Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Helen_Book    12/10/2020    0 recensioni
Eileen ha perso la voce e la capacità di trasformarsi. Sente di non aver nulla da offrire al proprio branco. L'incontro inaspettato con un lupo randagio cambierà totalmente la sua esistenza e la porterà ad addentrarsi nei più oscuri ricordi del suo passato.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Appena Eileen riprese coscienza, percepì subito l’estraneità del luogo in cui si trovava. A partire dagli odori intorno a lei: c’era qualcuno nella stanza, lo sentiva.

Cercò di non agitarsi dando all’occhio. Il posto non era molto illuminato: l’unica fonte di luce era rappresentata da un piccolo braciere non molto distante da lei. Dopo aver sofferto il freddo, il calore le trasmetteva un certo sollievo.

Aspetta un momento: i vestiti zuppi erano spariti, sostituiti da una lunga tunica bianca.

Chi le aveva cambiato i vestiti?

Eileen non ebbe il tempo di arrossire, l’ansia e la paura presero il sopravvento. Allungò la mano per cercare il coltello nello stivale, ma notò poco dopo di avere i piedi nudi.

“Cercavi questo?” chiese una voce maschile.

Cazzo!

Non poteva rimanere stesa un minuto di più, si sedette di scatto e si guardò intorno per capire chi avesse parlato. La testa e la caviglia le dolevano terribilmente.

“Non dovresti alzarti così bruscamente. Devi ancora recuperare le forze” affermò la voce dolcemente, ma con fermezza.

La raccomandazione sembrò calmarla, nonostante ciò, non abbassò la guardia. Cercò di mettere a fuoco l’unica figura presente nella stanza, ma ci riuscì solo quando fu lei stessa a farsi avanti, lasciandosi illuminare dal braciere.

Davanti a lei aveva un vero e proprio esemplare di uomo. Non poteva neanche essere catalogato come un ragazzo, non competeva nella stessa categoria.
Era alto, non troppo muscoloso e con la pelle abbronzata. I capelli neri legati con una piccola corda, mettevano in risalto il suo viso: gli occhi a mandorla, gli zigomi alti e le labbra sottili. Un piccolo particolare attirò l’attenzione di Eileen, nonostante la luce fioca: all’estremità dell’occhio sinistro faceva capolino un piccolo neo. Non era neanche così grande, ma lei lo aveva notato.

“Mi sento leggermente osservato”, notò l’uomo accennando un sorriso.

Eileen arrossì, ma non abbassò lo sguardo. Gli occhi gialli erano fissi nei suoi e finalmente riconobbe in lui il lupo che le aveva restituito la collana. Guardandogli meglio, si rese conto che descriverli come gialli era riduttivo.

Erano color miele.

“Non sai quanto vorrei leggerti nel pensiero in questo momento”, l’uomo interruppe nuovamente il suo flusso di pensieri.

Ritornando alla realtà, Eileen si rese conto che aveva diverse domande da porgli, ma non sapeva come fare. Si toccò istintivamente le cicatrici alla gola, notando di averle esposte.

“Cosa ti è successo? Non puoi parlare, vero?” intuì lui, avvicinandosi di qualche passo.

Eileen si alzò di scatto, cercando di ristabilire una certa distanza tra loro, dimenticandosi però della caviglia slogata. Il dolore lancinante le fece perdere l’equilibrio. Prima di farsi male ulteriormente, due braccia solide e calde la sostennero, impedendole di cadere.
Muoversi produsse l’effetto opposto a quello sperato: il viso dell’uomo si trovava a pochi centimetri da quello di Eileen, facendole aumentare i battiti cardiaci. Il braccio sinistro le cingeva la vita, mentre la mano destra era ancorata saldamente al suo braccio.

“Ti ripeto: non dovresti alzarti in questo modo. Inoltre, dopo averti fasciato la caviglia, il minimo che potresti fare è stare calma e riposarti”, sussurrò divertito guardandola negli occhi.

