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Autore: Lacus Clyne    28/10/2020    2 recensioni
Una notte d'inverno. La città che non dorme mai.
Un'ombra oscura al di là della strada, qualcosa di rosso. Rosso il sangue della piccola Daisy.
Kate Hastings si ritrova suo malgrado testimone di un efferato omicidio.
E la sua vita cambia per sempre, nel momento in cui la sua strada incrocia quella di Alexander Graham, detective capo del V Dipartimento, che ha giurato di catturare il Mago a qualunque costo.
Fino a che punto l'essere umano può spingersi per ottenere ciò che vuole? Dove ha inizio il male?
Per Kate, una sola consapevolezza: "Quella notte maledetta in cui la mia vita cambiò per sempre, compresi finalmente cosa fare di essa. Per la piccola Daisy. Per chi resta. Per sopravvivere al dolore."
Attenzione: Dark Circus è una storia originale pubblicata esclusivamente su EFP. Qualunque sottrazione e ripubblicazione su piattaforme differenti (compresi siti a pagamento) NON è mai stata autorizzata dall'autrice medesima e si considera illegale e passibile di denuncia presso autorità competenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Circondata da luci e da suoni soffusi, aprii gli occhi.

Cos'era accaduto? Non riuscivo a ricordare chiaramente. Sentivo la testa pesante e muovermi, beh... anche quella sembrava essere un'impresa, come se la stanchezza che aveva pervaso il mio intero corpo fosse talmente intensa da non permettermi nemmeno di sollevare un dito. Eppure, tutto ciò che avevo intorno a me era familiare.

Nella penombra data dalla luce della luna che filtrava attraverso le cortine leggere, osservavo i dettagli di quella stanza che ormai avevo imparato a conoscere e in cui, soltanto poco qualche ora prima, avevo provato emozioni indelebili e troppo a lungo trattenute. Mi chiesi se stessi sognando. A volte, nei sogni si ha la sensazione di essere svegli. Li chiamano sogni lucidi. Ma se quello fosse un sogno lucido, non sapevo dirlo.

Feci appello alle mie forze per voltarmi verso il lato della finestra, consapevole della presenza familiare che avrei trovato al mio fianco. Provai un senso di tranquillità nel vedere Alexander profondamente addormentato accanto a me. Eccolo là, il leader del Dark Circus, capo del V Dipartimento, l'uomo che non dormiva mai, così beatamente abbandonato al sonno. Sempre dedicato al suo lavoro, ossessionato dall'idea di dover catturare l'assassino della sua bambina. Karolus Novak. Il Mago. Un mostro che già da molto tempo prima che entrassi in Polizia, aveva legato indissolubilmente insieme le nostre vite, rendendomi il caso zero, più di vent'anni prima. Aveva compiuto orribili omicidi sulla scorta di una follia nata dopo avermi incontrato, da piccola, e l'ultimo di quei crimini aveva finito col toccarmi direttamente. La morte di Trevor sarebbe qualcosa che non avrei mai davvero potuto superare e Alexander lo sapeva.

Poco a poco, riuscii a sollevare le dita e a lasciarle percorrere il profilo cesellato della sua guancia, per poi indugiare su quelle labbra morbide e leggermente aperte, ottenendo un mugugno in risposta. Sdraiato prono, sistemò meglio le braccia sotto ai cuscini, scoprendo tra le lenzuola nere il suo dorso muscoloso. Il suo tatuaggio era perfettamente visibile e lo accarezzai, percorrendone le forme ben inchiostrate. Avrei dovuto dirgli il significato che, per uno scherzo del destino, nascondevano quelle parole, accomunandole ancor di più al nostro nemico comune? No, non sarei mai stata capace di quella crudeltà. Non era giusto. Il suo sonno era finalmente pacifico. Lo vedevo da quell'espressione così rilassata, come se gli fosse stato concesso quel riposo che in quegli ultimi sette anni non aveva potuto avere. Quanto l'aveva agognato? Quanto, in tutto quel tempo, aveva visto e rivisto lo sguardo pieno di vita e dopo esser stato ad essa strappato, inerte, della sua piccolina? E quanto aveva combattuto contro un mondo che non lo comprendeva, al punto da distruggere tutte le sue relazioni e rinunciare a tutto pur di scovare quell'uomo? Eppure, desideravo tanto rivedere i suoi occhi. Era la prima cosa di lui ad avermi colpito, quella notte in Dipartimento. In quei mesi avevo imparato a leggerne le emozioni, anche quando le sue parole dicevano altro.

