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Autore: NyxTNeko    01/11/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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- Ora che siete tutti qui, cittadini - esordì tuonante Dugommier sollevando gli occhi dalla cartina piena di segni e sgualcita sul tavolo, ai suoi uomini, seduti attorno a lui. La maggior parte si sforzava di dimostrare il sangue freddo, l'autocontrollo; era un'operazione rischiosa, se non impossibile, ma era anche l'unica da poter essere messa in pratica, il generale lo sapeva benissimo - Posso riferirvi le nostre mosse, anche se dalle vostre facce posso intuire che le sappiate già - si rivolse a Buonaparte, che era uno dei pochissimi, se non l'unico, a non avere neanche un briciolo di paura. Fremeva dal desiderio di scendere in campo, oltre ad attuare quel piano che aveva in mente da mesi.

- Repetita iuvant - fece Napoleone rammentando una delle poche massime latine che aveva imparato dai tempi dell'accademia e che gli era rimasta impresso, grattandosi la nuca - Per cui non abbiate alcun riguardo nel rinfrescare loro la memoria - il tono usato, quella punta di sarcasmo e di arroganza non piacque a molti, soprattutto perché era giovanissimo. Praticamente un ragazzo quasi inesperto, era in fondo la sua prima volta, circondato da ufficiali veterani o comunque d'età maggiore che dettava loro come agire e combattere.

Buonaparte era cosciente del fatto di non risultare simpatico ai suoi colleghi, però non gli importava, aveva conquistato con le sue sole forze la fiducia dei suoi uomini e, adesso, perfino del generale. D'altronde aveva imparato a non considerare più di tanto i pareri altrui: se voleva raggiungere l'obiettivo prefissato, doveva andare avanti, senza permettere agli ostacoli di fermarlo. "Non m'importa se resterò solo, anzi, si cammina più velocemente nella solitudine, non si è rallentati, si diventa solo più obiettivi, oggettivi ed efficienti" pensò mentre leggeva l'ostilità soffocata nelle iridi dei suoi superiori e colleghi "Se poi qualcuno, come Dugommier, Junot o Marmont, si dimostra abile, coraggioso, affabile ben venga, sono disposto a collaborare, a mettere da parte un po' del mio individualismo per il mio bene e quello comune".

Aveva imparato velocemente e a sue spese che il mondo era spietato e al tempo stesso indifferente, insensibile alla vita dell'uomo e che bisognava fare affidamento esclusivamente sulle proprie qualità e conoscenze, oltre alla volontà, e ne aveva tanta, così come era grande la sua ambizione. Voleva ambire ad una posizione elevata che gli sembrava più consona alla sua personalità di dominatore, pur essendo faticoso, tuttavia non avrebbe rinunciato facilmente alla sfida. Anche perché voleva sapere più di sé stesso, fin dove poteva spingersi? Spesso se lo chiedeva, in quanto era conscio di essere un visionario, un sognatore e sognava in grande.

- Avete certamente ragione, maggiore Buonaparte - rispose Dugommier con polso fermo, avendo intuito l'aria ostile che si era creata. Non poteva permettere che venisse a mancare la coesione fra i suoi sottoposti, l'assedio di Tolone era durato anche troppo e non ci si poteva più permettere degli errori o altri tentennamenti. Sbatté la mano sul tavolo, sperando di riportare l'attenzione su quanto avrebbero dovuto fare. Quelli sussultarono e si ricomposero sulle sedie Napoleone compreso, non sarebbe servito a nulla farsi guerra a vicenda, si doveva lavorare insieme - Bene, ora posso riprendere il discorso...

Il corso rimase abbagliato dai suoi modi, era bastato semplicemente il pugno fermo a far riportare chiunque all'ordine, non le minacce, né l'aumento della voce e nemmeno un'espressione, irosa. Invidiò non poco il suo carisma pacato, a differenza del proprio che era infuocato e inquieto, tipicamente giovanile e mediterraneo - Volete che faccia io? - domandò poi con profondo rispetto.

