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Autore: flyerthanwind    31/10/2020    0 recensioni
Il trentuno ottobre non è giorno facile per Harry Potter, quando i fantasmi del suo passato tornano ad aggredirlo con vigore.
Esiste un momento, nella vita di ognuno, in cui ci si sente profondamente rassegnati. Ogni desiderio di rivalsa, ogni sentimento perpetrato nel tempo, ogni ambizione coltivata con maniacale cura… Tutto viene annichilito dai freddi venti dell’oppressione che, come negli autunni più belli, strappano con violenza le foglie dagli alberi. Così il mondo si tinge di caldi colori, manti aranciati che si mischiano al giallo e al rosso in sentieri frondosi e tramonti incantevoli, ma intorno rimane solo il gelo.
Non è necessario un evento che rechi turbamento, non servono nuovi motivi per determinare tale alterazione nello stato d’animo. A volte, basta soltanto perdersi nei ricordi.
Io di ricordi ne ho tanti, troppi forse, e spesso ho l’impressione che stiano per sopraffarmi, che tentino di avvolgermi come i tentacoli del Tranello del Diavolo e che siano pronti a stringermi in un abbraccio non richiesto, risucchiandomi in quell’oblio che ho sfiorato tante volte, ma in cui non sono mai caduto.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Michelle – Sir Chloe
Walk in the room
Take off your coat
You look so nice
I've been so cold
Esiste un momento, nella vita di ognuno, in cui ci si sente profondamente rassegnati. Ogni desiderio di rivalsa, ogni sentimento perpetrato nel tempo, ogni ambizione coltivata con maniacale cura… Tutto viene annichilito dai freddi venti dell’oppressione che, come negli autunni più belli, strappano con violenza le foglie dagli alberi. Così il mondo si tinge di caldi colori, manti aranciati che si mischiano al giallo e al rosso in sentieri frondosi e tramonti incantevoli, ma intorno rimane solo il gelo.
Non è necessario un evento che rechi turbamento, non servono nuovi motivi per determinare tale alterazione nello stato d’animo. A volte, basta soltanto perdersi nei ricordi.
Io di ricordi ne ho tanti, troppi forse, e spesso ho l’impressione che stiano per sopraffarmi, che tentino di avvolgermi come i tentacoli del Tranello del Diavolo e che siano pronti a stringermi in un abbraccio non richiesto, risucchiandomi in quell’oblio che ho sfiorato tante volte, ma in cui non sono mai caduto.
Il mio momento più buio, il mio momento più freddo, il momento in cui mi affaccio in quell’abisso, in cui mi siedo sul bordo e vi faccio dondolare le gambe, in cui l’oscurità mi tenta e mi avvolge e mi spinge a seguirla, è il trentuno ottobre.
Il trentuno ottobre i miei genitori sono morti per proteggere me, per salvare me che avevo appena un anno, lasciandomi in dono una cicatrice che mi ha reso famoso e uno scudo che nessun sortilegio avrebbe potuto imitare.
Quand’ero un ragazzino non ho avuto molto tempo per rifletterci, era un giorno come tanti altri in cui i Dursley mi mettevano in ombra per accontentare Dudley, poi è diventato il banchetto nella Sala Grande e il Complemorte di Nick-quasi-testa. Infine, non ho più pensato a questo giorno.
È stato quando sono diventato padre che ha iniziato a tormentarmi, quando osservavo quell’esserino paffuto che mi scrutava curioso da sotto la zazzera di capelli corvini. Ho voluto chiamarlo James in onore di mio padre e all’avvicinarsi del trentuno ottobre pronunciare il suo nome diventava più faticoso, angosciante. Mi sentivo costantemente messo alla prova e ciò mi faceva mozzare il respiro perché nessuno poteva insegnarmi ad essere padre, non è un mestiere che si impara, non è un incantesimo ostico che può risultare più semplice dopo una spiegazione di Hermione.
Più guardavo Ginny, più mi rendevo conto che il ruolo di madre riusciva ad indossarlo come una seconda pelle, svestendo i panni della giocatrice professionista e armandosi di sorrisi radiosi e vocine acute che James sembrava adorare.
Io non sapevo come si comportavano i padri. Certo, avevo convissuto con zio Vernon per tutta la mia infanzia, ma non era affatto stato un bell’esempio. Il signor Weasley era il primo vero padre con cui avevo avuto a che fare, ma purtroppo l’avevo conosciuto troppo tardi.
