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Autore: Signorina Granger    28/10/2020    6 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
In un mondo dove il Ministro della Magia detiene un potere quasi assoluto e la sua carica è ereditaria, i Cavendish e i Saint-Clair, La Rosa Bianca e La Rosa Rossa, rappresentano le famiglie più potenti della società magica e per questo sono in competizione e conflitto quasi perenne. La faida durata secoli raggiunge uno stallo solo quando, nel 1865, George Cavendish, futuro Ministro, sposa una Saint-Clair, ma i conflitti si riaccendono pochi decenni dopo, quando nel 1900 egli disereda il suo unico figlio per motivi sconosciuti e nomina suo erede Rodulphus Saint-Clair, scatenando le ire della famiglia.
Dieci anni dopo Rodulphus viene rinvenuto morto per un apparente - ma inscenato - suicidio. La sua famiglia punta il dito contro i Cavendish: la guerra delle due rose è aperta.
Genere: Introspettivo, Noir, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Capitolo 7
 
“Tua zia è sicura di quello che fa? Non sono del tutto sicura che sia una buona idea…”
Astrid aggrottò la fronte mentre, appoggiata allo stipite della porta aperta, osservava il biglietto che le era appena stato recapitato dall’inconfondibile gufo reale di Gwendoline Cavendish, biglietto che invitava i Signori Theseus e Astrid Saint-Clair e figli al compleanno della suddetta strega.
 
“Mia zia sa sempre quello che sa e di solito ho piena fiducia nelle sue decisioni… anche se convengo con te e ammetto che questa volta sono un po’ dubbioso.”
“Pensi che non dovremmo andare?”
La strega inarcò un sopracciglio mentre sollevava lo sguardo sul marito, seduto dietro la sua scrivania, guardandolo scuotere il capo con decisione:
“Sia mai, vale lo stesso del funerale di George: non farò a meno di essere presente ad un evento importante per mia zia solo per non farmi vedere dai Cavendish. Io non me ne sto in un angolo con la coda tra le gambe, e sono certo che Amethyst sarà del mio stesso avviso.”
 
Astrid avrebbe voluto suggerire al marito che ogni tanto sarebbe stato saggio mettere l’orgoglio da parte, ma sapendo quanto l’uomo che aveva sposato fosse testardo decise di lasciar perdere in partenza, limitandosi ad alzare gli occhi al cielo prima di asserire che l’avrebbe lasciato lavorare in pace e chiudersi la porta dello studio alle spalle.
Teneva ancora l’elegante biglietto color avorio, scritto con la stretta ma altrettanto chiara grafia di Gwendoline, in mano quando la familiare voce della figlia, carica di curiosità, giunse dalle scale sopra di lei:
 
“Ci hanno invitati da qualche parte?”
“Sì… come ben sai la prossima settimana è il compleanno di zia Gwendoline. Ha deciso di invitarci tuti da lei, sabato prossimo. Dì a tuo fratello di tenersi libero.”
“Oh, e ci andiamo anche in queste… emh… circostanze?”
 
“Così ha deciso tuo padre. Vieni tesoro, andiamo a decidere cosa indosserai, così facciamo lavare il vestito per sabato.”
 
 
*
 
 
Una settimana dopo
 
 
Caroline, seduta alla toeletta, si stava passando delicatamente il piumino sul viso, cospargendoselo di cipria mentre, in corridoio, sua madre informava con grazia suo padre che se l’avrebbe fatta sfigurare arrivando in ritardo avrebbe dormito gli avrebbe incenerito tutti i sigari.
 
“Come sto?”
Sentendo la ben più gradevole – e pacata – voce del fratello minore Caroline si voltò, abbozzando un sorriso alla vista del mago in smoking fermo sulla soglia della sua stanza:
“Benissimo, secondo il mio umile parere, anche se non penso che nostra madre sarebbe d’accordo. Perché non hai la livrea?”
“Temo di averle perse tutte. Non guardarmi così, capita!”
Caroline sorrise, divertita, e appoggiò la cipria sul tavolino per mettersi il profumo mentre sua madre, borbottando qualcosa contro l’inutilità del marito, entrava nella stanza a passo di marcia:
 
“I miei bellissimi figli sono pronti, almeno? EZRA, cosa ti sei messo? Dov’è la tua livrea?”
“Non è così terribile mamma, queste convenzioni sono sempre più inutili…”
“Sai chi si mette lo smoking, caro? I camerieri, ecco chi. E non cercare scuse, Appellala se necessario, ma mettiti una livrea.”
 
Ezra avrebbe voluto obbiettare, ma il tono della madre fu così fermo da suggerirgli di non provarci nemmeno, costringendolo a sospirare prima di tornare in camera propria per cambiarsi mentre la donna, soddisfatta, si avvicinava alla figlia.
“Faccio io cara.”
La strega prese delicatamente la collana di perle dalle mani della ragazza, allacciandogliela al posto suo mentre Caroline osservava pensierosa la propria immagine riflessa nello specchio ovale.
 
“A cosa stai pensando?”
“A quanto sarà strano vedere Riocard.”
“Te l’ho già detto, Caroline. Tu non lo sposerai.”
Penelope mise una mano guantata sulla spalla della figlia, e Caroline annuì mentre si voltava verso di lei: la donna le sorrise e l’aiutò ad alzarsi, porgendole i guanti di seta rosa antico prima di darle un bacio sulla guancia, promettendole che non avrebbe permesso a suo padre di decidere per lei per nulla al mondo.
 
