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Autore: moira78    25/10/2020    9 recensioni
Ormai alle soglie del nuovo millennio, Candy racconta a sua figlia e sua nipote la storia della sua vita. Ho cercato di riempire il vuoto lasciato dal finale sibillino dei romanzi dell'autrice originale, tentando di cogliere lo spirito dei personaggi e scrivendo in modo più dettagliato ciò che è accaduto dalla scoperta dell'identità del Principe della Collina in poi.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"Terence ti odio!" gridai all'ennesima spinta.

Il medico sorrise mentre controllava velocemente le mie funzioni vitali: "Oh, è normale prendersela con il proprio marito quando si partorisce".

"Non è mio marito, quell'imbecille testardo!", ribattei a denti stretti, facendo sì che sul volto del poveretto di disegnasse un'espressione di assoluto sconcerto.
"Sì, bene signora, ora attenzione perché ci siamo quasi. Vedo la testa".

Respirai come avevo imparato e insegnato anche a qualche decina di donne durante la mia carriera, ma mi resi conto che tra farlo e dirlo c'era un baratro di differenza. Il dolore m'impediva di procedere come avrei dovuto e il mio diaframma si rifiutava di collaborare.

"Non così, deve usare il dia...".

"So come devo fare, sono un'infermiera!", strillai in preda a un attacco isterico. Il dolore mi stava lacerando in due.

"Dov'è Albert, voglio Albert!", piansi, ben sapendo che a quei tempi difficilmente lo avrebbero permesso. "Chiamate il mio principeee!".

"Signora, il padre del bambino è qui fuori, ora però...".

"Non voglio il padre del bambino, voglio il mio principe della collina, chiaro?!", strillai con quella che dovette risultare una faccia terribile.

Successivamente mi scusai col giovane medico e gli spiegai che ero semplicemente confusa per il dolore.

Quando finalmente mi misero tra le braccia la mia bambina, piansi di gioia e le offrii immediatamente il seno: "Sei bellissima, tesoro mio", le mormorai baciandole la testolina mentre suggeva nutrimento da me. Mi resi conto che il capelli, ancora soffici e radi, avevano la sfumatura scura di Terence ma gli occhi, che avevo avuto modo di vedere aperti per un breve momento, erano verdi come i miei. Mi pareva persino di notare l'ombra di qualche lentiggine. "Tuo padre ti adorerebbe, se solo ti vedesse".

"Suo padre è qui. Voglio dire, il suo vero padre". Quando alzai lo sguardo, vidi Albert che mi fissava con un'espressione mista di dolore e attesa.

Accidenti, doveva aver travisato le mie ultime parole! Ma che voleva dire con "il suo vero padre"? Possibile che Terry...

"Ti prego, lasciami passare!", la sua voce mi colpì come un pugno allo stomaco e lo vidi entrare trafelato mentre mio marito si faceva da parte e chiudeva la porta. Nonostante la presenza improvvisa e alquanto inaspettata di Terence, continuavo a pensare che avrei dovuto spiegargli il senso delle mie parole.

"Candy, come stai? Oh, ma com'è piccola!", esclamò con la voce che tremava e gli occhi lucidi mentre guardava la bambina. Allungò le braccia ma io non gliela porsi, tanto più che la stavo ancora allattando. Lui mi guardò, palesemente ferito.

"Terence, come mai sei qui?", gli chiesi senza mezzi termini con un'insolita freddezza. Ero ancora molto ferita e furiosa con lui.

Lui si alzò, si asciugò gli occhi col dorso delle mani e andò alla finestra: "Albert mi ha mandato un telegramma, qualche giorno fa". Osservai il suo profilo e notai che era un po' dimagrito, il volto sembrava segnato da mesi di sofferenza. Era sempre bello da togliere il fiato, ma nel mio cuore c'era solo lo spettro sbiadito del sentimento che una volta mi legava a lui. Rimanevano l'affetto e la devozione per avermi dato quel miracolo che tenevo tra le braccia.

Scossi la testa. "Perché l'ha fatto?", chiesi alla stanza vuota.

"Lui... voleva darmi un'ultima possibilità di riconoscere mia figlia. Mi ha raccontato tutto, Candy e io ho parlato con lui qui fuori, mentre tu eri in travaglio. Quel giorno provavo una grande rabbia, perché non sapevo cosa ne sarebbe stato di noi due: avevo cercato ardentemente di dimenticarti ma non c'ero riuscito, nonostante i buoni propositi e la mia carriera brillante. La speranza è tornata a riaffacciarsi ma avevo anche paura che le cose non avrebbero più funzionato come prima. Con questo stato d'animo mi sono avvicinato a te e ti ho vista in quelle condizioni, poi ho notato Albert dietro di te e... non ci ho visto più, Candy. Sapevo quanto ti amasse ed ero convinto che voi due...".

S'interruppe, passandosi una mano tra i capelli. Sembrava disperato. "Mi è sembrato di sentire la tua voce, mentre mi rialzavo dopo che Albert mi aveva messo ko, ma non ne ero sicura: tu giacevi semisvenuta fra le sue braccia. Se solo vi avessi fermati in quel momento!".