Cosa avrei dovuto fare quando James urlava? Come avrei dovuto farlo mangiare evitando che sputasse il cibo su tutte le pareti della cucina? Come avrei dovuto rimboccargli le coperte facendo in modo che non avesse freddo ma al contempo che non rischiassi di compromettergli la respirazione? Come gli avrei insegnato a camminare, persino a volare?
Ginny splendeva nel suo ruolo di madre, conosceva ogni espressione di James ed era in grado di riconoscerne il pianto. Ginny sapeva se James aveva sonno o fame, Ginny sapeva quand’era ora di riposare e quando di svegliarlo per mangiare, Ginny sapeva se infilargli l’ennesimo maglione di Molly per tenerlo al caldo o se evitarlo per non farlo sudare.
Ginny era una madre perfetta e io brancolavo nel buio.
Mi chiedevo chi gliel’avesse insegnato, dove avesse imparato a conoscere così bene suo figlio, a sapere sempre quale fosse il meglio per lui e a non sbagliare mai, mentre io commettevo un errore dietro l’altro.
All’avvicinarsi del trentuno ottobre il senso di inadeguatezza cresceva, l’incapacità di pronunciare il nome di mio figlio diveniva preponderante insieme all’angoscia che mi attanagliava i visceri, saltando da una costa all’altra e picchiettando di continuo sulla mia pelle, dove il rincorrersi dei brividi pareva presagire la mia disfatta.
You wanna be my special one
I cannot breathe
Please just go home
Non sarei mai stato un buon padre per James, ne ero certo, perché nessuno era stato un buon esempio per me. Mio padre si era sacrificato per permettere a mia madre di fuggire e salvarci, aveva rinunciato alla sua vita per permettere a me di sopravvivere, senza tentennamenti.
Mi chiedevo se sarei stato in grado di compiere lo stesso sacrificio per mio figlio.
A parole era semplice: non c’erano dubbi che avrei fatto la stessa cosa, avrei combattuto per preservare James, per salvaguardare Ginny, mi sarei fatto annientare milioni di volte pur di salvare la mia famiglia, le persone a cui tengo di più al mondo.
Eppure… eppure, qualcuno mi suggeriva il contrario. Bisbigliava nelle orecchie in piena notte, disturbando il mio riposo, sibilava quando vigeva il silenzio più totale e, quando ero assorto nei miei pensieri, ridacchiava. Una risata fine, crudele, acuta, una risata intimidatoria. Chiunque fosse, era certo che non sarei stato valoroso come mio padre.
Io, Harry Potter, il ragazzo che è sopravvissuto, che ha affrontato Voldemort innumerevoli volte, che ha sacrificato la propria vita prima di sconfiggerlo nell’ultima battaglia… Un codardo, ecco chi ero. Un ragazzino che si era nascosto dietro alle sottane di Silente fino a provocare la sua stessa dipartita, un fallito che aveva causato la morte di migliaia di innocenti, che aveva sacrificato il fratello della sua futura moglie, del suo migliore amico, che aveva visto morire compagni di scuola, amici, il suo professore preferito, persino il suo padrino -l’unico che sembrava capirmi…
E quella pulce nell’orecchio non andava via, se ne stava lì, imperterrita, a insinuare dubbi.
Io mi sarei sacrificato per la mia famiglia? Io avrei combattuto fino a morire per loro?
La ragione mi suggeriva che sì, l’avrei fatto, l’avevo già fatto in effetti, schierandomi dalla parte dei giusti fin dall’inizio, dallo Smistamento in Grifondoro, dal rifiutare l’amicizia di Draco Malfoy. Avevo combattuto contro Raptor al primo anno, salvato Ginny dal diario di Tom al secondo, avevo combattuto contro i Dissenatori con un Patronus corporeo dalle sembianze di un cervo, avevo visto Cedric morire e avevo rischiato di morire a mia volta esaudendo il suo ultimo desiderio: rendere il corpo a suo padre.
Ma era abbastanza? Se mi avessero chiesto di più, sarei stato disposto a farlo? A quale prezzo avevo raggiunto la libertà? Quante persone erano morte affinché io crescessi e divenissi forte abbastanza da sconfiggere Voldemort?
Tante. Troppe.