- Pensate a conservare le energie per la prossima battaglia, maggiore - gli disse semplicemente Dugommier, sorridendo leggermente - Ho ancora la grinta necessaria, nonostante l'età

- Non volevo intendere ciò generale - precisò Buonaparte, leggermente imbarazzato, non aveva alcun motivo di burlarsi di lui - Al contrario, non ho più alcun dubbio sulla vostra esperienza - ricambiò il sorriso e poi abbassò lo sguardo sulla cartina. Capì che probabilmente era meglio tacere in una situazione del genere e lasciar fare a chi aveva comunque, per ragioni anagrafiche, più esperienza di lui. Era la scelta più ragionevole e sensata da prendere.

Dugommier trovava quell'ufficiale sempre più strano, che intendeva dire con quel 'non ho più'? Che forse prima aveva dei dubbi sulla sua carriera? Non riusciva ad inquadrarlo del tutto, ed era la prima volta che gli capitava, l'unica cosa che aveva intuito, però, era che quell'ufficiale non fosse affatto un uomo comune "Un giovane militare che elabora un piano così in breve tempo, non può che essere una mente sopraffina, ed oggi più che mai la Francia ne ha un disperato bisogno". Poi raddrizzò le spalle, tossicchiò con la mano destra chiusa a pugno e riprese - Dunque, l'unico modo che abbiamo per vincere è impossessarsi della collina dell'Éguilette, che adesso è nelle mani inglesi, assieme al forte Mulgrave - mentre parlava indicava con le dita il percorso che avrebbero fatto - Per realizzare ciò, dobbiamo aumentare il numero delle batterie da posizionare nelle zone strategiche che vi indicherò

Lanciò un'occhiata al comandante dell'artiglieria, il quale annuì tacitamente, prevedendo il compito che avrebbe eseguito - Non temete generale, io e i miei uomini costruiremo tutte le batterie che volete, senza alcuna sosta, se necessario... - ribatté determinato, fremendo dalla voglia di combattere e distruggere i nemici. Le deboli fiamme delle candele riuscirono a mostrare il bagliore che splendeva in quegli occhi grigi.

Dugommier allargò le labbra sorridenti - Perfetto, maggiore, la vostra tenacia e preparazione ci saranno davvero utili! - rivelò sincero, ammirato dal suo incrollabile coraggio, tornò nuovamente sulla cartina, rivolgendosi ai restanti - Tuttavia ho pensato di attuare un finto attacco sul Monte Faron, in modo da depistarli, confonderli e dare così il tempo sufficiente per caricare al massimo la nostra artiglieria e sbaragaliare le difese

- Penso che sia un'ottima idea generale - s'intromise La Poype, anticipando Napoleone, al suo fianco che stava per prendere di nuovo la parola, in fondo era uno degli ufficiali con la carica più elevata dopo Dugommier - E che quindi sia giunto il momento di incominciare finalmente questo attacco che tutti stavamo aspettando da fin troppo tempo ormai - aggiunse il sottoposto, dando voce al volere di ognuno: riprendere Tolone e andarsene da vincitori.

Napoleone, leggermente indispettito per il suo diritto di parola negato, si trovò d'accordo per la prima volta con La Poype, il quale stava mostrando un'entusiasmo e un'energia che non aveva riuscito a manifestare durante la permanenza di Carteaux. Il corso spostò la gamba sinistra verso l'esterno della sedia, sperando di placare il prurito insopportabile, era un inferno restare seduti, avendo l'impulso di grattarsi il didietro. Ma doveva resistere, non voleva nessun medico fra i piedi, né prendere altri strani e inutili veleni, che chiamavano farmaci. Si sforzava di concentrare l'attenzione solamente sulle parole del generale, che aveva ripreso a parlare.

