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Autore: NyxTNeko    08/11/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Napoleone uscì dalla tenda del generale Dugommier ancora scosso e incredulo. Aveva intuito che la cattura di un ufficiale nemico avrebbe portato alla promozione, però aveva creduto che sarebbe stato premiato con il grado di tenente colonnello, com'era stato in Corsica e quindi livellare quella differenza che c'era fino ad annullarla completamente. Solamente così poteva lasciarsi totalmente alle spalle il suo passato e rivolgersi esclusivamente alla sua nuova vita sul continente. "Ma colonnello...oh colonnello non me lo aspettavo proprio..." riflettè sorridendo. Il generale era riuscito a stupirlo come pochi altri in vita sua "Incredibile..." Ridacchiò, celando le labbra con la mano, doveva mantenere il controllo.

Percepiva dentro di sé una forza interiore maggiore rispetto al solito, come se l'avanzamento di carriera lo avesse accresciuto in  potenza, avvicinandosi a quell'energia che tanto bramava possedere. Chiuse gli occhi e posò di nuovo la mano sulla mostrina appena aggiunta, tastando il materiale e le dimensioni, voleva studiarla a fondo, in modo da renderla familiare il prima possibile. Gli sembrava un sogno, in così poco tempo e in giovanissima età era arrivato quasi all'apice della gerarchia militare. Dava parte del merito alla rivoluzione che aveva accelerato tale processo, oltre a permettere l'accesso di massa a cariche esclusive, concesse solamente alla aristocrazia.

Tuttavia, non gli era capitato di trovare ufficiali superiori a lui coetanei o, quasi, per cui cominciava a pensare che fosse davvero dotato di un grande talento che il generale aveva scorto durante l'ultima azione e che desiderava far emergere, per il bene della Francia e della Rivoluzione. Dugommier aveva stampato sul suo volto la limpidezza dei suoi intenti, che lo avevano colpito molto, era una rarità. "Chissà se avrà individuato anche quest'ambizione che mi divora, che non mi fa chiudere occhio, ma che al tempo stesso mi dà una ragione per vivere ancora?" si domandò voltando leggermente lo sguardo all'indietro, per controllare che non ci fossero movimenti sospetti alle sue spalle. Vi erano solamente alcuni soldati che stavano giocando a carte, dediti all'imbroglio nei confronti di un collega più inesperto e onesto, che suscitò l'ilarità del neo colonnello.

In quei mesi il giovane aveva tenuto a freno quell'ambizione così travolgente, così vivida, quasi dotata di vita propria, tentando di incanalarla nel lavoro che stava svolgendo con dedizione e pazienza, seppur gli risultasse difficile celarla completamente. Non voleva dimostrarsi solamente un uomo desideroso di gloria, ma anche e soprattutto un patriota eccellente ed estremamente devoto alla causa rivoluzionaria, che oramai condannava, in cuor suo, per l'estremismo raggiunto e il sempre più potere conferito al popolino incontrollabile e volubile.

"Bisogna tenere fermo il popolo con le briglie, similmente ad un cavallo, altrimenti non potrà mai essere garante di un potere solido" si diceva spesso, ogni qualvolta che leggeva o veniva a conoscenza di tumulti e ribellioni all'interno delle città più importanti e della capitale in primis "Quando si renderanno conto di ciò, faranno la stessa fine dei sovrani che hanno tanto voluto ammazzare per accontentare quello stesso popolo che li aveva condannati" sospirò profondamente ripensando a questo discorso che aveva elaborato di frequente. Si augurava che non capitasse anche a lui quella sorte, stava collaborando con quel regime che disprezzava, seppur per mera sopravvivenza.

Ricordandosi della famiglia, rivolse l'attenzione al percorso che si snodava dinnanzi, aumentò il passo, diretto alla sua di tenda, doveva informare immediatamente i fratelli e la madre della sua promozione e della sua salute. L'ultima lettera l'aveva inviata solo la settimana scorsa, avrebbe voluto scriverne un'altra già da prima, in realtà, declinando ogni volta, ma quella promozione inaspettata lo invogliò ad elaborarla urgentemente. Gli mancava il clima familiare, pur sentendosi a casa fra i suoi uomini, questi non potevano sostituire le voci, i litigi, la parlata e l'accento corso che in Francia faceva storcere il naso, e che tra i parenti era, invece, strumento di coesione, di unità.

Il pensiero andò inevitabilmente sul padre, e s'incupì lievemente, era sempre doloroso rimembrare quell'uomo e il ruolo primario che quella figura era stata per lui. Eppure, inevitabilmente, vi tornava sempre, come se non volesse realmente recidere quel legame che la sua morte aveva impedito di far maturare e di chiarire "Chissà cosa penserebbe di me adesso?" Sollevò la testa verso il cielo plumbeo, illudendosi di poter intravedere l'azzurro tra le nuvole minacciose, quel colore simile alle iridi del padre.

