Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: BeaterNightFury    10/11/2020    1 recensioni
Le riusciva persino difficile credere che una volta alzati tutti da tavola, Riku sarebbe andato finalmente a cercare la sua mamma… che ora gli era stato permesso. Che Sora sapeva dov’era Ventus e sarebbe andato a recuperarlo dopo che le Principesse fossero state al sicuro.
Che se avessero vinto quella guerra, Shiro avrebbe avuto di nuovo una famiglia, una casa.

Seguito di Legacy e Journey.
Sora, Riku e Kairi dividono le loro strade per proteggere le Principesse, salvare i Guardiani perduti, e prepararsi alla battaglia.
Lea si ritrova dopo undici lunghi anni a fare i conti con il proprio passato irrisolto.
Ventus e Roxas aspettano il momento in cui potranno tornare a fare qualcosa che non sia osservare...
Il momento dello scontro è vicino.
Sette contro tredici.
A volte, la differenza è tutto quello che un eroe può fare.
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Che dire? Questo capitolo è abbastanza atipico, ma è stato una figata e uno strazio scriverlo tutto per bene... e direi che lo possiamo usare per festeggiare Melody of Memory, dato che ci sono un po' di citazioni anche al MUSICAL di Frozen, di cui sono riuscita a vedere un po' di pezzetti sul tubo.
E sì, canonicamente Kristoff ha un cognome.

Guardians – Capitolo 5
Ghiaccio e Fuoco
 
«Non mi fermerà nessuno!»
Una ragazza con i capelli rossi raccolti in cima alla testa e un vestito verde stava correndo per strada, nella direzione opposta rispetto alla maggior parte della gente in città.
Kairi non poté evitare di stringersi nelle spalle e guardare dall’altra parte quando andò a cozzare con un uomo e un carro carico di ghiaccio nello stesso momento, finendo lunga distesa sul giovane e sul ghiaccio.
«Le ultime parole famose.» Lea alzò gli occhi al cielo, ma aveva in volto un sorrisetto divertito. Kairi si chiese come accidenti facesse a mantenere la cappa nera con un caldo del genere, in quel mondo doveva essere piena estate rispetto al Novembre di Radiant Garden.
«Chiedo scusa, piccioncini?» Un altro ragazzo, probabilmente il padrone del carro, si avvicinò ai due con un’occhiataccia in volto. La ragazza e l’altro giovane, visibilmente imbarazzati, si scusarono e specificarono di essersi appena incontrati.
«A voi piacciono le bevande fresche?» Il padrone del carro sembrava abbastanza innervosito, ma stava cercando di mantenersi civile. «Beh, per tenerle fresche serve ghiaccio. Ghiaccio pulito. Potreste evitare di sporcarmelo?»
«Io farei di peggio se mi sporcassero gli ingredienti del gelato.» Lea commentò, ridendo di nuovo.
«Tu pensi solo a mangiare?» Kairi gli allungò una gomitata.
«Rilassati! Non vedi tutta questa gente? Credo che a giudicare dai vestiti, dalle campane e dal ghiaccio, qui stanno preparando una festa.» Lea indicò il borgo attorno a loro con una mano. C’erano dovunque delle bandiere verde e violetto, con l’effigie di una giovane donna dipinta in dorato.
I due falsi piccioncini sembravano essersi dileguati, e il padrone del carro si passò una mano nei capelli biondi. Non sembrava essere molto abituato alla folla, a giudicare dalla sua espressione turbata.
«Sven, non so se sia stata una buona idea fare questo lavoretto alla capitale.» Si chinò verso la renna che doveva essere l’animale che trainava il carro. Poi si rispose da solo, quasi fosse la renna stessa a parlare. «Sì, ma Sua Maestà pagherà bene.»
Lea gli lanciò un’occhiata strana, ma si avvicinò al giovane e fece per chiedergli qualcosa. Kairi lo seguì, sperando con tutto il cuore che non fosse se il ragazzo vendesse gelati.
«Che succede qui?» Lea chiese al ragazzo.
«La regina Elsa è arrivata alla maggiore età.» Il giovane si strinse nelle spalle. «La città è tirata a lucido, la gente è tirata a lucido, e io e il qui presente Sven stiamo cercando di fare un po’ di soldi alla festa dell’incoronazione. Se soltanto la gente non giocasse attorno al mio ghiaccio… comunque, io sono Kristoff Bjorgman. Voi?»
«Io sono Kairi e quel beota è Lea.» Kairi fu più rapida a presentarsi.
«Lo hai memorizzato?» Lea aggiunse immediatamente.
«Cosa, il tuo nome o che tua sorella ti ha dato del beota?» Kristoff soffocò una risata. «Perché, parola mia, devi esserlo se porti una palandrana del genere in piena estate.»
Scosse la testa, legò la renna al carro e iniziò a procedere verso un palazzo che dominava il borgo. A un certo punto iniziò a dividere una carota con la renna stessa.
«Credo sia lui lo svitato.» Lea inclinò la testa di lato, guardandolo andar via. «Perché non gli hai detto che non siamo parenti?»
«Lasciamoglielo credere, daremo meno nell’occhio.» Kairi si strinse nelle spalle. Per quanto poco quel Kristoff avesse saputo dire loro, aveva parlato di una regina Elsa, e sapendo chi comandava in quel posto, perlomeno sapevano a chi chiedere una mano a perlustrare la zona. Se aveva parlato di maggiore età, probabilmente si trattava di una ragazza abbastanza giovane, e Kairi sperava di poter riuscire a legare con lei.
Quel mondo, si disse mentre attraversavano il paese e raggiungevano la cappella del castello, sembrava quasi un quadro, e non era molto diverso dalle fotografie che Sora e Shiro avevano mandato da Corona. Pensando a cosa potesse essere successo a Sora, Kairi si prese il cellulare da una delle tasche e controllò la bacheca di Kingstagram di Sora. Non c’erano nuove fotografie, ma in quella di Shiro… era di nuovo a Radiant Garden! E Riku era con lei
«Cosa sbirci, Kairi?» Lea si chinò su di lei. «Riku è tornato? Che dire, li abbiamo mancati di un soffio! Forse potremmo ancora tornare indietro, sai?»
«Come, non vuoi vedere se al ricevimento serviranno il gelato?» Kairi lo prese per una manica. Aveva bisogno di restare da sola con lui per un po’, specie dopo la fotografia che aveva trovato sulla scrivania della bibliotecaria.
I Fair le avevano giurato di averla conosciuta da bambina, che il loro Zack era andato a scuola con suo fratello, e adesso era comparsa quella foto in cui Lea era in quel giardino con un bambino piccolo che avrebbe potuto essere una bambina piccola, e quando Kairi era stata trovata alle Isole del Destino aveva addosso delle mutandine da maschio che avevano tutta l’aria di essere di seconda mano!
Ma allora perché Lea si comportava come se niente fosse, nonostante tutti gli indizi sembravano sostenere altrimenti?
Perché non gli hai detto che non siamo parenti?
Kristoff aveva ragione… Lea era un beota.
Riuscirono ad entrare nel palazzo confondendosi con la folla e i nobili in visita. La regina Elsa, come ipotizzato da Kairi, era poco più che una ragazza, ma la sua aria solenne le faceva portare male quelli che dovevano essere venti o ventuno anni. Portava i capelli biondo chiarissimo strettamente raccolti, si stringeva su sé stessa quasi volesse sparire, e ogni centimetro della sua pelle tranne il volto era coperto da vestiti. Persino le sue mani erano guantate.