- La nostra artiglieria costruirà una batteria sulla cresta dell'Evescat, a nord-ovest dal forte Mulgrave e rinforzerà quella ad ovest sempre sul forte, chiamata da Buonaparte "Uomini senza paura" - precisò alla fine il generale cerchiando quella già denominata e segnando la zona in cui la nuova sarebbe stata piazzata. A questo punto gli inglesi sarebbero stati completamente circondati e sotto il tiro dei francesi, per questo aveva bisogno di una messinscena sul Monte Faron.

- Dei Giacobini - dichiarò d'un tratto Napoleone, dopo essere rimasto in silenzio per qualche secondo - La nuova batteria sarà dei Giacobini, in onore dei fratelli Robespierre e del partito che è a capo del governo, che ci permettono di restare qui, che continuano ad avere fiducia in noi, nonostante i mesi trascorsi - aggiunse alzandosi in piedi, scosso da un ardore irrefrenabile che gli faceva tremare la voce e le membra.

Dugommier ridacchiò sottecchi, non capiva questo suo desiderio di denominare le batterie, un'altra ad esempio era stata chiamata "Convenzione", ma lo lasciava fare, attribuendo questo suo bizzarro atteggiamento alla giovane età - E sia! Se a voi sta così a cuore la causa rivoluzionaria, maggiore Buonaparte, sia fatto ciò senza alcun problema - smise di ridacchiare e a braccia conserte ritornò serio, illustrando il dispiegamento delle altre forze militari che avrebbe guidato personalmente, supportato dagli aiutanti di campo e dai generali inferiori.

29 novembre

I giorni successivi alla messa a punto della strategia furono frenetici, non vi era un attimo di respiro. Gli alleati, già insospettiti dalla costruzione dell'ennesima batteria, furono letteralmente bersagliati dal fuoco nemico, ininterrottamente. Il posizionamento della batteria dei Giacobini avvenne in maniera talmente rapida ed efficente, da non permettere un vero contrattacco da parte degli inglesi; chi era inesperto si rifugiò nei pressi del quartier generale di O'Hara, l'artiglieria invece, poté solamente cercare di rispondere ai francesi, con poche speranze di successo.

Il comandante inglese non aveva ancora un piano definito, eppure si stava scervellando per cercare di comprendere la faccenda ed elaborare qualcosa che potesse contenere momentaneamente l'offensiva. "I rivoluzionari si stanno muovendo con molta più aggressività del solito" riflettè controllando gli spostamenti con il cannocchiale, si sporse paurosamente verso l'esterno, tentando di osservare quel poco che si scorgeva tra il fumo, lungo le varie colline, teatri di accesi scontri "A quanto pare hanno l'urgenza di terminare l'assedio, il generale Dugommier deve aver messo loro molta fretta, forse è la chiave per il nostro successo" gli balenò improvvisamente, dettò alcuni ordini ai suoi aiutanti di campo che partirono immediatamente ad informare i sottoposti.

Aveva notato infatti che gran parte degli avversari erano concentrati sulle pendici del Monte Faron, un feroce scontro ravvicinato tra soldati, indovinando che gli attacchi dell'artiglieria francese fossero di copertura, allo scopo di evitare che arrivassero rinforzi dal quartier generale avversario. Come un lampo, scorse il passaggio che mancava per ottenere la vittoria: era dalla batteria della Convenzione che provenivano i colpi con minor frequenza ed era scoperta. Era lì che doveva colpire. - Portatemi l'uniforme! - fece ai suoi servi - È arrivato il momento di scendere in campo di persona

La batteria della Convenzione era sotto il comando di un caporale fresco di nomina, capace, ma dalle scarse risorse sia dal punto di vista umano sia dei rifornimenti. Tuttavia non aveva mai fatto pesare tali mancanze ai suoi uomini, prendendo esempio del maggiore Buonaparte, incoraggiandoli attraverso appassionanti discorsi e l'esempio - Dobbiamo resistere fino a quando non ce lo dirà il nostro comandante, è un sacrificio per ognuno di noi, ma fondamentale! - Obbedienti, come una macchina ciascuno compiva il suo dovere: chi preparava i cannoni, chi la polvere da sparo e chi il tiro.

