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Autore: Yusaki    04/11/2020    1 recensioni
Nella storia della Lituania e della Russia ci sono state tante guerre, fra loro, contro altri, per conquistare qualcosa che desideravano. Dal primo sguardo che si sono scambiati, alla guerra fra Ivan e il suo piccolo Toris. Tutti gli avvenimenti che, nel bene e nel male, hanno vissuto insieme...
Riscrittura integrale di una fanfiction scritta ormai 10 anni fa.
Genere: Angst, Erotico, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Allied Forces/Forze Alleate, Baltici, Lituania/Toris Lorinaitis, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Un tempo avevo scritto queste parole:

Solo la stupenda espressione sadicosa del caro Ivan-san poteva spingermi nei meandri della storia Russa, le battaglie combattute dall’unione sovietica, contro chi amava, e anche contro chi odiava.

Queste Flashfic ci portano del primo giorno in cui lo sguardo di Ivan si è posato su Toris a quando quest’ultimo ha conquistato la sua indipendenza, in passi che sono costati vite umane e lacrime.

Si dia l’inizio alla danza della neve e dei girasoli! ^__^ Buona lettura!!!”


Mi sembrano parole di centinaia di anni fa! All’epoca ero davvero sfaticata e pigra, cercavo sempre di prendere pause e rimandare lavoro e scrittura, senza un pensiero al mondo, mentre adesso…

Faccio esattamente la stessa cosa, ma stressandomi.

Note a fine capitolo!

E dopo tanto tempo tempo sono tornata per augurarvi: Buona Lettura!




Il fiore al di là del confine


La prima volta che l’aveva visto, era stato per caso. Il bambino dai capelli castani stava trasportando fra le braccia un carico di ortaggi troppo pesante per il suo fisico minuto.


Eppure quel bambino riusciva a tenere tutto come se non risentisse dello sforzo. È più forte di me, si rese conto Russia nel guardarlo. Il bambino che trasportava gli ortaggi era un regno fatto e finito, nonostante la giovane età, e a testimoniarlo c’erano i suoi abiti scuri, puliti e caldi nonostante fossero evidentemente da lavoro.

Quello che stava vedendo era un regno che, seppur separato da lui solo da un confine, conosceva il conforto di un clima più clemente, e di un caldo fuoco tra le solide mura del proprio castello.

Gli era sempre piaciuto stare vicino a quel confine, a cui accorreva ogni volta che riusciva a sgattaiolare via. Era più caldo lì, gli dava l’illusione che l’autunno non stesse per finire, che la morsa delle neve alle sue spalle non fosse ancora così crudele.

Ma era un confine che sapeva bene di non dover attraversare.

ma come lo sapeva? A volte Russia se lo domandava.

Non era che vedesse una linea per terra, ma c’era una sorta di sensazione… come se fosse al contempo respinto e attratto dall’inizio di quel ponte. Era una sensazione ancora troppo complessa per quello che era ancora un bambino, quindi Russia si limitava a pensarla con quella parola semplice ma vera: “Confine”, laddove lui terminava, ma qualcun altro sorgeva.

Qualcuno come il bambino dai capelli castani.


Era tornato a vederlo altre volte, ma fu solo quando l’inverno si fece inclemente che Russia si ritrovò immobile, aspettando che il bambino apparisse su quel ponte – quel confine. E lui apparve davvero, anche se forse per lui era Russia stesso un’apparizione.


Aveva gli occhi blu, quel bambino, ed erano sembrati ancora più grandi, e ancora più blu, quando l’aveva guardato con aria sorpresa e piena di...timore? Curiosità? Russia non aveva ancora imparato a decifrare le emozioni altrui. Quel che importava, comunque, era che adesso il bambino era fermo di fronte a lui, e pochi passi li separavano.

Una connessione risuonò nell’aria, come passando da un cuore all’altro, questa volta sì, attraversando il confine con la propria immaterialità – e il proprio peso, un peso che l’altro dovette sentire, perché dopo aver zittito il cane che si era portato dietro (e che si era messo ad abbaiare), gli chiese: «Emh… non è che io e te siamo uguali?»

Sei anche tu qualcuno che somiglia a un umano, ma che in realtà non lo è? Era la domanda.

Russia gli aveva risposto di sì, e aveva sorriso, ancora di più dal momento che aveva visto gli occhi dell’altro spostarsi sulle sue mani e riempirsi di preoccupazione.

La sua gentilezza scaldò qualcosa nel suo cuore, e l’attrazione verso il confine si fece più forte – ma non ancora abbastanza.

«Un giorno o l’altro diventerò una grandissima nazione», disse Russia, chiudendo gli occhi nel fare quella promessa all’altro e, soprattutto, al proprio cuore. «E a quel punto noi diventeremo amici!»

«Se… se per questo potremmo esserlo anche ora», aveva detto il bambino dai capelli castani, le guance arrossate dal freddo appena visibili tra il cappotto e il cappello.

Vuole essere mio amico adesso?

Russia neppure contemplò l’idea.

«No, non sono abbastanza forte», rispose, come se quello spiegasse tutto.

I tartari. L’inverno.

Le mani ferite dal freddo, solo una sciarpa a proteggerlo davvero.

Non era forte, ma un giorno lo sarebbe stato, e quel giorno avrebbe potuto attraversare tutti i confini che voleva e scoprire il nome di quel bambino dai capelli castani. Un giorno avrebbe potuto scoprire le terre in cui sbocciavano distese e distese di fiori.