*
 
 
“Nonna, perché devo farlo anche io…”
Clio sbuffò piano mentre, in piedi accanto alla nonna paterna, accoglieva gli ospiti cercando di simulare con altrettanta bravura i sorrisi di cortesia e i convenevoli mentre i poveri Elfi venivano riempiti dei regali di compleanno per l’anziana padrona di casa.
“Oh, grazie, ma non dovevate! Perché sei la mia adorata e unica nipote, tesoro.”
Gwendoline sorrise amabilmente mentre un pacco di dimensioni abnormi veniva lasciato in custodia ad uno elfo, e Clio rivolse un’occhiata di sbieco alla nonna prima di mormorare di non comprendere il perché di quelle frasi di rito quando tutti sapevano quanto la padrona di casa apprezzasse i regali.
“Si chiama fare falsa modestia, tesoro, credimi è un’arte molto utile da imparare… Oh, buonasera. Grazie per essere venuti.”
“Non saremmo mai mancati. Buonasera Clio.”
Penelope si sporse verso Gwendoline per darle un bacio su una guancia, sorridendo alla nipote prima di allontanarsi mentre la padrona di casa si rivolgeva a Clio e ad Ezra – che teneva la sorella a braccetto e indossava la livrea dopo le minacce della madre – con un caldo sorriso:
 
“Siete uno spettacolo per gli occhi. Clio, ora che sono arrivati i tuoi cugini ti libero dai tuoi obblighi, tieni pure compagnia a Caroline.”
“Oh, grazie nonna!”
 
Clio sorrise allegra e prese subito a braccetto la cugina, asserendo che fosse splendida come sempre e chiedendole di cercare i suoi fratelli che, come sempre, si erano dileguati alla velocità di una scopa da Quidditch quando la nonna aveva parlato di “accogliere gli ospiti”. Ezra si allontanò con un borbottio, asserendo di aver bisogno di bere qualcosa, e Caroline fu lieta più che mai di poter contare sulla compagnia della cugina: era certa che, da sola, non avrebbe retto il peso di tutti quegli sguardi su di sé.
 
*
 
Caroline aprì la portafinestra e respirò l’aria fredda a pieni polmoni, sospirando di sollievo. Aveva appena accostato la finestra alle sue spalle, lieta di allontanarsi brevemente dal rumore, quando una profonda voce maschile la fece sobbalzare:
 
“A quanto pare non sono l’unico ad aver avuto quest’idea.”
Caroline sollevò la testa di scatto e si ritrovò a guardare Riocard Saint-Clair seduto sulla ringhiera di pietra, le gambe che penzolavano nel vuoto, con un sigaro tra le labbra.
“Ah, è lei… mi ha fatto prendere un colpo.”
“Scusi, non era mia intenzione.”
 
Riocard si voltò, tornando a guardare con vago interesse Londra e le sue luci mentre la ragazza gli si avvicinava piano e quasi timidamente, le braccia strette al petto.
“Come mai è qui tutto solo?”
“Per lo stesso motivo per cui lei si trova qui. Mi dispiace di averle rovinato i piani con la mia presenza.”
 
Caroline abbozzò un sorriso, mormorando che non aveva importanza mentre il ragazzo si voltava nuovamente verso di lei, inarcando un sopracciglio:
“Perché suo padre vuole che la sposi? Odiava mio padre. Odia la mia famiglia in generale, e sono certo che a lei i pretendenti non mancano.”
“Non ne ho idea. Non conosco molto bene mio padre, se devo essere onesta. Agisce sempre per i suoi interessi e per avere un tornaconto, che in questo caso sarebbe poter mettere le mani su questa casa e ciò che contiene, immagino.”
“Mia zia dice che se la sposassi mi troverei in pericolo. Onestamente, pensa che suo padre sarebbe disposto a fare del male a qualcuno, per i suoi suddetti interessi?”
Caroline esitò, destabilizzata da quella domanda e dallo sguardo penetrante del ragazzo, che non la mollava neanche per un attimo.
“Io…”
 
Onestamente, Caroline non era certa della risposta. Ma si ritrovò a pensare, quasi con orrore, che non era certa di poter negare. Fu questo, forse a destabilizzarla maggiormente.
 
“Non lo so.”
Il sussurro della ragazza, che abbassò lo sguardo stringendosi le braccia al petto, destò un sorriso tetro sulle labbra del ragazzo, che annuì come se avesse acquisito una certezza:
“Direi che questo mi basta. Mi ha già risposto, Signorina Cavendish. Scusi se l’ho disturbata, dovrebbe tornare dai tanti ammiratori che di certo avrà.”
“Pensa che mio padre o mio zio abbiano ucciso il suo?”
“Sì, è quello che penso. E anche se nutro ben poca simpatia per suo fratello o i suoi cugini, lei mi sembra una creatura indifesa capitata nel posto sbagliato.”
“Mio fratello e i miei cugini sono brave persone. Non posso garantire per mio padre, ma per loro sì. So che vi detestate per questa… per questa stupida faida, ma sono brave persone come sono certa lo sia anche lei.”
Questa volta Caroline parlò con fermezza, a testa alta e gli occhi azzurri fissi sul ragazzo, sicura di quello che diceva, e Riocard non poté fare a meno di sorridere mentre si girava, rimettendo le gambe all’interno della terrazza prima di alzarsi e spolverarsi la giacca:
 
“Non metto in dubbio che la pensi così. Purtroppo però pensiamo sempre il meglio delle persone che amiamo. Buona serata.”
 
Caroline non si mosse mentre Riocard la superava, uscendo dalla terrazza per tornare nel salone.
Neit, che stava parlando con alcuni dei suoi superiori, lo vide rientrare nella sala e scorse, attraverso la finestra, la figura di Caroline grazie al vestito rosa chiaro della cugina, difficile da confondere in mezzo all’oscurità.
Senza rifletterci troppo il ragazzo si congedò rapidamente, attraversando la sala per raggiungere la finestra e Caroline, in piedi davanti alla ringhiera e le braccia strette al petto, apparentemente incurante del freddo.
 
“Carol, cosa ci fai qui, sei impazzita? Vieni dentro.”
Neit si avvicinò alla cugina, le mise una mano sulla spalla e l’altra sul gomito e la guardò alzare lo sguardo su di lui prima di mormorare di avere molti pensieri per la testa.
Sentendo quelle parole il ragazzo s’irrigidì, aggrottando la fronte:
“Saint-Clair ti ha dato fastidio?”
“Cosa? No, casomai il contrario. Penso che sia intenzionato a sposarmi meno di quanto io sia intenzionata a sposare lui.”
“Beh, lui avrebbe solo da guadagnarci. Questa casa… e sposato con te.”
 
