Prompt: matrimonio Personaggi: Miwako Sato, Wataru Takagi Pairing: Takagi/Sato Rating: verde Sei un pessimo attore, sai?
«Agente Sato…!» «Abbassa la voce, Takagi! E non chiamarmi agente, o ci scoprirà. Reggimi il gioco e basta.» Le deboli proteste di Takagi si spensero quando l’uomo tornò a rivolgere loro le sue attenzioni, non prima che Sato afferrasse la mano di Takagi per guidarla attorno al suo collo – troppo vicini. Takagi cercò di dissimulare il disagio, ma ogni centimetro del suo corpo era in netto disaccordo con le sue buone intenzioni e il suo colorito prometteva brutte sorprese. «Tutto bene, signore?» «Eh? Ah! Sì, sì!» «Lo perdoni, mio marito è timido», fu la risposta, veloce e incredibilmente spontanea, che Sato rifilò all’uomo. L’uomo in questione era all’apparenza normale, un bravo cittadino che lavorava come gestore presso un motel e svolgeva le sue mansioni senza disturbare la quiete pubblica. Nessuno, o quasi, avrebbe sospettato di lui. Sato però sentiva di potersi fidare dell’intuizione del piccolo Conan ed era disposta a dare il tutto per tutto pur di comprovare le sue teorie – anche rischiare un rimprovero coi fiocchi da parte di Megure e uno svenimento del povero Takagi. Il quale, scoprì Sato a sue spese, era un pessimo bugiardo. Doveva essere lei a prendere in mano la situazione, o non ne sarebbero usciti vittoriosi. «Per quella stanza non si può fare proprio niente, quindi?» domandò. L’esitazione dell’uomo e la scintilla di panico che Sato vide baluginare nei suoi occhi promettevano bene. «No, mi dispiace, signora. Vede…» «Oh, che peccato! Nostro figlio» – il cuore di Takagi accarezzò l’idea di un infarto – «rimarrà molto deluso.» «Vostro figlio?» Sato annuì convinta. «Sì, quel bambino laggiù, quello con gli occhiali. Era così contento di pernottare in questo motel per poter giocare anche domani con i bambini con cui ha fatto amicizia.» «Capisco, ma…» «Wataru!» Takagi vide le porte del paradiso – o dell’inferno – spalancarsi appositamente per lui. «Vai tu da nostro figlio a dargli la brutta notizia? E digli di non piangere, ha ancora tutto il tempo del mondo per giocare con i suoi amici. Anche se…» Finse di asciugarsi una lacrima inesistente, come inesistente era la comprensione che Takagi aveva dell’intera questione – che cosa diavolo aveva in mente, Sato? «No, non ci voglio pensare – non oggi», concluse la donna tra sé. «Vai, Wataru. Io intanto ringrazio il signore per la disponibilità.» Osservando Takagi allontanarsi con espressione cadaverica, fattore che lui attribuì alla causa sbagliata, l’uomo non poté che porgere una semplice domanda. «Mi scusi, perché suo marito ha la faccia di uno che sta per andare all’altro mondo?» «Vede, nostro figlio… è molto malato.» Il finto trio familiare riuscì a fare breccia nel cuore del gestore tanto da ottenere, in via del tutto eccezionale, una stanza in cui passare la notte. In un primo momento l’uomo aveva sostenuto di aver chiuso i battenti per un paio di giorni in vista di alcuni lavori di ristrutturazione, ma Conan aveva subito fiutato l’olezzo della menzogna e una perquisizione attenta da parte di un’insospettabile famiglia gli permise, due ore dopo, di concretizzare ogni suo dubbio. «… E questo è tutto. Come vedete le prove sono schiaccianti, il gestore del motel ha confessato di aver ucciso il signor Takeda.» Una ruga si formò tra le sopracciglia di Shiratori, che parve riflettere molto attentamente prima di formulare un intelligentissimo mh di assenso cui non seguì nient’altro. Megure fu più esaustivo. «Una copertura particolare¸ se posso dirlo, ma fintanto che funziona… Ottimo lavoro, agenti.» «È stata un’idea tua, Takagi?» Alla domanda di Shiratori, Takagi poté solo scuotere il capo in segno di diniego. «No, mia», spiegò Sato, trovando le parole che mancavano al collega. «E il piccolo Conan è stato molto d’aiuto», concluse con un’occhiata al suddetto bambino, che ricambiò annuendo. «Ora che il matrimonio è finito, Takagi, puoi anche smetterla di fare quella faccia. Sei un pessimo attore, sai?» Lo sapeva. «Ti sei trovato due nuovi genitori.» Conan sbuffò al suo sarcasmo, reputando assurdo che, dopo una spiegazione tanto avvincente su come lui era giunto alla soluzione del caso, Ai non avesse di meglio da commentare. «Era solo un pretesto per persuadere l’uomo ad affidarci una stanza», replicò. «Trovandosi di fronte una coppietta sposata e un bambino malato» – quale macabra fantasia, l’agente Sato! – «ha abbassato la guardia e noi ne abbiamo approfittato. Be’, io e l’agente Sato, perlomeno. L’agente Takagi era un po’… fuori forma.» Conan si chiese se un giorno Takagi sarebbe mai riuscito a dire alla collega ciò che provava – sì. |