Nel salone riapparve la ragazza del carro di ghiaccio, quella che Kairi e Lea avevano sorpreso a urlare per strada. Sembrava anche troppo felice ed eccitata di essere lì. Solo in quel momento, Kairi notò che in mezzo ai suoi capelli rossi c’era una stria bianca.
«… e la principessa di Arendelle, Anna!» Il maggiordomo annunciò… per poi prendere la ragazza del carro per le spalle, e spingerla fino a lasciarla sullo stesso gradino della regina Elsa, a due passi da lei.
«La sorella di Sua Maestà?» Lea sgranò gli occhi. «Seriamente quelle due sono parenti? Non ci avrei scommesso un munny! No dico le hai viste?»
«Sì, le ho viste, e hanno gli stessi occhi e lo stesso naso.» Kairi obiettò. «Allora, dobbiamo cercare la nostra ragazza. E non possiamo usare il radar.»
«Come no?» A Lea cascò quasi la mascella. «Non parlarmi dell’ordine dei mondi, perché sei stata tu la prima a tirar fuori il cellulare…»
«Lea, cosa credi accadrebbe se tu usassi il radar in questo momento?» Kairi gli bisbigliò.
«Beh, finirebbe per trovare la Principessa più vicin… ah.» Lea fece per rispondere, ma sembrò capire perché non sarebbe stata una buona idea. «Sai, sono ancora del parere che dovremmo tornare indietro e mandare qui Riku.»
«Senti, siamo in questa stanza, potremmo parlare con la regina.» Kairi si mise le mani sui fianchi. «Conosco le altre Principesse che hanno passato il testimone. Pur non avendo sempre il titolo, erano ragazze che emergevano in un qualche modo. Belle era additata come strana nel suo villaggio. Alice per i suoi familiari era un po’ svitata. Jasmine si sentiva costretta dalle leggi del suo paese. E quanto a me, ero la bambina che venne dal nulla a scuola. Stiamo parlando di una ragazza che non passa inosservata! Sicuramente la regina… la persona che governa il paese, potrebbe averne sentito parlare!»
«Va bene, parliamo con la regina.» Lea si strinse nelle spalle e fece un sorrisetto sornione… poi indicò la fila di persone che si era formata soltanto per avere l’occasione di salutare la sovrana. «Ci mettiamo in coda?»
L’attesa fu molto più lunga del previsto. Mentre erano in fila, Kairi vide la principessa Anna ballare con un duca stempiato, bassino e con i tacchi alti, poi venire presa da parte dallo stesso ragazzo a cui era finita addosso prima di cadere sul carro di Kristoff.
Li vide lasciare la sala, poi cercò di concentrarsi su quello che avrebbero dovuto dire alla regina. Quattro persone… tre… due… una… fu finalmente il loro turno.
«Vostra Maestà, i miei omaggi.» Fu Lea a parlare per primo, accompagnando un inchino alle sue parole. «Veniamo da molto lontano perché abbiamo sentito storie su una ragazza speciale che potrebbe essere da qualche parte in questo regno. Siete chi comanda qui… dovrete sicuramente sapere qualcosa. O conoscere qualcuno che possa aiutarci.»
La regina si ritrasse, come se qualcosa che Lea aveva detto l’avesse offesa.
«Chi siete?» Se le occhiate avessero potuto congelare, Kairi non aveva dubbio, Lea si sarebbe fatto molto male.
«Lea, mi spieghi che accidenti combini?» Kairi prese il Custode più anziano per un orecchio e tirò forte, come faceva di solito con Riku. «Domando umilmente scusa, Vostra Maestà, mio fratello è una testa calda… per essere gentili
Stava per riformulare la domanda quando la principessa Anna rientrò nel salone, mano nella mano con il giovanotto di prima.
«Elsa! Regina!» Anna si fece strada tra gli ospiti, fino a raggiungerli. «Posso presentarvi il Principe Hans delle Isole del Sud?»
«Maestà.» Il suddetto principe Hans le fece un inchino. «Noi vorremmo… vorremmo la vostra benedizione… per il nostro matrimonio.»
Elsa sgranò gli occhi e scosse la testa, visibilmente sorpresa e confusa. «Che? MATRIMONIO
«Sìììììì!» Anna abbracciò il principe.
«Perdonatemi, sono confusa.»
«Ecco, se c’è qualcuna che escludo come una delle Sette, è quella Principessa Anna.» Lea commentò a Kairi sottovoce mentre Anna parlottava di cerimonie, banchetto, gelato, fratelli e traslochi. «Non è una principessa, è un’ochetta!»
«Qui non viene a stare nessuno!» Elsa obiettò, zittendo sia Anna che Hans. «E non ci sarà alcun matrimonio. Non puoi sposare un uomo che conosci appena!»
«Puoi, se è vero amore!»
«Vero amore? Stamattina eravate estranei!» Lea si intromise con aria seccata.
Sembrava tuttavia qualcosa di cui Elsa fosse a conoscenza, perché alzò gli occhi al cielo e rimproverò la sorella.
«Anna, che cosa sai tu del vero amore?»
«Beh, molto più di te. Tu sai solo chiudere le porte in faccia!» La minore era livida di rabbia…
… ma Elsa, se possibile, parve persino più adirata da quell’offesa, stringendo i denti e allontanandosi dalla sorella.
«Oh, no.» Lea, che era rimasto a guardare tutto il discorso con aria indifferente, a quel punto trasalì come se lo avessero punto. «Kairi, guarda la sua mimica delle braccia.»
«Quale mimica delle braccia?» La ragazza gli bisbigliò. «Non ne ha! Le tiene sempre contro al suo corpo…»
Mentre Elsa continuava a camminare, Lea continuò a sussurrare a Kairi.
«Esatto.» Lea prese Kairi da parte, senza smettere di fissare Elsa. «Come se avesse paura di bruciare quello che tocca. E quei guanti? Non era estate
Proprio mentre parlava, Anna corse verso Elsa e riuscì a strappargliene uno via dalla mano. Elsa trattenne un grido e tese finalmente una mano verso la sorella – nel tentativo di riprenderlo.
«Ma che cosa ti ho mai fatto?» Anna chiese di nuovo, mentre Elsa camminava verso la porta.
«Basta, Anna!» Elsa aveva la testa bassa, i denti stretti, le braccia sempre più premute contro il corpo. Quello era il volto della paura.
Lea scattò in avanti, forse per cercare di separare le due ragazze e portarle alla calma, mentre Anna continuava a urlare addosso alla maggiore, accusandola di respingere lei e chiunque altro.
Aveva appena raggiunto Anna, prendendola per un braccio nel tentativo di spingerla indietro, quando Elsa, dando loro le spalle, alzò la mano nuda sopra la spalla e fece un gesto esasperato contro la sorella.
«HO DETTO BASTA!» Si girò verso di loro.
Stalagmiti di ghiaccio grigiastro si alzarono dal pavimento, formando un cerchio attorno a lei. Se prima sembrava turbata, adesso la regina era terrorizzata.