Charles O'Hara preparò i suoi 3000 uomini e accortamente presero a marciare, coperti dal buio, erano le 4 del mattino e i francesi stremati, avevano finalmente deciso di prendersi una breve pausa e protetti dall'artiglieria a cui aveva già dato spiegazioni sulle sue intenzioni: cogliere il nemico alla sprovvista, di sorpresa, una sortita a loro danno, sarebbe stato più facile con la guardia abbassata. Aveva inoltre percepito la stanchezza che aleggiava nell'aria e giungevano alle sue orecchie le tipiche lamentele dei soldati, la conoscenza della lingua gli era più che utile.

- Per quanto ancora avranno intenzione di resistere questi figli di puttana? - sbottò borbottando uno di quelli, crollato a terra, era esausto, gli occhi appesantiti dal sonno, le orecchie ancora stordite dai continui colpi dei cannone e degli spari in lontananza.

- Spero schiattino il prima possibile - rispose un compagno al suo fianco, grosso e resistente, eppure spossato al suo pari - Che una mareggiata li faccia affogare tutti quanti, si credono migliori di noi con le loro barchettine, al caldo e al sicuro - replicò sputando a terra, sciorinando una bestemmia dopo l'altra - Vorrei vederli al nostro posto, non durerebbero nemmeno due secondi

Il caporale restava in silenzio a guardare in lontananza la batteria degli Uomini senza paura, c'era il comandante alla testa dei suoi uomini, le bocche di fuoco s'intravedevano grazie alla flebile luce delle lanterna "Chissà per quanto ancora riusciremo a stare in piedi?" si domandò sospirando - Coraggio - riferì ai suoi - Cercate di recuperare un po' di forze per il prossimo attacco, non sprecatele per blaterare - si sdraiò e si coprì con il misero lenzuolo che aveva a disposizione.

Napoleone, diffidente e accorto di natura, non si sentiva affatto sereno, quel silenzio, quella calma immobile e gelida non gli piacevano per nulla, le scorse notti erano state tutt'altro che mute fredde - Junot - irruppe, rivolgendosi al collega che si era appena seduto accanto - Teniamoci attenti e pronti, c'è fin troppa tranquillità, potrebbero attaccarci da un momento all'altro - sussurrò guardingo. L'aiutante di campo si voltò rapidamente verso di lui e lo guardò, era teso e concentrato. Aveva ragione, c'era una strana tensione e una quiete alquanto sinistra, per niente rassicurante.

- Adesso! - urlò O'Hara non appena si era accorto che gli artiglieri della batteria della Convenzione si erano appisolati inesorabilmente, vinti da Morfeo. Fu il primo ad alzarsi in piedi e a scagliarsi contro il nemico, il suo seguito si accodò urlando, augurando la morte del nemico. I soldati francesi si svegliarono di soprassalto, provando a recuperare alcune baionette e a caricarle velocemente: erano troppi e decisamente più freschi e riposati di loro. Per cui, spinti dalla paura, iniziarono a disperdersi disordinatamente, alcuni, nella confusione creatasi, rimasero feriti, altri ancora uccisi, tra questi il caporale che aveva spinto i suoi a  difendere la batteria. Con pochissime perdite O'Hara aveva ottenuto la 'Convenzione' e l'aveva inchiodata - Ora pensiamo al recupero delle altre, ci vorrà un po' di tempo prima di ricevere una risposta dal nemico, per cui riposatevi

- Junot! - gridò Buonaparte nel vedere in lontananza la sortita avvenuta, era stata così repentina che nemmeno uno sveglio come lui, che aveva presagito l'imboscata ma non poté evitarla, avrebbe potuto fare molto se fosse stato nella medesima situazione, specialmente nel constatare quanto il terrore l'avesse peggiorata.

