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Autore: FairyCleo    07/11/2020    2 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“In fondo al mar”
 
Aveva trascorso diverso tempo in compagnia di quella donna, prima di rendersi conto di averla pericolosamente condotta sull’orlo di un precipizio. Se non fosse andato via immediatamente, sarebbe stato la causa della sua rovinosa caduta. Eppure, lei aveva insistito nel trattenerlo, convinta che Goku, in qualche maniera, fosse la chiave di volta, la risposta alle domande che l’assillavano da tempo.
Marilyn gli aveva detto di pazientare, di fidarsi di lei, sebbene non sapesse come avrebbe fatto ad ottenere la fiducia di qualcuno di cui non si fidava lei per prima.
Il tempo trascorso in quella sorta di epoca surreale l’aveva portata a credere a cose inspiegabili eppur tangibili, a fare pensieri e supposizioni che prima non avrebbe mai fatto, a credere a cose incredibili e a sperarne in altre ancora più incredibili.
 
“Credo che impazzirò al più presto, se non sono già impazzita del tutto. Di sicuro, sono già diventata un’alcolista. E pensare che ero una donna rispettabilissima”.
 
Goku non aveva osato proferire parola, nei primi tempi. Si era sentito molto stupido, essendo incapace di seguire al meglio tutti i contorti ragionamenti della sua ospite. Era tornato sulla Terra con la convinzione di riuscire a stanare l’essere che aveva scagliato un attacco così subdolo a tutti loro, con la volontà di fare in modo che l’equilibrio fosse ristabilito definitivamente, e forse, in quella donna, aveva trovato un’inaspettata e preziosissima alleata.
 
“Paradossalmente, l’alcol mi aiuta a mantenermi lucida. Pensa tu come vanno le cose in questo posto orribile… Mi raccomando, stammi lontano! Ma non andare da nessuna parte… Ho la certezza che tu, e anche i tuoi amici, siate in qualche modo la causa e la soluzione a questo casino. Per la miseria, siete gli unici uomini che ricordate quello che è stato e che spero sarà di nuovo al più presto!”.
“Emmm… Ok… Ma cosa pensi di fare? Devo trovare Vegeta e i miei figli… Non posso lasciare che…”.
“Senti, Goku – hai detto che ti chiami Goku, no? – penso che i bambini siano al sicuro col tuo amico. Lui è un uomo sensato. E sai che potresti far loro del male, no? Quindi smettila di perdere tempo e dammi una mano, piuttosto!”.
“Urca! Sì, signora, va bene…”.
“Dobbiamo pensare… Tu non devi allontanarti da qui o peggio ancora, farti vedere da qualcuno”.
 
E, ovviamente, Goku non aveva ubbidito. La sera stessa, dopo aver visto Marilyn addormentarsi con la bottiglia in mano mezza vuota, aveva aperto la porta di casa ed era uscito, facendo attenzione nel non fare rumori o gesti avventati.
Aveva promesso di non andare alla ricerca dei suoi figli e non lo avrebbe fatto, ma questo non gli impediva di proseguire le sue ricerche altrove.
Ricordava perfettamente le parole pronunciate dalla vecchia Baba: gli aveva detto che era stato maledetto e che colui che aveva lanciato quella maledizione era un essere incorporeo di cui si era persa la memoria, e che era alla ricerca di un involucro in cui stabilirsi. E, per la precisione, l’involucro era proprio lui.
 
“Non gli permetterò mai di usare il mio corpo… Mai. Come potrei perdonarmi se dovessi lasciare che lui facesse del male a chi amo a causa mia? Già mi sento un mostro per quello che è successo… Chichi, Bulma e le altre persone a cui voglio bene sono… Sono dentro di me. Sembra assurdo, ma è così. Solo che non posso fingere che gli altri non esistano… Così come non posso aspettare che Marilyn faccia le sue deduzioni e capisca… Devo sapere. E non ho più intenzione di aspettare”.
 