«Oh, cacchio.» Lea sgranò gli occhi, fissando il ghiaccio sul pavimento. «Va tutto bene.» Fece due passi in avanti, poi evocò il Keyblade e sciolse le punte più vicine a lui con una fiammata. «Kairi…!»
Non ebbe bisogno di dirle altro perché Kairi si parasse davanti ad Anna ed estraesse il Keyblade a sua volta – la Principessa del Cuore, dovunque fosse, avrebbe aspettato. Una situazione del genere poteva essere un pericolo a prescindere da chi ne fosse coinvolto.
«Stregoneria!» sbottò l’ometto con gli occhiali che aveva estorto un ballo ad Anna poco prima. «Sapevo che c’era sotto qualcosa di losco, qui…»
Nessuno sembrava avere una chiara idea di quello che stesse accadendo… a parte, forse Lea.
«State calmi! Qui nessuno si farà del male!» Abbassò il Keyblade in quella che doveva essere una posizione di offerta di pace. Come avrebbero fatto a spiegare l’esistenza della magia senza compromettere troppo l’ordine dei mondi? Non sapevano nemmeno se in quel posto, la magia fosse vista o meno di buon occhio… ma a giudicare dall’espressione della gente, non doveva essere quello il caso.
La prima a guardarlo con il terrore negli occhi era proprio Elsa. Si stringeva la mano nuda contro il petto, premendo la destra ancora guantata contro la porta… fino a trovare la maniglia, aprire e fuggire via.
«Fermi. Tutti fermi. Vado io.» Lea alzò una mano e fece per prendere la porta. Kairi fece per girarsi verso i presenti, ma qualcuno la spinse di lato, buttandola al pavimento e facendole perdere il Keyblade, e quando si rimise in piedi vide che, di tutte le persone, Anna aveva superato Lea ed era partita all’inseguimento della regina.
«Sorelle minori!» Lea sbuffò, ma attese che Kairi si rimettesse in piedi prima di inseguire la regina e la principessa. «Stai bene, Kairi?»
«Non è niente. Mi ha solo colta di sorpresa.» La ragazza gli sorrise, mentre correvano per i corridoi in cerca dell’uscita. «Come hai capito che…?»
«Se devo essere onesto, non mi aspettavo il ghiaccio.» Lea le rispose, in tono imbarazzato. «Ma adesso capisco perché era così tesa quando le abbiamo fatto quelle domande. Pensava stessimo cercando lei

 
 
Quando Shiro era arrivata nel bel mezzo dello studio di Ansem con il portale di Luna, assieme a Mamma, Riku e il Re – nonché Noctis e Luna stessi – Ienzo aveva fatto cadere al pavimento una pila di libri per la sorpresa, ma non aveva perso molto tempo a chiamare Aerith e le fate perché si prendessero cura dei feriti.
Luna aveva insistito per restare, ma Aerith le aveva assicurato che avevano la situazione sotto controllo, e in quel momento Flora, Fauna e Serenella erano intente a pulire e chiudere con la magia i tagli che Riku aveva subito durante la sua permanenza nel Reame Oscuro.
«Sgrunt, quello Xehanort.» Serenella brontolò quando ebbero finito. «Quanto vorrei trasformarlo in un vecchio rospo grasso!»
«Suvvia, non è una cosa carina da dire.» Fauna la redarguì mettendo via le bende che non avevano utilizzato.
«Per me se lo merita.» Riku si stiracchiò e scosse la testa. Sembrava quasi stanco, ma lottava per restare vigile. «Shiro, tu come stai? Perché eri con Sora?»
«Ehm…» la bambina strofinò un piede sul pavimento. Non riusciva a pensare a una scusa plausibile, e rimase in silenzio sperando che Riku non volesse approfondire l’argomento.
«Si era nascosta nella navetta l’ultima volta che è ripartito.» Flora vuotò il sacco.
Riku celò una risata con una mano. «Beh, ho sentito gente fare peggio.»
«Già, e poi è andato tutto bene.» Shiro confermò.
Il giovane Maestro si fece di nuovo serio. «Shiro… volevo parlare con tua madre se è possibile. Non l’ho mai ringraziata per avermi salvato la vita.»
«Oh…» La bambina annuì. «Tranquillo, ci penso io!»
Shiro uscì dalla stanza di Riku, percorse il corridoio, ritrovò la camera di Mamma, infilò la porta e la richiuse velocemente verso di sé, sperava che la madre riposasse ancora per poter passare senza dare troppo nell'occhio del tempo assieme, ma non fu troppo delusa quando la vide sveglia.
«Mamma, il Maestro Riku voleva parlarti…»
«Shh, siediti qui, solo un momento…» Mamma, seduta su un letto, le fece gesto di avvicinarsi. Era stata la prima assieme a Topolino ad essere stata curata da Aerith, e non sembrava fosse stata ferita, anche se era ancora visibilmente stanca.
La bambina non esitò ad obbedire, e rimase qualche secondo in silenzio accennando un leggero sorriso quando sua madre le portò una mano sulla testa.
«Secondo Aerith dovrei proprio farlo.»
Shiro sentì che la mamma le disfaceva la frangia che era solita tirare indietro e capì quasi subito che aveva intenzione di fare. Forse. Sentì un peso appoggiarsi, poi sentì che i capelli le si erano fatti più leggeri.
«Ho incontrato papà… il… mio vero papà.» confessò la piccola quando percepì la madre fermarsi per un istante: «Torneremo a casa con lui e zio Ven vero?»
Mamma le si sedette davanti e alzandole appena il viso le sorrise quasi per rassicurarla.
«Torneremo a casa, te lo prometto.» rispose la donna prima di passare sulla frangetta disfatta la spazzola abbassandogliela da un lato. «Andremo a svegliare lo zio e tutti insieme porteremo a casa papà, sarebbe fiero di vedere quanto è diventata grande la sua gattina.»
Sfiorandole il naso le scappò una risatina, e Shiro si strinse forte alla donna prima di chiudere gli occhi per qualche secondo.
«Mi sento a casa… se ci sei tu.»
 


Quella notte, la neve riluceva candida sulla montagna, cadendo talmente in fretta che Lea e Kairi facevano fatica a seguire le impronte di Elsa – venivano cancellate quasi immediatamente dalla neve fresca.
Essere stati i più veloci a seguirla fino a quel momento sarebbe valso a ben poco se l’avessero persa nella bufera. Sembrava che fosse lei stessa a cercare di andare nel posto più remoto e più impervio possibile…
… e considerando la neve e il ghiaccio, Lea poteva immaginare perché.
Il vento e la neve parvero calmarsi leggermente, tanto che per un momento fu possibile vedere un’altra volta il cielo.
Poi un grido echeggiò nella notte.
«BASTA ADESSO!»
Era la voce di Elsa.
«Dici che si è accorta di noi?» Kairi bisbigliò a Lea. Lui scosse la testa.
Elsa gridò di nuovo.
«Basta adesso!» Lea la sentì riprendere fiato, poi vide la neve vorticare in lontananza attorno alla sua sagoma. «Non mi importa quello che diranno… che la tempesta infuri sulla montagna, tanto il freddo non mi ha mai dato fastidio…»
Il giovane abbozzò un sorriso.
«Non ce l’ha con noi. Credo stia semplicemente urlando al vento.»