E ognuna di loro sussurrava al mio orecchio che non avevo fatto abbastanza, che avrei dovuto morire io al posto loro, che era tutta colpa mia.
E più si avvicinava il trentuno ottobre più alzavano la voce, più i loro sussurri divenivano grida, i loro bisbigli strepiti, le loro risa pianti.
E più io affondavo, abbracciavo l’abisso, mi lasciavo avvolgere da quelle tenebre infernali che non attendevano altro che un mio passo falso per avvolgermi e trascinarmi a fondo per sempre.
Michelle
Michelle
You are a monster from Hell
L’inferno sembra un bel posto quando la Terra pare non essere così accogliente. Ma con quale coraggio avrei potuto lasciare mia moglie e mio figlio? Con quale coraggio avrei abbandonato i miei migliori amici, i quali mi avevano seguito in ogni impresa potenzialmente mortale? Con quale coraggio mi sarei allontanato dall’unica famiglia che mi aveva accolto come fossi un figlio?
Codardo, ecco cos’ero.
O forse abbastanza coraggioso da fronteggiare l’abisso, da parlarvi a tu-per-tu e andare via, indenne. Da camminare lungo il perimetro a testa alta, senza il timore di venirne risucchiato, senza l’angoscia di volervi annegare.
«Che ci fai ancora sul divano?»
È sempre Ginny a salvarmi. Nel passato, nel presente, nel futuro.
Ginny è il mio deluminatore. Ginny è il sentiero che indica casa quando mi pare d’essermi perso. Ginny è quella che i babbani definirebbero stella polare, che punta sempre a Nord e permette ai marinai di orientarsi in mare aperto in piena notte. Un faro, un lumos, una luce costante.
Ginny è quanto di più luminoso possa esistere e la sua aurea rischiara le mie tenebre; Ginny mi prende per mano e fronteggia i demoni insieme a me; Ginny piange e ride e gioisce con me.
Ginny rispedisce i mostri all’inferno per me.
«Hey, Prescelto, ti dai una mossa?»
Ginny è anche leggermente dispotica, ma immagino sia il prezzo da pagare per essere cresciuta con sei fratelli maggiori. Meglio non farla arrabbiare, durante l’adolescenza ha imparato a scagliare fatture orcovolanti così bene che una le è valsa l’ingresso al Lumaclub.
«Per fare cosa?» domando, riscuotendomi dal torpore della coperta che mi è stata strappata di dosso dalle sue mani segnate dai calli per essere piegata e riposta nel mobiletto in legno scuro sotto la cristalliera.
«I tuoi migliori amici, tua figlia, tuo nipote…?» risponde retorica, indirizzandomi un’occhiata truce per mascherare la compassione nei suoi lineamenti.
Mia moglie conosce meglio di chiunque altro il mio stato d’animo il trentuno di ottobre, per cui ogni anno si ingegna affinché io possa distrarmi, almeno per un paio di ore, e diradare quei pensieri angoscianti che affollano la mia mente.
D’altronde sa bene quanto io non tolleri la compassione, specialmente da parte sua, che deve sopportarmi ogni giorno e da cui non vorrei mai essere compatito; vorrei essere sempre abbastanza forte da sostenerla e, quando non ne sono in grado, vorrei solamente lasciarla andare oltre, senza arrancare sotto il mio peso.
«Sono andata da mamma a prendere la torta di zucca con la speranza che questa volta mio fratello non abbia di che lamentarsi» afferma, mentre elimina della polvere immaginaria da un soprammobile e contemporaneamente fissa una ragnatela finta sul soffitto.
«Oppure potrei strozzarlo» mugugna tra una faccenda e l’altra, mentre io finalmente mi alzo e mi avvicino per salutarla. Le circondo la vita con le braccia e poggio il capo sulla sua spalla, lasciando un bacio nell’incavo del collo come quando eravamo solo dei ragazzini e lei soffriva il solletico in quel punto.
Ginny sospira e ridacchia, arrendendosi alle mie carezze che le impediscono di proseguire con i preparativi della cena di Halloween che ha organizzato per me. Non per i bambini, non per stare con i nostri amici. Per me.
«Non avrai nascosto un ragno nella sua porzione di arrosto, vero? L’ultima volta non mi ha parlato per una settimana credendo fossi tuo complice» mormoro senza sciogliere l’abbraccio, cullato dalle mani di Ginny che carezzano le mie, inspirando il profumo fruttato dei suoi capelli.