Ti prego, guardami... sono qui... la voce non mi usciva. Sentivo la gola secca e dolorante, come se fosse ostruita da qualcosa. Se non avessi potuto parlargli, non si sarebbe svegliato. Ma ciò avrebbe significato che avrei dovuto lasciarlo lì per sempre? Ormai, non riuscivo a pensare alla mia vita senza più vedere quegli occhi che tanto amavo. Feci per parlare ancora, ma mi resi conto che la ma voce era sovrastata da un suono metallico, troppo forte alle mie orecchie. Sentii il respiro farsi più corto e difficoltoso. Che succede?!

Vorresti davvero saperlo? Non sarebbe più semplice lasciarsi tutto alle spalle?

Mi voltai di colpo, ritrovandomi in piedi, nell'appartamento di Trevor. Tutto era esattamente come appariva nel video in cui mi chiedeva di sposarlo. E lui era lì, così come lo ricordavo, vestito allo stesso modo di quell'occasione. Camicia rossa a quadri e pantaloni color sabbia, come al nostro primo appuntamento. L'ultimo ricordo di lui da vivo.

Trevor?

La mia voce continuava a non uscire. Mi venne da piangere, ma nemmeno le lacrime volevano venir fuori. Trevor si avvicinò a me e mi sembrò improvvisamente così reale. Tu sei...

Mi rivolse un sorriso triste e poi mi prese la mano sinistra, il cui anulare nudo era il ricordo di quella promessa mai realizzata e, infine, infranta.

Mi dispiace tanto... non avrei potuto dirti di sì... e ciononostante, tu sei...

Morto? Morto per te, Kate?

Sgranai gli occhi, nel sentirlo stringere con forza la mia mano, quasi come volesse staccarla. Mi faceva male.

Già. Ho provato un dolore atroce anch'io. E tu non eri con me. Perché hai preferito un'altra persona.

Il cuore mi batteva all'impazzata, quasi volesse uscirmi dal petto. Mi chiesi se in quello stato sarebbe stato possibile. In fondo, per il Mago era stato semplice farlo letteralmente a pezzi.

Eppure, quel cuore, non sono riuscito a offrirtelo.

Sobbalzai, nell'udire quella voce terrificante alle mie spalle. Sentii il suo respiro dietro di me, mentre la mia mano era ancora stretta da quella di Trevor, in modo da impedire di muovermi.

Potresti farlo ora. Dopotutto, Kate non ne ha uno.

Singhiozzai, cercando di divincolarmi, ma quando sentii la presa delle mani del Mago attorno alle mie braccia, mi resi conto che non avrei mai potuto uscire viva da quella situazione. Guardai Trevor, il cui sguardo si era spento. Non aveva più nemmeno l'espressione sconvolta di quando lo trovammo, la notte in cui fu ucciso. Era soltanto un involucro vuoto.

Trevor... Trevor?!

Vedi cosa fai a coloro che ami, Katie? Dopotutto, quello che è accaduto a entrambi è soltanto colpa tua.

Piansi senza lacrime, sentendo il volto rovente, come fossi febbricitante.

Che cosa vuoi ancora da me? Non ti è bastato quello che hai fatto?

Percepii il suo sorriso e il suo volto scarnito apparve oltrepassando la mia spalla. Mi voltai altrove per non guardarlo.

Anche se fingi di non vedermi, non puoi scappare dalle tue responsabilità. Se avessi fatto le scelte giuste, le cose sarebbero andate diversamente.

Eppure, non c'era altra scelta. Tutti noi potevamo soltanto andare avanti.

Mi irrigidii nel sentire il tocco di quelle mani portare giù le maniche di chiffon dell'abito che indossavo la sera della festa presso la residenza Howell, in quella che sembrava un'oscurità senza fine.