Per certi versi, Lea sentiva di poterla capire. Aveva sentito Anna parlare di porte chiuse, aveva visto la mimica di Elsa che tradiva la paura di ferire le persone che aveva attorno – dieci anni a sentire il nulla gli avevano insegnato a simulare con il corpo quello che avrebbe dovuto provare per non dare nell’occhio più di quanto non faceva – e a giudicare dalle espressioni sorprese di chiunque avesse visto il ghiaccio, nessuno doveva esserne a conoscenza.
Per quanto tempo Elsa si era nascosta al mondo – persino alla sua stessa sorella?
Ha, ha, Lea vecchio mio, senti chi parla. Si ricordava ancora della predica di Shiro, alcuni giorni prima. Era un’ironia crudele che adesso Kairi stesse fingendo che fossero fratelli quando in realtà lo erano.
«Che facciamo adesso?» Kairi gli chiese, prendendolo per una manica. Lea evocò istintivamente un cerchio di fiamme attorno a loro due – per lui quella tempesta non era un problema, ma Kairi non aveva maniche e sotto la gonna i suoi leggings erano troppo corti per quelle temperature.
«Aspettiamo che smetta di sfogarsi, e proviamo a vedere se le va di parlare.» Lea si strinse nelle spalle. «Ti chiederei se vuoi fare un pupazzo di neve, ma credo che Sua Maestà ci abbia già pensato.» Indicò una figura rotondetta in lontananza.
Kairi sorrise, e scoppiò a ridere quando Elsa buttò via il suo mantello al vento e quello volò via… portandosi il pupazzo di neve con sé. Lea dovette trattenere il nodo alla gola. Ricordava ancora quello più alto di lei nell’ultimo inverno che avevano passato assieme, e di come Kairi era scoppiata in lacrime quando si era sciolto all’arrivo della primavera.
Sembrava che “sfogarsi” per Elsa volesse dire fare le cose in grande. Era passata da una scalinata per attraversare un crepaccio a pareti, pavimento, un intero palazzo di ghiaccio che svettava sulla cima della montagna come una guglia.
Lea sperò non volesse restare là per sempre – non era male come rifugio in mezzo al nulla, ma sarebbe tornata a casa presto non appena si sarebbe accorta che non aveva da mangiare lì. Lui ne sapeva parecchio, a dodici anni aveva provato a scappare di casa, e un paio di ore dopo si era rifugiato a casa di Isa, e Ilyas e Suzan avevano chiamato le guardie cittadine e i suoi genitori.
«Credo abbia finito.» Kairi indicò il castello, che non sembrava più voler crescere. Lea dismise il cerchio di fuoco perché potessero muoversi, e corsero entrambi verso la scalinata.
«Smamma, idiota.» Una voce tristemente familiare fece fermare Lea sul posto. La neve davanti a loro si tinse di nero, e… di tutte le seccatrici… Larxene emerse dal Corridoio Oscuro. «Non mi risulta che alla regina serva un giullare
«Non eri un po’ troppo acida per il ripescaggio, tu?» Lea evocò immediatamente il Keyblade, pronto a toglierla di mezzo. La presenza di un’Oscurità nei paraggi lasciava poco spazio a dubbi… era Elsa stessa la ragazza che cercavano?
«Vecchia conoscenza?» Anche Kairi si mise in guardia, arma in resta, ma rimase più indietro rispetto a lui.
«Già. Credevo che Sora le avesse dato una lezione, un anno fa.» Lea le spiegò. «Poco male. Ci tenevo a farlo io stesso!»
«Ho detto smamma!» Larxene alzò le mani, e due lampi saettarono verso di loro, assieme ad una folata di vento gelido. Lea sarebbe finito immediatamente gambe all’aria se non fosse stato per la barriera evocata da Kairi.
«Hey, hai iniziato a cavartela con la magia?» Il giovane rivolse un sorriso alla ragazza.
«Dopo Xigbar, ho iniziato ad apprezzare una buona difesa.» Kairi si strinse nelle spalle.
«Oh, ma che bravi, come vi comportate da fratellini voi.» Larxene li schernì. «Bella recita, ma credete davvero di insegnare qualcosa alla regina e alla principessa? Siete solo due ipocriti che fingono di conoscersi!»
Lea strinse l’impugnatura della sua arma fino a sentire dolore. Non poteva ribattere… ma non poteva nemmeno lasciarla parlare. Non era vero!
Con la mano libera, evocò una palla di fuoco davanti a sé, ma Kairi lo prese per una manica.
«Elsa è lì dentro. E forse è ancora spaventata!» Lo redarguì. «Vuoi farla scappare ancora?»
«Molto bene. Ora smammate voi. La bambolina qui fa tanta luce che non riesco a capire se la regina lo è.» Larxene sogghignò.
Kairi strinse forte il suo Keyblade, livida di rabbia e di freddo. Si stava visibilmente trattenendo dall’intervenire… e probabilmente lo avrebbe anche fatto, ma Larxene evocò un’altra ventata elettrica. Lea cercò di resistere, ma senza contrattaccare non sarebbero riusciti a contrastarla a lungo… e non potevano contrattaccare, non con Elsa e il suo castello lì dietro…
… e la tempesta li scaraventò all’indietro.
 


Riku soffocò uno sbadiglio. Riusciva a capire come si era sentito Sora negli scorsi giorni, relegato alle retrovie mentre qualcun altro si occupava della missione più urgente.
Adesso Sora si stava occupando di un’emergenza, Kairi si era impossessata delle retrovie… e lui era letteralmente in panchina. Se c’era una definizione di ironia, quella ci si avvicinava parecchio.
La cosa più avventurosa che aveva fatto nelle ore prima era stata avventurarsi con Shiro e Aqua a cercare un Keyblade perduto nei sotterranei del castello. Keyblade che poi si era scoperto appartenere ad Aqua.
Per poi aiutare Shiro, Otto, e Nove, a risolvere un mistero che riguardava il diario di Shiro. Il paradosso era che lui ricordava di aver avuto a che fare con qualcuno… ma non ne ricordava più né il volto, né il nome. Ienzo aveva rapidamente concluso che quella storia riguardasse anche lui, ma Riku ricordava soltanto di aver cercato notizie su Roxas mandando Pluto all’interno del castello.
Shiro ricordava Pluto, ma non chi lo aveva portato dentro.
Le loro indagini erano state portate ad un’interruzione quella mattina: per Shiro, a scuola era il giorno della foto di classe, ed era più che decisa a non perderlo. Per non restare tappato nel castello come era stato ordinato a Topolino dalle fate, Riku adesso era su una panchina del borgo assieme ad Aqua, in attesa che la campana della scuola decretasse l’apertura dei cancelli.
«Ehi, Aqua…» Sapeva che si sarebbe pentito di una frase del genere, ma era l’unica adulta che lui conoscesse di cui sentiva di potersi fidare a fare quella domanda. «Ma… com’è che ci si innamora? Come ci si sente?»
«Come ci si sente? Beh…» Aqua portò una mano al mento e rimase per un momento in silenzio. «Per questa persona… scaleresti la montagna più ripida. A mani nude, anche allo stremo delle forze. Il cuore batte all’impazzata e vorresti che gli attimi con lei non finissero mai.» Le sue dita si strinsero attorno a un portafortuna che teneva appeso ai vestiti, uguale a quello di Shiro ma blu, poi guardò di nuovo Riku.
