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Autore: pippobaudo_    16/11/2020    2 recensioni
Courtney 'Wallis', eccezionale tirocinante presso il migliore studio legale del Canada e moglie di uno degli uomini più potenti della città... se solo se lo ricordasse.
Aiutata da un'acida coinquilina, un'artista gotica e un criminale con un'indecente cresta verde, riuscirà a ricostruire la propria vita passata tassello dopo tassello e a colmare il vuoto lasciato da uno spiacevole trauma?
Genere: Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Courtney, Duncan, Gwen, Heather | Coppie: Alejandro/Heather, Bridgette/Geoff, Duncan/Courtney, Duncan/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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LUNEDI’ 16 NOVEMBRE 2020
 
GWEN
'Buongiorno, qui TG Drama, io sono Blaineley Stacey Andrews O’Halloran' salutò la donna entusiasta.

'E io sono Josh' continuò l’uomo sorridente al fianco dell’altra. 'Come potete vedere la produzione ha deciso di fare molti cambiamenti - tra cui assumere due dilettanti per le notizie di cronaca' commentò lui mascherando il tutto con una forte tosse. 'Quindi, ecco a voi una nuova rubrica: “A caccia di celebrità”! La puntata di oggi, la prima in assoluto, l’abbiamo dedicata a lui: Trent McCord'.

'Il leader dei Drama Brothers è stato avvistato questa notte fare ritorno a casa' e varie foto del cantante scattate mentre era in aeroporto comparvero alle loro spalle. 'Cosa alquanto insolita dopo solo due settimane scarse di tour, che sia accaduto qualcosa? Il suo gruppo gli ha dato il benservito?'.
 



 
Spense quell’aggeggio infernale, scaraventando il telecomando dall’altra parte del divano. Se solo quei due mentecatti dei conduttori sapessero…
Da quando MacArthur aveva ripreso servizio aveva sempre tenuto i Kobra aggiornati sulle varie vicende alla stazione tra cui la scoperta dell’identità dei proprietari delle ossa rinvenute in aperta campagna, tre di queste appartenenti ad alcuni dei vecchi compagni di squadra di Duncan, quelli che Mal aveva provveduto a far sparire la notte al motel.
L’unica pecca dell’essere separata dai suoi amici era il non poterli consolare in situazioni del genere, dopotutto lei per prima ci era passata (e ci stava passando tuttora), prima con Zoey e poi con Cameron, ed era certa che per il punk lei sarebbe stata un’ottima spalla su cui piangere. Anche se in realtà era altamente probabile che Duncan, più che triste, fosse incazzato nero, e conoscendolo avrebbe mosso mari e monti pur di far fuori con le sue stesse mani quello stronzo di Mal.

Alcuni di quei resti, poi, appartenevano alla signora McCord, ossia la madre di Trent: ecco spiegato il ritorno improvviso del figlio in città. E pezzi di una delle conversazioni avute in macchina la sera del trentuno riguardanti il chitarrista le si erano palesati: “… i suoi sono separati” e “La madre lo ha abbandonato andando a vivere chissà dove con il suo nuovo fidanzato senza prendersi il disturbo di contattarlo”.
“Senza prendersi il disturbo di contattarlo”… perché era già morta.
 
Gwen sospirò, un’espressione triste le solcò il viso.
'Ehi, cos’è quel muso lungo?' chiese il fratello sedendosi al suo fianco.

'Cole, non so quanto ancora durerà' iniziò lei. 'Ma finito questo incubo voglio andare a trovare mamma'.




 
MACARTHUR
Il capitano entrò in sala conferenze sbattendo la porta alle sue spalle (e quasi in faccia al punk), facendola sobbalzare per lo spavento. 'Siamo stati allo studio' esordì indicando sé e un Duncan piuttosto corrucciato. 'A quanto pare quest’estate McCord ha perso qualsiasi contatto con la moglie. Stando alle sue parole, lei lo avrebbe lasciato per un altro ma non sappiamo chi sia'.

'E noi gli crediamo?' chiese Sanders alla sinistra di MacArthur.

'Non saprei. In caso contrario, questo è un ottimo movente, non credi?' rispose il capitano analizzando la lavagna alle sue spalle.

