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Autore: StewyT    09/10/2020    2 recensioni
"In fine, X, non posso incontrarti.
Non so chi tu sia eppure so più di te che di me stesso.
Ma non posso incontrarti, so che non funzionerebbe.
Ti lascerei scivolare via come sabbia al vento. Così come è successo al mio primo amore.
Cercavo di aggrapparmi a lui eppure si è lasciato andare, o forse io l’ho lasciato andare.
Io appartengo a lui ma un po’ anche a te. Eppure non sarò mai di nessuno dei due.
Sono una stella nera: simile ad un buco nero, ipotetico, reale o forse no.
Un paradosso.
E non voglio risucchiare anche te.
J."
~~~~
Sedici anni dopo il loro primo incontro, Wei Wuxian e Lan Zhan si ritrovano entrambi di nuovo alla Gusu University, lì in quella biblioteca dove tutto è iniziato e tutto continua, indipendentemente dal loro volere.
Lì dove si raccontano l'un l'altro non sapendo di farlo. Lì, dove ancora una volta, si innamorano.
Lì, dove ancora una volta, scappano via l'uno dall'altro.
Perchè l'uomo ha il libero arbitrio, certo, ma si muove sempre all’interno di una tela tessa dal destino.
E molto spesso ha una trama più complicata di quanto ci si aspetti.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Lan Wangji/Lan Zhan, Wei Ying/Wei WuXian
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dear Heart


3_ Feel Something
[Jaymes Young]
I don't care if it hurts
I'll pay my weight in blood
To feel my nerves wake up
So love me now or let me go
Let me feel these highs and lows
Before the doors to my heart close
Touch me someone
I'm too young to feel so
Numb, numb, numb, numb
You could be the one to
Make me feel something, something
 

“Non sono dispiaciuto che tu abbia letto le mie parole e deciso di lasciarmene di tue. Sono sorpreso, sì. Non mi sarei aspettato di essere letto. Forse per questo sono stato me stesso senza freni inibitori. È una sensazione che penso di non aver mai provato prima e voglio costringermi a provare anche ora, quindi eccomi qui che scrivo ancora.
Sì, sono ancora vivo e ho ancora voglia di leggerle e non mi pento di averle scritte.
È bello sapere che non sono solo al mondo perché è proprio così che mi sento.
Intorpidito, vuoto – o estremamente pieno, talmente tanto da non riuscire a sentire nulla. È strano pensare di non essere normale, di non essere umano perché non provo quello che provano tutti, o forse non allo stesso modo. Una volta mi è successo.
Mi sono sentito umano. Ma poi ho deciso di allontanarmi dalla mia umanità e sono tornato ad essere di granito. Freddo. Duro. Chiuso. Solo.
E non mi piace. Ma non so come uscirne.
Non ti conosco. Non so come tu sia. Ma so – proprio perché come te credo nel destino – che c’è sempre una risposta ad una domanda.  Forse non l’hai posta nel modo giusto. O magari non è ancora arrivato il tuo momento di conoscerla.
Prima o poi succederà. Ma perché, nel frattempo, perdere tempo a domandartelo?
Detto da una persona che perde tempo a chiedersi perché non riesce ad essere il verso sé stesso, fa un po’ ridere. Lo so.
Il fatto è che non posso mettere da parte chi sento in dovere di essere perché dopo non saprei chi essere. Non conosco altro oltre al modo in cui vivo.
Puoi farmi le domande che vuoi. Non so se sarò in grado di darti una risposta, ma ci proverò comunque.
Come ho riempito il vuoto. Non l’ho fatto. È ancora qui.
Ma almeno mi ricorda che sono ancora umano. Che esisto.
E tu ti sei mai sentito così intorpidito da preferire anche i sentimenti più tristi al nulla assoluto?
È strano finire una lettera mentre cerco di mantenere l’anonimato.
Come dovrei fare?
 
A presto? È stato un piacere? J.”
 
Lan Zhan sospirò, chiudendo per la seconda volta il quadernino, per affrettarsi poi verso camera propria. Stava infrangendo il coprifuoco, lo stava facendo per scrivere a qualcuno che avrebbe sicuramente letto le sue parole e risposte a sua volta.
Stava facendo una cosa così irrazionale da non permettergli, quasi, di riconoscersi.