«Io e Terra siamo sempre stati come fratelli… e giuro che che non avrei immaginato mai di poterlo considerare il mio compagno se non come avversario ed amico…»
Riku guardò la Maestra sorridere, e si rese conto di ritrovarsi in quelle parole. Fino a un paio di mesi prima non avrebbe mai pensato a Sora e Kairi come… aaah, che razza di storia. Si nascose la faccia tra le mani, consapevole del fatto che le orecchie gli si stessero facendo calde.
«Ci s'innamora all'improvviso e arriva tutto spesso nel modo in cui non te lo aspetti. Nel nostro caso è stata proprio l'attesa di Shiro a renderlo più forte.» Aqua stava dicendo, ma Riku non le prestò molta attenzione. Se quello che provava era reale… era ancora più importante che lo dicesse, ma non voleva dirlo soltanto per la minaccia di Xehanort… quelle cose prendevano tempo, e lui non…
«Dimmi... Qualcuno ha fatto breccia nel tuo cuore? Puoi dirmelo...so tenere un segreto.» Aqua gli mise una mano sulla spalla, e Riku si sforzò di non sobbalzare.
Si fissò gli stivali, poi alzò lo sguardo verso i cancelli della scuola. Non c’erano molti ragazzi – la città era ancora in ripresa – e Shiro era una dei primi ad uscire di corsa, ma una ragazza dell’età di Sora e Kairi – Yuna, se Riku ricordava bene – aveva un pallone nelle mani e chiese a Shiro se volesse fare qualche tiro al canestro.
«Sì.» Riku ammise. «E… ho paura»
«Credi di non piacerle?»
«Non è una ragazza!» Se avesse potuto, Riku sarebbe sprofondato… si sentiva sempre più idiota per quanto poco e male si stesse spiegando… ma non riusciva a spiegarsi come avrebbe voluto. Sembrava quasi fosse tutto troppo. «Non solo lei, almeno. Ora mi prenderai per scemo… ma me la sono presa brutta, e per entrambi i miei migliori amici. E… la cosa è che si piacciono. Tra loro. O almeno credo, da come ne parlano. E non so se quello che provo io è vero, oppure no.»
Aqua portò una mano sulla testa del ragazzo.
«È normale, Riku. Anzi, è normalissimo. Se si piacciono tra loro… quello che puoi fare è proteggerli. Voler bene, o amare una persona… o due, in questo caso… è essere pronti a rischiare tutto per loro. Hai soltanto sedici anni… è anche normale non sapere come ci si sente. D’altra parte, non sei il primo sedicenne che finisco per ascoltare, e non credo che sarai l’ultimo.»
«Io ci provo.» Riku si forzò a sorridere. «Ma mi sento quasi inutile a restare qui. Sora è ripartito, e senza di lui non possiamo recuperare Ventus. Kairi adesso è con Lea a cercare le altre Principesse. E io… beh.» Scrollò le spalle e si lasciò scappare una risatina. «Non serve che ti dica che sono in panchina.»
«Non sei e non devi sentirti inutile, d’altra parte, a Shiro piaci un sacco, non smetteva di parlarmi del suo Maestro Riku.»
«Davvero? Credevo potesse avercela con me.» Riku era sorpreso di quel dettaglio… era o non era stato lui a portare Roxas da DiZ?
«Le si arrossano le guance quando parla di te, quasi avesse una cotta. E succedeva anche con un altro nome…» Aqua rimase un momento a riflettere. «Roxas. Sì, anzi mi stavo chiedendo chi fosse.»
«Oh, cavoli.» Riku sobbalzò. Adesso doveva spiegare ad Aqua chi era quel ragazzo? E se Shiro avesse davvero una cotta per lui? «Non… non spaventarti, quando lo vedrai.»
«Quindi lo conosci anche tu. Sono più tranquilla, alla fine sei come un fratello maggiore per lei o meglio, sono sicura che Terra te l'affiderebbe, geloso com'è.»
«No, Aqua, dico sul serio…» Riku non sapeva come spiegare alla Maestra che non era quello il punto della situazione. «Ahem… Ho visto Ventus. Nel mondo dei sogni. E Roxas… beh, dire che gli somiglia è poco.» 
 


Non avevano passato neanche ventiquattro ore ad Arendelle, e Kairi si stupiva sempre di più di tutto quello che era accaduto in quel mondo. I poteri di Elsa, il palazzo di ghiaccio… e adesso lei e Lea, in un tentativo di risalire, si erano imbattuti in Kristoff Bjorgman in persona, che stava scortando la principessa Anna sulla montagna assieme alla sua renna.
E un pupazzo di neve che si muoveva e parlava.
«E chi è quella specie di somaro lì?» Il pupazzo di neve, Olaf, stava chiedendo ad Anna.
«Quello è Sven.»
«E la renna invece?»
Fu Kristoff il primo ad alzare lo sguardo e accorgersi di loro.
«Ehi! Voi eravate in città ieri mattina!» Corse verso di loro. «Che ci fate qui?»
«Ciao, Kristoff.» Kairi gli fece un cenno di saluto.
«Aspetta, che?» Anche Anna li raggiunse. «Tu sei… il tizio misterioso nel palazzo! Quello che controlla il fuoco!» Segnò Lea a dito.
«Sì, il nome è Lea.» Lui alzò gli occhi al cielo, poi si ricordò di puntarsi il dito alla tempia. «Lo hai memorizzato? Io e Kairi qui pensiamo che tua sorella Elsa sia in pericolo.»
«Fino a ieri mattina non sapevate neanche chi era.» Kristoff li guardò storto.
«Sì, ma conosciamo la persona che le sta addosso.» Lea ricambiò l’occhiataccia di Kristoff. «Comunque, credo che la regina sia scossa, e molto. Ma che problemi ha?»
«Chi, Elsa?» Anna scosse la testa. «È una vita che non fa altro che stare da sola. Quando eravamo piccole, io ero la sua ombra e lei era la mia. Mi stava per insegnare a pattinare, in inverno scivolavamo sulle colline innevate, e spesso la sera facevamo quello che lei chiamava il gioco della foresta incantata. Dopo che compii cinque anni, le cose cambiarono. I miei divisero le nostre stanze, e lei non lasciava un momento la sua, a stento usciva per mangiare.»
«Fammi indovinare, magari è stato anche il momento in cui ha iniziato a portare i guanti?» Lea sogghignò. «Non mi stupirei se fosse stato allora che i suoi poteri siano venuti fuori.»
«Perché, tu quanti anni avevi quando ti è successo?» Anna chiese a Lea.
«Kairi aveva cinque anni. Io diciassette.» Si strinse nelle spalle. «Ma erano successe altre cose intanto. Credo siano storie diverse… ma quel che conta è la vostra storia, adesso.»
«La nostra? Non c’è molto da dire.» Anna scosse la testa. «Fino a tre anni fa, c’eravamo solo noi nel castello… alcuni servi… e i nostri genitori. Papà era sempre a sbrigare le faccende di stato… e mamma passava gran parte del suo tempo nella biblioteca. Elsa… ci parlava, con loro. Poi loro sono partiti e non sono più tornati. Un tempo… credevo che Elsa mi volesse bene. E per un momento, ieri, alla festa, ero sul punto di crederci di nuovo.»
