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Autore: JennyPotter99    27/10/2020    1 recensioni
Sono qui, adesso.
Sto guardando le mie mani tremare e credo che quelle che scendono sulle mie guance siano lacrime.
In realtà non so perché sono dispiaciuta, lo conosco da neanche due mesi.
Eppure, mi dispiace, perché mi rendo conto che si è creato qualcosa di speciale.
Qualcosa che nemmeno lui si aspettava di trovare.
Lui è uno di loro ed io non posso farci niente.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Peter Rumancek, Roman Godfrey
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Fu verso l’ora di pranzo, quando feci la fila per prendere da mangiare alla mensa, che vidi entrare Roman insieme ad un’altra persona.
Si misero tutti a fissarli, dato che la ragazza accanto a lui era più alta di qualsiasi altra persona avessi mai visto.
Indossava degli stivali neri, un vestitino rosso con un coprispalle nero: il suo viso era coperto per metà da dei lunghi capelli lisci e scuri.
Vidi solo un occhietto marrone e uno sguardo spaventato.
Roman le prese il braccio e, con due vassoi, i due si sedettero ad un tavolo vuoto.
Stessa cosa facemmo io, Christina e Peter.
-Credo sia sua sorella Shelley.- intervenne Peter.
Non mi importava decisamente sapere perché fosse così strana: quando sei la migliore amica di un lupo mannaro, accetti qualsiasi stranezza.
Anche se la prima volta mi aveva fatto svenire, guardare Peter trasformarsi era un vero spettacolo.
Specialmente perché avevo una scusa per vederlo interamente nudo.
-Ho sentito il preside che parlava con loro…- continuò Christina, avvicinandosi col viso come se ci stesse per dire un segreto.- Frequentavano la scuola privata, ma poi lui è stato espulso.-
-Perché?- domandai, sorseggiando dal piccolo bricco di latte.
-Roman scopava con la preside.- sussurrò Christina.
Quasi non mi strozzai.
Peter alzò le sopracciglia, scoppiando a ridere.- Cosa?!-
-Giuro, l’ho sentito con queste mie orecchie.-
Mi pulii l’angolo con la bocca e dopo aver saputo questa cosa, non riuscivo più nemmeno a guardarlo.
***
Uscita da scuola, sapevo benissimo che sarei dovuta tornare a casa a piedi, come faceva Peter.
Le voci su Peter continuavano a girare e in più Christina aveva messo in giro la diceria che fosse un lupo mannaro.
Ma chi ci avrebbe mai creduto, tanto?
Io non le ascoltavo e nemmeno Peter.
-Ci vediamo domani.- mi disse sorridendomi.
Ogni volta che vedevo quello stupendo sorriso, mi rendevo sempre ridicola.
Non sarei mai riuscita a dirgli quando mi piacesse davvero.
Di fatti, andai addosso ad un paio di ragazzi che non avevo visto. -S-Sì, a domani.- balbettai, arrossendo come un’idiota.
Lui girò l’angolo, ma io rimasi a fissarlo fin che non scomparve tra le strade.
-Cosa stiamo guardando?-
Sobbalzai quando mi ritrovai le labbra di Roman praticamente sull’orecchio e mi scansai.- N-Niente!-
Quando mi voltai verso di lui, vidi la mia bici tra le sue manone, come nuova.
-Quando l’hai riparata?- gli domandai, sorpresa e confusa allo stesso tempo.
Lui ridacchiò.- Mica ce l’ho portata io.-
Mi sentii una sciocca a pensare che avesse fatto tutto da solo.- Ti basta schioccare le dita e spargere soldi, eh?-
-Tutti vogliono solo i miei soldi.- commentò, estraendo per l’appunto il portafoglio e porgendomi una banconota da venti.
Non volevo i suoi soldi, mi bastava che la bici fosse riparata per andarci al lavoro. -Non io.- replicai, scansando la sua mano.
Lui sembrava sorpreso, ma decise di non farlo trasparire.- Beh, lascia almeno che mi faccia perdonare in qualche modo: stasera io e mia cugina facciamo un giro al luna park, vieni con noi?-
Prima il suo autista mi investe, poi mi ripara la bici, mi offre dei soldi e infine mi invita ad andare al luna park.
Iniziai a chiedermi perché un tipo del genere fosse interessato a me.
-Ma non sai nemmeno come mi chiamo.- risposi con una smorfia divertita.