"È stato il giorno peggiore della nostra vita insieme, Terence. Le incomprensioni, gli screzi, i disaccordi sono nulla rispetto al male che mi hai fatto quel giorno".

Lui tornò a fianco del mio letto, inginocchiandosi di lato: "Ma io sono cambiato, Candy! Se solo tu me lo permetterai io riconoscerò nostra figlia e vi porterò con me in tournée. Ogni tanto potrai lavorare, al nostro ritorno e assumerò qualcuno che ti aiuti...".

"Hai già programmato tutto, vero Terence?", gli chiesi con voce vibrante per le mille emozioni che mi suscitava dentro: rabbia, dolore, sconcerto, nostalgia... "Fammi pensare: io sono stata sposata a te che eri già vedovo. Poi ci siamo separati. Quindi, secondo la stampa, mi sono risposata con Albert e ho dato alla luce una Ardlay. Adesso dovrei divorziare di nuovo e risposarti, mentre tu cambierai nome a questa creatura innocente che è venuta al mondo da meno di due ore, non è così?".

Terence ammutolì e mi fissò con aria seria. Nei suoi occhi rossi, lessi la consapevolezza. Accarezzò lievemente la testolina di sua figlia, con una tenerezza che riuscì a riempirmi il cuore: "Tu lo ami, vero?".

Stavolta non ebbi esitazione, nemmeno nel mio cuore: "Sì", risposi chiudendo gli occhi.

"Da quanto...?".

"Non chiedermelo, Terence, perché a essere sincera non lo so. Di sicuro dopo che te ne sei andato qualcosa è germogliato nella mia anima. Io ti ho amato, ti ho amato veramente e siamo stati felici per molto tempo. Ma poi il destino ha deciso che non potevamo più esserlo e io ho cominciato ad aggrapparmi all'unica ancora di salvezza che avevo. Qualcosa che era in embrione ma che non è mai cresciuto davvero ha cominciato a sbocciare nel mio cuore, mentre l'amore che nutrivo per te... per noi, per quella nostra storia così bella e tormentata sfioriva. Oggi sono grata ad Albert per essermi stata vicino nonostante non fossi ancora sicura di ciò che provavo per lui".

Terence tacque per un lungo istante, guardando ancora sua figlia con un amore tale che mi ammorbidii all'istante: "Posso accettare da uomo il fatto di perdere te, mia dolce Tarzan Tuttelentiggini che non mi chiama più Terry". Le sue parole mi diedero un brivido improvviso, ma immediatamente il viso di Albert balenò nella mia mente, se mai avessi avuto ancora dubbi. "Ma non posso rinunciare a lei, questo lo capisci? Lascerò che porti il nome degli Ardlay, non farò nulla che possa nuocerle. Ma permettimi di vederla: le racconteremo che sono uno zio o un amico di famiglia, quello che vorrai, ma lascia che ogni tanto...".

"Terence...", lo bloccai mettendo la mia mano sulla sua, "parlerò con Albert e sono certa che sarà d'accordo con me: veniamo tutti da famiglie che abbiamo conosciuto a metà o affatto, come nel mio caso. Siamo stati più o meno amati e cresciuti da altre persone meravigliose. Ma non lascerò che nostra figlia cresca nell'inganno: le racconterò tutto quando sarà abbastanza grande da capire e tu sarai il suo vero padre tutte le volte che vorrai. Magari dovremo fare attenzione ai giornalisti...".

Il bel volto di Terence si contrasse, abbassò la testa e mi baciò ripetutamente la mano mentre singhiozzava: "Grazie, Candy, io... oh, non sai che dono che mi fai, sei così buona! L'ho sempre saputo, ma dopo quello che ti ho fatto, credevo...".

Piansi con lui, rassicurandolo e pregandolo di non stare più così male, perché tutto si sarebbe risolto. Infine, gli porsi la bambina. Lui, con le lacrime che ancora gli rigavano il viso, mi guardò sconcertato: "Davvero posso?".

Annuii, commossa: "Ho pensato anche a un nome", dissi mentre lui la cullava delicatamente, guardandola come se volesse riempirsi gli occhi della sua dolce immagine. "Vorrei chiamarla Eleanor".

Lui alzò il viso di scatto, guardandomi. Nuove lacrime si affacciarono ai suoi occhi e pensai che non lo avevo mai visto così emozionato come quel giorno: sotto la scorza dura di Terence Graham, come lui stesso aveva deciso di farsi chiamare, c'era un cuore tenero. D'altronde, non l'avrei mai sposato se non fosse stato così.

Mentre abbracciava di nuovo sua figlia, coccolandola e ringraziandomi, pensai che le avrei dato anche il nome di una delle mie due mamme: "Si chiamerà Eleanor Lane, ti piace?".

"Moltissimo", bisbigliò senza staccare gli occhi dal suo nuovo amore.

Quando se ne andò, attesi a lungo che Albert entrasse da quella porta, ma non si fece vivo. Un'infermiera m'informò che se n'era andato via non appena Terence era entrato.



Comunicazione di servizio: stavo pensando, visto che i capitoli sono brevi, se non fosse il caso di aggiornare un paio di volte la settimana invece che una. Voi che ne pensate?
   
 
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