Allora... se è così...

Se è così...

Il risolino di una bambina, delicato come un tintinnio, diradò d'improvviso le tenebre in cui ero sprofondata. Mi guardai intorno. Non c'era più il Mago, né Trevor era presente. Un parco giochi? Un luogo che non riuscivo a ricordare. Mi chiesi se ci fossi mai stata prima d'allora. Due bambine giocavano in lontananza. Una delle due aveva un peluche a forma di leone. L'altra aveva un cappottino rosso addosso. Entrambe portavano i codini. Mi avvicinai a loro, rendendomi conto di avere tra le braccia il mio Oz, a grandezza maggiore di quanto ricordassi. Ma la cosa che più mi fece strano era il fatto che avessi la loro altezza. Mi guardai le mani, vedendo non le mie mani di adulta, ma quelle di bimba. Le due piccole si voltarono verso di me. Entrambe, come me, avevano gli occhi chiari e i capelli castani.

Daisy... Lily... vi chiedo scusa...

Daisy si avvicinò a me e mi cinse con le piccole braccia. Quante volte Nicholas si era stretto a me, durante le notti in cui, spaventato, riviveva i suoi giorni alla Cruise Pharma? Quanto aveva desiderato che la sua mamma lo abbracciasse? Quanto quelle bambine avevano avuto paura mentre il Mago strappava loro la vita? Lasciai cadere Oz, ricambiando quella stretta e finalmente le lacrime presero a scorrere, copiose. Piangevo e piangevo e in ognuna di quelle lacrime versate, prendeva forma tutto il loro, il nostro dolore, la paura, il desiderio di essere strette ancora una volta dai nostri genitori. E quando finalmente ebbi dato fondo a tutto quel crogiolo di emozioni, guardai Lily. I suoi occhi erano dello stesso colore di quelli del peluche a forma di leone che teneva tra le braccia. Mi sorrise.

Mamma... papà... Lily... Poppo...

Che nome buffo... Lui è coraggioso, vero? Come il mio Oz...

Lily rivolse uno sguardo intenerito al suo peluche. Come il mio papà...

Già... lui è sempre stato coraggioso... il più coraggioso di tutti...

Le due bambine si guardarono e io mi voltai verso un punto lontano, che passo passo, diventò sempre più definito e chiaro. Una stanza d'ospedale. Ero tornata adulta e osservavo, impotente, la me stessa che giaceva in quel letto. La testa fasciata, le macchine che sembravano tenerla attaccata alla vita.

Quindi è questo quello che è accaduto?

Sentii la manina di Lily prendere la mia e mi ritrovai a guardarla nuovamente. Daisy non c'era più. Eravamo soltanto lei ed io. Lily indicò il mio letto e quando tornai a guardare, vidi Alexander, con le numerose ferite medicate, seduto accanto a me. Sembrava infinitamente triste, colpevole. I suoi occhi erano chiusi, ma vedevo chiaramente il brillio delle lacrime che li avevano imperlati.

Scossi la testa. Non volevo che piangesse per me. Aveva sofferto troppo nella sua vita.

Oh, Alexander...

Sapevo che non mi avrebbe sentito, ma il suono del suo nome era d'improvviso così vivo...

Lily mi accompagnò accanto a lui, poi lasciò la mia mano e si accoccolò accanto al suo papà. Quella scena provocò un sussulto al mio cuore, così forte da farmi male. Lily sorrise, mentre tutto intorno l'orizzonte vorticava e il mio corpo tornava ad essere pesante, cosciente... vivo.

Riaprii gli occhi e il respiro fluì in me come se fosse stato il primo.

Il suono delle macchine fece il resto e Alexander, che era ancora accanto a me, sgranò gli occhi in allarme. Quando ci incontrammo, quando vidi nuovamente quel blu profondo che amavo tanto, compresi di essere tornata finalmente alla vita.

Mi prese la mano tra le sue, portandola alle labbra, poi la baciò e tornò a guardarmi. Era stravolto, incredulo e, considerando il suo braccio dominante fasciato e il volto ammaccato, non doveva rasarsi da un po'. Mi rivolse il sorriso di chi aveva appena visto realizzarsi un miracolo.