-Beh, tu non me lo hai detto.-
Alzai le spalle.- Beh, tu non me lo hai chiesto.-
-D’accordo, come ti chiami?-
Ero un po' riluttante a dirglielo.- Letitia Dimitri, ma puoi chiamarmi Lily.-
Mi prese la mano e ci lasciò sopra un bacio.- Molto piacere Lily. Mi faresti l’onore di venire al luna park con me?-
Assottigliai gli occhi, cercando di capire cosa volesse da me: magari portarmi al letto, stuprarmi, prendere tutti i miei soldi, ma no, che ci farebbe con i soldi, è già ricco.- E io cosa ci guadagno?-
Per fissarmi negli occhi lui doveva per forza abbassarsi leggermente per arrivare alla mia altezza. -Una serata divertente, un po' di zucchero filato e magari ti compro anche un pupazzo.-
In effetti, non era male: sempre meglio che stare a casa, ascoltare Destiny che faceva le sue sedute o stare a masturbarmi pensando a Peter. -Voglio quello grande.-
-Va bene, ci sto. Ci vediamo lì alle nove.-
La limousine si fermò in quel momento davanti a lui, come fosse in un film e quella fosse la sua uscita di scena.
Ridacchiai fra me e me mentre montai sulla bici e tornai a casa.
***
Dover uscire con un ragazzo ricco, mi fece riconsiderare tutto ciò che avevo dentro l’armadio: mi sembravano tutti straccetti da quattro soldi.
Uscendo dalla mia camera, notai che Destiny era occupata in soggiorno, così sgattaiolai nella sua stanza e aprii l’armadio.
Trovai una gonnellina sbarazzina nera niente male e un top abbinato.
Aveva talmente tanti vestiti che non se ne sarebbe nemmeno accorta.
Indossai i calzettoni pesanti, dato che iniziava a fare freddo e le scarpe da ginnastica.
Era già sera quando mi avviai al luna park con il fumo che mi fuoriusciva dalla bocca.
Faceva più freddo di quanto pensassi.
Attraversai il cancelletto e la prima cosa che notai era che il luna park era completamente vuoto.
C’era un silenzio inquietante, mischiato alla musica allegra delle giostre.
Per un attimo mi venne in mente che forse era tutto uno scherzo, che si fosse preso gioco di me.
Ma perché mi dispiace?
Nemmeno lo conosco.
-Bu!-
D’un tratto mi arrivò dalle spalle, facendomi saltare di nuovo.
Istintivamente lo spinsi via.- La smetti di spaventarmi?!-
-Non puoi farci niente, lui è fatto così.-
Apparve una ragazza della nostra stessa età, vestita bene, con gonna e calze bianche, insieme ad un cappotto grigio con la pelliccia.
L’avevo incrociata qualche volta per il corridoio, ma non ci avevo mai parlato.
-Lily, lei è mia cugina Letha.- ci presentò Roman.
Le strinsi la mano gentilmente.- Piacere.-
Anche Letha si guardò attorno stranita.- Ma dove sono tutti?-
Roman ci fece un ghigno soddisfatto.- Mia madre ha pagato per lasciarlo aperto solo per noi.-
Non ci potevo credere: aveva più potere di quanto mi immaginassi.
-Sei davvero un birbantello, Roman!- ridacchiò Letha, scappando verso il chiosco.
Fu in quel momento che notai Roman fissarle il sedere, ma feci finta di niente.
-Credevo che la tua famiglia avesse potere solo alla Torre Bianca.- commentai, passeggiando verso gli stand dove c’erano i pupazzi.
-Se volessi potrei avere tutta la città.- disse lui, prendendo una delle pistole e mirando verso il bersaglio.
Chiuse un occhio e colpì la prima lattina.
Fu grazie a quella frase che capii perché mi avesse invitato lì. -Non hai amici, vero?-
D’un tratto, il suo dito si mosse troppo in là e mancò la seconda lattina.
Sospirò e tirò la pistola sul tavolo.- Fanculo.- borbottò, prima di salirci sopra fino a prendere un grosso peluche d’orso. -Il tuo pupazzo.-
Il suo gesto fu la conferma alla mia domanda, ma probabilmente non voleva parlarne.
-Lo sai che è tua cugina, vero?- aggiunsi, portandomi l’orso al petto.
Lui si aggiustò i capelli, nervosamente.- Sei venuta qui solo per sparare giudizi o anche per divertirti?-
-Beh, ho solo notato che le hai guardato il culo.- osservai.