“Pensi che sarebbe fortunato a sposarmi?”
“Sì, insomma, sei… di buona famiglia, e molto ricca. E indubbiamente fisicamente piacente.”
 
“Sono solo ricca e carina per te, Neit?”
Caroline spalancò gli occhi, mortificata, e le sue labbra quasi si piegarono all’ingiù per la delusione mentre il cugino, maledicendosi mentalmente, scuoteva la testa e la conduceva a forza verso la finestra per tornare dentro casa:
 
“No, certo che no. Dico dal suo punto di vista. Forza, fa freddo, vieni dentro, o tuo fratello se la prenderà con me per averti fatta ammalare.”
Caroline annuì e si lasciò condurre nuovamente dentro casa, mormorando qualcosa al cugino prima che Neit si allontanasse:
“Neit?”
“Sì?”
“So che probabilmente avrai di meglio con cui passare il tempo, ma… potresti non lasciarmi sola? Non trovo Clio, e Ezra è sempre impegnato a parlare con persone importanti, non lo voglio disturbare.”
 
Caroline chinò il capo, quasi imbarazzata per quella richiesta, ma il cipiglio serio di Neit si addolcì un poco – come quando tirava fuori la gemella dai guai – e annuì, abbozzando un debole sorriso:
 
“Ma certo. Facciamo una partita a carte nell’altra sala, visto che qui si danza? Se te la senti di sfidarmi, è chiaro.”
Caroline lo guardò con un’aria improvvisamente risoluta, annuendo e asserendo che non si sarebbe mai tirata indietro di fronte a nessuna sfida.
 
*
 
 
Cassiopea, seduta di fronte ad Elizabeth al tavolo quadrato da gioco, sbuffò sonoramente mentre studiava le carte che teneva in mano. La rossa sollevò brevemente lo sguardo sulla cugina, che le lanciò un’occhiata eloquente da sopra le carte prima che Clara, che giocava in coppia con Colleen, calasse.
“Lo sai che ci stanno battendo, vero Lizzy?”
“Se magari tu non avessi sprecato le tue carte, Cassy…”
“Io? Sei tu che non ti fai capire!”
 
Clara alzò gli occhi scuri al cielo, e Colleen ridacchiò mentre la cugina, sbuffando, pescava una carta.
 
“Buonasera fanciulle. Non deliziate nessuno dei gentili signori presenti con le vostre attenzioni e ve ne state qui a giocare per conto vostro?”
“Ambrose, non ci distrarre!”
Cassiopea rivolse un cenno al fratello maggiore, e Clara rivolse un sorriso mesto al ragazzo, che le aveva appoggiato una mano sulla spalla e teneva un bicchiere in mano.
 
“E poi la gente ancora stenta a credere che sia io quello maltrattato, in casa… Andrò a cercare Ric, è da un po’ che non lo vedo.”
Ambrose sospirò, serafico, e stava per andare a cercare il cugino nella stanza accanto quando una figura femminile a lui molto nota attirò la sua attenzione: una ragazza dai capelli scuri che lo guardava di rimando, in piedi dall’altra parte della sala.
 
Per un istante Ambrose si chiese sinceramente che cosa ci facesse Julie Anderson lì, ma poi si ricordò che il suo capo aveva incaricato la sua unica collega donna a presenziare alla serata, visto che lui non avrebbe potuto lavorare, quella sera.
Talvolta era un po’ strano vedere la sua ex fidanzata quasi ogni giorno in redazione, sebbene fossero rimasti in buoni rapporti, e vederla al compleanno di sua zia, in mezzo alla sua famiglia, lo era ancora di più.
 
Julie gli rivolse un sorriso mesto, e Ambrose ricambiò, esitando prima di dirigersi verso di lei: probabilmente ignorarla sarebbe stato maleducato, e di certo l’americana si sentiva tutto fuorché a proprio agio, in quella situazione.
 
“Merlino, c’è Julie Anderson, non l’avevo vista! Clara, hai visto?”
“Cassy, quando stavano insieme io ero in Germania, non la riconoscerei neanche trovandomela ad un palmo dal naso. Beh, è carina. Spero solo che Ambrose non ci stia ancora male.”
 
*
 
Riocard sorrise, soddisfatto, certo di essere finalmente riuscito a trovare un po’ di pace e stare da solo.
Finalmente avrebbe potuto godersi un po’ di tranquillità, lontano da sguardi e pettegolezzi, e stava per stappare la bottiglia di Burrobirra che aveva sgraffignato dalle cucine quando un urletto, seguito da un tonfo sordo, attirò la sua attenzione:
“AHIA!”
 
Riocard sospirò prima di accendere non verbalmente la punta della sua bacchetta, puntandola davanti a sé e chiedendosi che cosa avesse fatto di male per non meritarsi neanche un po’ di pace.
 
“Sa, mi chiedo dove io debba recarmi per avere un po’ di solitudine. Forse sul tetto? Devo ancora provare. Che ne pensa?”
 
Riocard inclinò leggermente la testa quando la luce emanata dalla sua bacchetta illuminò una ragazza bionda che si stava rialzando spolverandosi la gonna del vestito e che gli rivolse un sorriso colpevole:
“Non ho mai provato, ma vista la mia goffaggine penso che non sia consigliabile per me. Comunque non può accusarmi di averla disturbata, fino a prova contraria c’ero prima io!”
“Sì, me ne sono accorto. Tutto bene?”
 
“Oh, ho sentito dei passi e mi sono alzata, ma sono inciampata… stupida gonna.”
Clio sbuffò e lanciò un’occhiata torva alla gonna prima di tornare a sedersi sulla panchina, dove aveva lasciato il libro che stava leggendo.
“Leggeva?”
“Sì, mi porto sempre un libro da casa. Adoro mia nonna, ma questi eventi non fanno proprio per me.”
 
Clio fece spallucce e Riocard annuì, mormorando che non facevano neanche per lui prima di andare a sedersi sull’estremità opposta della panchina di pietra, distendendo le lunghe gambe fasciate dai pantaloni neri davanti a sé mentre apriva la bottiglia che teneva in mano.
 