– Kate... Kate!! –

La sua voce si ruppe in un singhiozzo, quando intervennero degli infermieri, seguiti, subito dopo, da un uomo canuto che identificai come il primario.

– Signor Graham, ci pensiamo noi. Torni nella sua stanza. – disse una delle infermiere, invitando Alexander ad alzarsi.

Potevo soltanto seguire con lo sguardo e non riuscii a stringere le sue mani. Ci guardammo ancora e lui annuì. – Torno più tardi. Bentornata. – disse, con voce dolce.

Avrei voluto dirgli di rimanere, ma non riuscivo ancora a parlare e battei soltanto gli occhi.

Quando fu andato via, accompagnato da uno degli infermieri intervenuti, fui estubata. Fu doloroso e fastidioso, tanto che mi venne da rimettere, ma dovevo avere lo stomaco vuoto. Poco a poco, i miei polmoni si riempirono d'aria e potei respirare decentemente. Agognavo l'aria, ma durò poco, perché il medico che era con loro, sul cui camice bianco faceva bella mostra il nome J. Norton, controllò i miei riflessi, prima con una luce puntata negli occhi, poi chiedendomi di muovere le estremità. Mi ci volle un po', ma poco a poco ci riuscii. Alla fine, preso un sospiro, si sedette di fronte a me.

– Dal momento che ha riconosciuto il detective Graham, immagino che ricordi bene chi è, vero, dottoressa Hastings? –

Annuii, provando a schiarire la gola, sebbene la voce mi uscì roca e bassa, tanto che temetti mi si fossero lesionate le corde vocali.

– Lei è il padre di Jace? Come sta? –

Mi riservò un'occhiata interessata, poi inarcò il sopracciglio folto. – Ah beh... se una botta in testa avrà fatto rinsavire Jackson o meno, lo sapremo tra qualche tempo. Magari deciderà di riprendere gli studi. –

Mi venne da ridere, ma avvertii un forte fastidio alla tempia e vi portai la mano sopra.

Il professor Norton mi guardò. – Sa che giorno è? –

– Siamo oltre il 12 luglio, vero? –

Il suo sguardo si accese – 15. È rimasta in coma per tre giorni. –

Sgranai gli occhi e ricambiai il suo sguardo. – Prego? –

– Al termine dello scontro con l'ormai fortunatamente defunto Karolus Novak, è stato esploso un colpo da parte di quella persona. Ringrazi la sua buona stella, perché se avesse colpito con qualche millimetro di precisione in più, non saremmo stati qui a parlarne. Nemmeno io avrei potuto far qualcosa. –

Quelle parole mi sconvolsero. Non mi ero resa conto di niente. Nè tantomeno riuscivo a ricordare con chiarezza cosa fosse accaduto.

– L'ultima cosa che ricordo è che il detective Wheeler apriva il portone del terrazzo su cui eravamo... –

Norton assentì. – Non si sforzi. La sola cosa che è importante è che è salva e che si rimetterà. –

Annuii. – Grazie... –

I suoi occhi si intenerirono, poi incrociò le braccia. Davvero non capivo perché Jace non avesse un buon rapporto con suo padre. – Sono io a doverlo dire... se mio figlio fosse rimasto per troppo tempo lì dov'era, avrebbe rischiato di morire dissanguato. E non ho ancora finito di spremere il suo cervello a dovere. –

I due infermieri presenti, che stavano monitorando la mia situazione e stavano prendendo appunti, ridacchiarono sotto i baffi. Io lo guardai in tralice.

– Sa che ha un QI di 115? –

Scossi la testa.