Duncan, svogliato come sempre (ma era davvero un criminale questo qui?!), prese scompostamente posto al fianco della poliziotta, i piedi buttati a caso sul tavolo. L’impertinenza.
Gli lanciò un’occhiataccia in tralice. 'Togli quei maledetti piedi dal tavolo' ordinò lei sottovoce, a denti stretti.

'Non rompere' sbadigliò il ragazzo incrociando le braccia dietro la testa prima che la poliziotta potesse tirargli un bello scappellotto. 'Li tolgo se mi fai un favore' continuò lui ammiccando.
Gli avrebbe volentieri tirato un ceffone. Tuttavia, decise di ignorarlo e di concentrarsi sulle carte che in quel momento la sua partner stava esaminando: quest’ultima aveva deciso di scovare la vera identità delle avvocatesse, perciò si era ritrovata a fare ricerche su ricerche sulle persone che Lindsay ed Elizabeth avevano in comune. Auguri, la signorina Mills aveva tante conoscenze, le più disparate possibili, per non parlare del numero esorbitante di follower sui social… il che faceva guadagnare loro un bel po’ di tempo per poter escogitare qualche tipo di rimedio. Fino ad allora, il massimo che aveva potuto fare – senza farsi sgamare – era stato quello di disfarsi di qualsiasi collegamento tra Heather e le due.
'MacArthur!' la chiamò il punk sottovoce guardandola supplichevole.

'Che vuoi?!' rispose infastidita.
 
Duncan si guardò intorno con circospezione, dopodiché, assicuratosi che gli altri due fossero occupati, le si avvicinò all’orecchio e cominciò a bisbigliare: 'Ho bisogno che tu ti metta in contatto con Topher e gli chieda di analizzare la registrazione del mio auricolare nel computer di Cameron'.

MacArthur aggrottò la fronte e gli rifilò un’occhiataccia. 'Perché?'.

'Ho una pista' tagliò corto lui. 'Voglio l’audio della notte di Halloween'.

'Correzione: tu vuoi sapere con chi te la sei spassata' sussurrò lei.

'Perché forse è la stessa persona che ha fatto la chiamata anonima e mi ha fatto arrestare'.

Lei lo fissò negli occhi, in silenzio. 'Tu sei paranoico' constatò alla fine. 'Sei solo stato stupido quella sera e hai preferito dare retta al gingillo che hai tra le gambe che a questa' e premette il proprio dito indice sulla testa dell’altro, il quale, irritato, allontanò con uno schiaffo la mano della poliziotta.

'Smettetela voi due, non riesco a pensare!' li richiamò il capitano.

'Beh, non è una novità' lo schernì Duncan con un ghigno beccandosi subito dopo un pennarello nero in pieno volto. 'Ahia!'.

'E metti giù quei piedi!' ordinò l’altro. Il punk, maledicendolo a bassa voce e a denti stretti, lo ascoltò e si ricompose immediatamente sulla sedia, facendo sghignazzare la ragazza al suo fianco.

'Mi fai un po’ pena, devo ammetterlo' commentò piano MacArthur beccandosi una gomitata. 'Quindi ti darò una mano. E prega il Signore che tu abbia ragione altrimenti ti frantumo con le mie stesse mani'.




 
COURTNEY
Era ora di pranzo quando suo padre si era presentato allo studio, una volta saputo del breve colloquio di uno dei suoi più cari amici, l’avvocato McCord, con la polizia.
Quest’ultimo non aveva retto il colpo quando, nel weekend, gli avevano riferito la tragica morte della moglie; e trovarselo comunque in ufficio a lavorare era stato alquanto scioccante per i suoi dipendenti e soci, ma a detta sua sembrava essere l’unico metodo per non permettere a brutti pensieri di prendere il sopravvento, non volendo soprattutto far agitare ancor di più il figlio, Trent, già completamente devastato.
 