Per questa ragione, aveva posato le dita sulla fronte e si era concentrato. Sapeva che non avrebbe percepito le aure dei suoi amici esseri umani, ma se avesse prestato attenzione avrebbe sicuramente individuato quella di qualcuno a loro molto, molto vicino.
Era piombato sull’isolotto senza far rumore, senza sollevare neppure un granello di sabbia. Gli odori e i colori di quel luogo tanto amato lo avevano investito in pieno, rassicurandolo. Il suono delle onde che si infrange con dolcezza sulla spiaggia, il vento che scuote le palme, l’odore di salsedine e il sole cocente sulla pelle leggermente abbronzata avevano riportato Goku indietro nel tempo, a quanto era bambino, a quando si era recato in quel luogo remoto per imparare, per crescere, per diventare finalmente un guerriero e, soprattutto, un uomo.
Si era avvicinato con cautela alla buffa abitazione che per tanto tempo era stata la sua casa, aveva afferrato la maniglia saldamente, prendendo un bel respiro e abbassandola con decisione, ricordando a se stesso di non avvicinarsi troppo, laddove avesse trovato in casa chi sperava di trovare.
 
“Ehi…”.
 
Lo aveva appena sussurrato, e sapeva benissimo che non lo avrebbe potuto sentire proprio nessuno. Per questo motivo, aveva preso un altro respiro profondo e, con esso, aveva preso coraggio, chiamando a gran voce colui che tanto sperava di vedere.
 
“Genio! Genio! Ci sei?”:
 
Il silenzio che regnava in quella stanza non lasciava presagire nulla di buono. Tutto era perfettamente in ordine, a ben vedere: i cuscini del divano erano in giro come al solito, sul basso tavolino si trovavano bicchieri decorati con ombrellini di carta colorati e ovunque erano sparsi i discutibili giornaletti che il Genio delle Tartarughe collezionava da tutta una vita.
Del vecchietto, però, non c’era nessuna traccia, proprio come non c’era traccia né di Oscar, né della simpatica Tartaruga, vecchia almeno quanto il suo padrone di casa. A quanto sembrava, la maledizione che lo aveva colpito era giunta sino a lì.
 
“Che disastro… È un autentico disastro. Ed è colpa mia… È solo colpa mia”.
 
Calde lacrime amare avevano velato gli occhi neri del giovane saiyan. Goku non riusciva ad accettare che un simile destino potesse essere toccato proprio a lui, a lui che aveva messo a repentaglio così tante volte la sua stessa vita per il bene altrui, che aveva rinunciato a essa pur di concedere la salvezza ai propri cari e al resto dell’universo. Dalle sue scelte e dalle sue azioni erano spesso dipesi il destino e l’esistenza del mondo che i nemici avevano tante volte messo a rischio, depredato, distrutto. Adesso, era lui a trovarsi in quella scomoda posizione, seppur non per sua scelta. Goku, come i saiyan da cui discendeva, era diventato causa di morte e distruzione. I suoi cari erano lontani o non c’erano più, lo stesso valeva per i suoi amici di sempre. Credeva che il Genio delle Tartarughe, il suo maestro, fosse scampato a quella tragica fine, che almeno lui, uomo misterioso in possesso di poteri ancora più misteriosi, fosse al sicuro su quella piccola isola sperduta. Invece, ancora una volta, si era sbagliato, ed era di nuovo completamente solo in attesa dell’attacco finale di un nemico di cui non conosceva né il nome né il volto.
 
“È stato tutto inutile… Ho perso solo tempo prezioso… Oh, Genio… Avevo tanto bisogno di te… Ora… Che cosa devo fare? Cosa devo fare?”.
 
