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Autore: Mahlerlucia    26/10/2020    2 recensioni
Ho imparato che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato.
Il mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari.
(Paulo Coelho)
[Kuroo x Kenma || KuroKen]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Anime/Manga: Haikyuu!!
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale
Rating: Arancione
Avvertimenti: Lime, Missing moment
Personaggi: Tetsurou Kuroo, Kenma Kozume
Pairing: #KuroKen
Tipo di coppia: Yao
i
 


Figured out
 



“Su quale pianeta ti sei trasferito per arrivare a dire ai miei che non riesci a metterti in contatto con me?”

Tetsurou lesse il messaggio mentre era fermo al rosso di uno dei principali incroci di Shibuya. Non riceveva sue notizie in maniera spontanea da oltre una settimana e la cosa stava seriamente iniziando a farlo preoccupare. In realtà non aveva insistito più del dovuto per cercare di contattarlo; sapeva bene che quella non poteva essere la tattica migliore per approcciarsi a lui, specie in una situazione che non gli lasciava presagire nulla di troppo raccomandabile. Le ragioni, ovviamente, non gli erano ancora ben chiare.
L’uomo a bordo del suv che si trovava dietro alla sua utilitaria suonò più volte il clacson, ricordandogli che forse avrebbe dovuto almeno liberare l’incrocio una volta scattato il verde, se poi voleva dedicarsi totalmente ai dubbi esistenziali che lo legavano a quello che credeva essere sempre stato uno dei suoi migliori amici. Credeva, appunto.

Una volta trovato parcheggio nei pressi dell’università, decise di comporre il suo numero con l’ingenua convinzione che parlarsi in maniera diretta si potesse rivelare più utile che non rispondere a un messaggio arrivato su WhatsApp con una valenza ancora da approfondire, ma che sicuramente lasciava pochi dubbi sulla sua negatività.

“Pronto...”

Il tono di voce gli era parso fin da subito contrariato, ma poteva ritenersi fortunato anche solo per il fatto che avesse risposto. In fin dei conti, rendersi irreperibile non avrebbe di certo favorito il ruolo da ‘dimenticato dal mondo’ che aveva deciso di auto-assegnarsi per non scontrarsi in maniera diretta con le proprie responsabilità. Tanto per cambiare.

“Buongiorno. È il servizio consegne di Nintendo.”

“Se anche solo avessi avuto un minima possibilità di entrare a far parte del world team della Nintendo non avresti nemmeno avuto bisogno di iscriverti all’università.”

“Mah! La cultura è importante. Spero che tu sia davvero convinto di voler proseguire i tuoi studi dal prossimo anno, Kenma!”

Calò un imbarazzante silenzio capace di scoperchiare un passato che non era mai stato accantonato da nessuna delle due parti; sarebbe stato praticamente impossibile.
Come al solito Kozume non era preparato alle premure che il suo ex capitano si permetteva ancora di riservargli dopo tutti quegli anni d’immancabile vicinanza. Anche se, a dire il vero, negli ultimi mesi le cose sembravano essere cambiate quel tanto che era bastato a creare quel sottile strato di diffidenza che lo aveva reso più freddo e scostante nei suoi confronti.

“Kenma?!”

“Che c’è?”

Kuroo sospirò nella speranza che quel rimpallo del fulcro del ‘problema’ – se così poteva essere davvero definito – potesse finire quanto prima. Non sarebbe di certo stato facile affrontare qualcosa di praticamente ignoto con un personalità ermetica come quella del setter della Nekoma, ma se non ci avesse almeno provato se ne sarebbe pentito per il resto dei suoi giorni.

“In realtà mi dovresti chiarire tu cosa c’è che non va. Lo sai che ho provato a chiamarti e a scriverti nei giorni scorsi, per cui... non capisco il senso del tuo messaggio.”

“Non mi va di parlarne al telefono in uno dei tuoi rari ritagli di tempo all’interno della tua nuova vita da matricola universitaria.”

Kenma, stai parlando seriamente?
Tetsurou cercò di trattenere tutta la sua frustrazione per poi gettarla via in un lungo e sconsolato sospiro sommesso. L’ennesimo.
Più si sforzava di comprendere quale grave errore avesse mai potuto commettere per essere trattato con quell’aria di sufficienza e ancor più si ritrovava a non capirci nulla.

“D’accordo. Allora possiamo vederci nel prossimo week end, se ti va. Dopo la partita ovviamente.”