-E con ciò? I cugini sono sempre la prima cotta di qualcuno.- affermò, allargando le braccia.- Senti, ho ascoltato i commenti di tutti, tutti i giorni in quella fottuta scuola privata e non intendo ricominciare da capo. Quindi, se non ti dispiace, ora andrò a farmi un giro sulla tazza gigante, tu puoi venire con me, oppure ficcarti i tuoi giudizi in quella tua bella seconda di reggiseno e andare a farti fottere.-
Nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere senza prendere fiato.
Percepii tanta rabbia repressa nel suo sguardo e, mentre se ne andava, mi fece anche un po' pena.
Sapevo come ci si dovesse sentire essere senza amici.
Alle medie ero sempre quella strana, quella alla quale erano morti i genitori, che girava da sola per i corridoi.
Non sapevo che tipo fosse Roman, ma di sicuro aveva bisogno di persone alla quale voler bene e a me non dispiaceva.
Per di più, mi aveva affascinato quel suo discorso.
Spesso le persone non dicono mai quello che pensano dritto in faccia.
Lui non aveva paura.
Così, lo raggiunsi sopra la giostra che girava, nella grande tazza rosa, sedendomi davanti a lui col pupazzo.
Era ancora tutto rosso per la sfuriata e mi guardò.
-Ho una terza, comunque.- gli dissi.
Lui voleva fare finta di niente, ma scoppiò a ridere e io con lui.
-Ecco gli zuccheri filati!- esclamò Letha, distribuendone uno ciascuno.
Nello stesso momento, la giostra prese a girare in tondo.
-Allora Lily, che mi dici di te?- mi chiese Letha.
Presi un po' di spuma rosa prima di annoiarli sulla mia vita.- Oh beh, niente di che: la solita storia triste dell’orfanella che viene raccolta dalla strada per pietà.-
-I tuoi sono morti?-
-Sì, quando ero piccola: la casa è esplosa e io, beh…Ho perso tutto.-
Certe volte piangevo a ripensarci, ma non più di tanto: ricordavo davvero poco di loro.
-E come conosci Peter Rumancek?- intervenne Roman.
-Sua cugina Destiny mi ospita a casa sua e lui è il mio migliore amico.-
A quel punto, Letha mi diede un pizzicotto con un ghigno.- Non solo amico, da come ne parli.-
Sentii subito le guance andare in fiamme.- Da cosa si è capito?-
Roman mi scruta ancora.- Ti brillano gli occhi.-
Era buffo: Peter mi era piaciuto da sempre, però avevo già perso la verginità l’estate prima.
Io e Destiny eravamo andati al Gone Sis, un campeggio con villaggio e piscina.
Avevo conosciuto Sam, ma non era stato un gran che, in effetti.
Un giovane hippy migrante che se ne era andato pochi giorni dopo.
A 17 anni mi aspettavo solo di trovare la mia anima gemella, qualcuno che mi facesse andare letteralmente fuori di testa, come nei film.
-Beh, io mi tengo ancora la mia amata verginità e aspetto quello giusto.- aggiunse Letha.
Roman le diede dei pizzicotti sui fianchi, ridendo.- Ah, sei ancora vergine, cuginetta!-
Lei lo scansò.- Se lo dici a qualcuno, ti uccido.-
Nello stesso momento, fece una smorfia di dolore, portandosi la mano alla pancia.- Mh, credo di aver mangiato troppo zucchero.-
-Vuoi che ti accompagni a casa?-
-Oh no, chiamo mio padre, voi restate a divertirvi.- replicò, componendo il numero.
A metà della serata, perciò, Letha tornò a casa e io e Roman rimanemmo soli, finendo i nostri zuccheri filati.
Ad un certo punto, dagli altoparlanti si udì una melodia che riconobbi subito.
-Wow, adoro questa canzone: Lord Huron.-
-The night we met.- dicemmo insieme.
Non avevo mai conosciuto nessuno con i miei stessi gusti musicali: io ero una tipa all’antica, compravo un sacco di vinili e costavano anche poco.
Ad un certo punto, mi iniziai a chiedere chi avesse messo la canzone. -Un momento…Credevo che fossimo da soli.-
-No…Ci sono i fantasmi!- esclamò lui, ridendo e scappando via con il peluche.
Risi insieme e lo inseguii fino al parco giochi per bambini, dove c’erano lo scivolo e l’altalena.