Quando aveva chiesto a Baba e a re Kaioh il permesso di tornare sulla Terra nel tentativo di trovare un senso a quella faccenda – e una possibile soluzione, ovviamente – aveva tutt’altre speranze. In quel momento, invece, le emozioni che stava provando erano ben lontane dal concetto di speranza. Si sentiva distrutto, Goku. Per la prima volta dopo tanto tempo, si sentiva impotente, inutile. Non era solito abbattersi, ma quella situazione era diversa da tutto quello che aveva affrontato sino ad allora. Era diversa e surreale. Lui stesso era un mezzo, un tramite per qualcuno che non si era neanche palesato ma che aveva sferrato un attacco micidiale, impossibile da contrastare. E cosa doveva fare, a quel punto? Forse, solo una cosa avrebbe avuto senso. Solo una.
Deciso più che mai a porre fine a quella tragedia, Goku aveva preso la sua decisione. Si sarebbe sacrificato. Di nuovo. Avrebbe posto fine alla sua vita.
Per questa ragione si era recato all’esterno, sulla spiaggia, e aveva osservato per l’ultima volta il mare, chiudendo gli occhi per assaporare al meglio ogni sensazione, ogni odore, ogni suono. Non sarebbe mai più tornato sulla Terra. Basta. Quello non era il posto adatto per i defunti. Niente più permessi speciali, niente più gite fuori porta, niente più sorprese o colpi di testa. I suoi figli sarebbero stati meglio se lui non fosse mai tornato indietro. Baba lo aveva avvisato: non si deve forzare la natura, non si deve tentare in ogni modo di modificare un disegno chiaro e prestabilito. Loro avevano tante volte giocato con il destino riportando in vita amici, parenti e affini, e nel tentativo di riportare l’ordine non avevano fatto altro che seminare ulteriore caos. La sua presenza sulla Terra era eccessiva: il suo era il corpo di un uomo che era vissuto e morto, un corpo che era stato la casa della sua anima in Terra, e che per via di un accordo speciale sarebbe stato la sua casa anche nel mondo dei morti, ma era un corpo con cui non avrebbe dovuto osare ulteriormente. Era vero, il permesso di tornare indietro per poco tempo gli era stato concesso da re Yammer in persona, ma egli stesso sapeva cosa avrebbero potuto scatenare. Aveva fatto a Goku centinaia di raccomandazioni, lo aveva pregato di non attirare possibili nemici, di non cacciarsi in nessun guaio ma, a quanto sembrava, erano i guai a cercare il super saiyan.
Goku era una vera e propria calamita per le sciagure, e lo era per sua stessa ammissione, ma aveva tentato la fortuna, mosso dal desiderio di far felice suo figlio Goten, Chichi e Gohan. Peccato solo che il suo secondogenito non avesse bisogno di lui. Peccato solo che Goten avesse già qualcuno al suo fianco che gli faceva da padre, che lo stava facendo mille volte meglio di come lo avrebbe fatto lui.
Era di troppo e lo aveva capito sin dal primo istante. Lo aveva capito e sarebbe dovuto rientrare immediatamente, ma così facendo avrebbe deluso Chichi, avrebbe deluso il suo Gohan. E avrebbe dovuto lasciare di nuovo la Terra, il posto che amava e in cui si sentiva a casa. Ora, per sistemare le cose, avrebbe dovuto lasciarla per sempre.
 
“Sì… Per sempre”.
 
Non sarebbe andato via con clamore. Lo avrebbe fatto in silenzio, lasciando che fosse la sua stessa energia a consumarlo. Non avrebbe lasciato neanche un residuo di se stesso, sulla Terra, in modo da non consentire a quel subdolo essere di prendere possesso del suo corpo inanimato. Doveva morire, anzi no, doveva sparire, dissolversi come neve al sole, come cenere al vento, come sale nell’acqua.
Era quello il suo destino. Era quello ciò che aveva deciso. E ci sarebbe riuscito se una sua vecchia conoscenza non avesse fatto capolino all’improvviso, fermandolo dal compiere quel folle gesto.
 
“No, amico mio… Non è la soluzione adatta”.
 
Goku aveva aperto gli occhi che teneva serrati con forza e aveva avuto bisogno di qualche istante prima di mettere a fuoco chi aveva di fronte.
 
“Sei… Sei proprio tu!”.
 
Non riusciva proprio a crederci: quello che aveva davanti era proprio lui, il coriaceo, insostituibile Tartaruga.
 
“Sì, sono io. Conosci forse altre tartarughe parlanti, Goku?”.
 
Stavolta, le lacrime affiorate erano lacrime di gioia. Era veramente lui. Il buffo animale parlante, anziano almeno quanto Genio, lo guardava con quella sua aria un po’ assonnata un po’ canzonatoria, aspettando una qualche risposta o un qualche cenno di vita da parte sua.
 