«Mh no, Hermione mi ha minacciato» si lamenta; è il mio turno di ridacchiare, immaginando la mia migliore amica che si intromette nelle faccende tra fratelli rischiando la sua incolumità. Io non mi sono mai schierato perché, sinceramente, mi fanno paura entrambi. E pure Hermione, che per cause di forza maggiore si schiererebbe dalla parte di Ron.
Lascio schioccare un ultimo bacio sul collo di mia moglie, dopodiché la libero dall’abbraccio e mi appresto ad aiutarla ad allestire il salotto per la cena. Mentre io apparecchio la tavola per sei, lei si occupa di posizionare le decorazioni che hanno creato i bambini a scuola in occasione di Halloween.
Nonostante Ron abbia abolito i ragni, pena un litigio colossale e probabilmente la fine della nostra amicizia e della loro fratellanza, sul soffitto perlaceo vi è fitta rete di ragnatele scure di cui una parte compongono la scritta “Happy Halloween”, dai cui estremi si librano due zucche intagliate dai bambini questa mattina sotto la supervisione di Hermione. La zucca di Lily non è particolarmente mostruosa, ha due cuoricini deformati al posto degli occhi e un sorriso ampio ché neanche fosse la mattina di Natale, mentre la zucca di Hugo ha dei tagli verticali e uno squarcio orizzontale. Spero solo che Hermione non abbia detto loro che avrebbero potuto impegnarsi di più, immagino che sia una cosa abbastanza da lei.
Sulla tavola imbandita è sistemata una tovaglia arancione decorata con trame di ragnatele e, al centro, una zucca intagliata da Ginny con all’interno una candela fluttuante -i bambini vanno sempre su di giri quando vedono “cose che volano”. Anche le posate sono arancioni, mentre i bicchieri sono neri e sono stati incantanti affinché Lily e Hugo non comincino a litigare per chi ha bevuto più succo di zucca.
Sto giusto finendo di incantare i pipistrelli di stoffa all’ingresso affinché volino per davvero quando sento il cigolio del cancelletto d’ingresso e la voce squillante di mia figlia farsi sempre più vicina. Oltre ad essa si ode un sonoro borbottio, probabilmente Ron che si lamenta di qualcosa, subito messo a tacere da Hermione con quella che immagino sia un’occhiataccia.
Faccio cenno a Ginny di prepararsi, dopodiché apro la porta per accogliere i nuovi arrivati.
You know just how to be cruel
When you shake your hips that way
I don't care what you say
«Papà! Guarda quanti dolci ho guadagnato» Lily mi corre incontro, la gonna da streghetta che si alza cadenzata mentre prende velocità e si lancia tra le mie braccia, sicura che la prenderò, disperdendo nel frattempo alcune caramelle che ha riposto nello zainetto. La afferro come sempre, nonostante il cappello viola sia un po’ ingombrante e rischi di scivolarle malgrado il laccetto, stringendola a me prima di farla volteggiare in quel modo che la fa ridere a crepapelle.
Apre le braccia e inclina leggermente la testa per librare anche i capelli, ramati come quelli della madre, chiudendo gli occhi per immaginare cosa si provi a volare anche senza avere una scopa giocattolo, mentre io la stringo forte contro il petto per sorreggerla e lei allaccia le gambine intorno al mio busto.
Ha tante lentiggini, Lily, molte più di quante ne abbia Ginny, non solo sul viso ma anche sul collo, sulle braccia, sulle gambe, ovunque, e due occhietti bruni che potrebbero farmi fare qualsiasi cosa.
Se quando è nato James non sapevo nulla sull’essere padre e sono stato sopraffatto dai dubbi e dalle angosce, quando è nato Albus ero pronto ad affrontare la paternità, anche avendo confidato i miei timori a Ginny, la quale mi ha sostenuto nelle battaglie contro i miei demoni. Quando è nata Lily e per la prima volta mi ha guardato con quegli occhioni bruni, enormi sul suo visetto roseo e lentigginoso, non ho avuto più alcun dubbio: per la mia famiglia avrei davvero fatto di tutto.
Forse è vero che i padri hanno un debole per le figlie, forse semplicemente quando è nata Lily mi sentivo più adulto e realizzato, forse avevo convissuto con le mie angosce talmente a lungo da aver imparato a cullarle per addormentarle insieme a lei.