“Vuole un sorso?”
“No, grazie.”
 
Clio avrebbe voluto chiedergli a bruciapelo se intendesse sposare sua cugina, ma non ne ebbe il coraggio: ancora una volta la sua timidezza la bloccò, e il fatto che il ragazzo la facesse sentire lievemente in soggezione non l’aiutò di certo.
Si sforzò così di tornare a leggere, non badando al mago che, seduto a mezzo metro da lei, sorseggiava la sua Burrobirra senza emettere un fiato, gli occhi chiari fissi sulla strada su cui la casa si affacciava.
Per un attimo, per la prima volta, Riocard si figurò a vivere in quel posto.
 
Una casa bellissima, senza dubbio. E Caroline Cavendish, a pelle, gli piaceva.
Ma ripensò alle parole di sua zia, quando Gwendoline gli aveva sconsigliato di prendere quella decisione e suggerendo che avrebbe potuto rivelarsi pericoloso per lui.
 
“Sa, sua nonna pensa che io non dovrei sposare sua cugina.”
“Davvero? Perché?”
“Pensa che ereditare questo posto sarebbe un’arma a doppio taglio, per me. E questo mi ricorda qualcosa che volevo fare stasera. E’ fortunata, le lascio la sua panchina.”
Riocard bevve un altro sorso di Burrobirra prima di alzarsi, allontanandosi con una mano nelle tasche mentre Clio lo seguiva con lo sguardo, più confusa che mai.
 
*
 
“Ancora mi chiedo perché gioco contro di te…”
Ezra sospirò e spinse il cumulo di Galeoni verso Neit, ma il cugino sorrise e scosse il capo, asserendo che poteva tenersi i soldi che aveva perso mentre un Egan molto allegro compariva alle spalle del cugino, dandogli una poderosa pacca sulla spalla:
“Dai Ezra, hai finito di fare il noioso? Vieni a divertirti con me!”
“Trovati una ragazza e non rompermi, Egan!”
“Beh, sei noioso, sappilo.”
“E tu un cretino. Per me basta per stasera… Carol, vuoi ballare?”
Ezra si alzò e porse una mano alla sorella maggiore, che sorrise e acconsentì prima di alzarsi e allontanarsi insieme a lui verso il centro della sala.
Egan prese il posto che fino a poco prima aveva occupato la cugina e sorrise al fratello maggiore, mettendogli una mano sulla spalla:
 
“Allora, ti diverti? E dov’è Clio? Non la vedo da un po’…”
“Rilassati, sarà in giardino a leggere come al solito. Sì, direi che non c’è male. Tu ti diverti, vedo.”
Neit si voltò verso il minore accennò al bicchiere vuoto del rosso, che però liquidò il discorso con un gesto della mano e gli assicurò di stare benissimo e di non preoccuparsi.
 
“Sai, quando ti vedo bere più del solito penso inevitabilmente a quella sera…”
“NON DIRLO! Finirete mai di torturarmi con quella storia?”
 
Egan sbuffò e Neit non riuscì a trattenere un sorrisetto mentre si voltava nuovamente, osservando i cugini ballare e guardando Caroline ridere quando Ezra l’afferrò per la vita e la sollevò leggermente.
 
“Quando smetterà di essere divertente, ossia finchè continuerai a reagire così. Ma come mai perdi tempo con me? Non hai uno stuolo di fanciulle ai tuoi piedi come al solito?”
“Certo, ma volevo anche assicurarmi che il mio fratellone se la passasse bene. Divertiti.”
Egan si alzò, assestò una pacca sulla spalla del fratello – che annuì e gli suggerì di non preoccuparsi – e si allontanò con disinvoltura, facendo scorrere lo sguardo all’interno della sala mentre il maggiore, dopo aver lanciato un’ultima breve occhiata in direzione di Ezra e Caroline, chiedeva ad un cameriere di passaggio di portargli del Whiskey Incendiario. Con peperoncino, ovviamente.
 
*
 
“Dimmi, tu sei favorevole alla cosa? Perché se non lo sei forse per una volta potremmo avere qualcosa in comune.”
Alexis inarcò un sopracciglio e rivolse un’occhiata scettica a Penelope mentre teneva il bicchiere in mano, studiandola con diffidenza:
“Ne dubito. Se ti riferisci al possibile fidanzamento tra i nostri figli, comunque, sappi che l’idea di imparentarmi con voi mi rende felice tanto quanto rende felice te, Penelope. L’unica su cui non posso esprimermi è tua figlia, se non sul suo aspetto indubbiamente grazioso.”
“Anche se fatico a sopportare la tua vista non so se tuo figlio abbia ereditato o no il tuo pessimo carattere, Alexis, ma a prescindere non voglio che mia figlia sia infelice. E soprattutto darla vinta all’uomo con cui sono sposata. Riflettici, Alexis, perché Robert dovrebbe voler vendere la sua unica, preziosa figlia alla tua famiglia? Caroline è molto ricca e di bell’aspetto, pensi che non sia pieno di famiglie che vorrebbero fidanzarla con i propri eredi? A Caroline i possibili pretendenti non mancano, eppure Robert insiste. Dovresti rifletterci. L’unico pregio che posso riconoscerti è che tieni a tuo figlio tanto quanto io tengo ai miei, quindi forse, per una volta, potremmo essere dalla stessa parte.”
 
“Mio cognato ha molto più ascendente su Riocard di quanto non ne abbia io, Penelope.”
“Forse, ma una madre resta sempre una madre. Puoi convincere tuo figlio a non sposare la mia rendendola eternamente infelice, oppure posso farlo io stessa. Posso dirgli che la sua cara mamma se la faceva con il padre della ragazza che dovrebbe sposare. Non solo non sposerebbe mai Caroline, ma penso che ti odierebbe. A te la scelta, cara.”
 
