Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: katyjolinar    09/10/2020    3 recensioni
La storia parte dalla battaglia di Liberio, dopo il time gap, ma la stessa battaglia ha svolgimento e esito differenti rispetto al manga.
Il gruppo di Paradis torna a casa, ma qualcosa di strano è successo durante il viaggio di ritorno. ATTENZIONE: POSSIBILI SPOILER PER CHI SEGUE SOLO L'ANIME
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Un mese dopo, nonostante fosse il pieno dell'estate, erano tutti in caserma, chi a scrivere rapporti, chi ad allenarsi e chi a godersi quei momenti irripetibili che la vita con un neonato in casa poteva offrire.
Erano radunati nel salone; Hanji li aveva chiamati per illustrare loro una delle sue solite idee, il più delle volte strampalate.
In un angolo del salone comune era stato messo per terra un vecchio materasso matrimoniale, seppure in buone condizioni, e attorno era stata messa una rete di corda, tenuta su da dei paletti in legno, ricavandone un box, nel quale la donna adagiò, uno per volta i bambini, sistemando i più piccoli su delle piccole poltroncine perché i bambini potessero stare comodi e guardarsi intorno senza problemi.
"Allora che ve ne pare?" chiese la donna, mettendo dentro il box Levi e Ymir dopo aver sistemato tutti gli altri "Così possiamo tenerli d'occhio anche mentre lavoriamo."
"Dici che sarà sicuro?" domandò Connie, dubbioso, osservando Sunny, che gattonava sul materasso, esplorando il nuovo ambiente, curiosa.
"Ne sono certa. Guardali." lo rassicurò il comandante, passando una palla di pezza a Ymir, che si sedette accanto a Grisha e Faye.
Levi si sistemo davanti a lei, allargando le braccia; lei lanciò la palla, che lo colpì in faccia, facendolo cadere all'indietro.
Eren si avvicinò, pronto a tirarlo su e consolarlo, ma il bambino si alzò subito, massaggiandosi il naso, e passò con delicatezza di nuovo la palla alla coetanea.
"Pova accora, Ymii!" la incitò.
La piccola prese la palla. Stava per lanciare di nuovo quando Grisha allungò la manina, afferrandole una ciocca di capelli e tirando, strappandole un urlo; Faye urlò con lei, tirando una manata al fratello, che a sua volta rispose, innescando una piccola lite tra i due neonati, che vennero subito separati da Reiner e Jean, i quali li presero in braccio, sedando la rissa all'istante.
"Mamma mia che canagliette!" esclamò il ragazzo di Trost, guardando Faye, severo "Non si litiga tra fratelli, okay!"
La bambina fece un verso innocente e guardò sia lui che il padre con aria dolce, ignorando il gemello, accoccolato contro il petto di Reiner.
"È furba la signorina." ammise Reiner, facendole una carezza "Sa come farsi perdonare le marachelle."
"Proprio come suo padre." ammiccò l'altro, sornione.
Il flirt venne interrotto dal suono del campanello d'ingresso; Eren andò ad aprire, tornando poco dopo in salone in compagnia di mastro Aaltonen, che salutò tutti e si sedette al tavolo, estraendo un fascicolo dalla grossa borsa a tracolla che aveva con sé.
"Comandante, sono qui per le bolle degli ordini alla bottega." spiegò il vecchio, rivolgendosi a Hanji e poggiando il tomo sul tavolo "Come sempre mi deve fare qualche firma."
La donna annuì e prese penna e calamaio, pronta a firmare tutti i fogli, quando la porta si aprì nuovamente e un soldato annunciò l'arrivo della regina; Historia entrò e tutti i soldati si chinarono.
Angel si resse alla sedia e fece per inginocchiarsi, ma la giovane gli si avvicinò e, con dolcezza, gli prese la mano e lo fece sedere, evitandogli quella che per le sue vecchie ossa era una tortura.
"Non si preoccupi, non c'è bisogno di queste formalità. Si segga e resti pure qui, mentre parlo con loro." lo rassicurò la bionda, avvicinandosi verso il box e prendendo in braccio la figlia, che le tendeva le braccine, felice. La coccolò qualche minuto e tornò a parlare al comandante "Ho ricevuto la tua lettera, sono venuta appena possibile."