Eileen continuava a fissarlo: avrebbe dovuto essere spaventata, invece era incuriosita. Stargli così vicina la agitava e rilassava allo stesso tempo. Un profumo di miele misto a spezie le riempiva le narici, stordendola.
L’uomo la osservava intensamente, come se fosse indispensabile non perderla d’occhio. La mano destra ancorata al suo braccio, si spostò lentamente, sfiorandole con i polpastrelli le cicatrici sul collo.

Eileen trattenne il respiro, attendendo in silenzio. Come le era successo precedentemente nella foresta, davanti ai suoi occhi gialli non riusciva a muoversi, a reagire.

“Mi dispiace, deve averti fatto veramente male”, un’espressione triste e pensierosa comparve sul suo volto.

Provava empatia nei suoi confronti? 


Era l’unica spiegazione possibile dato che non la conosceva.
Aveva difficoltà a decifrare lui e se stessa. Si sentiva tradita dalle sue stesse emozioni. Provare a razionalizzarle era inutile.

Persa nei suoi pensieri, non si accorse che dopo essersi inumidito il pollice con la lingua, l’uomo dagli occhi color miele, stava cercando di rimuovere il sangue incrostato dalle sue labbra.

La stava leccando, di nuovo.

Un contatto così intimo la fece arrossire violentemente, fino alla punta delle orecchie.

“Sono sicuro che non sia il tuo sangue, ho controllato: non hai nessuna ferita oltre la caviglia slogata”, sussurrò soddisfatto.

Eileen cercò di ricomporsi e dare un senso alle sue azioni e alle sue parole.

Stava cercando di sedurla? E poi, l’aveva vista nuda?!

Imbarazzata, intercettò la mano allontanandola e con l’altra ristabilì le distanze tra loro. L’uomo la guardò sorpreso, accennando subito dopo un sorriso. Alzò le mani insegno di resa e affermò:
“Non ti farò del male e come prova della mia buona fede, ti restituisco qualcosa che è tuo”, le porse il coltello che cercava.

Eileen lo prese immediatamente, stringendo l’impugnatura. Quel pugnale era l’unica arma che possedeva, era fondamentale che la custodisse con cura.
Subito dopo indicò la tunica bianca che indossava e cercò di ottenere informazioni riguardo ai suoi vestiti.

“Sono sulla sedia ad asciugare”, disse indicando un angolo della stanza e continuò: “Comunque riesco a comprendere il linguaggio dei segni, dato che mia sorella è sorda, quindi possiamo comunicare senza problemi” sorrise con arroganza.

Era impossibile nascondere la sorpresa sul suo viso, la possibilità di comunicare con una persona aveva un valore inestimabile per lei. Molti davano per scontato la capacità di parlare, di farsi capire. Solo quando perdi qualcosa, ne comprendi il vero valore.

La prima domanda che le venne in mente segnò: “Come ti chiami?”

“Mi chiamo Roman” rispose ad alta voce.

Eileen ripeté più volte il nome nella sua mente e decise che le piaceva.

“E tu, come ti chiami?” chiese Roman appoggiandosi al muro e incrociando le braccia.

Era lì sul punto di rivelargli il proprio nome, quando iniziò a dubitare se fosse la cosa giusta da fare. Rivelare il proprio nome non era sempre una mossa saggia. Soprattutto ad una persona esterna al suo branco. L’uomo sembrò cogliere la sua diffidenza.

“E’ uno scambio equo, se ci pensi. Io ti ho detto come mi chiamo e ora tocca a te svelare la tua identità” affermò con semplicità.

Il suo ragionamento non fa una piega, ma posso fidarmi di lui?

“Mi chiamo Mala”, segnò alla fine. Era sempre stata una grande sostenitrice del detto ‘Fidarsi e bene, non fidarsi è meglio’.

Il sorriso scomparve: non era più divertito. Un’espressione corrucciata fece capolino sul suo viso.

Faceva così schifo come bugiarda?

Non le era dato saperlo, dato che Roman cambiò argomento: “Siediti, ti cambio la fasciatura del piede”, disse indicando con la mano il giaciglio su cui aveva riposato.