Così come qualche mese prima, quando alle sei in punto, così come stabilito da Wei Wuxian si era fatto trovare da quell’ultimo nel bar dell’università.
Era vestito di bianco come suo solito, gli occhi chiusi mentre cercava di calmare la mente e lo spirito all’idea di quello che avrebbe dovuto rivivere di lì a qualche minuto: quegli occhi, quei sorrisi, quella risata, quella bellezza disarmante, quel flirt continuo.
Lan Zhan sarebbe morto di autocombustione, lo sapeva.
Poi era arrivato il suo migliore amico ed improvvisamente, mentre lo vedeva camminare verso di sé, gli erano venute in mente tutte le dannate volte in cui lo aveva sognato gemere sotto il suo corpo, baciarlo e dirgli che lo amava a sua volta; tutte le dannate volte in cui, in sedicianni e più, si era toccato pensando a lui, pensando che quel tocco fosse il suo, che quelle mani potessero essere le sue labbra, e quei gemiti potessero essere i loro, mischiati assieme a creare una sinfonia magica.
Che invece, nella realtà dei fatti, era stata ogni singola volta assordante.
Così come lo scampanellio della voce allegra di Wei Ying che si era sporto verso di lui per abbracciarlo – inebriando ogni suo senso! – prima di sedersi e sorridergli.
“Allora, Lan Zhan!” aveva detto, allungando una mano verso la sua e Lan Zhan l’aveva prontamente tirata via perché, sebbene non gli piaceva l’idea che Wei Wuxian potesse pensare che lo odiasse, la preferiva al dover sentire davvero male fisico mentre le loro dita si sfioravano e lui aveva voglia di fare molto di più.
“Non mi fai domande?” gli aveva sorriso. Di nuovo. Perché doveva sorridere così tanto?
“Non sei curioso di sapere perché il tuo amico è qui? O cosa ho fatto in tutti questi anni? Non mi hai mai risposto a quel messaggio. O agli altri. Non mi hai mai scritto!”.
Ma non era propriamente vero. Gli aveva scritto, una volta. Quando circa sei anni prima erano morti i suoi genitori. Aveva cercato da mettere da parte sé stesso, di pensare al bene di Wei Ying, che conoscendolo stava sicuramente soffrendo ed incolpando sé stesso per quello che era successo alla sua famiglia.
Così gli aveva scritto un “Wei Ying. Ho saputo. Mi dispiace.”.
Avrebbe voluto aggiungere anche un “Sono qui, per ogni cosa. Sono innamorato di te” ma ovviamente non lo aveva fatto.
Ad ogni modo, a quel messaggio non era arrivata alcuna risposta e così Lan Zhan non ci aveva più riprovato. Aveva pensato che Wei Wuxian lo odiasse; dopotutto non si erano sentiti per così tanto tempo, quanto era ipocrita e stupido farsi sentire in quell’occasione solo per mostrargli che era presente nel suo dolore quando aveva abbandonato completamente la sua vita molto tempo prima?
“Mn” aveva risposto, quindi. Cosa altro poteva mai dirgli?
Che voleva sapere tutto? Che gli era mancato? Che voleva tornare indietro nel tempo?
Che voleva far parte della sua vita e conoscere tutto quello che lo aveva portato ad essere chi era? No. Di certo non poteva.
Wei Wuxian aveva sorriso, ancora una volta, era andato a prendere due the, era ritornato e aveva avvicinato la sedia alla sua, così da stargli praticamente attaccato.
Lan Zhan aveva sospirato e aveva pregato sé stesso di restare lì dove era, in silenzio, immobile, mentre ascoltava quello che Wei Wuxian aveva da dirgli: quanto fosse stato triste quando non lo aveva visto, quanto gli sarebbe piaciuto studiare con lui, quanto gli era piaciuto studiare in America, quanto era felice di essere tornato e aver lavorato a Nightless City nonostante la guerra e la paura costante di quello che potesse conoscere, quante persone aveva conosciuto a Wen – soprattutto Wen Quing, Wen Ning e A-Yuan, adorabile bambino che avevano praticamente adottato e deciso di crescere assieme – quanto gli mancasse A-Yuan ora che non poteva vederlo perché era lontano. Quanto, insomma, la sua vita fosse stata bella. Il tutto bypassando i momenti brutti, quelli che lo avevano reso davvero chi era.