"Bene! Cosa ne pensi? Si può fare qualcosa per la prima questione?" domandò l'altra, offrendole il posto sulla poltrona.
"Certo, ma prima..." continuò la regina, voltandosi nuovamente verso il vecchio "Mastro armaiolo, conosco la sua storia e confido nel fatto che sappia mantenere il segreto su quello che sta per sentire."
"Non preoccupatevi, maestà... ormai ho più strada alle spalle che davanti me, non ho nessun interesse a rivelare dei segreti di stato."
La giovane annuì e guardò la figlia, seduta sulle sue ginocchia.
"Tesoro, c'è una cosa che devo dirti." esordì.
"Cossa mama?" sussurrò la piccola, timida, fissandola con i suoi grandi occhi color miele.
"Sai, quando si deve stare a capo di un regno, come me, ci sono delle cose che si devono fare." spiegò "Una di queste è fare in modo che il regno abbia sempre una persona brava che lo segua, per questo sei nata tu: sei la mia bambina, ti voglio un mondo di bene e sono sicura che in futuro diventerai un'ottima regina."
"Io voio divetare bava come te, mama." disse la bambina, poggiando la testa sul petto della madre.
"E lo sarai. Per questo ti ho fatto venire qui." ammise Historia "Sai, c'è una cosa che non ti ho mai detto: per farti nascere ho chiesto aiuto a un amico, che è il tuo papà. E il tuo papà è qui."
Ymir si guardò intorno, osservando i presenti, uno per uno.
"Mama io voio che mio papy è Jan." disse, con un filo di voce, indicando timidamente il ragazzo di Trost con un dito.
Il giovane accennò un sorriso, scambiando uno sguardo con l'amica, e si sistemò meglio, tenendo una mano sulla coscia del compagno.
"Sì, amore mio, è lui il tuo papà." ammise la bionda "Però fuori non lo deve sapere nessuno, è un segreto tutto nostro. Se venissero a saperlo delle persone cattive potrebbero fare del male a qualcuno. E noi non vogliamo che si facciano male, vero?"
"Peò posso chiamallo papy qui?"
"Certo che puoi! Che domande! Io sono il tuo papà!" esclamò il giovane, allargando le braccia "Vieni qui!"
Ymir scese dalle gambe della madre e corse verso di lui, perdendosi nel suo abbraccio.
"Jean, c'è anche un'altra cosa." continuò Historia "Hanji mi ha raccontato tutto, riguardo la storia dei figli di Reiner, e mi è venuta in mente una cosa. Voi siete soldati, siete costantemente in pericolo, i bambini sono figli di Reiner e nipoti di Eren, ma sarebbe utile anche un'ulteriore garanzia. Prendilo come dono per ringraziarti per il sacrificio che hai fatto per me, ho pensato di permetterti di adottare i gemelli, così avrebbero una persona in più su cui contare. Reiner è il tuo compagno, è giusto che creiate una famiglia vostra... sempre se anche Reiner è d'accordo."
"Certo che sono d'accordo!" esclamò il biondo, baciando il fidanzato, felice, mentre gli altri si congratulavano con loro.
La giovane sorrise, osservando la scena, e si voltò verso Hanji.
"Se non sbaglio c'era una cosa di cui volevi parlarmi a quattr'occhi." le chiese.
"Sì, maestà." rispose l'altra, avvicinandosi, con un fascicolo in mano "Credo che sia giunto il momento. Dopo quattro anni di servizio come Comandante dell'Armata Ricognitiva desidero dare le dimissioni."
"Uhm... e a chi passerai l'incarico? Sai bene che la scelta del successore è compito del Comandante stesso."
"È scritto tutto qui." spiegò, passando a Historia il fascicolo, che lo aprì e lesse.
"Oh... non me l'aspettavo!" esclamò la regina, sorpresa "Congratulazioni, Armin Arlert. Sei tu il quindicesimo Comandante dell'Armata Ricognitiva."
"I... Io?" domandò il giovane, scattando in piedi "No! Hanji, ripensaci! C'è chi è più portato di me, ad esempio Jean!"
"No, Armin, la mia scelta è questa, non la cambio." insistette la donna, ferma sulla sua posizione.
"Ha ragione." la appoggiò Jean "Per quanto le nostre capacità di leadership siano comparabili, io non posso ricoprire un incarico così alto, o ne andrebbe della sicurezza di mia figlia. Inoltre tu hai una mente più acuta della mia, quindi sei la migliore scelta."