– Potrebbe arrivare in alto se solo lo volesse... e invece si perde in chiacchiere. –

In effetti, quando Jace era concentrato, dava il massimo, ma in questo il padre aveva ragione. Sorrisi. – Comunque sta lavorando anche su quello. Se non fosse stato per lui, non avremmo potuto scoprire l'identità del Mago. Ha preso il software del mio fidanzato e l'ha migliorato, riuscendo in ciò che in vent'anni nessuno era stato in grado di fare. –

– Già... –

Mi guardai le mani, ora posate in grembo. – Già... –

– Ah, a proposito di genitori e figli... riposi ora. Più tardi potrà incontrare i suoi genitori. Ho parlato con loro, erano molto in pena per lei. –

Annuii. – Grazie, professor Norton... –

Sorrise e mi posò una mano sulla spalla. – Bentornata tra noi, dottoressa Hastings. –

Sorrisi anch'io, prima di rimettermi a riposare nuovamente.


 ***


Mi ci volle qualche altra ora di sonno prima di poter incontrare i miei cari. Quando finalmente potei riabbracciarli, mi toccò consolare mia madre che continuava a darsi la colpa di tutte le mie disgrazie. Mio padre, invece, si rimproverava di non essere stato bravo a proteggermi. Però, alla fine, convenimmo tutti e tre sul fatto che quel mostro crudele non avrebbe più fatto del male a nessuno. Anche se lo ripetevo, era strano pensarci. Dopotutto, aveva finto la sua morte una volta. Se l'avesse voluto fare di nuovo? No, non doveva essere così. Alla fine, pattuii con i miei di tornare un po' a casa una volta dimessa, per la convalescenza. Mi resi conto, per la prima volta da tanto tempo, di desiderare un po' di tranquillità. In quei mesi avevo lavorato tantissimo, per una ragione o per un'altra. E le ultime settimane erano state così emotivamente fitte da avermi lasciato stravolta. Accarezzai le punte dei miei capelli, sperando che il colpo che avevo preso non mi lasciasse cicatrici. Avevo sempre nutrito una punta di vanità per la mia capigliatura.

Arrossii nel ricordare lo sguardo concentrato di Alexander mentre studiava il mio nuovo look, poco prima di portarmi nella sua stanza da letto. E subito dopo portai le dita al cuore, che batteva con tanta forza, al ricordo di cosa ne fosse seguito. E quando potei rivederlo, l'indomani mattina, non più in pigiama, ma vestito e pronto per le dimissioni, fu come se mi sentissi a casa.

– Come stai? – mi domandò, sedendosi accanto a me. Il braccio destro era ancora fasciato e tagli ed ammaccature erano ancora lì, sebbene medicati a dovere. Aveva rischiato davvero la vita durante quello scontro.

– Sospesa... – risposi. – E tu? –

Inarcò le sopracciglia, poi sospirò. – Più tranquillo ora. –

– Hai avuto paura? –

– Ho sempre avuto paura. Solo che sono stato bravo a dissimularla. –

Annuii e gli presi la mano libera. – Anch'io ho avuto paura... –

Intrecciò le sue dita alle mie. – Mi dispiace davvero, Kate... non sono riuscito a risparmiarti tutto questo... se sei in queste condizioni, la colpa è solo mia. –

Eccolo lì, a farsi carico delle scelte di tutti. – Quando... quando ho visto che stava per strangolarti... ho pensato di non volerti perdere... e ho afferrato una siringa... non so di preciso cosa sarei riuscita a fare, ma se fosse servito a fermarlo, allora... –

Sgranò gli occhi per un istante, sorpreso, poi scosse la testa. – No. C'era una cosa su cui Novak non sbagliava. Ovvero che tu saresti stata troppo retta per diventare mia complice. Ti saresti fermata, Kate. Ti sei fermata. E non per la paura. Quella c'era di certo, ma in quei momenti, in genere è lo spirito di sopravvivenza a prevalere. E... nei casi migliori, la razionalità. Tu sei stata la razionalità. Non hai perso la lucidità ed è stato grazie a te se sono riuscito a non soccombere. –

Gli strinsi la mano. – Alexander... –

Sorrise. – Abbiamo sconfitto il Mago insieme. Come volevi. –

– Lui non c'è più? Davvero? –

Annuì. – Maximilian ha fatto il resto. Odio doverlo ammettere, ma ci ha salvato la vita. –

– Capisco... –

– Adesso però, devi rimetterti. Ho proibito alla combriccola di venirti a rompere le scatole in ospedale, ma non credo riuscirò a tenere a bada Nicholas ancora per molto... –

Mi venne da ridere, poi lo guardai. – E ora... cosa accade? –

Sorpreso dalla mia domanda, si fermò a pensarci su. Era la prima volta che lo vedevo così sereno, dopo tanto tempo. La morte di Novak significava un nuovo inizio per lui, per tutti noi. E il fatto che fosse avvenuta in un modo che aveva significato una chiusura, a differenza di quanto avevamo creduto solo pochi giorni prima, era molto importante. Ora, potevamo davvero ricominciare.