Penelope stirò le labbra in un sorriso amabile, godendosi la visione di Alexis impallidire con un luccichio negli occhi chiari. La strega tuttavia si riprese in fretta, guardandola freddamente e con l’aria di superiorità che la contraddistingueva:
“E ammetteresti pubblicamente qualcosa che getterebbe una simile onta sulla tua famiglia, Penelope?”
“Non farmi ridere, tutti sanno che Robert è tutto fuorché un marito fedele. Quello che la gente non si aspetta è che tra le sue amanti ci sia stata anche la moglie dello stimato e compianto ex Ministro. Un uomo così amato, Alexis… come ti vedrebbe la gente? Come una donna che non solo tradisce suo marito, ma lo fa anche con un uomo sposato… Sai di cosa parlo, Alexis, non prendiamoci in giro: in questi casi quella a uscirne nel modo peggiore è sempre la donna, lo sappiamo entrambe.”
 
Alexis non rispose e Penelope, ringraziandola per la piacevole chiacchierata con un sorriso, girò sui tacchi e uscì dal bagno con un’aria particolarmente allegra.
Estelle, vedendola sorridere in quel modo, fu certa che l’amica avesse combinato qualcosa, ma preferì non chiederlo: aveva imparato a sue spese che in quella famiglia a volte era meglio semplicemente non sapere.
 
*
 
 
Elizabeth, seduta su una delle sedie foderate addossate alla parete, sedeva con le gambe accavallate mentre osservava i suoi cugini: Clara, come da manuale, invece di ballare approfittava delle conoscenze della prozia per discutere con politici ed intellettuali, Cassiopea danzava con uno dei suoi tanti ammiratori e Colleen con Ambrose.
Quando una figura a lei molto nota le sedette accanto Elizabeth abbozzò un sorriso, parlando senza neanche voltarsi e studiando cugino e cugina ballare:
“Dovresti chiedere a Colleen di ballare, sai?”
“Non penso sia una buona idea.”
“Perché no? A Cherry ricevere attenzioni da sconosciuti mette a disagio, quando un ragazzo che conosce solo di vista le si avvicina quasi usa noi come scudi umani e mormora delle scuse… Però penso che se glielo chiedessi tu non avrebbe problemi, come non he a ballare con suo fratello. E poi non ti ho ancora visto farlo!”
 
“Nemmeno io ti ho vista ballare, Lizzy.”
La strega si strinse nelle spalle, asserendo di preferire di gran lunga intrattenersi a conversare o a giocare nella stanza accanto. Gli occhi azzurri della strega indugiarono sulla padrona di casa, guardandola muoversi con i suoi consueti modi impeccabili tra i suoi ospiti dispensando sorrisi cortesi, ed Elizabeth non poté fare a meno di pensare che, a prescindere che fosse o meno il suo compleanno, Gwendoline Cavendish sapeva sempre farsi notare ad ogni evento e far sì che tutti si ricordassero di lei.
 
“Credimi tesoro, lo dico sempre anche a tua madre. La vera classe consiste nel farsi ricordare, non nel farsi ammirare.”
 
“Facciamo un patto.”  Elizabeth si voltò verso il fratello e allungò una mano guantata verso di lui, sorridendogli:
“Tu chiederai di ballare a Cherry, e io…”
“Farai altrettanto con qualcuno?”
“Tommy, io non chiederò mai a nessuno di ballare. Devono essere gli altri a chiedermelo. Comunque, visto che neanche io l’ho ancora fatto, giuro che accetterò di ballare con chiunque dovesse chiedermelo.”
 
Thomas esitò, ma sapendo quanto la sorella fosse testarda – e sicuro che l’avrebbe perseguitato per tutta la sera se non avesse accettato – annuì e allungò una mano per stringere quella molto più piccola di Elizabeth:
“Va bene. Chiunque però, ci siamo capiti?”
“Chiunque.”
Elizabeth annuì e Thomas si voltò verso Colleen, sospirando prima di alzarsi: disgraziatamente si trovava a suo agio con ogni sorta di creatura, magica e non, mentre la più dolce che avesse mai incontrato riusciva a metterlo in difficoltà come mai nessuno aveva fatto.
 
Lizzy guardò il fratello allontanarsi con evidente soddisfazione, e stava per alzarsi per andare ad incipriarsi il naso quando qualcun altro sedette accanto a lei:
“Santo Godric, cosa ha detto a suo fratello? Ha l’aria di uno destinato al patibolo…”
“Sciocchezze, se la caverà. L’ho visto domare Ippogrifi e Demiguise, dubito che la mia adorabile cugina possa ferirlo più gravemente.”
Elizabeth parlò con tono neutro e senza battere ciglio, continuando a tenere gli occhi chiari fissi sul fratello mentre Egan, aggrottando la fronte, stringeva le braccia al petto:
“Non ne sarei così sicuro. Le persone che amiamo ci feriscono di più, a volte.”
 
Mio padre ne sa qualcosa
 
“Forse. Quanto deve aver bevuto per essersi seduto accanto a me?”
“Non troppo, semplicemente non rientra nella mia natura lasciare che una signorina non si goda una festa e che se ne resti da sola.”
“A me piace stare da sola. La solitudine è sottovalutata.”
 
Elizabeth non si scompose, continuando a parlare senza battere ciglio esattamente come vedeva sua madre fare da tutta la vita. Astrid non aveva mai insegnato alla figlia a comportarsi come lei, semplicemente Elizabeth lo aveva assimilato per osmosi, e doveva ammettere che mantenere una certa dose di distacco e non sbilanciarsi troppo in presenza di persone con cui non si era in confidenza le aveva sempre risparmiato ogni sorta di pessima figura.
Egan però sorrise, inarcando un sopracciglio mentre la guardava quasi con aria divertita:
 
“Allora non accetterebbe se la invitassi a ballare con me?”
A quella domanda Elizabeth si voltò per la prima volta verso di lui, guardando il ragazzo con scetticismo più che evidente mentre aggrottava la fronte:
“E’ consapevole che c’è la possibilità che mio padre possa affatturarla nel vedermi ballare con lei, vero?”
Egan rise – anche se perfettamente conscio che la ragazza fosse seria – e annuì mentre si alzava in piedi, allungando una mano verso di lei:
 
“Ma certo. Ma una vita senza rischi non è poi una vita così divertente, no?”
Elizabeth avrebbe voluto rispondere che non lo sapeva, visto che lei, nella sua vita, di rischi ne aveva corsi ben pochi. Indugiò per un istante su suo padre con lo sguardo, ma ripensò anche al patto che aveva fatto con Thomas, e vedendolo ballare con Colleen si costrinse ad annuire, alzandosi in piedi:
 
“Beh, d’accordo.”
Egan quasi si sorprese nel sentirla accettare il suo invito, anche se Elizabeth evitò accuratamente di prendere la sua mano e lo superò, dirigendosi con disinvoltura verso il centro della sala aspettando che la seguisse.
Per un istante il ragazzo rimase fermo a guardarla, decisamente poco abituato ad un comportamento simile e sorpreso, ma si riprese in fretta e trattenne una risata mentre la raggiungeva, dicendosi che forse erano gli effetti dell’alcol a parlare, ma che quella strega era decisamente divertente.
 
