Anime & Manga > Aria
Ricorda la storia  |      
Autore: Elicia Elis    09/10/2020    0 recensioni
Le sue mani sfiorarono quelle di Akari, le dita fredde. Le scaldò nelle sue, tutto avvolto da un silenzio che pareva musica. La città rumoreggiava in lontananza, come se loro soltanto fossero chiusi in una bolla dove il tempo congelava, immobile come una farfalla che riposi su uno stelo: tutto il mondo, fuori. Soltanto la pioggia cadeva, lenta e inesorabile.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akari Mizunashi, Akatsuki Izumo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«Oh, che cielo magnifico! Non crede anche lei, Direttore Aria?»
«Pu-nyaa
Un sole tutto nuovo illuminava Neo Venezia, dall'alto di un cielo spazzato di nubi; l'aurora tingeva pallidamente la città come una corona di petali rosa, riflettendosi sull'acqua che accarezzava il molo. Una sottile patina di gelo cominciava ad addensarsi sulla pelle, annunciando sottovoce l'arrivo dell'inverno.
«C'è odore di cambiamento, nell'aria», mormorò Akari, gli occhi rapiti dallo splendore di quel candido mattino. Balzò sulla sua gondola, che oscillò dolcemente. Il ferro di prua, agitato, rifletté i rosei sospiri dell'alba che si tradussero in un flebile linguaggio di punti luce nell'annacquato silenzio di Neo Venezia.
Il volto sorridente della signorina Alicia fece capolino dal bancone dell'accettazione. Indossava già l'uniforme di Aria Company; il tessuto danzava coi gentili refoli di vento che spiravano da nord, e le si adattava perfettamente alle curve delle anche e del seno. Il suo corpo esalava scie profumate al sapore di vaniglia e arancio che si disperdevano, allegre, nell'etere immobile.
«Buona giornata, Akari. Divertiti e goditi la tua giornata di riposo, mi raccomando.»
«La ringrazio molto, signorina. Let's go-go
«Cosa cosa


«Allora, Basettine», Akatsuki le afferrò i lunghi ciuffi che le incorniciavano il viso e tirò dolcemente - più dolcemente del solito. «Dovrei trovarmi in Piazza San Marco per le quattro del pomeriggio, mi dai un passaggio?».
«Ma, signor Akatsuki, oggi è il mio giorno di riposo... e poi, Piazza San Marco è a pochi minuti da qui. Perché è già qui a quest'ora del mattino?»
Il ragazzo parve esitare un istante, boccheggiando alla ricerca di qualche parola invisibile nell'aria appesantita da un fresco che andava irrigidendosi.
«Ma mi sembra ovvio, Basettine! Volevo godermi un po' qualche meraviglia di Neo Venezia prima di tornare sull'Isola Galleggiante.»
Akari sorrise e, additandolo, ridacchiò: «Non è che sperava proprio di incontrare me, eh, signor Akatsuki?»
«Tsk
Akatsuki montò sulla gondola, lasciandosi aiutare dalle mani abili e affusolate di Akari. Quella chiazza rossastra, sfumata sulle gote ben pronunciate del Salamander, andò infiammandosi quando le loro mani si sfiorarono. Com'è calda e morbida, si ritrovò a pensare.
«Bene, allora si lasci sorprendere dalle meraviglie di Akari Mizunashi!»
«Vedi di non farmi addormentare, piuttosto.»
«Pu-nyaa


La mattinata si consumò in ottima compagnia. Akari si destreggiò tra i vicoli più sconosciuti di Neo Venezia, intrattenendo il signor Akatsuki con qualche spiegazione. Il sole splendeva alto nel cielo quando s'immisero in un vicolo stretto fra due piccole lingue di terra verde. L'ultima rugiada ancora brillava sulle foglioline che si inerpicavano sui fianchi della collinetta, come piccole speranze. Il vento aveva cominciato a seccare i fiori, e un tappeto di petali giaceva attorno al busto di un enorme salice piangente.
«Questo è di gran lunga il luogo che preferisco, per rilassarmi un po'», mormorò Akari, quasi in un filo di voce, «sembrerebbe proprio un luogo incantato, come quelli delle fiabe, dove tutto diventa possibile. Persino i sogni».
«Basettine, vietate le frasi imbarazzanti!»
«Eh?! Ma, signor Akatsuki...!»
«Che ne dici di una pausa pranzo? Ho portato qualche ciambella. Erano per la signorina Alicia, ma dato che aveva già degli impegni per l'ora di pranzo...»
«Oh, che splendida idea, signor Akatsuki! Tu hai fame, Direttore Aria?»
«Pu-nyaa
Akari rise - una risata d'argento, che colorò l'aria: «Credo proprio che il Direttore sia affamato.»