«Anch’io ho guadagnato tanti dolci, zio!» la voce di Hugo mi richiama alla realtà, così faccio scendere Lily, che si lamenta da brava cocca di papà, per battere il cinque a mio nipote e complimentarmi anche con lui. Per l’occasione si è travestito da pipistrello, così indossa una tuta nera con le ali dietro la schiena e una maschera che pare incastrata tra la chioma di ricci.
Lily e Hugo hanno la stessa età e si somigliano molto poiché entrambi hanno preso dal ramo Weasley della famiglia, ma Hugo è discretamente più alto di lei e anche molto più goffo, un po’ come Ron da ragazzino. Ha i capelli rossi come quelli del padre e della zia, ma sono crespi come quelli di Hermione, che adesso li acconcia sempre in una crocchia professionale per darsi un tono.
«Dai, entriamo prima che prendiate ancora freddo» li sprona proprio il Ministro della Magia, occasionalmente fuori servizio per accompagnare figlio e nipote a fare dolcetto o scherzetto per Godric’s Hollow, posando le sue mani lisce e curate sulle loro schiene per invitarli ad entrare.
Ginny, intanto, ha incantato un lenzuolo vecchio e logoro trovato alla Tana affinché prendesse le sembianze del demone della soffitta perché i bambini ci tenevano molto ad avere anche lui. Ovviamente, concordato con lei che nessuno voleva quel coso in casa col rischio che rimanesse a infestarla per sempre, abbiamo optato per qualcosa di più divertente.
«Buonasera, signor Hugo!» esclama il lenzuolo da uno squarcio tremendamente simile a quello del Cappello Parlante facendo sussultare per un attimo il bambino.
«Buonasera, signorina Lily» replica immediatamente l’accoglienza anche a lei, che non si fa trovare impreparata e imita il sorriso enorme e sdentato esibito dal cugino dopo l’attimo di smarrimento.
Mentre i bambini seguono il lenzuolo al centro del salotto, dove sul tappetto ci sono altre decorazioni con cui si possono divertire, io prendo i soprabiti dei miei amici e li sistemo insieme a Ron, mentre Hermione corre subito in cucina ad aiutare Ginny.
«Non ci sono ragni in giro, vero?» domanda il rosso, osservando guardingo l’ambiente e studiandolo per immaginare da quale angolo si paleserà la trappola ideata dalla sorella.
«Nessuno, te lo garantisco» lo rassicuro, ma, nonostante ciò, mantiene la stessa postura rigida e leggermente allampanata, lasciando che sia sempre io ad entrare per primo nelle stanze e rimanendo indietro di un paio di passi.
«Com’è andata? Lily si è comportata bene?» chiedo, sia per stemperare la tensione che per assicurarmi che le raccomandazioni di Ginny non siano state vane.
«Tutto bene, Hermione ha promesso loro che se avessero fatto i bravi avrebbero potuto mangiare parte dei dolci dopo cena, quindi sono stati due angeli» sorride al pensiero del pomeriggio insolitamente tranquillo trascorso insieme ai pargoli.
Solitamente Lily e Hugo sono pericolosi insieme e per questo vanno tenuti sotto stretta sorveglianza, ma con gli incentivi giusti si riescono a gestire senza problemi.
«Solo che Lily ci teneva a spiegare il suo costume a ogni persona che le faceva i complimenti, sottolineando che in realtà le streghe non esistono e che lei non sa realmente fare incantesimi» ridacchia, sicuramente intuendo che il fautore di quell’insegnamento non sono io bensì sua sorella e pregustando il momento in cui potrà prenderla in giro. «Tu come stai?»
You know just how to be cruel
When you shake your hips that way
Paint your lips that way
Sospiro, consapevole che Ron e Hermione si sono accorti che qualcosa non andasse non appena mi hanno visto aprire la porta, abituati a leggere le emozioni sul mio viso come un foglio di pergamena intriso di inchiostro. Non è difficile per loro immaginare le motivazioni del mio malumore, non c’è bisogno che io mi confidi affinché rimangano sempre un passo dietro di me, pronti a sorreggermi e, se necessario, addirittura a spingermi oltre.