“Urca! Ma tu non dovresti starmi così vicino! Forse non lo sai, ma…”.
“Tu sei maledetto e risucchi l’energia di chi ti sta attorno. Le persone più deboli sono scomparse mentre quelle più in forze si sono praticamente prosciugate, questo mentre tu stai diventando ogni secondo sempre più forte per far sì che il tuo corpo sia pronto ad accogliere quella specie di entità che è stata liberata dal suo sonno eterno”.
“EH? Ma… Tu sai già tutto! Come fai a… A sapere queste cose?”.
 
Goku era interdetto. Tartaruga sapeva ogni cosa, forse più di quello che sapevano re Kaioh e la vecchia Baba! Che non fosse un animale come tutti gli altri lo sapeva da tempo, ma addirittura una cosa del genere… Era troppo, forse, per Tartaruga!
 
“Goku… Noi ci conosciamo da tanto, ma sono ancora molte le cose che non conosci e che forse non conoscerai mai. Ma di me puoi fidarti, proprio come puoi fidarti di Genio”.
“Che vuoi dire, Tartaruga? Lui è sparito come gli altri! O… no?”.
“Seguimi” – aveva detto, dandogli le spalle e cominciando a immergersi in acqua – “E dimmi che hai imparato a trattenere a lungo il respiro”.
 
*
 
Trunks era nervoso. Non aveva dormito bene quella notte. Il pensiero del quaderno che custodiva così gelosamente lo aveva tormentato per tutto il tempo, impedendogli di trascorrere una notte serena.
Aveva sentito suo padre alzarsi ancor prima dell’alba, ma non aveva fiatato. Non voleva dare spiegazioni e non voleva insospettirlo in nessun modo. Stava già rischiando tantissimo nello sgattaiolare furtivamente per poterlo prendere di tanto in tanto durante la notte, sarebbe stato da stupidi osare oltre.
 
Gli dispiaceva per suo padre. In pochissimi giorni, Vegeta aveva perso il vigore di un tempo, era sempre stanco e sembrava aver perso appetito. Era il primo a uscire da casa e l’ultimo a tornare, ed era diventato ancora più taciturno, per quanto sembrasse a dir poco impossibile. Trunks era certo che gli mancasse da morire sua madre, e poteva capirlo benissimo. Mancava tantissimo anche a lui, e per quanto il quaderno si ostinasse a scrivergli che aveva esaudito i suoi desideri più profondi, Trunks si rifiutava di dargli ragione. Lui non aveva chiesto niente del genere. Voleva solo che le cose si sistemassero, che Goten facesse realmente parte della sua famiglia, che fossero dei veri fratelli. Non era un bambino geloso, né capriccioso, né dispettoso, voleva realmente che il suo migliore amico fosse suo fratello di fatto, voleva davvero che Vegeta fosse anche suo padre, ma questo non significava che volesse rinunciare a tutto il resto. Quel cavolo di coso malefico aveva male intrepretato le sue intenzioni, altro che! Avrebbe dovuto buttarlo via… Sì. Avrebbe dovuto disfarsene! O, meglio ancora, avrebbe dovuto riportarlo nel posto in cui lo aveva trovato, in quella strana grotta piena di tesori misteriosi. Peccato solo che non avrebbe mai potuto raggiungere quel posto senza dover raccontare ogni cosa a suo padre e a Goten, senza, dunque, dover ammettere di esse stato causa involontaria di quell’immenso macello.
Terrorizzato all’idea di quelle che sarebbero state le loro reazioni e tormentato dal pensiero delle tragiche morti di Chichi, Gohan e del piccolo Ouji, Trunks si era rintanato sotto le coperte, nascondendo il viso tra il ruvido cuscino, lontano dagli occhi di suo padre e anche da quelli di Goten, che sentiva stranamente lontano nonostante fosse proprio lì, accanto a lui.
 
*
 
Goku aveva preso il respiro più profondo che poteva e si era immerso, poggiando una mano sul dorso rugoso e possente di Tartaruga. L’animale marino nuotava a una velocità impressionante, ma man mano che scendevano verso le profondità marine la pressione e il freddo aumentavano a dismisura così come la sua capacità di trattenere il fiato diminuiva in egual misura. Presto avrebbe avuto bisogno di respirare o sarebbe morto lì e sarebbe diventato cibo per pesci.
 