Il biondo si guardò intorno, notando che il resto della squadra si era alzato per fargli il saluto militare, compresa la sua compagna; solo il vecchio Angel era rimasto seduto, fissandolo con la bocca spalancata. 
"Ehm... Mastro Aaltonen, sta bene?" lo richiamò.
"Tu sei il figlio di Astrid e Walter Arlert?" chiese l'uomo "Cavolo, perché non ti ho riconosciuto subito? Sei identico a tua madre! Hai i suoi stessi occhi!" si alzò con fatica e raggiunse il ragazzo, dandogli una pacca sulla spalla "Sai, loro sarebbero fieri di te, di quello che sei diventato." spostò lo sguardo su Annie, che si era avvicinata, affiancando il compagno, tenendo i figli in braccio "E questa incantevole signorina chi è?"
"Ehm... lei è Annie, la mia ragazza, come me è portatrice di uno dei titani, e loro due sono i nostri figli." li presentò, passandole un braccio attorno ai fianchi.
"Confermo, i tuoi sarebbero fieri dell'uomo che sei diventato." concluse, girandosi verso Hanji "Hai fatto un'ottima scelta, comandante Zoe."
Hanji sorrise, spostando lo sguardo su Levi, che si era avvicinato e la fissava dal basso, con aria abbattuta.
"Vai via, nonna?" chiese. Non la lasciò rispondere e le abbracciò le gambe, scoppiando a piangere "No voio! Tu no via! Io voio qui!"
La donna sospirò e lo prese in braccio, cullandolo amorevolmente.
"Levi, tranquillo, non vado via." lo rassicurò "Mi trasferisco solo, non appena avrò trovato un posto dove potrò continuare le mie ricerche."
"No via..." singhiozzò il piccolo "Quattocchi no via..."
"Ehi, come mi hai chiamato?" domandò lei.
"Tu Quattocchi, io so." rispose il bambino, senza mollarla.
Angel fece un passo verso di loro, dando un buffetto al piccolo.
"Forse ho un'idea." suggerì "Se non sbaglio è lei che ha modificato il mio dispositivo di manovra, rendendolo quello che usate oggi."
"Sì, è così." confermò Hanji.
"Allora ho una proposta: venga a lavorare alla bottega. Ho un sacco di spazio che può usare per le sue ricerche, e non è lontana da qui, così il bambino può vederla tutti i giorni, l'unica condizione è che accetti poi di rilevarla e continui a mandarla avanti assieme agli altri artigiani. "
"D'accordo." acconsentì, senza pensarci due volte. Si voltò verso Armin e lo guardò negli occhi, decisa "Comandante, entrò domani avrai sulla mia scrivania il foglio con le mie dimissioni. Abbi cura di questo sgangherato gruppo e del resto dell'Armata Ricognitiva."
"D'accordo, lo farò." acconsentì il biondo, facendo il saluto.
Levi fissò per un attimo la donna, poi le poggiò il pugnetto sul petto.
"Nonna, offi tuo core." la salutò, serio, lasciando sorpreso il resto del gruppo, perché era la prima volta, da quando lo conoscevano, che lo sentivano dire quella frase, neanche nella sua vecchia vita l'aveva mai detta.
"Cosa... Aspetta, Levi... Ti ricordi?" chiese Hanji, mettendolo a terra.
"Ti nonna." ammise l'altro, andando ad abbracciare la gamba di Eren.
La castana sorrise, carezzandogli delicatamente il nasino con l'indice, e si alzò in piedi, mentre Armin eseguiva la sua prima mansione da nuovo comandante: firmare tutte le ricevute dei pagamenti dovuti a Mastro Aaltonen.
Una settimana dopo era stato dato alla squadra qualche giorno di vacanza, così Jean aveva deciso di andare a trovare la madre a Trost assieme al compagno e a tutti i figli.
La carrozza si fermò proprio davanti alla casa della famiglia Kirschtein, al cui piano terra c'era una bottega con un forno per panificazione. I ragazzi scesero, tenendo ciascuno dei gemelli in un marsupio a testa, e presero per mano la piccola Ymir, mettendosi in spalla le borse con tutto l'occorrente per quei giorni.