«Meglio» rispondo solamente, con un sorriso mesto ma sincero, mentre la voce di Ginny che annuncia che la cena è servita lo distoglie dal fare altre domande. Ron si guarda ancora intorno con sospetto, certo che sua sorella non può fargli passare un Halloween indenne, ma pare tranquillizzarsi quando lo anticipo in sala da pranzo e infine, dopo esservi entrato mantenendo il solito cipiglio guardingo, nota con piacere che nei paraggi non ci sono ragni bensì solo ragnatele.
Hermione mi rivolge uno sguardo fugace, impegnandosi per non soffermarsi sulle occhiaie violacee che scavano il mio viso pallido, segnato sì dalle ore di lavoro, ma in questo giorno anche dalla sofferenza e dall’angoscia.
Sebbene Ginny sia la mia luce e Lily sia stata, fin dalla mia nascita, la mia cura, in questo giorno i demoni tornano sempre a farmi visita, più combattenti, più forti, più reattivi ogni anno che passa. Non si curano di disturbare, mi attaccano apertamente, tormentandomi con le loro insinuazioni e spingendomi verso l’abisso. Urlano, ridono, scalpitano, mi circondano da ogni lato e mi impediscono di sfuggirgli, mi punzecchiano con le loro dita appuntite e scavano ferite profonde sotto la pelle.
E io, ogni anno, compio un passo avanti verso il vuoto, verso le tenebre, verso la fine.
E Ginny, ogni anno, mi prende per mano, mi illumina, mi spinge lontano.
E James, ogni anno, mi ricorda che posso sopravvivere ai miei demoni.
E Albus, ogni anno, mi ricorda che posso combattere i miei demoni.
E Lily, ogni anno, mi ricorda che posso scacciare i miei demoni.
I miei figli mi abbracciano e mi inebriano con le loro pelli che profumano di innocenza, risanano le mie ferite come fossero fenici, le loro risate gioiose si intensificano mentre diradano le grida.
Così non mi resta che combattere contro me stesso un giorno all’anno, arrovellarmi e ingegnarmi per non essere sopraffatto ancora. E poi, infine, gioire per la mia vittoria e prepararmi al prossimo scontro.
«Harry, ci sei?»
La domanda di mia moglie mi riscuote dalle elucubrazioni in cui mi sono rifugiato, catapultandomi nuovamente nel salotto di casa mia, dove Lily e Hugo stanno litigando per il succo di zucca -a quanto pare i bicchieri incantati non sono un deterrente abbastanza funzionale per queste piccole pesti- , Ron e Hermione mi rivolgono due identici sguardi afflitti e Ginny mi sorride mesta con una bottiglia di vino elfico tra le mani, domandomi implicitamente se ne voglio ancora.
«Sì, ci sono… Grazie» le porgo il mio calice, invitandola a riempirlo fino all’orlo. Mancano ancora troppe ore al termine di questa giornata e io necessito di tutto l’aiuto, anche alcolico, per affrontarla.
«Allora, Rose ha risposto alla tua lettera?» domanda Ginny rivolgendosi a Ron, che arrossisce in zona orecchie e mugugna qualcosa a mezza voce che somiglia tremendamente a un no.
A quanto pare Ron e Rose hanno avuto una discussione prima che i ragazzi partissero per il loro secondo anno ad Hogwarts. Sembra che Ron abbia fatto intendere alla figlia che non è molto favorevole alla sua amicizia con Scorpius Malfoy, il figlio di Draco. Ovviamente Rose, degna figlia di Hermione Granger, la cui indole non si svilisce di generazione in generazione, ha tirato giù il finimondo.
Il problema è che Ron, sebbene sia cresciuto anagraficamente, è rimasto per certi versi un ragazzino: non si fida di un Serpeverde, per di più di Malfoy, e pensa che voglia solo prendere in giro la sua bambina.
Ovviamente Rose ha sentito svilita la sua intelligenza, per cui ha accusato il padre di ritenerla un’immatura incapace di coltivare le giuste amicizie, e, infine, in un moto di orgoglio sicuramente di ascendenza Granger, l’ha tacciato di razzismo.
Non mi stupisco che non voglia ancora parlargli né che questa volta Hermione si sia rifiutata di fungere da intermediaria tra i due. Il comportamento di Ronald non le è affatto piaciuto e si è apertamente schierata dalla parte di Rose, sebbene sia consapevole di quanto lui abbia agito in buona fede.