- Vado immediatamente - assentì Junot captando subito che cosa il maggiore intendesse.

- No - lo smentì imperioso Napoleone - Prendetemi il cavallo, andrò di persona dal generale, dobbiamo elaborare un contrattacco rapidamente, prima che sia troppo tardi! - l'aiutante, lievemente spaesato dalla sua risposta, eseguì e glielo consegnò poco dopo - Bene, svegliate gli altri e dite loro di prepararsi - precisò  alla fine. Diede un colpo di sperone al suo destriero e similmente ad un lampo, nonostante fosse buio pesto e le nuvole celassero la luna alla vista degli uomini, si diresse al quartier generale, la rabbia si sbollì, lasciando posto alla vendetta e alla voglia di rivincita personale, quell'ufficiale inglese, del quale non sapeva l'identità, lo aveva sfidato apertamente attaccando l'artiglieria - Generale! - urlò non appena raggiunse fulmineo la tenda.

Dugommier accortosi della sua presenza, non si stupì e lo fece entrare - Buonaparte, so già quanto è accaduto - si morse le labbra furibondo quanto lui - E non ci voleva... - vide il comandante dell'artiglieria deciso nel dover recuperare quella batteria, stringeva gli scarni pugni rabbiosamente, eppure mostrava una freddezza inaspettata, una determinazione incrollabile - Avete già in mente come agire? - domandò speranzoso.

- Una sortita simile alla sua - fu la sua riposta, la sua mente aveva iniziato ad elaborare un contrattacco lampo contro di lui - Come noi in quell'istante, l'ufficiale che ha guidato l'attacco a sorpresa non si aspetta una controffensiva da parte nostra - in quel momento arrivarono anche gli altri ufficiali, avvertiti dell'attacco di O'Hara.

Dugommier rimuginava appoggiandoi gomiti sul legno, riferì l'idea del comandante dell'artiglieria, aggiungendo, a mo' di avvertimento - Sarà un contrattacco che io e il maggiore Buonaparte condurremo - Poggiò le mani sul tavolo e discutendo animatamente con i suoi colleghi, soprattutto con Buonaparte, che aveva le idee più chiare di tutti, arrivarono all'elaborazione del piano. Si sarebbe svolto all'alba.

Napoleone abbandonò momentaneamente la batteria des Hommes sans peur, assieme ad un battaglione di 400 dei suoi più fidati artiglieri e attraversò le trincee che si allungavano fino all'altura dov'era ubicata quella occupata. Prudenti, trascinavano i cannoni il più silenziosamente possibile, posizionandosi al fianco del grosso dell'armata, evitando ogni minimo rumore, nel frattempo che Dugommier con il suo seguito, a cui si erano aggiunti gli artiglieri scappati durante la sortita inglese e che volevano riscattarsi, facesse la sua parte.

Il corso afferrò il cannocchiale e controllò l'avanzamento dell'ufficiale inglese che stava avvicinandosi a grandi passi verso il loro generale. Poco distante dai cannoni della Convenzione scorse il corpo del povero caporale, derubato e spogliato, oltre ad altri uomini che avevano lottato fino in fondo. Li avrebbe vendicati.

Contemporaneamente ordinava di tenere cariche  le baionette e l'artiglieria, e di stanziarsi in ogni angolo al fine di confonderli, tenendo d'occhio la batteria inchiodata dagli alleati. Non appena la battaglia tra gli eserciti di Dugommier e di O'Hara infuriò, nei quali entrambi dimostrarono un coraggio impressionante, suscitando ancora più stima in Napoleone, quest'ultimo, dopo aver avuto la conferma della posizione dei piccoli cannoni, nascosti, mirati sullo stesso bersaglio - Feu! - imperò.