“Prima avresti da fare?”

La domanda fu diretta quanto un destro in un occhio. Non riusciva proprio a capacitarsi del senso di questi continui rimandi ai suoi impegni, ancor meno dei cenni alla sua scarsa disponibilità nei suoi confronti.
Kenma, che ti prende?

“No, semplicemente non voglio crearti distrazioni o cose di questo genere.”

“Certo, come no. Inventatene un’altra.”

Click.
Non gli lasciò il tempo di rispondere, che chiaramente avrebbe seguito a ruota quello che gli sarebbe servito per realizzare appieno ciò che aveva appena sentito. Kenma non riponeva più in lui la fiducia di un tempo, non credeva alle sue parole e alle sue promesse; ma soprattutto, lo trattava al pari di un traditore che lo aveva colpito nel profondo.
Aveva riattaccato senza aggiungere altro, senza spiegargli quello che gli passava per la testa, senza dargli nemmeno l’opportunità di pentirsi rispetto a questioni che senza un dovuto chiarimento non sarebbe mai stato in grado di mettere a fuoco in autonomia.

Rimise il telefono in tasca, per nulla attratto dall’idea di tentare una seconda chiamata. Come minimo avrà staccato il telefono o, nella peggiore delle ipotesi, bloccato il suo numero.
Cercò di seguire come meglio poté la lezione di Macroeconomia, anche se durante la pausa decise di rinunciare alla seconda parte. Non avrebbe avuto alcuna utilità, dato che tutto ciò che si ricordava rispetto agli argomenti che erano stati affrontati fin lì era legato al fatto che il professore avesse un forte accento originario della prefettura di Ōsaka.
Nel remoto tentativo di schiarirsi un po’ le idee, si recò al nuovo bristot che avevano aperto dall’altra parte della piazza su cui affacciava l’edificio in cui risiedeva la facoltà di Economia.
Nabuyuki era seduto ad uno dei tavoli laterali, in compagnia del suo tablet e di un manuale dall’immancabile copertina verde.

Oya oya! Sei preso o posso sedermi?”

“Tetsurou! Tempo fa non mi avresti chiesto il permesso nemmeno per poter entrare in bagno mentre facevo i fatti miei. Dev’essere successo qualcosa di serio, per cui... accomodati.”

“Ti ho sempre voluto bene, ma mai al punto tale da venire a guardarti come mamma ti ha fatto di proposito.”

“E per fortuna aggiungerei! Come va la vita tra gli economisti del futuro più prossimo?”

L’ex capitano della Nekoma si guardò attorno con l’aria di chi avrebbe voluto saltare a piè pari la risposta a quella domanda, perfettamente conscio di non essere ancora completamente convinto di aver scelto la facoltà più adatta a lui. L’unica – magra – consolazione proveniva di tanto in tanto da Bokuto e dal suo ignaro entusiasmo; difatti era il solo ad essere convinto che una laurea del genere gli avrebbe fatto guadagnare tantissimi soldi, nonostante avesse provato più volte a convincerlo a non accantonare in toto la sua carriera da pallavolista. Fortuna che il novantanove percento della sua immensa capacità persuasiva tendeva a riversarsi sul ‘povero’ Akaashi, lasciando possibilità di ampio respiro al resto del suo immenso universo.

“Si atteggiano a grandi tuttologi e sono convinti di far soldi puntando su assurdità imprenditoriali.”

“Tu, invece, mi sembri un po’ meno convinto...”

Un ragazzo ed una ragazza entrarono nel locale tenendosi per mano e sussurrandosi parole incomprensibili ma che lasciavano di continuo sorrisi sulle loro labbra rapite; se non si fossero trovati in un luogo pubblico e discretamente affollato si sarebbero certamente fatti meno remore per quel che concerneva la loro più naturale intimità. Lei portava capelli a caschetto di un biondo acceso, colore che inevitabilmente lo riportò con la mente all’anno precedente e – inutile negarlo – ad una persona in particolare. E giusto per restare in tema, si prese la briga di ordinare un’abbondante fetta di torta di mele, accortamente offerta da quello che doveva essere, per forza di cose, il suo compagno.
Erano così piacevoli da osservare ed invidiare che Kuroo per un attimo riuscì a distrarsi dallo sguardo indagatore di Kai.

“Dipende. A cosa ti stati riferendo?”

“Dimmelo tu. Siamo qui per questo, giusto?!”

“Veramente tu eri qui a farti i famosi fatti tuoi.”