Il destino li aveva resi diversi perfino nell'aspetto fisico, volendo evidenziare la profonda diversità delle loro personalità e delle loro anime. L'avvocato Carlo Buonaparte fu un uomo allegro, gioviale, dalla presenza piacevole, d'altronde era alto, affascinante e curato. Un amante della vita, delle donne, della moda francese e del gioco, oltre che grande spendaccione che cumulava debiti su debiti. Anche se poco presente durante la sua breve infanzia era sempre stato buono nei suoi riguardi, e non poche volte lo aveva 'salvato' dalle punizioni della severa madre "È solo un bambino vivace, è giusto che sia così alla sua età, imparerà a controllarsi con il tempo, vedrai" lo giustificava bonariamente, subito dopo avergli spettinato i capelli, scoperta la marachella della giornata, ed essere scoppiato a ridere gioioso, al pari di un ragazzino, nonostante fosse sulla trentina avanzata. Giuseppe e Luciano erano i più somiglianti dal punto di vista caratteriale. A differenza del padre e dei fratelli citati, Napoleone non riusciva a godersi la vita con leggerezza e fiducia.

"Probabilmente mi riempirebbe di complimenti, con la sua espansiva tracotanza e il suo inguaribile entusiasmo, in fondo ha investito molto sulla mia formazione" riflettè malinconico "Desiderava ardentemente che nella famiglia Buonaparte ci fosse un militare preparato...per aumentarne il prestigio e non un ufficiale improvvisato come lo era stato al fianco di Paoli...anche se alla fine i miei studi non hanno portato al sogno che sperava...una Corsica libera..." Sospirò riprendendo a camminare, a testa bassa, allacciando le mani dietro la schiena. Ritornò sui suoi passi, era certo che di suo padre non restava nulla, se non il ricordo, sempre più sbiadito e lontano. Forse un giorno lo avrebbe dimenticato completamente? "Adesso posso adoperare le mie doti soltanto per soddisfare me stesso e la mia famiglia, gli ideali rivoluzionari sono solo specchi per le allodole, illusioni vere e proprie, che però dovrò continuare a seguire se voglio restare incolume" ammise a sé stesso.

La promozione a colonnello ravvivò il desiderio di scalare la vetta militare, gli mancava solo un piccolo passo per raggiungere la cima, la intravedeva già, era sufficiente allungare leggermente la mano per ottenerla e saziare il suo tormento interiore. Aspirare alla carica di generale non gli sembrava più un peccato o una trasgressione da nascondere, al contrario, gli spettava di diritto solamente per la pazienza mostrata fino a quell'istante. Inoltre era convinto che il generale Dugommier stesse aspettando, come lui, la messa in atto dell'ultima e decisiva parte del piano per promuoverlo e renderlo un suo pari. "Sarebbe imprudente forzare troppo la mano, i suoi colleghi potrebbero insospettirsi e togliergli la fiducia, ed è l'ultima cosa che desiderei al momento" si torturò le mani dietro la schiena e si morse le labbra.

Dal cambio di luce realizzò di essere arrivato alla meta, l'ombra scomparve dal suo sguardo, divenuto limpido, trovò i due aiutanti di campo che si stavano riprendendo dalla breve battaglia appena sostenuta. I due si accorsero dell'espressione mesta del loro comandante e credettero che avesse ricevuto un rimprovero o che fosse rimasto deluso da un atteggiamento del generale, fino a quando scorsero, quasi per caso, la mostrina che indicava il suo nuovo grado e si fissarono straniti.

Napoleone li guardò a sua volta e precisò, leggendo il loro evidente sgomento - Non è la promozione ad impensierirmi, anzi, sono davvero felice di aver raggiunto un livello tanto elevato, sono altri i pensieri che appesantiscono il cuore... - si tolse il tricorno e lo appoggiò sul tavolo, dopodiché si sedette, soffocando un'imprecazione dovuta alla scabbia - Me ne dimentico sempre, dannazione

- Dovreste seguire il nostro consiglio comandante - gli ricordò Junot con tono conciliante, per evitare che s'indispettisse - Eviterete di soffrire ulteriormente

- Ve lo ripeto Junot - iniziò Buonaparte grattandosi le braccia - Non lo farò mai, anche a costo di averla per tutta la vita - ribadì ancora, sempre convinto di avere totalmente ragione. Non capiva come potessero fidarsi di gente simile, che basava le cure su estratti naturali dalla dubbia utilità e dagli scarsi risultati.

- Lasciate perdere Junot - s'intromise Marmont sorridendo - Non serve a nulla insistere con lui, se non a sprecare fiato ed energia, credetemi - ammiccò il collega, afferrandogli il braccio sinistro che teneva alzato.