Una scarica di colpi di arma da fuoco si abbatté sul contigente militare, i quali non si aspettavano un ulteriore attacco e non riuscendo a comprendere da dove provenissero le raffiche, cominciarono a spararsi fra loro - Che idioti, ci sono cascati come dei polli! - commentò fra i denti il corso, dietro un cespuglio, poggiando le dite affusolate sull'elsa della spada, preparato a scattare al momento opportuno. Lo stesso O'Hara non riusciva a raccapezzarsi, il caos volutamente organizzato da Buonaparte e dai battaglioni che riversavano palle di piombo senza tregua spezzò le forze alleate. Dugommier, in cuor suo, nel mentre si scontrava con un manipolo di nemici, leggermente ferito, si complimentava con il giovane per il tempismo perfetto.

- Addosso! - gridò Napoleone sfoderando la spada, buttandosi nella mischia con parte dei suoi soldati, agguerriti e desiderosi di mostrare il proprio valore - Addosso! - ripetevano con una sola voce. Il maggiore si accorse che il generale inglese era sotto il suo tiro e corse nella sua direzione. Questi era intenzionato a tornare alla sua base a cavallo, per chiamare rinforzi "Non mi sfuggirete" disse fra sé Buonaparte, con il fiato corto prese la pistola, mirò alla mano che stava per afferrare la briglia e sparò, ferendolo tra le grassocce dita.

Il generale cadde, soffocando un'imprecazione in ginocchio a terra, il cavallo spaventato nitrì imbizzarrito. O'Hara si sentì afferrato per la divisa da più mani - Adesso non scapperete più! - la voce aspra di un francese lo ridestò e si trovò circondato da soldati nemici e sovrastato da un giovanissimo ufficiale superiore che lo fissava intensamente, era uno degli uomini che guidava i battaglioni, il tenente colonnello Louis Gabriel Suchet - Se vi arrendete vi risparmierò la vita - gli suggerì perentorio Napoleone minacciandolo con l'arma puntata al petto.

O'Hara terrorizzato dal suo sguardo glaciale che gli suscitava un'angoscia sconosciuta e tutt'al più stordito dal dolore, dalla fatica, non poté far altro che arrendersi ancora una volta, com'era accaduto in America, i suoi uomini fecero altrettanto. I francesi si fermarono e urlarono di gioia, era la prima vera vittoria conseguita, seppur parziale. - Ecco a voi il responsabile, il suo manipolo e la bandiera, generale - riferì Buonaparte, a battaglia terminata, consegnandogli O'Hara e 200 anglo-napoletani.

- Voi non sapete chi avete appena catturato? - chiese Dugommier ad un impolverato Napoleone che negò di conoscerlo; il superiore allora rispose subito - Il governatore della città, il generale Charles O'Hara - Napoleone spalancò gli occhi, fissando incredulo prima l'inglese dall'espressione umiliata e spaventata e poi Dugommier che, invece, lo rimirava orgoglioso - A questo punto la promozione non può più attendere, maggiore... - gli mise sul petto una mostrina - O dovrei dire colonnello Buonaparte

- Co... colonnello... - sussurrò il giovane mentre toccava la nuova mostrina che brillava, era emozionatissimo, come poche volte gli era capitato in vita sua - Io... non so che...dire - balbettò.

- Ci stavo già pensando da un paio di settimane, ma l'impeccabile risultato di oggi e la vostra azione, accompagnata dalla cattura di un ufficiale  mi ha dato la piena conferma - ammise dandogli una pacca sulla spalla, ormai convinto che sarebbe potuto precocemente arrivare al grado militare più elevato, avendo notato la sua evidente predisposizione al comando "Potrebbe essere mio figlio, eppure il suo innato, spiccato talento lascia spiazzato persino un vecchio militare come me, che s'illudeva di averne viste già tante".

 

   
 
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