Jean bussò alla porta del negozio ed entrò, guardandosi intorno. Un ragazzino sui dieci anni, dietro al banco, scattò in piedi appena li vide, facendo un goffo saluto militare dopo aver riconosciuto, sul lungo cappotto del giovane, lo stemma del Corpo di Ricerca.
"Rilassati, ragazzo, sono qui in licenza." disse Jean, alzando la mano "Mia madre è in casa?"
"Ehm... la... la signora è dietro, sta sfornando il pane." rispose il ragazzino "Se... se vuole gliela chiamo."
"Non c'è problema, aspettiamo qui." riferì l'altro, spostandosi in un angolo del locale insieme al compagno e alla figlia.
Dieci minuti dopo la signora Kirschtein si presentò nel negozio, entrando dalla porta sul retro con una grossa cesta colma di pagnotte appena sfornate.
"Marco, caro, aiutami a sistemare la merce, per favore." chiese la donna, rivolgendosi al suo apprendista.
"Va bene, signora." acconsentì l'altro "Ehm... è venuto suo figlio in visita."
La fornaia alzò gli occhi, e appena riconobbe i due si spostò da dietro il banco e li abbracciò entrambi, per poi concentrarsi sui tre bambini.
"Jean! Ragazzi!" esclamò baciando le guance dei due giovani "Che sorpresa! Oh... Ma guarda come sono cresciuti questi due! Principessa! Stai diventando grande! Oh... Smettila di crescere, o diventerai una bella signorina prima che ce ne rendiamo conto!" continuò, prendendo in braccio la nipotina e stringendola forte a sé.
"Ciao mamma." la salutò il figlio "Il nuovo comandante ci ha dato una breve licenza prima della prossima missione, così ne abbiamo approfittato per venire a trovarti."
"Davvero? Allora porta i bagagli di sopra, nella tua vecchia stanza." ordinò la donna "I bambini possiamo metterli nella stanza del mio apprendista, e non ti preoccupare per i gemelli, mi sono fatta fare dei lettini apposta, proprio perché sapevo che prima o poi sareste venuti a trovarmi." si voltò verso il ragazzino, che stava finendo di sistemare il pane sul banco "Marco, caro, non ti dispiace dividere la stanza con la principessa Ymir e i gemelli, vero?"
"No, signora, nessun problema." rispose il giovane, arrampicandosi su uno sgabello per sistemare le pagnotte più lontane.
"Marco?" chiese Jean, sorpreso.
"Sì, si chiama Marco. Perché?" 
"Ehm... Marco è il nome del suo migliore amico quando eravamo in Accademia." spiegò Reiner, posando una mano sulla spalla del compagno "Purtroppo è morto il giorno della breccia di Trost."
"Ah... capisco." sussurrò la donna "Dai, andate a sistemarvi! Poi tornate, perché visto che siete qui potete darmi una mano in bottega." prese i due gemelli "E, intanto che vi sistemate, di loro due e della principessa me ne occupo io."
I due giovani presero i bagagli e salirono in camera. Appena la porta fu chiusa, Jean lasciò cadere lo zaino a terra, avvicinandosi alla finestra. Reiner lo raggiunse, fermandosi alle sue spalle e passandogli un braccio attorno alla vita, facendo aderire la schiena del compagno al proprio petto.
"Jean... mi dispiace." sussurrò, ben sapendo cosa stesse passando per la sua mente "So quanto ti manca, mi dispiace di essere stato io la causa della sua morte."
"Reiner, io..." rispose il ragazzo di Trost, girandosi per guardare il fidanzato negli occhi "L'ho già detto, non è colpa tua, tu stavi facendo solo il tuo lavoro... quanto a me, mi passerà." si passò la mano sugli occhi lucidi e si dipinse uno dei suoi migliori sorrisi in volto "Ora andiamo, dobbiamo aiutare mamma. Ma ti avverto: quando si tratta di aiutare in bottega è una schiavista: a forza di spostare sacchi di farina ci troveremo a fine giornata con qualche muscolo strappato."
Il biondo Titano sorrise, attirandolo a sé e coinvolgendolo in un bacio profondo e passionale, che subito risollevò il morale ad entrambi.
Stettero ancora qualche minuto abbracciati, davanti alla finestra, poi Jean indossò degli abiti più comodi ed entrambi scesero in bottega, per aiutare la padrona di casa nel lavoro.

   
 
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