-Perciò lei è la figlia del fratello di tuo padre?- gli chiesi e lui annuì subito.- Deve esser stato orribile quando tuo padre si è suicidato.-
-Un po'…Ho trovato io il corpo, avevo quattro anni. Di lui non ricordo niente: è mia madre che ha cresciuto me e mia sorella, quella stronza.-
Mi sedetti su un’altalena e mi venne da ridere.- C’è qualcuno che non odi?-
-Mia sorella: le voglio molto bene, farei qualsiasi cosa per lei.- rispose, iniziando a spingermi.
Da dove ero, alzai la testa e riuscii ad incrociare i suoi occhi. -E te stesso? Non ti vuoi bene?-
Ci mise un po' a rispondere.- Non ne ho bisogno.-
Lo guardai accigliata.- Tutti hanno bisogno d’amore.-
-Questa è una tiritera che si ripetono le ragazze diciassettenni come te che guardano fin troppi film romantici.-
Mi alzai dall’altalena per andargli in contro.- Che c’è di male nel sognare un po'?-
Lui si sfregò le mani per il freddo. -Che poi ti devi svegliare.- sussurrò, togliendomi una ciocca di capelli dalla guancia.
In quello stesso istante, si alzò un venticello fresco e iniziai a sentire uno strano odore.
-Che cos’è questa puzza?- borbottò lui, seguendo la scia.
L’odore portava vicino alla piccola casetta di plastica con la sabbia, dove andavano a giocare i bambini.
A quel punto, capii di aver calpestato qualcosa di molle e viscido.
Arricciai il naso, sperando di non aver sporcato le scarpe, mentre Roman stava dando un’ occhiata nella casetta.
Guardai in basso e…sangue.
Era meglio se avessi schiacciato la cacca di qualche cane.
Mi avvicinai per capire meglio cosa fosse…Era un osso umano.
Imprecai ad alta voce e inciampai fra l’erba, ma Roman fu preparato a prendermi.
-Devo chiamare il 911.- balbettò, più pallido in viso del solito, come se avesse visto qualcosa di orribile.
-P-Perché?-
-Devo farlo e basta, tu non entrare nella casa.- insistette, estraendo il telefono.
Cazzo, non puoi dirmi così, perché io ci vado lo stesso.
Roman si allontanò: non riuscivo a non guardare, ero troppo curiosa.
Lentamente mi avviai alla casetta di plastica e ciò che vidi mi fece strillare.
Era una ragazza con gli occhi spalancati e il corpo maciullato.
Perciò, io sotto le mie suole, avevo il suo sangue.
Di scatto, sentii la mano di Roman coprirmi gli occhi e il suo braccio cingermi la vita per allontanarmi di lì. -Te lo avevo detto di non guardare!-
Avevo il cuore a mille, era orribile.
Non era mai successa una cosa del genere ad Hemlock Grove.
La polizia arrivò circa quindici minuti dopo.
Non riuscivo a non pensare a tutte quelle viscere fuori dal suo corpo, il sangue, gli occhi spalancati.
Mentre lo sceriffo Sworn interrogò Roman, vidi arrivare la macchina di Lynda con Peter a bordo: l’unica persona che avrei voluto vedere in quel momento.
Scese dall’auto e mi corse in contro.- Lily, che è successo?!-
Ero talmente sotto shock che avevo completamente dimenticato di averlo chiamato.
-Non lo so…Eravamo qui e poi l’abbiamo trovata.- bofonchiai, passandomi le mani sugli occhi.
A quel punto, Peter e Roman si fulminano con lo sguardo: neanche si conoscevano, ma era come se si odiassero già.
-Che sei venuta a fare qui? Con lui? Di notte?- mi chiese Peter, aggrottando le sopracciglia.
Fu allora che iniziai a pensare davvero a quello che stessi facendo.
Mi trovavo in un posto buio, di sera, con un ragazzo che nemmeno conoscevo, con una brutta reputazione e una stupida gonnellina da troietta.
-Oh mio Dio…-
Poteva succedere chissà che cosa: il luna park, l’orso, lo zucchero filato, erano tutte cose con la quale potevi comprare benissimo anche un ragazzino; rapirlo, farci chissà cosa.
C’ero cascata come un’idiota.
-Ti porto a casa adesso, okay?-
Peter mi mise la sua giacca sulle spalle e mi accompagnò alla macchina.
Mi voltai un’ultima volta a guardare Roman.
I suoi occhi azzurri erano gelidi.
   
 
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