Ma Lan Zhan aveva imparato a conoscerlo e non lo aveva spinto a dirgli altro.
Era rimasto lì, ad ascoltarlo. E poi aveva risposto quando lui gli aveva fatto domande.
Cosa mi dici di te? Ho continuato a studiare da solo.
Dove ti sei laureato? A Gusu. Non ho viaggiato molto. Ma vorrei farlo.
Come mai sei ancora qui? Non ho altro posto dove andare.
E di nuovo: ti sono mancato?
E Lan Zhan aveva sospirato, si era alzato e aveva mormorato un “Devo Andare”.
“Non ci sarai stasera?” gli aveva chiesto ancora Wei Wuxian e Lan Zhan aveva scosso la testa.
“Allora domani, per un altro the?”.
E aveva accettato di nuovo.
E così, erano passati due mesi.
Due mesi durate i quali era ritornato a chiedersi così tante cose alle quali però, non sapeva dare risposta.
Due mesi che lo avevano portato a scrivere la prima lettera.
E poi a leggere la prima risposta.
E quindi a scrivere un’altra lettera.
E ricevere un’altra risposta.
E così, in loop.
Di mattina era il solito silenzioso e taciturno Lan Zhan.
Di notte, quando sarebbe dovuto essere già a dormire, era J.
Chiuso in biblioteca a scrivere.
In quel modo gli sembrava di vivere.
Eppure non lo stava facendo.
Non come Wei Wuxian, che in fondo anche se era cambiato, era lo stesso ragazzo che aveva trascinato di nuovo Jiang Cheng e Nie Huaisang – che lì alla Gusu stava procedendo con un master in strategia e logica di sviluppo – nelle risate e nell’energia di cui era sempre stato portatore.
Lan Zhan aveva continuato a guardarli da lontano.
Anche quella notte, mentre tornava in camera dopo aver scritto la lettera al suo nuovo amico anonimo, li sentì schiamazzare mentre tornavano da un pub poco distante dalla Gusu – pub al quale era stato invitato anche lui. Nonostante i continui rifiuti Wei Yig continuava ad invitarlo e continuava ad assumere quell’espressione contrariata ogni volta in cui lui rifiutava, per poi ripetergli “Allora domani, per un altro the?” a cui lui continuava a rispondere positivamente. Perché aveva bisogno di Wei Wuxian nella sua via. Voleva un altro anno felice. Aveva bisogno di provare qualcosa.
 
___
È anche per me un piacere, ed è per questo che ti prego di essere te stesso e non avere freni inibitori. Mi sentirei in colpa se succedesse il contrario: ho invaso un tuo spazio privato senza neanche chiederti il permesso. Non sarebbe giusto.
Per cui, se dovessi avere problemi, giuro che basterebbe dirmelo. Scomparirei dal tuo quadernino. Non leggerei più nulla. Non scriverei più nulla.
Sebbene, scrivendo questa seconda lettera, mi rendo conto di sentirmi proprio a mio agio mentre leggo le tue parole e ne scrivo di mie; è in un certo senso liberatorio.
È bello sapere che dall’altra parte legge senza sapere chi sono, perché questo mi fa sentire libero di poter scrivere tutto quello che sento e penso senza il timore di essere giudicato. Dopo mi sento libero di volare come un palloncino all’elio, lasciato in cielo.
Cos’è che non provi? Cosa pensi che ti renda diverso dagli altri?
Perché in queste parole non leggo nulla di diverso: tutti si sono sentiti almeno una volta nella loro vita in questo modo. E fa schifo, non sto dicendo che siccome tutti provano questa sensazione, sia una sensazione meno dolorosa e da sottovalutare, anzi. Sto semplicemente dicendo, J, che non sei diverso e che mi piace leggere le tue parole proprio perché non sei diverso da me. Mi rispecchio in quello che scrivi, in quello che senti e in quello che sembri essere. Sebbene siamo entrambi in loop diversi.
I loop e l’eterno ritorno!
Non voglio perdere tempo a chiedermi: perché e sono quasi sicuro di poter dire che non lo faccio davvero. Provo a vivere la mia vita nel modo migliore in cui potrei: sto sviluppando la mia passione e la sto rendendo la mia carriera, ho molti amici – sebbene siano davvero poche le persone che posso considerare davvero tali – ho persino una.. cotta, se così può essere chiamata alla mia età.