In quel momento era come trovarsi di fronte ad uno scenario alquanto sovrannaturale: il padre era accanto al signor McCord a confortarlo e a tirargli delle pacche sulla schiena, mentre Trent, gli occhiali da sole sul naso, era affacciato alla finestra al di là dell’ampia scrivania in legno. Le tendine dell’ufficio erano abbassate dividendoli da tutto e tutti e dando loro una certa privacy.
Lei se ne stava seduta su una comoda poltroncina, del perché si trovasse in quella stanza non ne aveva la più pallida idea, per quanto curiosa fosse le sembrava solo di intromettersi nella vita del proprio capo e nello specifico in una faccenda piuttosto delicata... Quindi era rimasta in silenzio da quando aveva messo piede lì dentro, giocherellando con le dita delle mani e i capelli.
Improvvisamente, la sveglia che aveva impostato sul cellulare suonò, segno della fine della pausa pranzo… che non si era minimamente goduta rinchiusa com’era in quell’ufficio con quello strano trio. 'Scusate, ma la pausa è finita, devo tornare a lavoro'. Si alzò e stirò le pieghe del vestito.

'Ma non hai mangiato nulla, anzi, non abbiamo mangiato nulla' constatò suo padre controllando l’orologio a pendolo posto vicino alla libreria. 'Anche voi due avete bisogno di mettere qualcosa sotto i denti'.

'N-non ho appetito' fece il signor McCord strofinandosi le palpebre.

'Nemmeno io' aggiunse Trent togliendosi gli occhiali e voltandosi nella loro direzione. Gli occhi erano rossi e infossati, lo sguardo stanco e triste.

'Figliolo, devi mangiare qualcosa e riposarti' disse Barlow. 'Courtney, perché non lo porti fuori a prendere una boccata d’aria? Fermatevi a sgranocchiare qualcosa in giro, e portate un caffè a questo povero uomo' e diede un’altra pacca a McCord. 'Va bene se mia figlia si prende una pausa un po’ più lunga, vero?' e l’altro annuì piano.

 
 
In pochi minuti si era ritrovata a passeggiare lungo le stradine del centro, stretta nel suo cappotto, con accanto il chitarrista munito di occhiali da sole. Il silenzio tra i due era diventato pesante: a parte fargli sottovoce le condoglianze non sapeva di che altro parlare, in fin dei conti aveva perso uno dei genitori, e il modo in cui era avvenuto era stato davvero orribile. Come lo sapeva? Quel dannato incubo non faceva altro che perseguitarla e il volto spento, con quegli occhi vacui, della signora McCord era marchiato a fuoco nella sua mente.
'Non credo ci sia mai stato un fidanzato' parlò tutto a un tratto Trent.

'Che vorresti dire?' domandò lei cauta.

'Mio padre è sempre stato troppo vago circa la separazione: non faceva altro che attribuire la colpa alla mamma dicendo che aveva lasciato entrambi per andare a convivere con il suo amante' spiegò lui con tono triste. 'Una parte di me non gli ha mai creduto'.

Che cosa pensi le sia successo?'.
 
Lui smise di camminare, ispezionando l’interno di un bar quasi vuoto. 'Ti va bene pranzare qui? Sai, meno gente c’è, meglio è'.

'Certo, nessun problema'.
 
Non ci volle un genio per capire perché quel locale fosse così vuoto: più che un bar sembrava di stare in una topaia, l’igiene non era il massimo e il cibo al di là del vetro non così invitante. Però cercò di fare buon viso a cattivo gioco e se al ragazzo andava bene essere lì, allora andava bene anche a lei.
Più o meno.
Anzi no, per niente dato che il suo sandwich sembrava tutt’altro che un panino, dopo il primo morso lasciò lì il resto cercando di eliminare quel saporaccio bevendo del caffè annacquato.
'Ti chiedo scusa' fece Trent guardando la faccia disgustata di lei. 'Anche per i paparazzi'.

'Paparazzi?' chiese lei perplessa, le sopracciglia alzate.

'Ci sono dei fotografi fuori' spiegò lui bevendo dal suo bicchiere.
Lei si girò lentamente e con suo stupore notò diversi individui scattare loro delle foto; immediatamente, si voltò dalla parte opposta dando loro le spalle e maledicendo sia il padre per averla messa in quella situazione sia la fama del chitarrista. Sperava almeno che non l’avessero ripresa fare smorfie strane al cibo…
Trent rise alla sua reazione. 'Tranquilla, a parte qualche foto sono innocui' ma ricevette solo una stilettata.






 
ALEJANDRO
'E questo, che ne pensi?'.

