Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: Picci_picci    01/11/2020    4 recensioni
Sono passati mesi da quando Ladybug e Chat Noir non si vedono più. Solo una muta promessa li unisce: non scordarsi mai l’uno dell’altra. Vanno avanti nel loro presente, ma continuano a vivere nel passato e nel loro ricordo. Marinette, ormai, è a tutti gli effetti la stagista personale di Gabriel Agreste, praticamente il Diavolo veste Agreste nella realtà, e Adrien sta tornando da Londra per imparare a gestire l’azienda di famiglia.
Cosa mai può andare storto?
Tutto, se ci troviamo alla maison Agreste.
Mettetevi comodi e preparatevi a leggere una storia basata sulle tre cose indispensabili di Parigi: Amore, Tacchi alti e...là Tour Eiffel.
.
"Perché l'amore è il peggiore dei mostri: ferisce, abbandona, ti rende pazzo, triste ed euforico allo stesso tempo. Ma è anche l'unica cosa bella che abbiamo in questa vita."
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'L’amour'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Marinette arrivò in maison giusto in tempo. 

“Marinette.”

“Sì, monsieur Agreste?”, non si era ancora tolta la giacca, ma se Gabriel la chiamava con quel tono c’era da preoccuparsi.

“Mi puoi spiegare perché hanno improvvisamente annullato la location della mia sfilata?”

“Cosa?”

Non era possibile, non dopo tutta la trafila che aveva fatto per ottenere i documenti!

“Guardali”, disse lui con tono glaciale, passandole una cartellina rossa con la A dorata di Agreste.

La aprì e davanti a lei si palesò una grande croce rossa con le lettere ‘rifiutato’.

“Io non capisco.”

“Ma guarda, nemmeno io.”

“Le avevano accettate, era tutto sistemato!”

“Non abbastanza, a quanto pare.”

“Cosa faremo adesso?”

Lui la guardò negli occhi per qualche minuto, poi alzò due dita in aria: voleva il cappotto.

Uscì dall’ufficio di monsieur e prese la giacca blu scuro dell’uomo.

“Andrò io personalmente. Tu, Marinette, rimani qui e ferma l’agenzia pubblicitaria, non vogliamo rischiare di produrre manifesti e inviti sbagliati.”

“Certamente, monsieur.”

“E quando mio figlio si degnerà di arrivare..”

Il rumore della porta che si apriva  interruppe la frase di Gabriel. Adrien Agreste con un completo bianco, quanto gli stava bene il bianco?, e camicia nera, fece il suo ingresso guardando con un sopracciglio alzato lo strano trio riunito là dentro: Natalie, Marinette e suo padre.

I suoi occhi si posarono automaticamente sulla figura slanciata della sua lady. 

Errore peggiore non poteva commetterlo; quel top la valorizzava più di quanto avrebbe dovuto, dal seno al fianco e anche il ventre piatto lasciato leggermente scoperto dai pantaloni neri a vita alta.

“Oh, ci hai onorato della tua presenza”, esclamò Gabriel.

“Lo so che avevi bisogno di me.”

“Solo per potermela rifare con qualcuno.”

“Per quello ti basto io”, commentò Marinette inserendosi nel discorso.

Gabriel la guardò con un sopracciglio alzato.

“E non provi a dire no, è la verità”, continuò lei con il dito indice puntato verso di lui, “basta vedere nemmeno due minuti fa.”

Se Adrien era sorpreso? Decisamente. Doveva ancora abituarsi a quello scambio di battute pungenti e alla complicità tra il padre e l’amata, ma era felice di ciò. Gabriel Agreste non era certo conosciuto come un uomo espansivo, ma con Marinette, il biondo vedeva l’affetto che il padre provava per lei.

“Cosa è successo due minuti fa?”

“Il comune ha rifiutato il luogo della mia sfilata.”

“Come è possibile?”

“Chiedilo a Marinette.”

La ragazza, dietro il suo capo, strinse le mani in due pugni e serrò la mandibola. 

La luce nei suoi occhi era come quella di Ladybug, pensò Adrien. Eppure, il rossore diffuso sulle guance era la prova inconfutabile che era Marinette, solo lei riusciva ad arrossire così dolcemente.

“Sto andando in comune personalmente.”

“Devo allertare la protezione civile?”

“Come siamo spiritosi oggi”, rispose Gabriel con un sorriso sulle labbra.

“Lo sono sempre.”

Marinette, con le braccia incrociate sul fianco, sussurrò, “certo, come no.”