– Facciamo quello che ci riesce meglio? –

– Eh? –

– Anche se... – arricciò le labbra. – Credo che a entrambi ci vorrà un po'. –

Nel notare la sua espressione sottintendente, decisi di non stare al suo gioco. – Guarda un po', intendevo catturare assassini psicopatici. –

Alexander inarcò il sopracciglio. – Anch'io. –

Quel commento mi sorprese per la verecondia con cui fu pronunciato e io arrossii, colpita e affondata. – Tu... –

Si mise a ridere. Una risata profonda e libera. – Niente... non c'è verso che impari il bluff, eh, Hastings? –

– Siamo tornati al cognome? – domandai, di sottecchi.

Per tutta risposta, si sporse a baciarmi. Dopo un attimo di sorpresa, mi lasciai andare a un bacio tanto desiderato, lungo, lento e piacevole. L'ultima volta avevo seriamente temuto che non ce ne sarebbe stato un altro, tanto era focalizzato sul suo obiettivo ma, in quel momento, valeva tutta l'agonia provata. Sollievo, desiderio, rinascita, tutto insieme. Quando ci separammo, mi sentii quasi incompleta. Le mie labbra erano calde e pulsanti e le sue un invito a continuare. Ma, a dispetto di quanto avesse cercato di darmi a bere precedentemente, sapevamo benissimo entrambi che avremmo dovuto attendere di esserci ristabiliti. Quel bacio doveva bastarci, con la promessa di ciò che sarebbe accaduto. Incontrai i suoi occhi. – È finita davvero? –

Annuì. – Non ci farà più del male. Mai più. –

Toccò a me annuire a quelle parole. Eravamo liberi da quell'incubo, finalmente.

Alexander fece per scostarsi, quando sentimmo bussare. Alzò gli occhi al cielo, poi ci voltammo tutti e due verso la porta. Quando vedemmo Elizabeth, entrambi rimanemmo perplessi.

– Disturbo? – domandò.

– No. Stavo per andar via. – spiegò Alexander, alzandosi.

– Ben trovata. – dissi io.

– Bentornata tra noi. Come stai, Kate? – mi chiese.

– Bene. Mi ci vorrà ancora un po' per riprendermi, ma sono forte. – risposi, novella Braccio di Ferro.

Elizabeth sorrise, suscitando la curiosità del suo ex marito. – Come mai qui a quest'ora? –

– Niente di che... una visita. E sono passata a salutare Kate. Non mi aspettavo di trovarti qui, però. Non dovevi essere dimesso ieri? –

Alexander agitò la mano a mezz'aria. – Avevo bisogno di riposare un altro po' e a casa non avrei avuto pace. –

Quel commento mi fece scambiare un'occhiata di comprensione con Elizabeth, che sospirò come a non poterci far nulla. Quel lato di lui non sarebbe mai cambiato. – Va bene, fingerò di essermela bevuta. Vi lascio. Volevo soltanto salutarti, Kate. E dirti... dire a entrambi... che vi ringrazio. Avete posto fine a un incubo. –

Nonostante stesse sorridendo, il suo sguardo era ben diverso da quello di Alexander e questo dettaglio non gli sfuggì. C'era una nota di tristezza in quegli occhi azzurri, che apparve ancora con più intensità quando la raggiunse.