Akari ormeggiò la gondola, saltò sulla terra fangosa e si spolverò la divisa. Akatsuki aveva steso un vecchio panno di lana per terra, a ridosso del tronco; vi si sedettero, uno accanto all'altra, in un silenzio meravigliato. La delicata chioma del salice incorniciava la vista della città, quasi fosse il quadro meraviglioso di un mondo perduto. E invece eccola lì, Neo Venezia, in tutto il suo splendore, avvolta dal bagliore fatato dei suoi mille colori e delle sue innumerevoli luci, incendiata dal sole di mezzogiorno: eccola lì, proprio sotto di loro, lontana il palmo di una mano, lontana un sospiro. Eccola lì, accarezzata dallo sciabordare dell'acqua che ne accompagnava lo scorrere inesorabile del tempo, spruzzata di tenero silenzio - riflessa nei loro occhi, Neo Venezia sembrava un dono speciale, tutto per loro.
«Che buone, queste ciambelle! L'impasto è così delicato, mi sembra di mangiare una nuvola!»
Akatsuki, in silenzio, sorrise. La trovò carina, con quella scia di zucchero sparso sulle alle labbra. Addentò la sua ciambella.
«Io purtroppo non ho molto da offrirle, signor Akatsuki», disse Akari, afferrando il suo cesto del pranzo. Lo aprì e glielo porse. All'interno, tanti piccoli cuori rossi dalla fragranza dolcissima.
«Non è stagione di fragole, dove le hai prese?»
«Oh, me le ha regalate un cliente», trillò, e gliene offrì una. Le loro mani si sfiorarono di nuovo, appena, un bacio delicato, lo scontro dolcissimo dei loro corpi. Akatsuki avvampò.
«Sai, Basettine, è stato davvero un caso fortuito», mormorò il ragazzo.
«Di che parla, signor Akatsuki?»
«L'averti incontrata, questa mattina. Sono stato molto fortunato, mi sono divertito. Neo Venezia è davvero splendida.»
Akari schiuse le labbra, ma le parole evaporarono in un sospiro delicato. Non sembra nemmeno lui, pensò. Sorrise: «Già, ha proprio ragione. Che ne dice se la porto in un ultimo posto, prima del suo appuntamento?».
Sulle loro teste incombeva un'alone di minaccia; l'aria sembrava una tavoletta di ferro, e già esalava dal cielo un vago odore di pioggia e naftalina.
«Andiamo, prima che piova.»