“Fatti miei che ho messo da parte per poter parlare con te. Si può sapere perché tergiversi così tanto?”

Per un attimo immaginò Bokuto usare con estrema convinzione il termine ‘tergiversare’ per poi voltarsi in direzione di un sempre attento Akaashi allo scopo di chiedergli se lo avesse usato in maniera corretta e, senza alcun imbarazzo, quale fosse il suo reale significato. Quel sentimento di dipendenza reciproca e privo di alcun pregiudizio morale era sempre esistito tra quei due ed era qualcosa che avrebbe tanto voluto condividere a sua volta con Kenma.
A dire il vero, chi si divertiva più spesso a correggerlo e a smentirlo non era lui, bensì Tsukishima.
Ma era davvero necessario essere continuamente redarguiti? E se ‘qualcuno’ avesse deciso di non metterci becco proprio perché aveva sempre dato peso ed importanza alle parole per quello che erano senza incorrere nella ricerca di doppi sensi più o meno forzati?

“Kenma...”

“Immaginavo che potesse essere lui il centro dei tuoi pensieri in questo periodo. Sono passati eoni dall’ultima volta in cui mi hai parlato di Tsukishima con lo stesso entusiasmo di un tempo.


Dal tavolo della coppia felice arrivò una sonora risata. Il ragazzo stava mostrando alla sua fidanzata un video la cui colonna sonora sembrava provenire dal mondo del k-pop. A Kuroo pulsavano le orecchie solo a sentir nominare quel genere musicale che tanto impazzava tra i suoi coetanei senza un apparente motivo.

“Con lui ormai è acqua passata, per quanto ogni tanto mi capita di sentirlo ancora.”

Nabuyuki lo stava fissando trattenendo ogni tipo di commento gli balenasse per la testa in quel contesto. Aveva stabilito che non avrebbe forzato nulla, che sarebbe stato Tetsurou a decidere cosa rivelargli o meno rispetto a ciò che era successo in passato e quello che stava succedendo ancora con Kenma. Non che fosse un mistero per tutti coloro che erano transitati nell’universo Nekoma il fatto che Kuroo avesse palesemente trascurato il suo amico d’infanzia per quel ragazzone che non faceva altro che schivarlo e mostrare tedio ad ogni sua insistenza.
In cuor suo avrebbe voluto parlargli di tutte le volte in cui Kozume gli aveva chiesto di lui con gli occhi lucidi di malinconia dopo averlo visto scappare via al termine degli allenamenti. Avrebbe desiderato lasciargli intendere che non era possibile che non si fosse mai reso conto di quanto lo avesse messo da parte in quel periodo, per poi cercare di riavvicinarsi a lui come se nulla fosse accaduto, giusto perché si trovavano nel bel mezzo delle ultime settimane di liceo da poter trascorrere assieme.

“E Kenma-kun? Riesci a sentirlo?”

Domanda tagliente, diretta, dal velato duplice significato che Kuroo aveva colto al primo colpo. Se per il diretto interessato avevano funzionato le secchiate d’acqua gelida in pieno viso di Fukunaga, per lui le stilettate verbali di un sempre accorto Kai sorbivano lo stesso identico effetto.

“Più o meno sì. Mi rimprovera implicitamente di non concedergli troppo tempo.”

L’ex vicecapitano si strinse il mento tra il pollice e l’indice, onestamente sorpreso di quell’affondo di quel kōhai che col passare del tempo era diventato sempre più chiaro nonostante l’oscurità invalicabile del disagio che spesso avvertiva quando tentava di socializzare e di farsi comprendere dagli altri. Sapeva bene che Kuroo aveva usato l’avverbio ‘implicitamente’ per il semplice fatto che lo aveva mandato direttamente a quel paese. I loro battibecchi erano per lui – così come per Morisuke – talmente familiari che con l’inizio dell’era universitaria di tanto in tanto ne avvertiva quasi la mancanza.

“E tu pensi che abbia ragione?”

“... probabilmente... sì.”

“Ti ricordi dove abita, vero?”