«E poi sei cascata con tutte le scarpe per quel pezzo di bronzo.» Lea commentò, guadagnandosi una gomitata nelle reni da Kairi.
«Che c’è?» Protestò il giovane. «Elsa aveva ragione!»
«E tu non hai tatto,» Kairi gli rispose, poi si rivolse ad Anna. «Elsa è sola in cima alla montagna, e ci sono dei malintenzionati in nero che pensano che lei non abbia solo i poteri del ghiaccio, ma anche poteri di luce, come me. Se così fosse, non può rimanere da sola. Dobbiamo assicurarci che sia al sicuro.»
«Scusa, se minacciano anche te, che ci fai in giro per le foreste che bazzicano anche loro?» Kristoff si grattò la testa sotto al cappello.
«Beh, lei ha una spada. E suo fratello.» Lea le strinse le spalle.
«Già, bel fratello, si tiene il cappotto e la lascia al…» Kristoff fece per ribattere, ma Lea tese una mano e accese un fuoco in mezzo a loro. «… Okay. Oggi ho visto tutto.» Il montanaro si lasciò scappare una risata.
«Va bene. Non mi serve sapere molto altro, dobbiamo andare.» Anna indicò la strada per cui Lea e Kairi erano arrivati.
«Seguitemi, conosco la strada!» Olaf, che si era avvicinato pericolosamente al fuoco prima che Anna parlasse, prese a trotterellare verso Nord facendo strada.
Kairi prese Lea con sé e lo mantenne a chiudere la fila. Se possibile, voleva cercare di parlargli ora che non dovevano più correre dietro a una regina che faceva nevicare.
«Senti, Lea, riguardo a tutta la messinscena che stiamo facendo…» Kairi iniziò, ma Lea la interruppe.
«Dovremmo chiamare gli altri a Radiant Garden. Informarli di Larxene,» disse lui.
Kairi sbuffò. Perché Lea non ne voleva parlare? Forse messinscena non era il termine che Kairi avrebbe dovuto usare… e forse era vero che non era realmente il momento giusto, ma era come se Lea non volesse ammettere che erano una famiglia, nonostante tutte le prove fossero contro di lui.
Aveva ancora nella tasca la foto che aveva trovato sulla scrivania della bibliotecaria, i due bambini con il pupazzo di neve. Se i Fair avevano detto il vero, se era davvero Lea l’adolescente nella foto… una volta a Radiant Garden, Kairi lo avrebbe portato davanti a loro per le orecchie, e avrebbe chiesto ai due anziani giardinieri se Lea fosse davvero il ragazzo che andava a scuola con loro figlio Zack...
Un momento. Aerith. Aerith era stata la ragazza di Zack, magari se Shiro era ancora da lei…!
Kairi tirò fuori il telefono e compose il numero di Shiro, sperando che la bambina non fosse a scuola. Shiro rispose immediatamente – ed era nel cortile del castello, con i capelli nettamente più corti e in ordine, e la faccia rossa e sudata.
«RIKU!» Strillò a qualcuno fuori dal campo visivo della chiamata. «Ci sono Kairi e Axel!»
Si udì un rumore di passi dall’altra parte, e Riku invase il campo dell’obiettivo. Anche lui sembrava accaldato, ma meno affaticato della bambina. «Kairi, Lea! Va tutto bene?»
«La ragazza che dovremmo riportare al sicuro ha congelato l’estate qui, ma a parte quello tutto a posto.» Lea borbottò mentre arrancavano nella neve. «E voi? State lavorando?»
«Stai a vedere!» Shiro sfoggiò il sorriso più acceso che Kairi le avesse mai visto in volto. Per un momento sparì dall’immagine, e il giardino divenne una sola macchia sfocata, poi la bambina si fermò e si sedette su una panchina. «Axel, Kairi, questa è la mia mamma!»
Una donna dall’aria giovane, ma con una certa saggezza negli occhi, i capelli blu e abiti scuri comparve sullo schermo. La sua faccia perplessa divenne stupita quando vide il telefono, ma anche Lea sgranò gli occhi.
«Incredibile! Sei tu!» Esclamò la Maestra.
«La conosci?» Si sentì la voce di Topolino, poco lontano.
«Ricordi la prima volta che ci incontrammo? Qui, in questo giardino?» La donna gli rispose. «I Nesciens cercarono di attaccare una bambina. Era lei
 
Lea, Lea, ci sono i cavalieri in città!
Una signora. Con i capelli blu e una spada. Ah e poi c’era un altro. Basso basso con delle orecchie grandi così!
Hanno sconfitto i mostri al castello. Poi è arrivata la nonna e mi ha accompagnata qui a casa.
 
Lea avrebbe voluto piangere. Avrebbe voluto dire tutta la verità e sfogarsi come aveva fatto Elsa in cima alla montagna.
Shiro era di nuovo con la sua famiglia, e lui non era stato lì a vederla.
Lui era con ciò che restava della sua, e ancora non aveva il coraggio di ammetterlo. In una missione idiota che si poteva riassumere con il riunire due sorelle dopo il casino che era successo loro… era un pasticcio. Un tremendo pasticcio.
Si era messo in quella faccenda dei Guardiani di Luce per salvare il suo migliore amico e tenere Shiro fuori dai guai, ma iniziava a chiedersi se ne stesse valendo la pena, a quel punto.
Forse non c’era realmente bisogno di lui, in quella squadra.
Riconobbe di nuovo la zona attorno a loro: le correnti gelate che formavano spuntoni acuminati sulle rocce, puntati verso di loro, quasi come a voler respingere degli aggressori… si stavano avvicinando al castello.
«Credo che sia il caso che chiudiamo,» Kairi stava dicendo. «Ci siamo quasi. Vi richiamo più tardi!»
Chiuse la telefonata. Lea si morse un labbro per non emettere un sospiro di sollievo. Sarebbe stato tremendo quando avrebbe dovuto spiegare a Kairi che tutta quella recita era vera… e non era pronto per l’eventuale arrabbiatura che ne sarebbe uscita.
Che razza di fratello maggiore era? In quel momento, si sentiva molto peggio di Elsa, nonostante la regina fosse scappata e le fosse bastato un semplice attacco di panico per congelare un’intera regione.
«E come pensi di far cambiare questo tempaccio?» Davanti a loro, Kristoff stava chiedendo ad Anna.
«Intendo parlare con mia sorella!» La principessa gli rispose senza nemmeno pensarci prima. Lea avrebbe voluto schiaffeggiarsi la fronte.
«È questo il tuo piano?» Kristoff si scansò all’ultimo momento per non venire infilzato da una stalagmite. «Mi chiedo se tu ci abbia almeno pensato. Chiunque con un briciolo di cervello sarebbe partito con vestiti pesanti, anziché doverli comprare a prezzo maggiorato da quello strozzino giù alla sauna.»
«Beh, chiunque con un briciolo di vita avrebbe un amico che non sia una renna…» Anna avanzò davanti a lui.
«Te l’ho detto, ne ho!»
«Gli esperti in amore?»
«Esatto.» Kristoff guardò la parete rocciosa a strapiombo davanti a loro. «Troppo ripido, ho solo una fune, e tu non sai scalare le montagne. A meno che i fratelli fiamma qui dietro non abbiano qualche asso nella manica…»
«No, ma Elsa ha evocato una scala proprio qui dietro.» Lea gli rispose con nonchalance. «Neanche lei sa scalare le montagne.»