*
 
 
“Sta cercando qualcosa?”
 
Robert si voltò di scatto, irrigidendosi e lanciando un’occhiata velenosa a Riocard quando lo vide in piedi infondo al corridoio, le mani nelle tasche e l’aria rilassata e disinvolta tradita dall’espressione seria dei suoi occhi.
 
“Non sono affari tuoi.”
“Beh, questa però non è nemmeno casa sua.”
“E’ casa di mio zio, ragazzo, vengo qui da prima che tu nascessi, quindi sei pregato di levarti di torno e tenere il naso dove ti è consentito.”
 
Robert stava per girare sui tacchi e allontanarsi – aspettava l’occasione per salire al pieno di sopra da tutta la sera, e ora un ragazzino rischiava di mandare a monte ciò che lui ed Edward avevano pensato –, ma la voce di Riocard, pacata e quasi con una nota canzonatoria, lo fermò di nuovo:
 
“Tecnicamente ora è casa di mia zia. Se non dovessi ereditarla io, resterebbe sua. Pensa che sarebbe felice di saperla approfittare della confusione per curiosare in giro?”
“Sai, anche tuo padre aveva questa brutta abitudine. S’interessava sempre a faccende che non lo riguardavano. Peccato che non sia vissuto abbastanza per insegnarti a non fare i suoi stessi errori, evidentemente.”
Riocard s’irrigidì mentre Robert si voltava verso di lui, e probabilmente il ragazzo avrebbe preso la bacchetta per affatturarlo quando sentì una mano ornata di anelli poggiarglisi sulla spalla:
 
“Signori, cos’è questo trambusto?”
Robert imprecò mentalmente alla vista della padrona di casa, apparsa sulla soglia del corridoio accanto al pronipote, ma fece appello a tutto il suo autocontrollo e non si scompose, parlando con tono neutro mentre fulminava Riocard con lo sguardo:
“Suo nipote non sa che è bene non immischiarsi negli affari altrui, zia.”
“E l’altro suo nipote non sa che non è bene ficcanasare nelle case altrui.”
 
“Non che siano affari tuoi, ma è stato Edward a chiedermi di prendere una cosa per lui. Se volete scusarmi, zia…”
 
Robert era appena sparito, scendendo le scale con rabbia e maledicendo Rodulphus Saint-Clair e la sua progenie, quando Gwendoline si rivolse al pronipote, inarcando un sopracciglio rossiccio perfettamente curato:
 
“Che cosa ci fai qui, Ric?”
“Ho pensato a quello che mi avete detto, e sono venuto per tenere d’occhio lui e vostro figlio, quando l’ho visto salire le scale l’ho seguito. Penso che cercasse ciò di cui abbiamo parlato.”
“Non è da escludere… penso che dovrò mettermi personalmente a setacciare questa casa. Nel frattempo, farò in modo di tenere Robert ed Edward il più possibile lontani da qui. O almeno di non lasciarli mai da soli, stanne certo. Ora torniamo di sotto, prima che tutti si insospettiscano. Non dovrai accettare di sposare Caroline finchè questa storia non sarà risorta, Riocard, non m’importa di quel che dice Theseus.”
 
Riocard annuì e guardò la zia sospirare prima di mettergli nuovamente una mano sulla spalla, conducendolo gentilmente verso le scale e suggerendogli di cercare di godersi la serata, per quanto possibile.
 
*
 
Ezra stava discutendo con qualche collega del Ministero quando, per poco, la mascella non gli si snodò: che cosa ci faceva, esattamente, suo cugino impegnato a ballare con la figlia di Theseus Saint-Clair?
 
Suddetto padre che sembrò pensare lo stesso, a giudicare dalla sua espressione stravolta, mentre Edward aggrottava la fronte, confuso:
“Estelle, cosa mi sono perso?”
“Sai com’è fatto Egan, probabilmente l’ha vista sola e l’ha invitata a ballare. Non fare quella faccia, nn c’è nulla di male. E poi ad Egan piacciono le belle ragazze.”
Estelle sorrise, sfiorando il mento coperto dalla barba del marito, che ricambiò quasi con aria orgogliosa:
“Certo, tutto suo padre.”
“Carino da parte tua darmi della ragazza, Edward.”
“Eternamente la più bella di tutte.”
 
Estelle gli sorrise con calore, gli occhi azzurri carichi di affetto mentre il marito le depositava un bacio sulla mano.
A qualche metro di distanza, invece, Elizabeth-Rose soffocava una risata:
 
“Adoro mio padre, e penso di stargli per causare un infarto!”
“Sì, neanche il mio aveva l’aria allegra… Beh, pazienza, per un ballo non è mai morto nessuno. Sbaglio?”
“Ti prego Cavendish, ti vedevo a scuola con il tuo stuolo di ammiratrici… A me non sei mai piaciuto, comunque.”
“Il tuo cognome ha fatto sì che ti tenessi a distanza. Un vero peccato, in effetti, visto che tu e le tue cugine siete tutte molto attraenti.”
 