“Cosa?”, domandò monsieur Agreste girandosi verso di lei.

“Niente.”

Il sorriso da bambola assassina sul volto fece capire a Gabriel che non era proprio “niente”.

“Come dicevo prima che tu arrivassi, Marinette rimarrà a gestire la maison e te”, disse lapidario suo padre indicandolo.

Le cose si facevano interessanti.

“Cosa?”, esclamò Marinette.

“Sei sorda oggi?”

“No”, rispose lei ricomponendosi, “è che non so come potrei gestire la maison e stare dietro a Adri, monsieur Adrien.”

Monsieur cosa?

“Esattamente come fai sempre cara”, intervenne Natalie, “Monsieur, la macchina è arrivata.”

Se ne andarono tutti e due, senza salutare.

Dopo che la porta si fu chiusa, Adrien si girò con un ghigno sul volto verso Marinette.

“Allora..”

“Allora niente”, disse lei togliendo la giacca e posandola sullo schienale della sua sedia.

Senza la giacca era ancora peggio, lo stava letteralmente torturando. Quel top era quasi peggio della tuta a pois...quasi.

“Mi vuoi spiegare il monsieur Adrien di poco fa?”

“Cosa c’è da spiegare? Tu sei uno dei miei capi, è giusto che ti chiami in modo appropriato.”

“Marinette..”, iniziò lui tra l’amareggiato e l’arrabbiato.

“Tu fai il tuo lavoro, io faccio il mio. E possibilmente non parli.”

Lui nonostante tutto sorrise, “amo quando mi dai gli ordini.”

Lei fece finta di non sentirlo, si sedette alla scrivania e alzò la cornetta del telefono. 

“Bonjour, Henri, hai già iniziato con la stampa degli inviti?”

Adrien non ascoltò più, si rintanò nell'ufficio di suo padre, pronto a controllare cartelline su cartelline di bilanci. Avrebbe fatto impazzire la sua lady più tardi.

***

La suoneria del suo cellulare la interruppe dall’ennesima email da parte dei fornitori che stava leggendo.

“Paul, è successo qualcosa di grave?”

“Sì.”

Marinette scattò a sedere e fece il giro della scrivania, “cosa?”

“Ti aspetto da tutta la mattinata, signorina! Ieri sera ho praticamente fatto una magia, il minimo è che tu mi racconti com'è andata con tu sai chi.”

Non ce l'avrebbe mai fatta ha sedare la curiosità di Paul… Cosa si inventava ora? Perché era stata così deficiente da metterlo in mezzo?

“Ehm, senti oggi ho un po’ da fare-”

“Non ci provare”, la interruppe lui, “per cinque minuti di tua assenza, la maison non finirà in bancarotta. Scendi. Ora.”

Chiuse la chiamata senza nemmeno salutarla.

In quel momento, Adrien aprì la porta dell’ufficio e vide la faccia da funerale di Marinette.

“Tutto bene?”

Lei saltò per aria, il tacco cedette e si ritrovò spiaccicata sulla scrivania.

La sua testa le faceva male già prima, non aveva bisogno anche di una botta. O di una caviglia dolorante. O del fianco che pulsava terribilmente. Ma perché a monsieur Agreste non piacevano le scarpe basse? 

Sentì due mani gentili che, prendendola per la vita, la tirarono su.

“Stai bene?”

Alzò gli occhi e si vide quelli verdi di Adrien a meno di due centimetri da lei.

“S-sì”, Marinette suona più convincente, “sì, grazie.”

Posò le mani sui suoi avambracci, cavolo ma quanti muscoli aveva?, e mise qualche altro centimetro di distanza.

“Esattamente, perché indossi questi tacchi killer?”

“Chiedilo a tuo padre. Se poi ti da una risposta senza lanciarti niente addosso, fammelo sapere.”

Lui scosse la testa e rise.

Quanto era bello il suo sorriso? Marinette, basta!

“Ti fa male?”

“Eh?”, che bella risposta intelligente.

Lui si accovacciò ai suoi piedi, “la caviglia. la caviglia ti fa male?”

Lei rimase immobile e lo guardò con gli occhi sgranati.

Il biondo alzò di poco l’orlo del pantalone, sfiorò leggermente con i polpastrelli la sua caviglia e risalì di qualche centimetro. Con due dita girò il collo del piede e, “cosa fai? Il principe azzurro che prova la scarpetta a Cenerentola?”

