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Autore: Apatya    31/10/2020    1 recensioni
L'oscurità affascina da sempre, ogni essere umano ne è attratto. In essa si nascondono misteri, ombre e incubi, ma non per Matilde. Il buio è stato per lei la sua dimora, un angolo in cui potersi rifugiare da tutti i mali della vita. Fin quando non divenne un'ossessione, voleva coprirsi ogni parte del corpo di quel mondo fatto di sangue e di demoni. Voleva possedere la morte.
Ci sarà mai qualcuno, in quella fredda notte di ottobre, ad ascoltare i suoi dolori?
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Matilde amava l'oscurità. Ne percepiva ogni sua essenza da sempre, la bramava ogni notte e solo essa riusciva a darle quel piacere appagante da celarsi dietro ogni ombra. Se ne stava spesso a passeggiare scalza, nella radura vicina alla sua dimora: un dono di due genitori rimasti assenti per troppo tempo, durante le loro noiose e insignificanti vite.

Sentiva la terra bagnata entrarle sotto le unghie, sporcandole le dita e le piante dei piedi. L'erba alta si attorcigliava alla sua figura come rami d'edera, si aggrappavano a lei per spingerla sottoterra, dove avrebbe trovato la sua più grande perversione.

Matilde, però, non si arrendeva facilmente alla morte, lei voleva possederla. Saziarsi di anime, cibarsi del sangue di corpi innocenti. Sapeva di sentirsi diversa, sbagliata a causa di tutto il marciume, che le riempiva le vene di acido e veleno. Aveva l'irrefrenabile impulso di sentire tra le sue mani un cuore pulsante, nell'atto più eccitante: vederlo spegnersi istericamente e imbrattarla di rosso carminio, mentre quel liquido scivolava, come zampe di ragno, lungo le sue esili e pallide braccia. La sua carnagione era così chiara da far invidia alla Luna, le sue spalle erano contornate da ricci ribelli, del colore del fuoco, da solleticarle l'epidermide.

In quelle ore, il mondo intero cadeva nelle mani della paura, il terrore trionfava su tutte le terre e Matilde era pronta per concedersi completamente al male. Aspettava quel momento da troppo tempo, i comuni mortali la chiamavano la notte di Halloween, dove bambini e ragazzi si divertivano a fare dolcetto o scherzetto tra le vie dei loro quartieri. Quanta ingenuità in quei piccoli occhietti imbrattati di tempere e zucchero, quei sorrisi la facevano rabbrividire. Sentiva crescere dentro di lei l'irrefrenabile atto di uccidere, di saziarsi di quelle anime troppo pure e riempirle di paura.

In quella radura, dove anche gli animali notturni s'erano quietati davanti al suo cospetto, Matilde fece un patto col diavolo. Dei canti di testi antichi -studiati per anni in biblioteche del suo paese, sperdute tra le colline marchigiane, dove nessuno poteva disturbarla- si librarono nell'aria e la sua voce, quasi come un rantolo di un corvo, divenne parte del vento. Il gelo di quella notte si fece più intenso e i rami scheletrici degli alberi intorno iniziarono le loro danze, accompagnati dal ritmo melanconico di quella musica macabra.

Si spogliò delle sue vesti e rimase nuda davanti ai demoni che venivano implorati, acclamati dalle sue parole maledette, fatte di sospiri, di urla e di risate maligne. I suoi occhi si riempirono di sangue, i suoi palmi si imbrattarono di quel liquido a causa delle ferite inferte dalla lama grezza di un vecchio coltello. La sua pelle lattea venne sporcata da quel colore carminio fuso col nero della pece, dove ribolliva dentro le sue vene malate, scottate da quel calore insaziabile. Anche i capelli e le efelidi si mischiarono con quel fluido da renderla quasi una fiamma umana.

Poco dopo, le urla cambiarono di colpo; da dolci e sensuali divennero rudi e potenti. Un insieme di lingue arcaiche di cui poche persone sapevano il significato, un segreto che solo lei e le anime dannate riconoscevano. Anche i movimenti del suo corpo erano scossi dai brividi, da farle compiere movimenti inumani. Stava dando in offerta se stessa, voleva diventare parte di quel mondo infernale e dare un senso alla sua miserabile vita, fatta di rifiuti e illusioni. Finalmente, avrebbe colmato la sua vendetta e si sarebbe sbarazzata una volta per tutte di quella gente che non l'aveva mai accettata. Nel suo paese era stata additata come strega e le persone di quel posto, troppo legate a Dio e alle sue parole, al passaggio di Matilde tra le vie piene di sampietrini la guardavano come creatura del diavolo. Colei che avrebbe portato discordia e malocchio in tutte le case: un errore della natura. Non sapevano che con le loro parole taglienti avevano fatto diventare Matilde marcia dentro.

Era diventata il peggior incubo di ogni persona, colei che avrebbe portato via le loro anime da quei corpi raggrinziti e avvelenato i loro figli.

Quei canti vennero finalmente ascoltati, Lucifero stesso, l'angelo ribelle e il portatore di luce più affascinate di tutta la schiera dei cherubini, si era invaghito di quel richiamo da voler sentire con attenzione cosa avesse da offrirgli. La sua anima era nera come il petrolio e lui ne era estasiato, la voleva con sé e finalmente avrebbe avuto una possibilità di distruggere il lavoro sporco di suo padre: avvilire ogni peccatore e riempire il suo impero di dolori strazianti da eccitarlo per tutta l'eternità.

Aveva accolto la sua anima e sigillato con lacrime insanguinate, quel patto malato di una ragazza ormai stanca di vivere una vita, in cui nessuno le aveva dato attenzioni. Le diede il potere di uccidere, di diventare il mostro mietitore e poter finalmente placare le loro perversioni.

Matilde si sentiva appagata, estasiata, mentre la morte le entrava dentro ogni sua cellula. Il suo corpo si stava trasformando, le sue braccia si annerirono e si assottigliarono. Le ossa si ruppero e si allungarono, scricchiolii di piacere e risate isteriche di una donna completamente diventata pazza di quella sua nuova invincibilità.

I denti si affilarono e il collo si allungò, mentre gli occhi si riempirono di milioni di iridi scure e i capelli rossi come l'inferno si imbrattarono di filamenti sottili, trasparenti. Un aracnide assetato di vendetta, avrebbe tessuto la sua tela riempiendola di corpi deliranti e di anime innocenti. Cuori palpitanti e in preda a una corsa verso la loro morte, dove nessuno avrebbe più trovato la pace. Un inferno in cui anche Lucifero avrebbe peccato d'invidia, perché ormai Matilde non c'era più. Era rimasto solo il suo ricordo tra gli echi silenziosi del vento, mentre il male aveva preso posto all'interno di quel corpo completamente vuoto.

Chi sarà il primo più coraggioso a chiedere «dolcetto o scherzetto»?

   
 
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