“Urca! Dove mi sta portando? Mi sento soffocare… Non resisterò ancora per molto tempo… Ho bisogno di respirare, e ho bisogno di farlo subito! Sbrigati Tartaruga, ti prego!”.
 
“Ancora un po’ di pazienza, amico mio… Siamo quasi arrivati a destinazione”.
 
Non aveva mentito: dopo poco meno di due minuti, aveva puntato dritto verso una piccola fessura da cui proveniva una strana luminescenza e l’aveva attraversata senza sforzo, conducendo Goku presso una sorta di piccola grotta dalle pareti ricoperte di cristalli azzurrini. I Son aveva avvertito una strana sensazione, ma non vi aveva badato. La necessità di respirare era diventata troppo impellente per accorgersi pienamente di altro.
 
Prima di proferire parola, Goku aveva cercato di incamerare aria il più possibile, permettendo così all’ossigeno di circolare liberamente nel suo corpo.
 
“Urca! Qualche altro secondo e sarei morto asfissiato… Ma dove mi hai portato? Questo posto è bellissimo ma stranamente inquietante!”.
“Seguimi, Goku. E non distogliere lo sguardo da me. Questo posto sarà anche bello, ma è estremamente pericoloso”.
 
Non se l’era fatto ripetere due volte: aveva afferrato saldamente il carapace di Tartaruga per la seconda volta e aveva puntato gli occhi sulla sua nuca rugosa, lasciando che lo guidasse mentre scivolavano sul pelo dell’acqua. A Goku quel tragitto era parso incredibilmente lungo, soprattutto perché non aveva la più pallida idea di dove stessero andando. A ogni modo, aveva preferito non fare domande. Si fidava ciecamente di lui, non avrebbe mai dubitato delle sue intenzioni.
Stavano attraversando una specie di lungo tunnel: poteva vedere il riflesso di quella luce azzurrina sull’acqua. Quando avrebbe visto, finalmente, la fine?
 
“Mi sono fidato e so di aver fatto bene, ma proprio non riesco a capire, e…”.
 
“Finalmente siete arrivati! Ce ne avete messo di tempo! Com’è, Tartaruga, ti sei rincitrullito e ti eri perso?”.
“Sei sempre gentile. Ho fatto quello che mi aveva detto, non mi aspetto un ringraziamento, ma almeno non sgridarmi!”.
“Non-non ci credo! Genio! SEI TU!”.
“E chi vorresti che fossi? Esci da quell’acqua gelida o morirai assiderato! E non avvicinarti troppo… Ti voglio bene, ma non ho intenzione di venire assorbito come gli altri”.
 
Aveva avuto bisogno di qualche istante prima di capire realmente cosa stesse capitando. Quello che troneggiava sulla riva come se niente fosse, illuminato dalla strana luce azzurra di quello strano posto, era niente di meno che il Genio delle Tartarughe, il suo antico maestro, con tanto di occhiali da sole, camicia hawaiana, bastone e guscio sulle spalle. E sembrava in perfetta salute! Ma cosa ci faceva lì?
 
“Vuoi uscire dall’acqua o no?”.
“Cosa? Sì, sì, esco!”.
 
Aveva preso un bel respiro e si era librato nell’aria, scoprendo che in quel posto c’era un piacevolissimo venticello caldo, un vero toccasana per lui che era gelato fino alle ossa!
Era meraviglioso vederlo. Avrebbe voluto corrergli incontro, abbracciarlo, fargli mille domande, ma aveva preferito rimanere indietro, mantenendo una distanza tale che gli impedisse di essergli nocivo.
 
“Oh! Bravissimo. Ti asciugherai in un baleno. Eh eh eh… Sapevo che saresti venuto a cercarmi. Sono proprio contento di vederti, figliolo! Anche perché abbiamo bisogno di te per riportare le cose alla normalità! Non abbiamo un minuto da perdere, su! Seguimi! Tu, Tartaruga, puoi andare… Grazie per quello che hai fatto. Sei un vero amico”.
 