Certo, anch’io sono rimasto abbastanza perplesso quando Albus mi ha comunicato di essere stato smistato in Serpeverde e, successivamente, che trascorreva la maggior parte del tempo in compagnia di un Malfoy, ma mi sono guardato bene dal fargli una ramanzina o raccomandazioni ulteriori rispetto a quelle che ho fatto a James e che farò, quando sarà il momento, a Lily.
Anche perché Ginny è decisamente meno diplomatica e più violenta di Hermione.
«Si rifiuta persino di aprirle, mi ha detto che le ha riposte sul fondo del baule e ha intenzione di ridargliele quando tornerà a casa per le vacanze di Natale» spiega Hermione saputa, l’unica che continua a intrattenere una corrispondenza con la figlia, senza mai volgere lo sguardo verso il marito.
Ron sbuffa, mandando giù il boccone di arrosto con un’ampia sorsata di vino elfico, dopodiché dice alla moglie: «Non capisco perché ti ostini a non dirle nulla. È tua figlia, miseriaccia, dovresti costringerla a parlare con me!».
A questo punto temo che stia per scoppiare un litigio coniugale di dimensioni epocali perché Hermione ripone con cura le posate ai lati del piatto, tampona gli angoli della bocca con il tovagliolo di stoffa e, lentamente, beve qualche sorso di vino elfico.
Ginny mi rivolge uno sguardo preoccupato, consapevole che a breve la nostra amica lo sbranerà vivo, ma non ha il coraggio di interrompere il momento di tensione che si è venuto a creare nemmeno per allontanare i bambini dalla furia omicida di Hermione.
«Hai ragione, è mia figlia» esordisce lei, sorprendentemente calma, con un sorriso che non lascia presagire nulla di buono, «e in quanto tale è dotata di un intelligenza emotiva che tu sicuramente non hai» prima stoccata che fa incrinare l’espressione risoluta di Ron.
«Inoltre, il fatto che una ragazzina di dodici anni sia in grado di ragionare con più logica e meno pregiudizi di te, non fa altro che riempirmi di orgoglio, per cui no, non la costringerò a rivolgerti la parola»
Seconda stoccata, recepita da Ron direttamente al centro del petto, mente Hermione si sforza di mantenere un tono neutro per non attirare l’attenzione dei bambini, ora impegnati a mangiucchiare l’arrosto e ridere di qualcosa che non ci è dato sapere.
«Infine, se l’avessi ascoltata quando cercava di parlati di Scorpius, quest’estate» e qui Ron storce il naso, come se il solo udire il nome di un Malfoy sia in grado di rovinargli l’umore, «sapresti che gli vuole davvero molto bene. Lui e Albus sono stati fondamentali all’inizio, quando le sue compagne di stanza volevano essere sue amiche solo perché è una Weasley-Granger e il resto dei Grifondoro la ignorava, avendo scambiato la sua timidezza per mero snobismo».
A questo punto l’espressione di Ron è decisamente rassegnata, con il rossore ormai diffuso anche al collo e alle gote e un’aria colpevole che, mestamente, gli fa abbassare il capo e mordersi la lingua pur di non discutere con sua moglie, la quale, ovviamente, ha ragione. Come sempre, d’altronde.
«Solo perché tu possiedi la varietà di emozioni di un cucchiaino non significa che siamo tutti così» è la stoccata finale di Hermione, alla quale però Ron non riesce a trattenersi dal ribattere.
«Ho un déjà-vu, non è che stai utilizzando una frase già sentita?» la provoca, incurante della veridicità delle sue parole, per il solo gusto di darle contro.
«Se io sono costretta ad usare frasi già sentite evidentemente qualcuno qui non è cresciuto abbastanza» risponde velenosa, rivolgendo al marito un’occhiata che cela sia rabbia sia comprensione. Sono certa che anche Hermione, inizialmente, si sia preoccupata a causa della vicinanza di Rose a Scorpius, non in quanto Malfoy in sé per sé ma perché Rosie è una ragazzina estremamente intelligente quanto ingenua e buona e facilmente sarebbe potuta cadere nelle trame di un Serpeverde.
Io e Ginny ci rivolgiamo uno sguardo d’intensa, comprendendo i comportamenti di entrambi, felici di aver concordato, fin dallo Smistamento, che non ci saremmo intromessi nella vita dei nostri figli, né di James, più intraprendente e carismatico fin dalla tenera età, né di Albus, più introverso e timido del fratello.