Come potrei dimenticarmelo? Come potrei non ricordarmi del posto in cui ho passato la stragrande maggioranza dei miei pomeriggi dall’inizio delle scuole elementari fino a quando... fino a quando... oh, per gli dèi, che cazzo ho combinato? Perché... perché... sono stato tanto egoista e cieco da non rendermi conto di come si sarebbe sentito...
Se solo Kai avesse potuto  immaginare quante volte Tetsurou si fosse fatto prendere dall’impulso di mollare qualsiasi cosa stesse facendo in quel frangente per correre dal suo migliore amico per capire per quale maledettissimo motivo fosse tanto scostante nei suoi confronti, se solo avesse realizzato mesi prima quanto era diventato importante per chi, prima di incontrarlo, non aveva nemmeno il coraggio di uscire dalla porta di casa se non aggrappandosi disperatamente ad uno dei suoi genitori... se solo non si fosse lasciato trasportare in maniera eccessiva, quanto ridicola, da una cotta che non lo avrebbe mai portato da nessuna parte, se non nel baratro della disperazione per non essere stato accettato per quello che era...
Se solo fossi stato meno idiota in tutto e per tutto!

“Ho passato la mia infanzia e la mia adolescenza ad aspettare che finisse un livello piuttosto che l’altro all’interno della sua stanza, sono entrato a qualsiasi ora del giorno venendo accolto ogni volta come quel fratello che Kenma non ha mai avuto... vuoi che mi possa mai scordare di quella che è stata praticamente la mia casa e la mia famiglia?”

Nabuyuki aveva sentito parlare a quel modo il suo amico in un’unica altra occasione: dopo la sconfitta al torneo Nazionale contro la Karasuno, una volta che si era finalmente convinto del fatto che la sua carriera da capitano della Nekoma era ufficialmente conclusa. La voce rotta, le lacrime trattenute a stento agli angoli degli occhi oramai lucidi e arrossati, un dito a coprire le labbra tremanti; i ricordi che si susseguivano tra i suoi pensieri al pari di uno di quei rullini fotografici di vecchio stampo una volta che venivano riavvolti all’interno del circuito di una qualunque macchina fotografica.
Kenma era stato per Tetsurou quello che Tetsurou era sempre stato per Kenma, in una proporzione dai termini interscambiabili, ma dall’equivalenza ineccepibile. La differenza risiedeva semplicemente nel fatto che il più giovane c’era sempre stato, seppur immerso continuamente nel suo piccolo mondo virtuale; il maggiore – colui che avrebbe dovuto da sempre fornire il buon esempio e sostenere il più giovane nei momenti più difficili – aveva preso un’involontaria deviazione in direzione di una meta sconosciuta e in definitiva mai realmente raggiunta.

“Allora va’ da lui e parlagli! Mi rendo conto che non è semplice, ma chi lo conosce meglio di te? Gli hai parlato per una vita intera, gli hai aperto un mondo che in fin dei conti non gli dispiace, tanto che lo scorso anno ti ha addirittura ringraziato per questo. Hai sbagliato? Pazienza! Se ci tenete l’uno all’altro come io e te sappiamo ti perdonerà e riuscirete a chiarire.”

Hey, Kai. Sei proprio carino lo sai?!”

“Mah... ora mi trasformo in Fukunaga e ti tiro una secchiata di coca-cola in faccia!”

“Che spreco!”

I due si fissarono per qualche istante prima di scoppiare a ridere assieme, ignari di avere tutti gli sguardi di coloro che in quel momento sostavano all’interno del bistrot puntati addosso. Persino la ragazza dai capelli dorati aveva iniziato ad osservare il ‘gatto nero’ con aria sorniona, complice la sua innata abilità nel comprendere le emozioni e le necessità delle persone. Non a caso era iscritta al secondo anno della facoltà di Psicologia.
 
 
***
 

Il tragitto da Shibuya a Nerima non era particolarmente lungo, seppur piuttosto trafficato. Geograficamente erano separati a mala pena da una quindicina di chilometri, mentalmente erano distaccati da intere galassie equiparabili ad infiniti livelli da dover superare dopo aver sconfitto il nemico più arduo: la volontà di potersi finalmente parlare con il cuore in mano, senza remore e senza alcun timore di offendere o – nella peggiore delle ipotesi – ferire l’altro.
Kuroo si augurava solamente di non presentarsi davanti alla porta di casa sua in una di quelle rarissime serate in cui aveva deciso di uscire con Lev o con Akaashi, dato che non aveva alcuna intenzione di avvertirlo del suo arrivo. In caso contrario si sarebbe sicuramente fatto negare.
Kenma, quando ti ci metti sei peggio di una prima donna. 

