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Autore: Ciuffettina    24/10/2020    4 recensioni
Michael era orgoglioso della missione affidatagli, lui era un bravo figlio obbediente, desideroso di compiacere suo Padre, tuttavia avrebbe preferito non avere quel mantra sempre nelle orecchie
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Gabriel, Metatron, Michael, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il dietro le quinte della Bibbia'
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Che cosa aveva sperato Michael? Che la manna al mattino e le quaglie alla sera avrebbero finalmente accontentato quella mandria d’insoddisfatti? Povero illuso! Dopo aver smaniato per giorni per avere della carne e avendola finalmente avuta, adesso si erano incaponiti per ottenere aglio e cipolle. Proprio così! Due fetidi ortaggi il cui delicato aroma ricordava a Michael la presenza dei tirapiedi del suo non-più-fratello, in più continuavano a blaterare di meloni, cocomeri, pesci e altri cibi gustati in Egitto, tutti assolutamente gratis… insomma sembrava quasi che Dio avesse fatto loro un enorme dispetto ad averli liberati dalla schiavitù.
Esasperato, Michael volò lontano da quella masnada lagnosa. Si sedette sotto una palma, stringendosi le tempie con le dita. Voleva stare lontano da loro almeno per un po’ perché, essendo un arcangelo, riusciva a sentire tutti i mormorii degli Israeliti, pur non volendolo. Ogni. Singola. Parola.
Era una fortuna che gli umani non avessero quel potere altrimenti Mosè sarebbe diventato pazzo: se si alzava dopo il sorgere del sole, tutti mormoravano: «Ma guarda com’è pigro Mosè». Se si alzava prima: «Hai visto? Mosè si è alzato presto per raccogliere i grani più grossi di manna». Se il condottiero se ne stava per conto suo: «Ma chi si crede di essere Mosè? Il Principe d’Egitto? Troppo nobile per mischiarsi col popolino?» Se parlava con loro: «Hai visto? Mosè vuole fare il populista».
Era chiaro che gli israeliti non avevano alcun rispetto per il loro condottiero e addirittura tre di loro, Kore, Datan e Abiram, insistevano per indire delle primarie ante-litteram per eleggere un nuovo leader che li avrebbe riportati in Egitto o in un qualsiasi altro luogo, molto più vicino, che non fosse questa fantomatica Terra Promessa “dove scorre latte e miele”.
Bisognava trovare un modo che manifestasse a tutti che era Mosè il Prescelto da Dio per guidarli, che loro lo volessero o no.
Se fossi un umano, credo che ora avrei quello che loro chiamano mal di testa” pensò Michael stressato.
Era difficile essere l’arcistratega delle truppe angeliche, essere d’esempio agli altri e perciò doversi mostrare sempre imperturbabile e perfetto: se Uriel avesse avuto una crisi isterica o se Gabriel avesse girato per il Paradiso con le ali arruffate, nessuno ci avrebbe fatto caso ma se fosse successo a lui, tutti avrebbero pensato, come minimo, che l’Apocalisse era imminente inoltre era dolorosamente consapevole che Raphael non vedeva l’ora di fargli i calzari e prendere il suo posto come arcistratega, quindi Michael sapeva che se non si fosse dimostrato all’altezza del compito assegnatogli, il suo “caro” fratellino ne avrebbe approfittato per tentare di spodestarlo. Questo non doveva succedere: se suo Padre l’aveva nominato Principe delle milizie celesti, significava che era lui l’arcangelo giusto per quel ruolo ma c’era sempre il rischio che Raphael organizzasse una seconda rivolta angelica dall’esito incerto.
Beh è ora di rimettersi in marcia” pensò, rialzandosi e volando verso l’accampamento.

Quando la comunità degli Israeliti levò il campo dal deserto di Sin, secondo l’ordine che Dio dava di tappa in tappa, e si accampò dopo una settimana all’oasi di Refidim, nascosta tra le ripide pareti della gola dello Uadi Feiran, si accorse subito che non c’era acqua da bere.
Il popolo protestò contro Mosè: «E la chiami oasi, questa? Dacci l’acqua, subito! Perché ci hai fatti uscire dall’Egitto? Per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?»
Mosè rispose loro: «Perché protestate con me? Abbiate fede e Dio provvederà a noi, come ha sempre fatto».
Dopo che riuscì a buttar fuori dalla sua tenda l’ennesimo contestatore assetato, Mosè invocò l’aiuto di Michael: «Che farò per loro? Ancora un po’ e mi lapideranno!»
L’arcangelo gli disse: «Prendi con te tutto il popolo e va’ alla base dell’Horeb col Bastone e appoggialo su una delle rocce, una qualsiasi, e l’acqua uscirà».
Mosè radunò gli israeliti e spiegò loro come li avrebbe dissetati, semplice, no?
Peccato che loro non riuscirono ad accordarsi: «Mosè, picchia su questa!» «No, batti quest’altra!» «Questa mi sembra più carina!» «Non vedi che è troppo in alto? Ed io come ci arrivo?» «Se batti su due rocce escono due fonti d’acqua?»
«Basta!» urlò Mosè, sbattendo una prima volta il bastone sulla pietra. «Decido io» altra botta, «da dove farvi scaturire l’acqua!» e ce lo sbatté con forza una terza volta, scheggiandolo.
Subito l’acqua schizzò addosso agli israeliti bagnandoli da capo a piedi.
«Complimenti, Mosè, hai deciso di farci annegare?» chiese uno di loro cercando inutilmente di asciugarsi la faccia con la tunica, anch’essa fradicia.
Stavano ancora bevendo, loro e il loro bestiame, quando giunse la notizia che un branco di predoni stava dirigendosi verso di loro…
   
 
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