'Ho già fatto un colloquio sabato ma a quanto pare il barista ha le mani lunghe' rispose lei leggendo di sfuggita l’annuncio indicato dal ragazzo.

'Ho capit… Aspetta, CHE COSA?!' esclamò lui alzando leggermente la voce.

'Attento, Al, se continui ad avere quell’espressione arrabbiata sul viso potrebbe uscirti una ruga in mezzo alla fronte' scherzò lei sdraiandosi sul divano e accendendo la televisione. 'Guarda, potrei benissimo fare il loro lavoro, sarei di certo più brava' commentò poi indicando i due volti ormai familiari del telegiornale, facendo scappare un risolino ad Alejandro.
 

 
 
'Buonasera, qui la nuova rubrica: “A caccia di celebrità”!' esclamò entusiasta la bionda.

'Vi avevamo lasciati questa mattina con la notizia del ritorno a casa di Trent McCord' proseguì il collega. 'E a quanto pare sappiamo il perché!' e foto del cantante in compagnia di una ragazza dalla carnagione olivastra e i capelli scuri invasero lo schermo del televisore facendo sgranare gli occhi a Heather e ad Alejandro.
 

 
 
'È finita l’acqua calda' urlò Scott dal corridoio.

I due scattarono subito sull’attenti alla ricerca del telecomando. 'Dove l’hai messo?!' bisbigliò la ragazza cercando tra i cuscini.

'Ce l’avevi in mano tu!' sussurrò il latino spostando le coperte.

'Che state guardando?' chiese il rosso comparendo nel piccolo soggiorno, un asciugamano bianco intorno alla vita, il secondo in testa a frizionare i capelli.

Heather e Alejandro si pararono di fronte al televisore, le braccia aperte per impedirgli di fissare lo schermo. 'Niente' fecero i due all’unisono.

'O mio Dio. Vi prego, ditemi che non stavate guardando un por-'.

'NO!'.
 
 
 
 
'Che sia una nuova fiamma?' continuò la voce femminile. 'Comunque sia sembrano molto legati, tu che dici, Josh?'.

'Beh, hanno pranzato insieme e successivamente si sono recati nello stesso luogo, lo studio legale McCord!'.
 
 


 
Merda.
'Ma di cosa stanno parlando?' domandò Scott squadrandoli dalla testa ai piedi. 'Toglietevi'. Ma non si mossero. 'Ho detto “toglietevi”' ripeté seccato. 'Devo prendere la pistola?'.
I due si scambiarono un’occhiata, dopodiché, con molta lentezza, si spostarono lasciando che l’altro guardasse le foto di Courtney insieme ad un altro ragazzo. 'E lui chi cazzo è?!'.

'Trent McCord, il leader dei Drama Brothers'.

'Io adesso la chiamo!' esclamò il rosso arrabbiato, afferrando il proprio cellulare dal tavolo. Alejandro glielo tolse dalle mani, lanciandolo successivamente all’asiatica, e placcò l’amico da dietro impedendogli di compiere una mossa falsa. 'LASCIAMI!'.

'Sei stato chiaro in merito: limitare i contatti alle sole emergenze'.

'QUESTA È UN’EMERGENZA!' e Scott tirò una poderosa testata al latino liberandosi così dalla sua presa e inseguendo Heather attorno alla tavola della cucina. Si accasciò al suolo, premendosi le mani al viso; il dolore era talmente lancinante che gli occhi presero a lacrimare.  

'Andiamo Scott, conosci Courtney, farà parte di un piano, no?' cominciò Heather, il cellulare ancora stretto tra le mani. 'Pensaci un attimo: le ossa di una donna, che caso vuole sia la signora McCord, moglie del capo della tua ragazza, vengono trovate “stranamente” insieme a quelle degli ex compagni di Duncan, uno con un po’ di cervello penserebbe che dietro a tutto vi sia Mal, no? Ma come collegare la donna a lui? E qui entra in gioco l’“investigatrice Courtney”. Se per avvicinarsi alla soluzione è costretta ad interagire con Trent ben venga'.

'Esatto, inoltre hai insistito tu perché stesse dal padre' fece Alejandro massaggiandosi il naso dolorante.