Eppure, ogni notte, quando poggio la testa sul cuscino, quel perché mi ritorna in mente.
Nonostante la stanchezza. Nonostante l’alcool. Nonostante tutto quello che ho utilizzato fino ad oggi per riempire quel vuoto.
Quindi posso rispondere ‘decisamente no’; nel momento in cui avrei potuto – e ho sperato – sentirmi intorpidito, mi sono sentito solo sopraffatto.
Dai sensi di colpi, dalla paura, dal desiderio di tornare indietro, dal desiderio di scomparire, dalla voglia di non essere nato.
Puoi finire la tua lettera come preferisci, io lo farò con un’altra domanda.
Perché mi piace leggere il tuo punto di vista; mi fai riflettere, mi fai parlare, mi fai svuotare, mi fai stare bene per qualche minuto.
Ecco, ora sono qui invece di avere la testa poggiata su quel maledetto cuscino, proprio perché non riesco a chiudere gli occhi a causa di quei sentimenti che mi sopraffanno ogni volta.
Quindi, J, la mia domanda è: Qual è la tua paura più grande?
 
A presto. X.”
 
 
 
Wei Wuxian si chiuse la porta della biblioteca alle spalle e, dal momento che non riusciva a chiudere occhio, decise di tornare nell’unico posto che gli aveva sempre trasmesso pace e tranquillità. Cold Spring, una pozza di acqua magica, dalle splendide doti di riuscire a curare anima e corpo e aumentare le capacità di chiunque toccasse quell’acqua gli era stata mostrata da Lan Xichen quell’unica volta in cui era stato frustato talmente tanto da non riuscire quasi a stare in piedi; la punizione aveva coinvolto anche Lan Zhan, perché la sera prima Wei Wuxian lo aveva convinto a bere con lui e ovviamente Lan Quiren non poteva lasciare andata impunita la decisione del povero Lan Zhan di disobbedire ad una norma.
Lan Zhan era stato frustato talmente tante volte da essere lasciato quasi nel suo stesso sangue, poi era stato trascinato via e in seguito Lan Xichen aveva trascinato anche Wei Wuxian, rivelandogli un segreto: quel posto era conosciuto ed utilizzato solo da loro. Wei Wuxian aveva sorriso, quasi a ringraziare la Giada di Gusu maggiore per quel piccolo dettaglio – mentre gli sorrideva fu proprio come se Lan Xichen avesse saputo perfettamente quello che Wei provava per suo fratello – ed era corso nel posto più bello di Cloud Recesses. E così, tra la fitta nebbiolina bianca, il calore sprigionato tutt’attorno e la freschezza dell’acqua – che era letteralmente ghiacciata – era spuntato Lan Zhan, in tutta la sua bellezza. I capelli – all’ora più lunghi – erano incollati al viso, il corpo ricoperto – non solo da sangue e ferite inflittegli dal suo stesso zio – da goccioline bianche che gli facevano venire voglia di asciugarle una ad una.
Sedicianni dopo, Wei Wuxian stava assistendo allo stesso spettacolo – sangue a parte, sebbene la schiena di Lan Zhan fosse ricoperta da cicatrici  e il petto ricoperto da un segno nero che non riusciva a riconoscere – ed era ancora una volta senza parole.
Non si sarebbe di certo aspettato di ritrovare la sua anima gemella – se solo anche Lan Zhan l’avesse pensata allo stesso modo! – lì all’una di notte. era passato da un pezzo l’ora del coprifuoco per i Lan!
E invece eccolo, Lan Zhan, un’espressione confusa sul viso prima di alzarsi per coprirsi ed andare via. Ma così come quella volta di sedicianni prima, Wei Wuxian fu più veloce di lui. Tolse velocemente le scarpe e i pantaloni, per tuffarsi con la sola maglia in acqua – o meglio, discendere i gradini ad alta velocità. Rimproverandosi mentalmente per averlo fatto. Sapeva quanto fosse fredda quell’acqua, perché non poteva semplicemente scendere un gradino alla volta per permettere al suo corpo di abituarsi alla nuova temperatura?
“Lan Zhan” rise quando scese l’ultimo gradino “Non ti mangio mica!”.
Ed eccolo, Lan WangJi che assumeva la solita espressione scocciata, quasi come se avesse potuto l’avrebbe tolto con le sue stesse mani dalla faccia della terra.