Eileen non volle contraddirlo: qualcosa nella sua espressione l’aveva convinta a riporre le armi momentaneamente. Tuttavia, non riusciva a cogliere i suoi sbalzi d’umore, i suoi pensieri.
Si sedette e distese lentamente la gamba. Roman si posizionò di fronte a lei e si concentrò sulla fasciatura, in silenzio.

Perché sentiva l’esigenza di volergli parlare? Vederlo in quelle condizioni, non le piaceva. Quasi si pentiva di avergli mentito.

Le mani di Roman si muovevano con una certa dimestichezza: i movimenti decisi ed esperti non le procuravano nessun dolore. Osservarlo, la ipnotizzava. Era da molto tempo che nessuno si prendeva cura di lei in quel modo.

Per superare l’imbarazzo gli segnò: “Sei un medico?”

Roman non sembrò cogliere il movimento delle mani, oppure fece finta di non notarlo. Eileen ripeté la domanda una seconda e una terza volta, ma l’uomo continuava ad ignorarla.
Non ci pensò due volte e istintivamente si allungò in avanti, gli prese il mento con la mano e lo costrinse ad alzare lo sguardo verso di lei. Due occhi color miele sembravano aver preso fuoco, mentre Eileen ricambiava con uno sguardo ferito.

“Non ti fidi di me e fa male”, affermò lui con tono tagliente, allentando leggermente la tensione tra loro.

“Non ti conosco neanche. Mi trovo in un luogo sconosciuto, con un perfetto estraneo. Potresti farmi quello vuoi. Ho solo uno stupido coltello per difendermi.
Perché pensi che non mi possa fidare di te?”, segnò di fretta, rendendosi conto di non aver mai ‘parlato’ così tanto.

Roman le prese la mano e la tirò verso di sé, avvicinando i loro corpi, ad una manciata di centimetri di distanza.

“Se avessi voluto farti del male, lo avrei già fatto. Che senso ha curarti, cambiarti i vestiti e ridarti il tuo coltello? E poi, ti ricordo che sei giovane, forte e bella. Da lupo potresti tenermi testa senza problemi”, sussurrò guardandola negli occhi, sorridendo nel pronunciare le ultime.

Eileen all’inizio si perse nelle sensazioni che il contatto dei loro corpi le dava, tuttavia, le ultime parole di Roman furono per lei una doccia fredda. Si risvegliò dal tepore che la sua presenza le trasmetteva.

Lui era un lupo, lei no.

L’espressione di Eileen cambiò drasticamente e Roman lo notò all’istante. Si liberò dalla sua presa bruscamente e indietreggiò fino a che non stabilì una nuova distanza tra loro: fisica e psicologica.

“Cosa ho detto? Ti ho offesa in qualche modo?” disse sorpreso, cercando di avvicinarsi a lei.

Eileen gli puntò il coltello contro e con il mento gli intimò di rimanere al suo posto. L’uomo alzò le mani e indietreggiò.
“Va bene, calma, non c’è bisogno di reagire così, possiamo parlarne”, affermò dolcemente.

Era stanca di parlare, la caviglia le doleva e anche la testa. Doveva trovare un modo per uscire di lì. Abbracciò le gambe al petto e appoggiò il mento sulle ginocchia, fissando il braciere. Non era costretta rivolgergli la parola.
Qualcosa le diceva che non aveva intenzione di farle del male, tuttavia, la vita le aveva insegnato a cogliere il pericolo ovunque. Non poteva rischiare.

“Ripeto: non sai quanto vorrei leggerti nel pensiero in questo momento. Anche se so che mi farebbe infuriare” disse sospirando e continuò: “Va bene, non sei costretta a parlare. Per ora.”

Nonostante Eileen evitò di guardarlo, con la coda dell’occhio riuscì a cogliere un sorriso mozzafiato. Molto eloquente.

Lo vedremo.   



Ho cercato di rendere il primo incontro tra Eileen e Roman nel miglior modo possibile. Fatemi sapere cosa ne pensate. Un grazie a chi legge e a chi decide di recensire la storia. 

Helen

 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Helen_Book