Ma lo sbigottimento lascia presto spazio alla paura. «Che è successo? Come sta?»
«Non si deve preoccupare, signora Mastrangeli. Sua madre è stabile ma ha avuto un malore e adesso la stiamo tenendo sotto osservazione. Sa… con tutto quello che sta passando nel suo percorso terapeutico ci può anche stare qualche piccolo svenimento. Però, ecco… Forse sarebbe il caso che la venga a trovare. Da quanto ho capito, sua madre è una donna sola. Il dottore sarebbe più tranquillo se potesse contare su qualcuno nei prossimi giorni.»
«Percorso terapeutico? Io non ne so assolutamente niente.» Mi rendo conto che la mia voce esce più dura e infastidita del dovuto. Non posso prendermela con un’infermiera o con una segretaria – qualunque sia il ruolo della persona che mi sta telefonando in ospedale – se mia madre non mi ha detto niente. A dire il vero, io e lei ci parliamo poco. Una telefonata a settimana. A volte manco quella.
«Non vorrei dire altro per telefono. Sicuramente ne potrete parlare tra voi. Io ci tenevo a informarla.»
Riattacco. Mi sento sotto choc. Cosa diamine sta succedendo?
«Elisa, tutto bene?» mi chiede Max. Devo essere sbiancata.
«Ehm… Sai che non lo so? Mi hanno chiamato dall’ospedale.»
«Chi si è sentito male?» mi chiede Cinzia con una voce allarmata.
«Mia madre…» Senza accorgermene, sono già in piedi. Metto un pezzo da venti sopra il tavolino e poi, dopo alcuni attimi di esitazione, decido di congedarmi. «Ragazzi, io vado. Credo di dover tornare a casa.»
«A Palermo?» dice Max, sorpreso dalla mia fuga repentina.
Nemmeno gli rispondo. Sono già lontana. Ma non si tratta di passi né di metri. La mia testa è tornata a casa, a quella che è stata casa mia per quasi vent’anni. A quella Palermo da cui sono scappata per fare l’università al nord, come tutte le privilegiate figlie di papà che snobbavano il sud e fantasticavano sulle opportunità offerte dal nord.
Sono passati quindici anni da quando ho lasciato casa per sempre, da quando ho lasciato mia madre. Sì, perché mi era rimasta solo lei quando sono partita. Papà, il dottor Mastrangeli è morto che io avevo solo sedici anni. Il mio caro papà, il mio alleato, il mio primo amico, il migliore degli amici. Così diverso da quella madre, da quella signora Luana Morra che persino prima di diventare vedova utilizzava il cognome da nubile. Da quella donna che è rimasta sempre un enigma per me e che adesso ha bisogno di me, a quanto pare.
A quanto pare…
   
 
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