'Il quale, ti ricordo, è uno degli amici più fidati di McCord…' continuò l’asiatica con fare eloquente.

A quelle parole Scott si arrestò, gli ingranaggi del suo cervello, finalmente, cominciarono a girare. 'Cosa vorresti dire?'.
 
Ecco, il momento tanto atteso era giunto: il segreto che lui e Heather avevano mantenuto stava per venire a galla. Infatti, la ragazza sospirò, poi guardò Alejandro il quale non poté far altro che rivolgerle un cenno con il capo, un invito a proseguire. 'C’è una cosa che devi sapere'.
 

SABATO 17 OTTOBRE 2020
'Ancora così sei? Vestiti e buttati' aveva detto Heather indicandogli la via per il giardino. Il latino aveva ghignato e richiuso la finestra con uno scatto secco, per poi portarsi di fronte alla ragazza, imbarazzata e con un lieve rossore a colorarle le gote. Semplicemente deliziosa. 'Che fai?'.

'Beh, dobbiamo far credere al signor Barlow che noi due stiamo insieme. Non sappiamo per quanto ancora starà qui, e se non mi vedrà più potrebbe insospettirsi' aveva spiegato lui.

'Non fare il furbo con me, Burromuerto'. Aveva smesso di ascoltarla e l’aveva afferrata per i fianchi, trascinandola verso la doccia. 'ALEJANDRO, RAZZA DI IMBEC…' ma aveva unito le loro labbra, intrecciando di tanto in tanto le lingue. L’aveva baciata con foga e con una certa esigenza, gli asciugamani di entrambi a terra e l’acqua calda sopra le loro teste. Heather aveva iniziato a lasciargli una scia di baci, a partire dal collo fino a scendere, sempre più giù, ma aveva dovuto fermarla. 'Che cosa c’è?'.
 
'Devo dirti una cosa' aveva risposto lui. 'Quell’uomo, il padre di Courtney, io l’ho già visto. Al covo di Mal'. Gli occhi di lei erano sgranati. 'Non so che cosa ci facesse, ma ho visto che stava passando a quello psicopatico una busta con del denaro… tanto denaro'.
 
Heather aveva fatto un profondo respiro, aveva chiuso gli occhi e rivolto il mento verso l’alto, beandosi per qualche momento del calore dell’acqua sopra di lei. 'Finora noi abbiamo dato per scontato che Mal fosse il capo, ma se a muoverlo dietro le quinte ci fosse qualcun altro? Qualcuno così ricco da permettergli di rifornirsi di armi sofisticate ed esplosivi…'.
 
'Non necessariamente il padre di Courtney è al vertice, potrebbe essere semplicemente qualcuno che ha commissionato e pagato un lavoro'.
 
'Come farci uccidere tutti quanti? In effetti ci odia parecchio' aveva sospirato la ragazza poggiando la schiena alla parete bagnata.
 
'Uccidervi tutti E proteggere Courtney, se vi considera una minaccia per lei' aveva aggiunto Alejandro cominciando ad insaponarsi.
 
'Non una parola' aveva deciso Heather togliendogli di mano la spugna. 'Courtney ne ha passate tante, sa che il padre è coinvolto in qualche modo, ma così è troppo…' e aveva iniziato a sfregare la spugna sui suoi pettorali. 'Quindi, fino a quando non ne saremo certi, rimarremo in silenzio' e le sue mani erano scese verso il basso.
 
 
 
'E VOI ME LO DITE SOLTANTO ORA?! L’HO PRATICAMENTE MANDATA NELLA TANA DEL LUPO!' gridò Scott camminando avanti e indietro.
 
'Non le farà del male, è pur sempre suo padre' commentò Heather ricevendo lo sguardo inceneritore del rosso. 'Se le ha mentito sin dall’inizio è solo perché voleva proteggerla, ed è meglio che stia con lui in questo momento… o preferivi un’altra visita come quella di José?'.
 
'O peggio, un attacco come quello a casa di Gwen' rincarò la dose il latino. 'Supponiamo che tra il signor Barlow e Mal ci sia un accordo, e che a tirare le redini sia il primo, il secondo non la sfiorerà nemmeno con un dito. Non a caso aveva ordinato a José di rintracciare Courtney e di rubarle il libretto senza torcerle un capello'.
 