“Plagg”, disse il suo padrone a denti stretti prendendolo per la collottola e rimettendolo dentro la giacca.

“Che ho detto?”

“Dovresti farti più spesso gli affari tua”, esclamò una voce da dentro la borsa di Marinette.

“Il moccioso è affar mio.”

Adrien si mise una mano sulla fronte spettinando i capelli e Marinette ebbe l’istinto di sistemarglieli come faceva sempre con Chat. Per fortuna, si fermò appena in tempo.

“La caviglia dovrebbe essere a posto.”

“Grazie”, rispose lei tornando stabile su due piedi.

Ad interrompere il momento fu il cellulare di Marinette che emise il classico trillo di quando le arrivava un messaggio. 

Azionò il messaggio vocale di Paul di sovrappensiero, non curandosi del volume troppo alto.

Mannaggia ad Adrien ed i suoi ormoni!

“Tesoro mio, carissima, ti conviene muovere quel tuo bel sodo sederino o tutta la maison sentirà ciò che ho da dire.”

Dove era una voragine in cui sprofondare? Le andava bene anche una fossa. Si accontentava anche di una buca, ma voleva sparire.

“Vai”, disse Adrien indicando la porta, sorridendo alla faccia buffa di lei.

Marinette annuì e si precipitò fuori.

“Oh”, disse il ragazzo prima che lei andasse via, “di pure al tuo amico che ha ragione.”

“Su cosa?”, chiese la ragazza con sguardo accigliato.

“Sul fatto che hai un bel sederino sodo.”

“Adrien!”

In compenso di sentire Paul, la maison sentì l’urlo di Marinette.

***

“Oh, finalmente”, esclamò Paul appena Marinette varcò la soglia del magazzino. Posò il suo cappuccino caramellato e fece sedere la ragazza di fronte a lui.

“Ti sei proprio fissato con questa roba”, disse Marinette bevendo un sorso della bevanda di Paul.

“Sì e sei pregata di non finirmelo.”

Avvicinò la sua sedia a quella della mora finché le loro ginocchia non si toccarono, “raccontami tutto. E con tutto intendo anche i dettagli piccanti.”

“Non ci sono stati-“

“Sì che ci sono stati”, la interruppe Paul, “con Adrien Agreste anche bere un po’ d’acqua diventa piccante.”

Lei alzò gli occhi al cielo e, mentalmente, gli diede ragione.

“Prima che tu mi interrompessi, volevo dire che alla fine non c’è stato alcun appuntamento. Adrien è dovuto andare via per una urgenza.”

In conclusione, Marinette aveva trovato quella la scusa più plausibile. Non poteva rivelargli la verità, non poteva rivelargli che Adrien era anche un bel supereroe che andava in giro con una tuta nera attillata...decisamente attillata.

Gli ormoni!

“Come è possibile? Quale urgenza?”

“Non so, ma mi è sembrato veramente preoccupato.”

“Ti vado a prendere la tequila”, disse lui risoluto.

“Non mi serve la tequila per accettare un appuntamento non finito con Adrien”, in realtà ne aveva molto bisogno, “forse conviene rimanere amici.”

“Ora serve a me la tequila.”

“Non esagerare”, disse lei, prendendo un altro sorso del cappuccino al caramello.

“Tutto quel lavoro. Ti avevo reso una strafiga degna delle migliori passerelle.. Potevi chiamarmi, ci saremmo andati a bere qualcosa insieme e così la mia fantastica creazione non sarebbe andata sprecata.”

“Bere non è la soluzione a tutto.”

“Ma ai problemi sì!”

***

Marinette, quando tornò alla sua scrivania, trovò la porta di Gabriel metà aperta e, dalla sua postazione, riusciva a vedere un Adrien Agreste con le maniche della camicia rimboccate sugli avambracci che leggeva un foglio pieno di numero. Rimase bloccata sulla sua sedia, non riusciva a muovere un muscolo, troppo incantata da lui. Quando passò una mano fra i suoi capelli, sbottonandosi i primi due bottoni della camicia, fu troppo per la povera mente della ragazza. Solo lei sentiva tutto questo caldo?

Rimase incapace di muoversi anche quando gli occhi verdi si scontrarono con i suoi. Era stata beccata in pieno. Arrossì fino alla punta delle orecchie e voltò velocemente lo sguardo verso lo schermo del suo computer.

Oh. Mamma. Mia.

Ma cos’era oggi? Il giorno della sfiga?