– Liz? –

Era la prima volta in tutti quei mesi che lo sentivo rivolgersi alla sua ex moglie con un diminutivo. E a giudicare dal fatto che Elizabeth ne sembrò turbata, immaginai che non fosse facile sentirsi chiamare così. Mi chiesi se la morte di Novak avrebbe fatto sì che le ferite tra loro si risanassero definitivamente. Fu allora, nel vederli insieme, che provai una sensazione strana, come se stessi cercando di ricordare qualcosa che, nonostante i miei tentativi, non riuscivo a riportare alla mente. Solo un nome buffo. Qualcosa come Pop o Pops...

– … Poppo? – domandai tra me e me, a voce evidentemente troppo alta per essere solo un pensiero, perché entrambi si voltarono a guardarmi con aria sconvolta.

– Come hai detto? – mi domandò Alexander.

Sorrisi imbarazzata. – Scusate, devo aver pensato ad alta voce... non sarebbe meglio se andaste a parlare fuori? Mi sa che sarebbe il caso che riposassi un po'... –

– Hai detto... Poppo? – domandò di rimando Elizabeth, glissando sulla mia richiesta.

– S-Sì... ma non so perché l'ho detto... devo essere un po' stanca.. o il mio cervello non lavora ancora bene come dovrebbe... –

Elizabeth portò le mani alla bocca, soffocando un singhiozzo.

– Che succede? – domandai.

Alexander mi rivolse un'occhiata incerta, poi guardò Elizabeth, che si appoggiò alla porta.

– Le avevi detto di Poppo? –

– No, non ho mai... come fai a conoscere quel nome, Kate? –

– Non lo so... mi è venuto in mente così... perché? –

– Era il nome del peluche preferito di Lily... diceva sempre che avrebbe chiamato così anche il suo fratellino. Ma... – tornò a guardare Elizabeth. – Non è mai stato così... e... –

Sgranai gli occhi, mentre la donna, incredula, scoppiò a piangere. Alexander e io ci guardammo preoccupati. Un pensiero, in quell'istante, cominciò a prendere forma in mente. Alla festa degli Howell non aveva toccato alcolici né crudi d'alcun tipo, nonostante fossero decisamente deliziosi e aveva glissato sulle danze. E ora, una visita.

– Elizabeth... per caso è incinta? – domandai, ricevendo in risposta un'espressione sconvolta da parte di entrambi. Alexander si voltò verso di lei, che dubbiosa e addolorata, annuì.

– Oh... –

– Scusate... scusatemi davvero, io... – si rivolse ad Alexander, che sospirò.

– Maximilian non lo sa, vero? –

La donna scosse la testa. – È solo che... non so se... se voglio questo bambino... –

Ascoltai quelle parole sgomenta, ma la reazione che ebbero su Alexander fu ancora più dura.

– Stai scherzando? – fece eco, con un tono che non ammetteva repliche.

Elizabeth alzò nuovamente lo sguardo verso di lui, colpevole. – Lily è morta... io non... se dovesse accadere nuovamente qualcosa... io non voglio più soffrire così tanto! Non ho saputo proteggere nostra figlia, Alexander! Non posso pensare di perdere un altro figlio... –

Portai la mano al cuore, pensando che, in un certo senso, avrei potuto capirla. Non potevo biasimarla, perché anche lei, come chiunque fosse coinvolto in questa storia, aveva perso un'importante parte di sé e il pensiero che potesse accadere di nuovo era insopportabile. Sentii una fitta al cuore, perchè anch'io, in un certo senso, continuavo ad avere quella paura. Guardai Alexander, che solo dopo averla lasciata sfogare, si decise a parlare.

– Tu sarai una madre straordinaria. Lo so perché con Lily lo sei stata. Anche in quei momenti. Sei terrorizzata e lo capisco. Ma l'assassino della nostra bambina è morto ed è stato Maximilian a porre fine alla sua vita. Lui ha mantenuto quella promessa che io non sono riuscito a mantenere. E... e so che continuerà a farlo. Per questo, anche se hai paura, ricordati che non sei sola. Questo bambino è un nuovo inizio. Per te, per lui. E se Lily fosse stata qui, avrebbe fatto i salti di gioia per quel fratellino che desiderava tanto. Se non vuoi farlo per voi, fallo per lei. Nostra figlia è con noi e lo sarà sempre. E poi... avrai Poppo. – sorrise nel pronunciare quell'ultima frase.