E a lui sarebbe andato bene. Avrebbe concesso ogni cosa a quell’uomo.
“Sfacciato” mormorò, solo, e lui sorrise perché ogni volta che lo ripeteva, si sentiva nuovamente quel ragazzo sedicenne senza peccati.
Ma poi lo vide alzarsi di nuovo e non poteva sopportare l’idea di restare solo, ora che lo aveva visto. Quindi allungò una mano e lo fermò; Lan Zhan lo guardò, impallidendo di colpo o fulminandolo con lo sguardo, non avrebbe saputo distinguere lo sguardo, e lui sospirò. “Ti prego, Lan WangJi. Resta. Non lasciarmi solo”.
Quasi come se avesse letto la preghiera nascosta tra quelle parole, quindi, Lan Zhan restò e Wei Wuxian ricordò cosa significa essere davvero felici.
“Lan Zhaaaaan” si lamentò, sedendosi al suo fianco “Perché non mi dici che ti sono mancato in tutti questi anni?”.
“Noioso” rispose lui.
“Sfacciato o noioso! Potresti dire qualcosa di diverso, qualche volta?”.
“Noiosamente sfacciato” rispose allora, LAn Zhan e lui rise.
“Sei cambiato in fondo, sai? Il Lan Zhan Sedicenne mi avrebbe strattonato e sarebbe corso via, qualche minuto fa” in realtà era passato più di qualche minuto.
Un’ora, circa. Mentre uno di fianco all’altro guardavano la luna e pensavano.
Wei Ying pensava a quanto fosse dannatamente bello Lan Zhan, lì, seduto al suo fiano, le spalle e il viso bianco rivolto alla luna, il solito choker d’argento con la nuvola, il simbolo sacro dei Lan – collana che lo aveva fatto sempre segretamente impazzire. Poggiava esattamente sul suo pomo d’Adamo ed ogni volta che deglutiva la nuvoletta si muoveva, muovendo anche parti del suo corpo che Wei Wuxian avrebbe preferito dimenticare in presenza dell’uomo di cui era innamorato, che purtroppo già lo odiava abbastanza -.
“Mi avrebbe risposto con un ‘mn’ e ora mi starebbe ignorando. Invece mi stai fissando! Ah mi stai fissando! Ti piace quello che vedi, Lan Zhan? Perché a me piace moltissimo! Su questo non sei cambiato. Sei ancora l’uomo più bello del mondo!”.
Lan Zhan deglutì, Wei Wuxian osservò la nuvoletta fare su e giù e desiderò poter poggiare le labbra esattamente in quel punto. Chissà che avrebbe fatto la Giada di Gusu? Gli sarebbe piaciuto poter provare. Ma se c’era una cosa di cui aveva paura quella era poter perdere anche Lan Zhan. Quindi non lo avrebbe mai fatto.
A meno che non fosse stato lui a chiederglielo. In quel caso avrebbe poggiato le labbra sul tutto il suo magnifico corpo.
“Aspetta, so cosa stai per rispondere!” sorrise, poggiando un dito sulle sue labbra, senza toccarle davvero. Non come avrebbe voluto fare, almeno.
Una volta aveva sognato esattamente una scena simile, ma in quella scena Lan Zhan prendeva il suo pollice tra le labbra e Wei Wuxian non doveva pensare, mentre era mezzo nudo al fianco di Lan Zhan, quello che era successo dopo.
“Stavi sicuramente per dire ‘sfacciato’, vero?”.
“Vergognoso” rispose, invece lui “Sfacciato sarebbe troppo poco!”.
Wei Wuxian sorrise “Ah se solo sapessi quello che ho in mente ogni volta che ti guardo, Lan Zhan. Quello sì che è davvero vergognoso!”.
Lan Zhan alzò gli occhi al cielo, poi tornò immobile avanti a sé.
“Tu mi sei mancato molto, sai?” mormorò Wei Wuxian, cercando di distogliere lo sguardo da lui, per rivolgerlo alla luna.
“Quando non ti ho visto in aula ho pensato di poter piangere avanti a tutti. Ma poi è entrato Jiang Cheng, mi ha preso in giro e io gli ho dato un pugno. Mi avresti chiamato sicuramente sfacciato! Mi sarebbe piaciuto finire gli studi con te. Venire all’università con te. Crescere con te e averti al mio fianco…”.