Elizabeth roteò gli occhi, poco colpita da quelle lusinghe mentre, a pochi metri di distanza, Colleen guardava i due spalancando i grandi occhi scuri:
 
“Perché Lizzy balla con lui?”
“A me non dispiace, non è un cattivo ragazzo.”
“Ma Thomas, a te piacciono sempre tutti!”
“Beh, forse un po’… Ma Lizzy dice che vale anche per te.”   Thomas si strinse nelle spalle, sfoggiando un sorriso colpevole che Colleen imitò, annuendo e mormorando che in effetti molto probabilmente era così.
 
*
 
 
“Allora, ci sei riuscito?”
“Non ne ho neanche avuto modo, visto che quel dannato ragazzo mi ha seguito! Merlino, è proprio come suo padre. Ed è anche apparsa tua madre.”
 
“Mia madre?”  Edward strabuzzò gli occhi azzurri e quasi impallidì, imprecando a bassa voce e rivolgendo una fugace occhiata alla madre mentre il cugino si scolava un bicchiere di Whiskey in un solo sorso.
“Mia madre deve insospettirsi il meno possibile, Rob.”
“Lo so, ma come diavolo facciamo a metterci le mani con lei intorno? Forse dovresti dirglielo.”
“Non voglio farlo, lo sai. E non penso che sarebbe d’accordo. Ascolta, l’idea che il figlio di Rodulphus sposi tua figlia non rende felice nessuno dei due, e l’unico modo per evitarlo è prendere ciò che ci spetta. Perciò dobbiamo riuscirci in qualche modo, o Caroline dovrà diventare una Saint-Clair.”
 
Il volto di Robert venne trasfigurato da una smorfia, rigettando la sola idea: contrariamente a ciò che sua moglie e i suoi figli pensavano quella prospettiva non lo allietava minimamente.
“Ti devo ricordare che è stata una TUA idea sigillarlo a questa casa, vero?”
Che diavolo ne sapevo che Rodulphus sarebbe morto? Avrebbe potuto tornare e prenderselo, no?”
Edward rivolse un’occhiata torva al cugino, che sbuffò piano mentre si guardava intorno per accertarsi che nessuno stesse ascoltando la loro conversazione, fermi in un angolo della sala.
Il minore, invece, ripensò ad una particolare sera risalente a due anni prima.
 
 
“Sapevo che era qui che lo teneva… maledetto stronzo.”
Edward sorrise vittorioso mentre estraeva uno scrigno di legno chiuso a chiave dalla cassaforte posta dietro al ritratto del suo bisnonno, che Robert aveva provveduto a Schiantare appena entrati per evitare che facesse parola con qualcuno della loro “visita” all’ufficio del Ministro.
 
“Va bene, muoviti ora, dobbiamo andarcene!”
Robert, in piedi accanto al camino con una manciata di Polvere Volante già stretta in mano, sbuffò con impazienza mentre il cugino richiudeva la cassaforte e rimetteva il ritratto a posto, scusandosi mentalmente col bisnonno ancora privo di sensi prima di raggiungere il cugino.
Stava per dire a Robert che era notte fonda e che di certo Rodulphus non sarebbe andato in ufficio a quell’ora quando dei rumori gli fecero morire le parole in gola: un inconfondibile suono di passi affrettati proveniva dal corridoio – che avrebbe dovuto essere deserto – e annunciavano una visita imminente.
 
Robert imprecò e quasi spinse il cugino all’interno del camino, seguendolo prima di gettare la Polvere Volante nel camino, sibilando la loro destinazione appena prima che la porta si aprisse con uno scatto.
Le consuete fiamme verdi li avevano presto avvolti, e l’ultima cosa che Edward era riuscito a scorgere prima di essere costretto a chiudere gli occhi fu la porta aprirsi.
Per tutta la notte fu certo di essere scampato per un pelo ad una visita notturna di Rodulphus nel suo ufficio, cosa che nei suoi anni di carica non aveva mai fatto, ma la prima pagina della Gazzetta del Profeta del giorno seguente gli fece cambiare idea.
 
Estelle non avrebbe mai dimenticato il pallore sul volto del marito, a colazione, quando Edward lesse il giornale, o di come se ne andò senza dire una parola.
 
Era certo di aver rischiato di essere scoperto dal suo ex migliore amico, ma non era così. Leggendo il giornale Edward apprese non solo che Rodulphus era morto, ma quando venne confermato che non si era trattato di un suicidio, il mago capì di non aver mancato per un pelo il suo assassino.
 
*
 
“Devi aiutarmi.”
“Non pensi che io abbia fatto già abbastanza per te, Alexis? E ancora arrivi con la tua arroganza avanzando pretese. Io non ti devo nulla.”
 
Astrid, le braccia strette al petto, parlò col tono più gelido che la cugina le avesse mai sentito usare. La strega però non si scoraggiò, raggiunse la cugina e la prese un gomito, costringendola a voltarsi verso di lei prima di parlare con tono concitato:
“Siamo una famiglia. Noi due per prime lo siamo, Astrid.”
“Per te la famiglia esiste quando ti fa comodo. E’ questo il problema delle bambine viziate, Alexis: restano tali per tutta la vita.”
L’ex Corvonero si divincolò dalla stretta della cugina, che sospirò e si passò una mano tra i capelli prima di parlare in un sussurro. Suo malgrado, Astrid dovette ammettere a se stessa di non vederla in quel stato da molto tempo: di solito la cugina manteneva un’impeccabile faccia di bronzo e un’espressione perennemente altezzosa, intoccabile. Quella sera, invece, le appariva molto più umana del solito.
 
“Penelope Cavendish mi ha detto di convincere Riocard a non sposare sua figlia, altrimenti gli dirà… gli dirà di me e Robert. Non posso permettere che accada, Astrid. Riocard mi odierebbe, anche se è successo prima che nascesse. E lui è tutto per me, lo sai bene.”
“E io che cosa c’entro con i tuoi errori del passato?”
 
“Perché Riocard ascolta tuo marito, Astrid. Perciò se tu convinci Theseus, lui lo farà con mio figlio. E’ tuo marito, non dirmi che non sei in grado di farlo.”
Astrid sospirò e distolse lo sguardo dall’espressione implorante della cugina, esitando per un istante prima di annuire piano:
“Ci proverò. Non prometto nulla, ma ci proverò. So che Gwendoline è contraria, quindi è comunque probabile che Riocard non accetti in ogni caso. Ma ricordati che tutto questo è solo a causa di scelte discutibili che hai fatto TU, Alexis. Buonanotte.”
 