Akari vogava dolcemente lungo gli splendidi canali di Neo Venezia. La città andava svuotandosi con l'addensarsi delle nuvole.
«Gondola in transito
«Insomma, Basettine, dove stiamo andando di preciso?»
Akari ammiccò: «È un segreto!»
E s'immise in un canale cinto da alte mura di cemento. Palazzi fatiscenti e malandati; le finestre, alte, sembravano occhi vuoti persi in un'eternità pallida e sconfinata. Quando le prime gocce di pioggia caddero dal cielo, ad Akari sembrò che quegli occhi avessero finalmente trovato il coraggio di piangere. Akatsuki oscillava con la gondola, immerso in una melodia tutta sua. Non parve accorgersi nemmeno della pioggia, che gli scivolava sul volto, lungo il collo, leggermente teso sui nervi, e nella tunica dove, come inghiottita, spariva.
Infine, senza un perché, la tristezza desolata di quel canale s'interruppe. Al suo posto, sbocciò nei loro occhi, stregati, un ventaglio di splendidi colori. Un giardino fiorito, un'esplosione violenta e improvvisa, come un grido a macinare il silenzio, un dolore acuto al cuore in un bel mattino di primavera. Istintivamente, Akatsuki si voltò verso Akari. Scivolava sull'acqua come una ninfa, il volto rilassato in un sorriso che pareva rubato a una dea. Nei suoi occhi si rifletteva quel carnevale di colori che li circondava, battezzato dalla pioggia delicata. Sentì una stretta al petto quando i loro occhi si sfiorarono.
«Che ne dice, signor Akatsuki, le piace? Una volta questo era il giardino di una famiglia molto ricca, ma oggi è poco più che una rovina... però, nonostante sia un luogo così malandato, qualcuno si prende ancora cura dei fiori, a quanto pare.»
Effettivamente, quel giardino delimitato dalle alte mura di cemento non godeva di ottime condizioni. Un fitto strato di muschio s'inerpicava lungo il muro, rendendolo umido e scivoloso. In diversi punti, pietra e cemento erano crollati come sogni infranti, o si erano arresi, lasciandosi corrodere dal tempo e dalla pioggia. Però, quel tappeto di fiori creava un'armonia inimitabile, come se esistessero da sempre, soltanto perché era giusto così. Era questa l'emozione che suscitava, inestirpabile bellezza nello stomaco di quella rovina: meraviglia, meraviglia a perdifiato, in un contesto desolato. Disperato, abbandonato. Akatsuki avrebbe pianto, se Akari non l'avesse risvegliato da quell'immoto stato di trance, sedendosi accanto a lui e trascinando con sé quel suo odore di muschio bianco che allietava i sensi.
«Immagino di aver fatto centro, eh? Se ne sta muto come un pesce, signor Akatsuki.»
«Non mi stupisce nemmeno, lo sai?»
Akari inclinò la testa da un lato. Il Salamander si voltò verso di lei, le guance stropicciate di un rosso vivo. La pioggia scendeva fitta e sottile, inzuppando i loro volti e i tessuti pesanti. Le mani di Akari tremavano appena, elegantemente abbandonate sulle ginocchia. Akatsuki, in un unico, impacciato gesto, si sfilò la tunica e gliela sistemò sulle spalle. Fu il turno dell'Undine, di arrossire violentemente.
«Cos'è che non la stupisce, signor Akatsuki?», mormorò, la voce piccola, così piccola da perdersi nelle invisibili pieghe del vento.
«Che sia stata proprio tu a portarmi qui, Basettine», sorrise e, affondando così profondamente nei suoi occhi, aggiunse: «Chi altri, se non tu? La vera bellezza di Neo Venezia... credo sia proprio questa, quella invisibile agli occhi di chi non sa guardare. E tu... tu te la porti tutta dentro».
Le sue mani sfiorarono quelle di Akari, le dita fredde. Le scaldò nelle sue, tutto avvolto da un silenzio che pareva musica. La città rumoreggiava in lontananza, come se loro soltanto fossero chiusi in una bolla dove il tempo congelava, immobile come una farfalla che riposi su uno stelo: loro dentro, tutto il mondo fuori. Soltanto la pioggia cadeva, lenta e inesorabile.
Akari abbassò lo sguardo. Sembrava che le sue mani avessero trovato il luogo perfetto dove crogiolarsi, per sempre, fino alla fine. Come un dipinto perfettamente architettato, un puzzle finalmente completo. Aleggiava nell'aria una promessa, tinta del profumo dei fiori.
«Torniamo a casa, Akari».




Salve a tutte voi anime prave, splendide creature semi-leggendarie che ancora ricordano l'esistenza di questo splendido capolavoro che è Aria!
Mi è capitato, per puro caso, di rispolverare da non so dove il manga e, come da obbligo, mi sono praticamente ribevuta tutti gli episodi dell'anime in nemmeno una settimana. Ecco da dove nasce questo disperato tentativo di rendere canon la ship di tutta una vita. ç.ç
In un periodo particolarmente delicato della mia vita, mi sento di affermare con decisione che Aria sia veramente un capolavoro terapeutico. Una storia suggestiva, che in qualche modo guarisce. Pervasa, sì, di tanta nostalgia, ma non in senso negativo. Una nostalgia dolce, che riposa.
Con questa ff (oltre a sfogare i miei scleri per i mancati momenti romantici tra Akari e Akatsuki TT) volevo soprattutto rendergli onore, o perlomeno un piccolo omaggio. Non c'è un motivo particolare, ma penso che meriti più attenzioni.
Quindi, nel mio piccolo, ho contribuito un po'.
Elis
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Aria / Vai alla pagina dell'autore: Elicia Elis