Stavolta furono Lea e Kairi a condurre la fila. Guidarono Anna, Kristoff, Olaf e Sven attraverso un crepaccio nella parete, fino ad arrivare allo spiazzo dove Elsa aveva creato prima la scala, e poi il palazzo di ghiaccio abbarbicato sulla vetta.
Kristoff aveva sul volto un’espressione di assoluto stupore, e sembrava persino sul punto di piangere… e cosa più importante, Larxene non sembrava essere da nessuna parte.
Dopo un po’ di discussione tra Kristoff e Anna, e parecchia insistenza da parte del primo, la principessa entrò da sola. Vicino a Kristoff, Olaf sembrava contare, e Lea e Kairi, superando Sven che scivolava troppo per arrampicarsi, arrivarono al portone e Lea si appoggiò alla ringhiera.
«Scusa, Kairi, ma non credo sia una buona idea accendere un altro fuoco.» Lea si strinse nelle spalle.
«Beh, scusa, perché non le dai la giacca?» Kristoff ribatté, seduto sullo scalino con aria imbronciata.
«Scherzi? Ne entrano due di lei!» Lea avrebbe dato tutto il gelato del mondo per sentire cosa si dicevano lì dentro, ma non era più in grado di aprire Corridoi Oscuri per andare a origliare. E fondere la parete era altrettanto fuori questione, era la cosa meno discreta che avrebbe potuto fare, anche se nei giorni precedenti aveva imparato a rendersi invisibile…
«Cinquantotto, cinquantanove, sessanta, un minuto è passato. Io entro!» Olaf annunciò spingendo il portone.
«Kairi, io vado.» Lea mormorò, poi si rese invisibile e imboccò la porta appena dopo il pupazzo di neve. Se davvero Anna era entrata lì senza un piano preciso, qualcuno doveva osservare la situazione, e intervenire se necessario.
«Sembra quello che abbiamo fatto da piccole!» Anna era seduta ai piedi di una scalinata, e indicava Olaf con una mano. Elsa, con la treccia sciolta su una spalla e un abito nuovo che sembrava interamente fatto di ghiaccio, invece era in cima. «Elsa, eravamo così unite. Possiamo esserlo di nuovo!»
Elsa, pur più sollevata rispetto al momento dell’incidente della sera prima, si rabbuiò visibilmente.
«Anna, cosa pensi ti sia successo ai capelli? La striscia bianca?» Le chiese.
«Mamma diceva che l’ho sempre avuta…» Anna borbottò, visibilmente confusa da una domanda del genere.
«No, sono stata io. Ti ho quasi uccisa, Anna, e non avevi che cinque anni.»
Un lampo passò nella mente di Lea, e per un momento era di nuovo un diciassettenne con la schiena contro al muro, mentre Xehanort teneva Kairi in aria per un polso. Anche Elsa si era sentita così quando Anna era finita in pericolo di vita?
Anna si alzò e strinse i pugni. «Non sono più una bambina, Elsa!»
«Nemmeno io!» Elsa ribatté a sua volta. «E i miei poteri sono molto più forti di quanto lo fossero allora.»
«Io non ho paura… non escludermi di nuovo dalla tua vita!» Anna prese a salire le scale, ma Elsa prese ad allontanarsi da lei, imboccando un’altra rampa che portava ancora più in alto. «Possiamo risolvere tutto ora che so le cose come stanno!»
Le stanze vuote del palazzo trasmettevano l’eco all’interno, e Lea non seguì le ragazze. Vedeva tutto e sentiva tutto, in un edificio del genere.
«Va’ a casa, Anna. La tua vita ti aspetta. Goditi il sole… apri le porte per sempre.»
«Sì, ma Arendelle…»
«Sarai una bravissima regina.»
«Elsa, il regno è congelato
Per un momento, Elsa non disse nulla… poi cominciò a nevicare. All’interno del castello. Persino Kristoff sembrava essersi accorto che qualcosa non andava, perché Lea lo vide attraversare di corsa il salone e prendere le scale.
Anche Kairi entrò, ma anziché seguire Kristoff si fermò e prese a cercare Lea con lo sguardo. Riluttantemente, lui tornò visibile.
«Cosa è successo?» Kairi gli chiese, a bassa voce.
«Andata male.» Lea fece una smorfia, parlando anche lui a voce bassa. «Mi nascondo qui da qualche parte, vedo di parlarle io. Tu tieni d’occhio la combinaguai!»
Kairi fece sì con la testa, poi prese a correre anche lei su per le scale. Lea si rese di nuovo invisibile, si rifugiò in un angolo e attese. Le cose stavano davvero andando male da quanto sembrava: non molto tempo dopo, un colosso di neve scese le scale e uscì, portando via Anna, Kristoff, Kairi e Olaf di peso.
Lea rimase in attesa, in silenzio. Il freddo delle pareti aveva iniziato ad attraversargli la cappa, e lo sentiva quasi sulla giacca e la camicia che portava sotto… ma rimase lì, in attesa, in silenzio, fino a quando da fuori non percepì più rumori.
«Cerca di dominarti… controllati… niente emozioni… niente emozioni… niente emozioni!» Elsa aveva preso a camminare su e giù per il salone, le mani sulla testa, i denti stretti in quella che era decisamente una pessima dimostrazione di non avere emozioni.
«NIENTE EMOZIONI!» ringhiò di nuovo la ragazza, ma attorno a lei le pareti avevano iniziato a coprirsi di spine di ghiaccio. Fu allora che Lea decise di rendersi visibile.
«Sai, ci ho provato quando avevo l’età di tua sorella. Non funziona. Neanche a strapparsi il cuore funziona.» Commentò.
Elsa urlò e gli puntò contro le mani. Un fiotto di aria gelida e brina venne sparato verso di lui, ma Lea se lo aspettava e aveva già il Keyblade in mano. Una vampata di fuoco mutò il ghiaccio in vapore.
«Prima che tu chiami il mostrone là fuori, non sono qui per farti del male. E tu non ne puoi fare a me, come credo di averti appena mostrato.» Lea si strinse nelle spalle. «Io e Kairi stiamo cercando una ragazza. Una il cui cuore ha una forza incommensurabile… perché là fuori ci sono dei malintenzionati pronti ad abusarne.»
«Intendi mia sorella?» Elsa abbassò le braccia, portandosele al petto come a proteggersi.
«No, Elsa. Te.» Lea si trovò il cellulare in tasca con la mano libera. Ora che Kairi era lontana, forse avrebbe funzionato. Non dovette nemmeno aspettare – il segnale era fortissimo. «Il tuo potere non è solo il ghiaccio, come il mio non è solo il fuoco.»
La regina rimase in silenzio, guardando Lea negli occhi con aria smarrita.
Ecco, adesso Lea era da solo e doveva giocarsi il tutto per tutto. Ma in un qualche modo, si sentiva vicino a quella ragazza. Anche lui avrebbe voluto poter buttare quel mantello al vento, buttare all’aria i suoi segreti e vivere da uomo libero.