Un giorno…

Per quel momento si accontentò di sporgere le mani, prendendo quelle dell’altro, abbastanza a lungo perché il tepore di lui potesse imprimersi sulla sua pelle.

«Ci vediamo!»

Russia salutò l’altro bambino, girando le spalle al confine, sparendo di nuovo nel bianco della neve. Era ad esso che apparteneva, pallido com’era, piccolo com’era… al freddo glaciale, al quale avrebbe dimostrato di saper sopravvivere.

Così da poter incontrare ancora il bambino dai capelli castani.



«Ho vinto il gioco! Ho vinto!» si vantò Russia, festeggiando, praticamente illeso, al contrario delle due nazioni ai suoi piedi.

Aveva vinto il “Gioco”, la guerra, ed ecco davanti agli occhi il suo premio.

Graducato di Lituania” non c’era voluto molto a scoprire il suo nome.

Lituania, semplicemente Lituania poi.

Quando Russia adempì la promessa che si era fatto tanto tempo prima, era tutto cambiato tranne che per la neve che, imperterrita, continuava a cadere, senza però più che il suo freddo potesse ferirlo. Aveva dei guanti, adesso, un cappotto pesante, e un’altezza che gli permetteva di guardare le altre due nazioni dall’altro in basso.

Lituania e Polonia.

Erano stati uniti per tanti anni, e uniti lo erano anche adesso nel cadere.

Contro l’uniforme bianco della neve, l’aspetto di Polonia pareva scialbo, come sempre gli era sembrato: pelle chiara, capelli biondi, niente che volesse vedere vicino a Lituania. Li aveva visti insieme sin troppo spesso, in quegli anni, e non aveva detto niente, vero? Aveva solo pensato che, passo dopo passo, si stava avvicinando il momento in cui avrebbe potuto sconfiggere entrambi.

Il momento era arrivato, sigillato dallo sguardo di quegli occhi blu che Lituania sollevò su di lui – quelli sì, quelli sì che risaltavano persino nella tormenta dell’inclemente inverno: era un blu macchiato di verde, quasi il ricordo di prati e fiori che aspettavano sotto la neve.

«Mi piaci Lituania, quindi potresti venire a stare da me», e poi tese di nuovo la mano, di nuovo prese quella di quello che ora non era più “Il bambino dai capelli castani” ma “il ragazzo dai capelli castani”. Tirò su dal suolo Lituania, praticamente di forza, ridendo nel dire che, in ogni caso, non aveva scelta.

Dopotutto lui aveva vinto, dopotutto Lituania era il suo premio, e poteva prenderlo e farne ciò che voleva.

E ciò che voleva era portarlo a casa con sé.

Lo trascinò via senza altri pensieri, il morale che saliva a ogni passo che lo portava di nuovo più vicino alla propria dimora. La mano di Lituania doveva essere calda, ma era difficile sentirne il calore attraverso i guanti, e questo era un peccato dal momento che aveva l’occasione di tenerla per così tanto tempo…

Lituania provò a divincolarsi, ma i suoi erano solo piccoli strattoni, una richiesta di aiuto rivolta all’amico che era troppo debole persino per alzarsi. Lituania avrebbe imparato a lasciarselo alle spalle, questo decise Russia.

«Staremo bene insieme, vedrai», canticchiò Russia.

Un altro passo, e il confine fu superato. Lituania, un tempo così grande e forte, smise di divincolarsi.

Russia lo percepì tremare, una sola volta, e si voltò per trovare che l’altro aveva lo sguardo abbassato, sbarrato a osservare le orme che si erano lasciati dietro.

Orme nel passato, orme di ciò che era appena finito: la Abiejų Tautų Respublika sarebbe stata sotterrata da un candido velo di neve, esattamente come quei segni nella coltre bianca.

Adesso sarebbe stato Russia a dare a Lituania una nuova storia da ricordare.





1)Note a fine storia: AbiejųTautų Respublika: Repubblica delle due Nazioni, Lituania e Polonia unite (in Lituano).


Note dell’Autrice:

Onestamente tutto credevo tranne che sarei mai tornata su Hetalia. Dieci anni fa ero una persona totalmente diversa! Quest’anno, quando ho appreso che nel 2021 sarebbe uscita una nuova stagione dell’anime ho sorriso con nostalgia, e mi sono detta “Che cosa buffa”.

Un po’ per gioco sono andata a vedere qualche fanart.

Come capirete, è stata la fine, vi prego di non fare il mio stesso errore.


Efp è così cambiato! Mi sento una vecchietta che torna in una casa diversa per adempiere a una vecchia promessa. Ma la sto mantenendo, non è vero?
Sappiate che la vecchia fanfiction è ancora online, e mi prenderò qualche altra riga per spiegarvi come mai ho deciso di riscriverla: nella vecchia molti dei personaggi erano OOC, si sapeva ancora poco della storia di Hetalia in generale e dei suoi retroscena, c’erano troppe imprecisioni e ho descritto il rapporto tra Russia e Lituania in un modo che ora mi lascia piuttosto perplessa.

Ma, ehi, tutti i miei vecchi errori rimarranno online, non temete!

Questa volta vorrei cercare di mantenermi più vicina al canone, e infatti questo primo capitolo ne dovrebbe rispettare gli eventi. Riusciremo stavolta a finire la storia?
Fan di Hetalia, a rapporto! Il 2021 ci porta qualcosa che non credevo sarebbe mai risorto.


Vostra,

Yusaki


  
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