Elizabeth lo guardò come se stentasse a credere a quello che aveva appena sentito. In effetti, anche a me suonava strano sentirlo parlare in quel modo, ma aveva ragione.

– Coraggio, Elizabeth! Non si arrenda. E poi, credo che anche a Nicholas farà piacere avere un nuovo amico... quando sarà tempo, certo... –

Entrambi si voltarono verso di me e Alexander inarcò le sopracciglia, rivolgendo alla ex moglie uno sguardo rassegnato. – Comunque... alla fine, devi prendere tu la decisione finale, ma almeno, non tenere Maximilian all'oscuro. Sappiamo fin troppo bene a cos'hanno portato tanti segreti tra noi tre. –

Compatii Elizabeth, che, dopo aver incassato quelle parole dure, ma certamente d'effetto, cercò di calmarsi. Solo dopo aver preso fiato, si ricompose.

– Mi dispiace tanto... non era davvero mia intenzione avere questa reazione... –

– Ormoni... – suggerii, sorridendo.

– Ormoni. Anche con Lily è stato così. Giorni in cui mi avrebbe portato in cima al K2, giorni in cui mi avrebbe buttato giù da lì e giorni in cui si sarebbe pentita amaramente di non averlo fatto prima. Non so come ho fatto a sopravvivere. – disse Alexander, con un tono beffardo che fece arrossire la donna.

– Sei sempre il solito deficiente. –

– Te la concedo solo perché ho rispetto della tua condizione. Di quanto sei? –

– Cinque settimane... –

– Però lo sospettava, vero? Per questo non ha toccato niente dagli Howell... – aggiunsi.

Elizabeth assentì. – Ho avuto conferma oggi. Non volevo affidarmi solo ai test. –

– Capisco... –

– Comunque, assicurati di avere un defibrillatore a portata di mano quando lo dirai a Maximilian. Non vorrei gli venisse un infarto per le troppe emozioni. –

Finalmente, sul volto di Elizabeth tornò un accennato sorriso. – Vedrò cosa posso fare... grazie... davvero... –

Sia Alexander che io ci rivolgemmo uno sguardo complice.

Quando fui rimasta sola, guardai verso la finestra della mia stanza, da cui sarei stata dimessa soltanto la settimana seguente. Una nuova vita... era davvero un bel modo per ricominciare.

Durante quei giorni mi sforzai più volte di cercare di ricordare perchè, all'improvviso, avessi tirato fuori quel nome di cui non conoscevo l'origine, ma avvertivo una sensazione di pace al pensiero che chissà, forse Lily era davvero presente accanto ai suoi genitori. Almeno, era quello che speravo.

E, a proposito di presenze, nonostante le visite degli amici fossero proibite almeno nei primi giorni, avevo ricevuto tanti di quei fiori, messaggi e dolcetti che non ebbi tempo di sentirne la mancanza. Un regalo in prestito, in particolare, mi riempì il cuore di gioia e non mi fece vedere l'ora di uscire per riabbracciarne il proprietario. Oz era con me e con lui, era come se Nicholas mi fosse accanto.





**********************

Buonasera a tutti!

Aggiorno ora con la terza parte del capitolo: mea culpa, anche questo è più lungo di quanto pensassi... ci sarà anche una quarta parte prima dell'epilogo. Probabilmente, terza e quarta parte sono state tra le più difficili sa scrivere e spero che questa, intanto, sia riuscita bene. Mi ha molto colpito emotivamente, perché ci tenevo tanto a inserire anche, in qualche modo, la piccola Lily. Mi piace pensare che lei sia sempre accanto ai suoi genitori, solo in un'altra forma. L'idea che fosse lei a riportare Kate da Alexander è sempre stata con me, sin dall'inizio. Dopotutto, per qualche ragione, è stata lei a unire le loro strade. Quindi, ci tenevo a farla apparire, almeno una volta, anche se così. 

Fatemi sapere che ne pensate! 

Grazie come sempre per il supporto e alla prossima!

  
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