«Credo che io e te siamo molto simili. Anna dice che le hai sempre chiuso le porte in faccia… io per undici anni non sapevo che mia sorella Kairi fosse ancora viva. E lei… non ha affatto memoria della sua infanzia.»
«Cosa?» Per un momento, Elsa sembrò più calma, ma era una parvenza fugace. «Eppure sembra trattarti da fratello.»
«Per lei è una recita. E crede che anche per me lo sia.» Lea dismise il Keyblade e si guardò gli stivali. «E non riconoscendola… settimane fa ho cercato di farle del male. So come ti senti, Elsa, perché anche io porto i miei mostri dentro di me.» Alzò lo sguardo ancora una volta. «Anna ha ragione. Devi tornare ad Arendelle… starle vicino. Non puoi restare da sola, non qui fuori dove sei in pericolo.»
«Non voglio mettere in pericolo lei.» Elsa sibilò.
«E che farai allora? Correrai ancora più lontano? Fino a dove pensi di arrivare… e porteresti la tempesta via con te, o la renderesti solo più grande?» Lea prese a camminare attorno a lei.
«E cosa farai, tu, quando tua sorella scoprirà che le hai mentito?» Elsa gli ribatté. «Hai ragione. Siamo simili. Sei un ipocrita come lo sono io!»
Gli lanciò di nuovo addosso del ghiaccio, stavolta delle stalattiti, quasi a forma di freccia. Lea rispose di nuovo con una vampata di fiamme.
«Non hai più paura di fare del male alla gente?» Lea sogghignò. «Perché quello a me sembrava intenzionale.»
«E infatti lo era.» Elsa gli rispose, in tono piatto. «Ti basta o ne vuoi ancora?»
«Tranquilla, posso andare avanti tutto il giorno. Penserà mia sorella a tenere al sicuro la tua… fino al tuo ritorno.» Lea roteò il Keyblade nella mano come avrebbe fatto un tempo con i suoi frisbee. «Ma pensaci un momento. Perché hai iniziato a caricare i tuoi colpi? Pensi che io sia impervio al tuo ghiaccio? Beh, credo che i tuoi poteri lo pensino, come minimo. È la tua testa che domina tutto, Elsa, il tuo cuore. Come la mia testa e il mio cuore dominano la mia magia, o quella di Kairi. Questa neve è quello che tu pensi possa essere, e sarà quello che tu pensi possa diventare.»
«Cosa?» Elsa sembrava non capire… o forse, aveva capito.
«Elsa, da quanto tempo pensi che il tuo ghiaccio possa essere un pericolo per chiunque?» Lea abbassò le braccia, poi dismise il Keyblade. «Da quanto tempo pensi di essere un mostro?»
Sì, lui e quella ragazza erano spiriti affini. Lea avrebbe soltanto voluto essere in grado di rispondere lui stesso alla domanda che aveva appena fatto. Ricordava solo… ricordava solo che c’entrava Roxas, ricordava il momento in cui lo aveva salvato da una trappola postagli da Xemnas stesso… ricordava di aver fatto qualcosa di cui non si riusciva più a perdonare… e che per quel motivo Roxas era fuggito.
Anche lui aveva chiuso una porta tra sé e la sua famiglia. Perché allora aveva dimenticato… e cosa?
«Elsa… basta adesso. Sia io che te… dobbiamo finirla con questa storia.» Ad imitare il suo gesto della notte prima, Lea si aprì la cerniera del mantello nero e lo buttò via di lato, rimanendo in giacca, camicia e pantaloni. Voleva essere un gesto di fiducia, ma Elsa si irrigidì… e Lea stava per iniziare a chiedersi dove avesse sbagliato fino a quando non sentì rumori arrivare da fuori. Arrivava qualcuno, e sembravano anche parecchi.
«Sarò con te, Elsa. Sono pronto ad aiutarti.» Girò lo sguardo verso la porta, e riprese il Keyblade in mano. «Ma devi restare a testa alta e porre rimedio a tutto questo.»
Attraverso il portone trasparente, Lea riusciva a vedere guardie con una divisa che non era quella di Arendelle, e il principe Hans, attaccare lo stesso mostro di neve che aveva messo alla porta Anna e Kairi.
Erano ancora in tempo, tutti e due, per salvare le persone a cui tenevano.
 


Sora si lasciò cadere sul sedile della Gummiship e strinse i pugni per far smettere alle sue mani di tremare.
L’ipotesi di Aqua era giusta – Vanitas era vivo ed era libero di girare, e chissà da quanto tempo aveva usato i macchinari di Mostropoli per rifornirsi di oscurità come un vampiro.
Io non… io non… capisco.” Ventus sembrava allibito quanto lui. “Mi sono sacrificato per annientarlo. È legato a me a doppia mandata. Se io non sono sveglio… se non sono me stesso… come è possibile che lui lo sia?”
Notizia dell’ultimo minuto, Ventus. L’ORGANIZZAZIONE BARA.” Roxas gli ribatté. “Dovevamo aspettarcelo. La tua amica aveva ragione.”
Sora abbozzò un sorriso e fece per rispondere ai due, ma Roxas parlò per primo.
Ricordatemi che non voglio mai più vedere quella cappa quando sarò fuori di qui. Se me la ritrovo addosso, me la tolgo e la brucio.
«Dillo a Lea, tanto per cominciare.» Sora si raddrizzò e riprese fiato. Quella mezza battuta gli aveva aggiustato un po’ l’umore.
«Umpf! Ne ho un po’ abbastanza dei tuoi soliloqui.» Paperino commentò da dietro di lui. «Vogliamo ripartire per fare rapporto o devo pilotare io?»
Sora si strinse nelle spalle e lasciò la posizione di guida, poi indicò la botola che portava alle cuccette a far capire che sarebbe andato a sdraiarsi un momento. Ci era mancato poco, attimi prima, che perdessero Ventus.
Il piano di Vanitas era stato quasi perfetto – li aveva fatti correre per tutta la fabbrica, aggrediti con un Nesciens enorme, per poi attaccarli di nuovo al punto di partenza, stavolta da solo. E, per quanto Ventus avesse riconosciuto quel genere di trappola, non avevano avuto altra scelta che andare avanti – le vite dei mostri che lavoravano lì, e di una bambina innocente, erano state messe a repentaglio.
Non potevamo fare altro. È stato un bene che Vanitas non si sia reso conto di essere un umano, in un mondo dove i mostri andavano a caccia di umani da spaventare.” Ventus commentò di nuovo mentre Sora si buttava sul letto.
«Non so tu, ma io stavolta sono rimasto più spaventato dall’umano che dai mostri.» Sora scherzò di nuovo.
La domanda è, chi è umano e chi è mostro?” Roxas stava sicuramente sorridendo.
Dobbiamo tornare da Aqua.” Ventus asserì. “Fare a pezzi una porta non sarà abbastanza per fermare Vanitas. Può viaggiare tra i mondi senza alcuna protezione.”
Sotto di loro, sentivano il rombo dei motori. La navetta aveva iniziato a muoversi, e a prendere velocità. Sora chiuse gli occhi, e provò ad immaginare che Ventus fosse nel letto a castello sopra il suo, e Roxas sotto.
Forse sarebbe stata soltanto questione di poco, e non avrebbe dovuto più soltanto immaginarseli accanto.
«Ven… credo sia il momento di tornare a casa.»
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: BeaterNightFury