Goku aveva visto la sua guida fare un cenno col capo e scomparire in quelle acque scure. Chissà dove sarebbe andato. Forse, alla Kame House, forse in una grotta che aveva scelto come sua dimora. Stava di fatto che non l’aveva ringraziato, e avrebbe presto dovuto rimediare. Ora, però, erano altre le cose che voleva fare, ed era certo di non essere il solo.
 
“Sapevo che saresti andato sull’isola. Non mi sbaglio mai!”.
“Lo so… Però non ho ancora capito come fai… Ho sempre pensato che tu fossi molto più di quello che dai a vedere. Sei unico, Genio!”.
“Pensavo che stessi per dirmi che sono un Genio! Eh eh eh!”.
“Emm… Come?”.
“Lascia stare, Goku… Lascia stare”.
 
Non avrebbe mai capito le sue battute, e questo Genio lo sapeva, ma Goku non era stato portato lì per ascoltare le sue freddure. Dovevano fare qualcosa di importante, non potevano indugiare oltre.
 
“Hai una vaga idea del perché ti ho fatto venire qui, figliolo? Non pretendo che tu sappia che posto è questo, ma non lo immagini?”.
“Io… Sento come se fossi già stato qui… Questo luogo mi è stranamente familiare, ma sono piuttosto sicuro di non averci mai messo piede prima”.
 
Genio non aveva commentato le affermazioni del suo pupillo, ma gli occhiali scuri non erano stati sufficienti a celare il suo reale stato d’animo. Era teso e preoccupato, ma la risolutezza che lo contraddistingueva nelle situazioni critiche non lo aveva abbandonato.
 
“Siamo arrivati” – aveva detto a un certo punto, fermandosi di colpo. Quello che aveva da mostrare a Goku era qualcosa che lo aveva lasciato letteralmente a bocca aperta.
“Ma questo posto… Questo posto è fantastico! Guarda lì, Genio! Quei laghi sono… Sono sospesi!”.
 
Il Son non poteva saperlo, ma quello era lo stesso, preciso, identico luogo in cui si era trovato Trunks qualche tempo prima, il luogo in cui il bambino aveva trovato quel suo strano tesoro, lo stesso tesoro che continuava a ripetere al piccolo di aver esaudito ogni suo desiderio.
 
“Genio, è assurdo! Ma come hai fatto a trovare questo posto? Perché mi ci hai portato, poi? E perché mi sembra di conoscerlo? Urca! Che confusione! Sta per scoppiarmi la testa!”.
 
Sembrava che stesse per scoppiargli sul serio. Si sentiva strano, debole, confuso. Aveva la bocca asciutta e le palpebre pesanti. Che cosa stava succedendo?
 
“Genio… Non mi sento molto bene”.
 
Era caduto in ginocchio, stremato. Non riusciva a capire cosa diamine gli stesse accadendo, e non riusciva a capire perché il suo maestro non fosse accorso in suo aiuto.
 
“Ge-Genio… Ma cosa… Che cosa mi stai facendo?”.
 
Il timore che il suo maestro si fosse in qualche modo messo contro di lui era diventato realtà nell’istante in cui aveva finalmente incrociato il suo sguardo.
 
“Perché?” – gli aveva chiesto, anche se credeva di conoscere la risposta.
“Perché sei la creatura più pericolosa che abbia mai messo piede sulla Terra, figliolo. Perché la maledizione che ti hanno inflitto può essere spezzata solo dal proprietario dell’oggetto che hanno portato via da questa camera blindata. Perché se non ti fermo adesso, poi sarà troppo tardi”.
 
Continua…


 
STAVOLTA HO TIRATO FUORI IL PEGGIO DI ME.
Temo che abbiate pensato che non sarei più tornata. Dire che sono mortificata è il minimo. La verità è che mi è venuto il blocco dello scrittore. Sapevo quello che dovevo scrivere, ma non trovavo la forma più adatta. Mi è parso di impazzire, credetemi. Non lo auguro a nessuno!
Non è stato facile, ma con un pochino di pazienza e di impegno ho portato a termine questo capitolo iniziato diverse settimane fa. Spero tanto che vi sia piaciuto! E che possiate perdonare questa scrittrice un po’ disastrata che ama tanto i “suoi” personaggi e i suoi lettori.
A presto!
Un bacino
 
Cleo
   
 
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