Astrid si sistemò il mantello sulle spalle e si allontanò dalla cugina, raggiungendo marito e figli visto che la loro carrozza era arrivata.
Alexis sospirò, gli occhi chiari quasi lucidi mentre Riocard si avvicinava alla madre, guardandola con leggera preoccupazione:
 
“Mamma, va tutto bene?”
“Sì, certo, va tutto benissimo. Sono solo stanca tesoro… meglio andare a casa.”
Alexis rivolse un sorriso tirato al figlio, che la guardò poco convinto ma che allo stesso tempo evitò di insistere, annuendo prima di porgerle il braccio:
 
“D’accordo. Direi che anche per quest’anno il compleanno di zia Gwen si è rivelato una serata interessante.”
Alexis annuì appena prima di Smaterializzarsi, mormorando che il ragazzo non ne aveva idea, anche se Riocard non poté udirla.
 
*
 
“Non sono mai stata tanto fiera di me! Non ho fatto cadere nemmeno un vassoio e non mi sono rovesciata nulla addosso a cena, ma ci pensate?!”
“Mia dolce Clio, tutti noi siamo più che orgogliosi dei tuoi traguardi. Il nostro Neit, invece, è genio quanto babbeo.”
 
Egan circondò le spalle della sorella con un braccio e rivolse al maggiore un’occhiata di scherno che venne accolta con un’occhiataccia mentre Neit si sfilava il cappotto e lo lasciava ad un servizievole Elfo Domestico:
“Egan, di che parli?”
Clio spostò lo sguardo da un fratello all’altro, confusa, e il minore le si rivolse roteano platealmente gli occhi chiari, parlando con l’aria di chi la sa lunga:
 
“Pensati che non ha invitato Carol a ballare neanche una volta!”
“Neit, come hai potuto?!”
 
Clio spalancò gli occhi, parlando come se il gemello si fosse macchiato di un crimine indicibile mentre Neit, sospirando, faceva appello a tutta la sua pazienza:
 
“E su quali basi potete affermare, esattamente, che Caroline avrebbe voluto ballare con me?”
“Vedi Clio? E’ un babbeo. Dove abbiamo sbagliato con lui?”
“Stavolta devo convenire con Egan, Neit, non si fa così!”
Egan scosse il capo con disapprovazione mentre si allontanava insieme alla sorella, discutendo su come avrebbero potuto fare per rimediare a quell’errore imperdonabile.
“Ma si può sapere di cosa parlate? Mamma, mi spieghi?”
 
Neit si rivolse alla madre quasi con esasperazione, ma la donna si limitò a sorridergli e a lasciargli un bacio affettuoso sulla guancia:
“Lascia perdere tesoro… Ma davvero, perché non l’hai fatto?”
“Ballare non rientra tra i miei hobby, mamma. E ribadisco che non so se Caroline volesse ballare con me. Buonanotte.”
 
Estelle guardò il figlio salire le scale con un lieve sorriso sulle labbra, scuotendo la testa ma dicendosi che forse, prima o poi, ci sarebbe arrivato da solo. Del resto, una cosa sulla quale non aveva mai potuto dubitare era proprio l’intelletto del suo amato primogenito.
 
 
*
 
 
“Non ti senti giù per aver visto Julie, vero? Una volta partecipava a questi eventi nelle vesti di tua accompagnatrice, dopotutto…”
“Tranquilla Clara, è acqua passata. Julie ha idee molto diverse da quelle delle nostre famiglie, e va bene così, forse non eravamo fatti per stare insieme. Ti sarebbe piaciuta se l’avessi conosciuta bene, credimi.”
 
Ambrose sorrise alla sorella minore, che ricambiò e asserì che se era piaciuta a lui di certo sarebbe stato lo stesso anche per lei.
“Tu ci pensi mai, a Klaus?”
“Ogni tanto, sì… credo sia normale, no? Il primo amore. Forse una parte di noi resterà sempre innamorata del nostro primo amore, anche solo per quanto ha significato per noi e per quanto l’abbiamo idealizzato. Tra me e Klaus, poi, direi che è finita molto bruscamente. A volte mi chiedo se non abbia sbagliato, ma quando lo zio è morto l’unica cosa che volevo era tornare a casa, da voi. E’ stato difficile per me superarla.”
 
“Lo so. L’importante è non avere rimpianti.”
“Non ne ho, davvero. Mi è dispiaciuto averlo allontanato da me in quel modo, di certo gli avrò spezzato il cuore… ma la famiglia prima di tutto, no? Così ci hanno cresciuto. Buonanotte Ambrose.”
 
Clara sorrise al fratello prima di superarlo per andare in camera sua, e al maggiore non restò che seguirla brevemente con lo sguardo, chiedendosi se fosse sincera.
Infondo tutto ciò che voleva era che la sua sorellina preferita fosse felice, da sola o con chiunque.
A parte Ezra Cavendish, certo, piuttosto che avere lui come cognato si sarebbe auto-trasfigurato in una teiera sbeccata.
 
 
……………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
 
Insomma, se fosse stato davvero Edward, o il caro cugino Robert che tutte voi amate, direi che sarebbe stato fin troppo scontato.
Detto ciò, buonasera!
Grazie per le recensioni come sempre (e anche per le tempestive risposte che molte di voi mi hanno mandato), e in particolare un grazie a Pulsatilla e ad Eleonora Black, che mi hanno recentemente inserita tra i loro Autori preferiti. Grazie ragazze <3
Questa volta non ho domande con cui tediarvi (ribadisco che chi volesse condividere le sue teorie con me è sempre ben accetto), anche se vi avviso già che il capitolo della prossima settimana arriverà martedì, molto probabilmente (mercoledì prossimo devo togliere il dannato ultimo dente del giudizio, mortacci sua, e tra anestesia e dolore non penso sarò molto in vena di scrivere dopo l’intervento T.T).
Buona serata,
Signorina Granger
   
 
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