Infine, Hermione termina la sua apologia per Rose con un risoluto: «Tua figlia ha trovato un amico sincero, dovresti essere felice per lei, e non ne discuteremo più», dunque Ginny si appresta a stemperare la tensione raccontando dell’ultima missiva ricevuta proprio stamane da James.
«Mi è sembrato davvero strano ricevere una lettera da Jamie ad Halloween, solitamente è troppo impegnato a progettare scherzi per scriverci quindi mi sono preoccupata, quando poi l’ho letta sono rimasta davvero stupita» ha iniziato a raccontare, ricordando il colpo che ci è venuto questa mattina quando il gufo dei ragazzi ha picchiettato contro la finestra durante il pranzo. Abbiamo ipotizzato gli scenari peggiori: una ferita letale, l’espulsione a vita da Hogwarts, la sospensione, una punizione della durata dell’interno anno, e quando ci siamo decisi a leggere la lettera ci siamo dati degli stolti perché una notizia ufficiale di quella portata non sarebbe mai giunta tramite nostro figlio.
«Pare che Sir Nicholas abbia convinto un fantasma, tale Sir Thomas Fitzgerald, di essere troppo vecchio per partecipare alla caccia dei senza testa, così gliela presterà questa sera e finalmente potrà partecipare anche lui! James dice che non sta più nella pelle e ha invitato tutti i Grifondoro alla sua festa di Complemorte» racconta ridendo Ginny, catturando l’attenzione di Ron, che sicuramente ricorda tutto il ben di Dio servito in Sala Grande che ci siamo persi quando abbiamo partecipato alla festa di Nick-quasi-senza-testa.
Hermione lancia un’occhiata in tralice a suo marito, come per accertarsi di non essere stata troppo dura con lui e assicurarsi che la sorella lo distragga e lo faccia sentire meglio, distogliendo l’attenzione dalle mancate risposte di Rose che, ne sono certo, lo feriscono davvero, così come sono certo che Hermione stia cercando di ridimensionare l’ira della figlia, convincendola gradualmente a perdonare suo padre per un gesto compiuto in buona fede.
Un sorriso fiorisce spontaneo sulle mie labbra, ormai abituato allo strano rapporto tra i miei migliori amici, i quali, sebbene sembrino farsi la guerra, in realtà combattono sempre fianco a fianco. Tutto diviene naturale insieme a loro, che riescono persino a litigare furiosamente e, l’istante successivo, stringersi teneramente le mani sotto la tovaglia. Loro sono così: spontanei e sinceri, contemporaneamente ostinati e arrendevoli, battaglieri e pacieri.
E con il loro aiuto, con la loro forza e con la loro ostinazione, con la fedeltà di Ron e l’ingegno di Hermione, con la luce di Ginny, con l’innocenza di Hugo e Lily che ci imitano brindando col succo di zucca, con James, Albus e il resto del Clan Weasley, io sento di potercela fare.
Con tutti loro a coprirmi le spalle, io divengo consapevole delle mie capacità, dell’ardore che mi scorre nelle vene insieme al sangue fin da quel fatidico trentuno ottobre del 1981, che sfrigola sotto la pelle, scaccia i brividi e, ancora una volta, sconfigge i miei demoni.
Arrivederci, mostri infernali, il prossimo anno mi troverete ancora più agguerrito.
Michelle
Michelle
You are a monster from Hell
Michelle
Michelle
You are a monster from...
 

N.d'A.
Non so davvero cosa dire quindi sarò breve, anche perché ogni volta che mi metto a scrivere sembro essere a corto di idee e mi vengono robe infinite, quindi non vorrei scrivere note più del capitolo stesso...
Buon Halloween a tutti! 🎃
Se siete capitati qui per caso non saprete che solitamente scrivo della nuova generazione, dunque mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate del golden trio da adulto. D'altronde ormai questi concorsi li uso per sperimentare, dopo la os sui Malandrini (Buon Natale, Evans) non potevo farmi scappare l'occasione di scrivere sulle mie coppie preferite
Per chiacchiere, curiosità, sondaggi ecc, mi trovate sempre su ig --> flyerthanwind_ 
Luna Freya Nives

   
 
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