“Mi dispiace” mormorò allora Lan Zhan, senza distogliere lo sguardo dal punto scuro che stava guardando “Per non esserci stato quando…”.
“No” rispose lui  “Va bene”.
“Non va bene” riprese allora “So che non vuoi parlarne. Ma non è colpa tua, Wei Ying. Non lo sarà mai. Non hai piazzato tu quella bomba su quell’aereo”.
“Lan Zhan…” provò a fermarlo, ma lui scosse la testa.
“Non è colpa tua se i tuoi genitori sono morti. No è colpa tua se tua sorella ha subito quello che ha subito. Ma ora sta bene. E anche se i tuoi genitori non ci sono, lei e tuo fratello sono ancora al tuo fianco. E ci sono anche io”.
Wei Wuxian lo guardò, in parte shockato in parte meravigliato dal sentirgli dire così tante cose in un così poco tempo. Poi ricordò della tendenza di Lan Zhan a parlare e dire ogni cosa che si portava dentro quando era brillo e gli venne voglia di affogarsi da solo.
“Lan Zhan. Quanto hai bevuto?”.
Lan Zhan rise “Un goccio” mormorò nel nulla.
“Sei brillo”.
Ma Lan Zhan scosse la testa “Forse meno bloccato del solito, ma non sono brillo. Ho ancora tutti i freni inibitori dove dovrebbero essere”.
“Non mi sembra” sbuffò Wei Wuxian, quasi infastidito dalla situazione.
Perché Lan Zhan non voleva bere con lui, se poi alla fine comunque trasgrediva alla regola?
“Non hai idea di cosa farei senza quei freni”.
“Dimmelo” sbuffò.
Ma Lan Zhan scosse di nuovo la testa.
“Li ho ancora” mormorò, solo.
La conversazione sembrò cadere nel nulla, fino a quando non fu proprio Lan Zhan a riprenderla con un “Mi dispiace non esserci stato. Ci sarò ora, se avrai bisogno di me”.
“Perché?” chiese allora lui “Perché hai bevuto?”.
“Per sentire qualcosa” rispose Lan Zhan e Wei Wuxian fece per ribattere, ma l’amico fu più veloce ad alzarsi dall’acqua – doveva ammettere di non essere stato lento ma distratto dalla statuaria bellezza dell’uomo che aveva avanti – mettere una felpa bianca ed andare via, senza dirgli altro.
Gli aveva già urlato fin troppo addosso, in fondo.



Spazio autrice.
Okay, riassutno del capitolo: J/X, LAn Xichen Capitano della ship da sempre e per sempre, proteggiamo tutti Lan Zhan e Wei Wuxian come al solito, Lan Zhan da brillo parla più del dovuto (e da ubriaco fa anche peggio), angst con la pala.
Okay combo x2 probabilmente neanche vi siete accorte dell'assenza ma se lo avete fatto: chiedo perdono per aver fatto attendere così tanto questo capitolo. La sessione autunnale non mi lasciava voglia di far nulla finite le ore di studio!
Ma ora è finita  e sono ibera per un po', yay! Cosa mi dite di voi?
Nada, grazie davvero a chiunque arrivi fini qui e decida di lasciare una recensione/inserire la storia tra le seguite, è sempre una gioia!!
A presto, StewyT~


Dal prossimo capitolo.
La felicità è vedere mio fratello alzare gli occhi al cielo come faceva quando eravamo piccoli, ogni volta che combino un casino. La felicità è sapere che mi ha perdonato e mi vuole ancora al suo fianco. La felicità è sapere di avere degli amici al mio fianco che non mi abbandoneranno mai. Persone speciali, con un cuore talmente grande da decidere di regalare le loro vite per il bene altrui.
La felicità sarebbe vedere la persona di cui sono innamorato felice.
Eppure, non riesco a vederla mai felice. Non so perché ma se dovessi descrivere l’aura che ha attorno ogni volta che la vedo sarebbe: eterea e malinconica.
Ed è logorante vederla così. Vorrei che almeno questa persona fosse felice.
Ma forse anche la persona che… amo non sa cosa sia davvero la felicità.
Posso dire di amarla dopo aver perso così tanto tempo a pensare ed immaginare le sue labbra, il suo tocco, le sue parole, lui, al mio fianco?


 
  
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