Lasciò l’auto nel parcheggio posto ad un centinaio di metri dall’abitazione, per non dare nell’occhio. Avvicinandosi all’elegante villetta si rese immediatamente conto del fatto che i signori Kozume non erano in casa. Il garage era completamente spalancato e vuoto. Al contrario, al piano superiore spiccava una luce capace d’innescare un sorriso carico di gioia e sollievo a chi, un tempo, alzava lo sguardo dal ciglio della strada per capire se l’inquilino più giovane fosse ancora nel pieno delle sue battaglie virtuali senza porsi alcun limite temporale.

Suonare il campanello sarebbe stato un azzardo, senza contare che lo avrebbe distratto da chissà quale ingarbugliatissimo stratagemma da dover apprendere per incrementare punteggio ed energia all’interno di un game che di sicuro stava esplorando per la prima volta; la prima e sicuramente l’ultima.
Si tolse le scarpe lasciandole ordinatamente nel genkan, accanto ad un altro paio dal colore appariscente ma dal numero inferiore. Sorrise ripensando al momento in cui gliele aveva mostrate con orgoglio e desiderio di sentirsi dire che, una volta tanto, anche lui poteva mostrare buon gusto nei suoi personali acquisti. Cosa che, a dirla tutta, capitava molto di rado.
Salì le scale in punta di piedi, cercando di provocare meno rumore possibile. Una volta giunto ad un soffio dalla porta della sua stanza, si arrestò e si lasciò travolgere dal vociferare dei personaggi di quel Kindom Hearts di cui aveva tanto sentito parlare. Ma oltre i suoni emanati dalla tivù e dalla console, non riusciva a percepire nient’altro.
Tetsurou si palesò sull’uscio, scrutando un fagotto umano nascosto sotto il doppio strato di un plaid dalle fantasie feline. Riuscì ad intravedere solamente le mani perennemente in movimento per dar vita a quel joystick dal quale sembrava dipendere il suo intero universo, anche se così non era. Per fortuna.

“Kenma! Quante volte ti ho detto di non giocare con i video games prima di andare a letto? Troppa realtà virtuale non concilia il ciclo del sonno, lo sai.”

Il più giovane fece un balzo tale da ritrovarsi in piedi senza neanche comprendere appieno in che modo avesse potuto muovere le gambe e il busto. Il joystick finì sul pavimento, così come il plaid e i manga che aveva provato a leggere poco prima nel vano tentativo di liberare la mente dalle solite paure d’abbandono. Si voltò verso colui che gli aveva causato uno spavento talmente forte da provocargli una sottospecie di infarto, mostrandogli due occhi sbarrati al punto da poter essere paragonati a quelli del protagonista di un film horror nel momento esatto in cui si ritrovava faccia a faccia con lo spirito che infestava la casa o il castello di turno.

“Ku-Kuroo... cosa diavolo ci fai qui?”

“Passavo a controllare che le luci del quartiere fossero tutte spente. Questa era ancora accesa e così mi sono chiesto se fossi impegnato con qualche bella ragazza del posto...”

Kenma abbassò il viso e puntò lo sguardo alienato su uno dei tanti volumi di One Piece che giravano per casa. L’impulso iniziale fu quello di prenderlo e lanciarglielo direttamente in faccia per tutta una serie di motivi che non aveva mai avuto la forza di esplicitare ma che, in qualche modo, lo tormentavano da diversi mesi a quella parte. Poi pensò che recuperare l’intera serie non era stata impresa facile – soprattutto dal punto di vista economico – e decise quindi di desistere. Ma il cuscino era pur sempre a portata di mano.

Tetsurou se lo ritrovò in faccia ignorandone il motivo, pur non essendosi mai aspettato chissà quale calda accoglienza da parte del suo migliore amico. Lo prese al volo prima che potesse ricadere sul pavimento col rischio di macchiarsi, ma fu interrotto dal tono e dalla perentorietà delle poche parole del capitano della Nekoma.

“Va’ via!”

Sollevò un sopracciglio sperando che l’altro stesse solo scherzando, che si fosse innervosito per il semplice fatto di averlo spaventato e distratto dalla conduzione del suo passatempo preferito. Ma Tetsurou oramai aveva imparato a sue spese che sarebbe stato meglio per tutti evitare di definire la sua dipendenza dai videogiochi con quell’accezione non propriamente positiva.

“Perché dovrei?”

“Tornatene da dove sei venuto, tanto non hai più bisogno di me. Così come io non ho più bisogno di te.”