Ad interrompere l’imbarazzante momento fu l’arrivo di un arrabbiato, meglio dire incazzato, Gabriel Agreste che a passo di carica si rinchiuse nel suo ufficio.

Lo sguardo di Marinette era alquanto perplesso e solo grazie all’occhiata lanciatele da Natalie, capì di dover seguire il suo capo.

Entrò nell'ufficio in punta di piedi, con timore, e non si azzardò ad aprire bocca.

Gabriel si tolse il cappotto e lo volò malamente sulla sedia (male, lui amava i suoi cappotti) e alzò quattro dita in aria: voleva un caffè. 

Marinette si girò per prepararlo, ma Natalie l’anticipò: aveva già preparato lei una tazzina di caffè italiano nero, senza zucchero.

“Papà”, disse Adrien che si era alzato dalla sedia e guardava il padre preoccupato, “che è successo?”

“Che è successo?”, chiese lui con mezzo sorriso, “è successo che la Francia è governata da incapaci, che Parigi è governata da incapaci!”

“Papà, calmati.”

“No, che non mi calmo”, disse finendo in un sol sorso la tazzina di caffè.

“Non hanno accettato la richiesta per la location?”, chiese Marinette senza la solita sicurezza. Adrien si girò a guardarla con un sopracciglio alzato: ora che sapeva la verità, era strano pensare che lei potesse parlare con quel tono di voce. Era strano che anche Marinette parlasse con quel tono. Era strano e basta.

“Hanno fatto di peggio.”

“Cosa?”

“Hanno accettato la nostra richiesta e poi l’hanno rifiutata. Per essere precisi, il sindaco l’ha rifiutata.”

“E perché?”, chiese Adrien.

“Perché qualcuno ha fatto trapelare che ho definito Marinette la mia miglior stagista.”

“Quindi? Non capisco come possa interessare al sindaco.”

Fu il sussurro alla sue spalle, pronunciato con un odio tale, che fece fermare i pensieri di Adrien.

“Chloè.”

Quella brutta… Gliel'avrebbe pagata cara; Gabriel non doveva rimetterci.

Lo sguardo di Marinette fece quasi paura ad Adrien, tanto che si portò le mani sulla nuca, ricordandosi di quella volta che Ladybug aveva colpito Chat Noir con il suo yo-yo in testa...quel bernoccolo gli era rimasto per settimane.

“Adesso mi sente quella principessa.”

“Marinette, non c’è bisogno-”, ma la frase di Gabriel venne interrotta.

“Ce n’è bisogno invece! Abbiamo lavorato duramente per questa sfilata e non lascerò che una ragazzina troppo viziata ed egoista rovini tutto.”

Gabriel sorrise e con una mano indicò la porta, “vai. Una macchina della Maison sarà a tua disposizione.”

Marinette e Gabriel si guardarono una frazione di secondo e si capirono: lui era d’accordo con lei. Uscì di fretta e furia, con la giacca in una mano e la borsa nell’altra, attraversando velocemente gli uffici.

Premette il tasto dell’ascensore, ma mentre aspettava, il suo nome urlato da Adrien la fece voltare.

“My lady”, disse quando pochi centimetri li separavano.

Lei lo guardò dritto negli occhi, troppo arrabbiata per essere timida, “cosa c’è.”

“Promettimi che farai la brava e non la ridurrai a pezzi”, disse mentre mezzo ufficio si era girato a guardarli.

“Ma-”

“Almeno promettimi che non ricorrerai a metodi di tortura tipo il tuo yo-yo.”

A denti stretti si ritrovò a dire, “va bene.”

Poi l’ascensore arrivò alle sue spalle, “vado dalla biondina.”

“Buona fortuna”, disse lui lasciandole un bacio all’angolo della bocca.

Un bacio. All’angolo della bocca.

Mentre tutto l’ufficio li stava guardando.

Poi se ne andò come se niente fosse.

Lei si rintanò nell’ascensore, rossa come un peperone.

Oggi non era il giorno della sfiga, era il giorno “Tutti contro Marinette”.

E quel giorno non era ancora finito.



Angolo autrice
Buongiorno a tutti e buona festa di ogni Santi! Già che ci sono vi faccio gli auguri di Halloween, anche se di ritardo. Mi scuso per il ritardo del mio aggiornamento, ma la scuola mi sta massacrando, ma prometto di cercare di pubblicare una volta a settimana.
Vi mando un bacio e vi ringrazio per il supporto.
Cassie
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: Picci_picci