- Vedete, il vostro amico ha capito tutto - puntualizzò Buonaparte, prendendo carta, penna e calamaio - Ed ora se non vi dispiace vi pregherei di fare silenzio, devo scrivere una lettera alla mia famiglia - intinse la piuma nell'inchiostro e cominciò a stendere la struttura dei concetti che aveva già elaborato, che l'anima gli dettava. 'Il generale Dugommier si è battuto con autentico coraggio repubblicano' cominciò con la spiegazione in breve della sua azione e soprattutto del valore del superiore 'Abbiamo riconquistato la batteria, i cannoni della convenzione sono stati schiodati in tempo sufficiente ad aumentare la confusione della loro ritirata' per poi passare alla promozione.

Immaginava già le reazioni di ciascuno: i fratelli e le sorelle, soprattutto i più grandi, avrebbero esultato e si sarebbero sinceramente complimentati di lui; la madre, senza scomporsi troppo, matronica e solida come di consueto, avrebbe sorriso e gli avrebbe detto che era orgogliosa di lui e che era un prodigio, una forza della natura "Lo sei sempre stato, nonostante il tuo caratteraccio" Questa riflessione lo rincuorò, ogni volta che scriveva ai suoi, il suo spirito diventava più leggero, una parte di quel macigno opprimente svaniva. Quando terminò di compilare l'epistola, la piegò - Qualcuno di voi la faccia consegnare il prima possibile - vide i suoi che lo fissavano insistentemente - Cosa c'è? Ho forse qualcosa fuori posto? - sbatté le lunghe ciglia, inclinò leggermente la testa e si grattò la nuca arrossata.

- Ecco... - esordì Marmont rivolgendo gli occhi all'altro aiutante di campo, applaudendo - Volevamo complimentarci con voi per la promozione, ve la siete meritata colonnello Bonnaparte - si sforzò di pronunciare il cognome in maniera decente.

Junot soffocò le risate - Non ne siete capace, amico mio, il suo nome è impronunciabile - disse questi con tono di burla, dandogli una gomitata.

Napoleone si mise a braccia conserte, sedendosi sul tavolino e ridacchiò - Non ho ancora incontrato nessuno in Francia in grado di pronunciarlo in maniera corretta e forse non accadrà mai - la gamba sinistra penzolava - Chissà in futuro potrei decidere di renderlo un po' più francese... - si massaggiò il mento e rivolse gli occhi al soffitto - Sì...magari se dovessi sposarmi un giorno...in modo da non dover più sentire le vostre storpiature - rise alla fine. "Ma anche per sancire la mia totale appartenenza alla Francia" si disse compiaciuto.

- Ci auguriamo anche noi di non sentirle più neppure da parte vostra - parlò Junot a nome dell'amico accanto, che annuiva.

- Ho imparato il francese quando avevo poco meno di 10 anni, non appena giunsi sul continente per studiare - spiegò lui sarcastico - Perciò scusatemi se non l'ho mai imparato alla perfezione, l'importante è, comunque, che mi comprendiate - poi sorrise, balzando giù dal tavolo, sistemando le pieghe della divisa - Vi ringrazio, ma non è ancora il momento di festeggiare, non è di buon auspicio - avanzò verso di loro, era decisamente meglio riservare gli applausi quando avrebbe ottenuto la carica di generale - Attendiamo l'ultimo atto, la vittoria definitiva, manca poco ormai

- Avete ragione, comandante - gli fece eco Junot tornando serio - Non possiamo permetterci un passo falso, altrimenti saranno i nemici a festeggiare sui nostri cadaveri

- Avete centrato l'obiettivo - si complimentò Napoleone ghignando - Gli inglesi sono indeboliti ma non abbattuti, perciò non possiamo prenderci il lusso di sottovalutarli, anche perché è ciò che vogliono - chiuse gli occhi e li riaprì - Potranno agire con più rapidità e recuperare, o meglio si illuderanno, perché non gli daremo questa soddisfazione - strinse il pugno - Abbiamo già regalato loro abbastanza, per colpa di quegli incapaci che avevamo prima

- Riceveranno palle di cannone da oggi in poi - confermò Marmont. 

- Ben detto - emise soddisfatto dalla risposta risoluta, gli porse la lettera perfettamente piegata, tra le dita - Ora andate e fate il prima possibile

- Agli ordini comandante - rispose, afferrò la missiva e corse immediatamente ad eseguire quanto ordinatogli. Napoleone poi comandò a Junot di controllare le batterie e di riferirgli ogni tipo di situazione, dalla più tranquilla alla più problematica, tutto doveva essere perfetto, pronto, sotto il suo controllo, per il gran finale che ci sarebbe stato da lì a pochi giorni. Il momento in cui avrebbe piegato gli inglesi e ottenuto il prestigio ambito.









 

 

   
 
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