Quelle parole colpirono la sua sensibilità al pari di un caterpillar che non aveva alcuna intenzione di arrestarsi nonostante fossero presenti persone al centro della strada. Una violenza che lo schiaffeggiò nel profondo sino a ricordargli che se erano arrivati sino a quel punto, forse la responsabilità non era da attribuire solamente a lui. Avere a che fare con Kenma Kozume non era mai stata cosa semplice, nonostante fossero passati anni, nonostante fossero cresciuti assieme, al pari di due fratelli che non potevano più fare a meno l’uno dell’altro.
Ed è esattamente per questo che in quell’occasione si ritrovavano a odiarsi sino ad arrivare a comprendere di scoppiare d’amore reciproco.

Kuroo si avvicinò a lui afferrandogli entrambi i polsi, senza mai stringerli più del dovuto. In barba alle pretese e a un tentativo di morso sul braccio, lo sollevò sopra una spalla per poi scaraventarlo sul letto. Si accostò al suo viso adirato con l’intento di guardarlo dritto negli occhi, ma non ci riuscì. Una gomitata improvvisa, guidata perlopiù dalla rabbia impulsiva del momento, gli provocò un dolore tale da costringerlo ad accasciarsi ai piedi del letto per tamponare quel caldo rivolo rosso che stava cominciando a colare dalle sue narici. Non si sarebbe mai permesso di macchiare le lenzuola con ‘tracce’ tanto compromettenti.

“Ku-Kuroo... io...”

Kenma finalmente realizzò quanto grande fosse la collera che covava nei suoi confronti da quando lo aveva messo da parte per rincorrere i suoi obiettivi; comprese quanto fosse importante ciò che provava e aveva sempre provato per lui, nonostante le sua promesse lasciate in sospeso... e non sempre per sua totale responsabilità.

“Non di breoggubare. Ora si verma!”

S’inginocchiò di fronte a lui poggiando la fronte alla sua spalla, piangendo tutte le lacrime che aveva trattenuto con il mero intento di non apparire debole e indifeso, con la paura di non risultare ancor più pesante rispetto a come già veniva etichettato tra coloro che dicevano di conoscerlo ma che, in realtà, non sapeva davvero nulla sul suo conto. Tutti tranne lui, l’unico capace di percepire quanto fosse radicato il dolore che si portava nel petto sin da bambino.

“Mi-mi dispiace! Perdonami...”

“No, berdonami du.”
 
 

 
… You promise you swallow your tears when I leave you
You promise to follow the leads I would give you,
You said you would crawl in the dark from the laughter
You said you would long after me ever after... 










 
 
Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia mini-long! :)

Quest’anno per una serie di motivi personali non riesco a stare dietro al ritmo del #Writober, per cui ho deciso di virare su una mini-long #KuroKen che mi frullava in testa da un po’ di tempo. In totale sono previsti tre capitoli dai toni un po’ “accesi”, dato che i nostri due micetti hanno un po’ di cose lasciate in sospeso da dover assolutamente chiarire.

Secondo capitolo: Ancora più Angry Kenma!
Ragazzi, io ho sempre sostenuto che il più “malefico” tra i due fosse proprio il nostro gattino indifeso solo in apparenza. Ricordate che in alcune official art lo stesso Furudate lo ha rappresentato in atteggiamenti poco rassicuranti nei confronti dei poveri corvi di Sendai?! Ecco, adesso è il turno di Kuroo-san. Diciamo che quando si affeziona a qualcuno, Kenma deve dimostrarlo a modo suo.
Come vi avevo già accennato nell’Angolo dell’autrice del precedente capitolo, tutta la questione relativa al ‘KuroTsukki affair’ è marginale rispetto a quello che realmente intercorre tra questi due, specie se considerate il fatto che Kuroo ha rinunciato da tempo all’altissimo e biondissimo della Karasuno e che Kenma ha finalmente realizzato (da qui il titolo del capitolo) che per arrivare sino a quel punto ci ha messo a sua volta del suo – tra la necessità di dover fare un lavoro approfondito su sé stesso e la sua gelosia impellente – per far allontanare Tetsurou da sè.
E nel prossimo capitolo cosa succederà? Stay tuned! ;)

Il titolo riprende quello della canzone ‘Keep your heart broken’ dei The Rasmus. Al termine del capitolo ho riportato il bridge che precede il ritornello.
Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.

Grazie a tutti coloro che passeranno di qua! **

Al prossimo capitolo,

Mahlerlucia
 
 
 
 
   
 
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