'Ma quello è un pazzo! Chi ti dice che prima o poi non faccia fuori anche quello stronzo del mio ex suocero, e Courtney subito dopo?'.
 
'Gli servono soldi, e Barlow ce li ha' concluse Alejandro.
 
'Okay, okay' disse Scott facendo una pausa e sedendosi sulla poltrona. 'Dunque, supponiamo che tra lo stronzo uno e lo stronzo due ci sia un accordo… tutto questo cosa c’entra con McCord? Perché l’unica cosa che sappiamo è che tra lui e il padre di Courtney c’è un rapporto di amicizia e che molto probabilmente Mal ha fatto secca la moglie, ma la ragione?'.
 
I tre si scambiarono delle occhiate, non sapendo che pesci pigliare, almeno fino a quando Alejandro non riuscì a connettere un puntino alla volta. 'E se fosse stato McCord invece? Per un motivo che ancora non conosciamo, ha ucciso la moglie e chiesto poi aiuto a qualcuno per sbarazzarsi del corpo… il signor Barlow conosce questo qualcuno e il gioco è fatto'.
 
'Se così fosse sarebbe… wow' commentò il rosso esterrefatto. 'Spero solo che Courtney non si cacci nei guai'.
 
 


 
ANNE MARIA
Era immersa nell’acqua calda in completo relax, un bicchiere di vino sulla sedia accanto e un romanzetto rosa tra le mani, circondata inoltre da candele profumate.
Erano giorni che Mal non la contattava, l’aveva infatti avvertita che dopo la sparatoria i “Vultures”, ormai stanchi dei continui attacchi, avrebbero cominciato la caccia alla talpa e lei avrebbe dovuto mantenere un basso profilo. Lei, però, non gli aveva dato tutta questa importanza, almeno fino a quando non si era ritrovata l’auto di Geoff in ogni dove: centro commerciale, estetista, parrucchiera, e così via.
Ecco che l’unica cosa che le era rimasta da fare, non ricevendo altre istruzioni, era stata quella di recitare la propria parte: aveva fatto la finta tonta circa gli ultimi avvenimenti e chiamato ogni membro, lasciando vari messaggi in segreteria se necessario. Logicamente Scott, così come il resto degli altri, non le aveva mai risposto, conscio che potesse essere la spia, ma lei sapeva che il dito puntato era sulla gigantessa Jasmine, la quale, come Anne Maria, era stata tagliata fuori dal gruppo.
Ad essere del tutto onesti, in un primo momento si era divertita a far correre avanti e indietro quei due buoni a nulla di Geoff e Brody, ma alla lunga si era stancata e aveva preferito rimanere rinchiusa in casa e dedicarsi alle attività che più le piacevano, cercando di evitare qualsiasi tipo di tentazione che la spingesse a contattare Mal o qualcuno a lui vicino per cose futili. “Solo in caso di aggiornamenti utili” l’aveva infatti ammonita il boss.
Ma ciò che le mancava di più era, forse, il suo gruppo di compari: Amy, Josee e Stephanie. Con loro si era sentita libera di esprimersi in qualsiasi maniera, di non aver paura di essere se stessa, cosa che nel gruppo di Scott non era mai accaduto dato che lì le ragazze erano pronte ad azzannarla non appena apriva bocca, soprattutto quella bianca cadaverica di Gwen… un motivo in più del perché non si sentiva minimamente in colpa per il tradimento.
L’unico per cui le dispiaceva in realtà era Duncan: alto, bello, e dopo quella nottata molto focoso. Se il suo cuore non fosse appartenuto ad un altro, sicuramente un pensiero o due sul punk come potenziale fidanzato li avrebbe volentieri fatti. Tuttavia, da quanto aveva capito, Duncan si era dimostrato un donnaiolo, volando di fiore in fiore non appena ne aveva avuta l’occasione, dunque dubitava su una sua ipotetica fedeltà… non che l’uomo con cui aveva scelto di stare fosse tanto meglio, d’altra parte era proprio così che aveva conosciuto Mal…
 
 
 
SABATO 11 GENNAIO 2020
Era dall’altra parte della città, in un locale aperto da poco, precisamente su uno sgabello al bar a sorseggiare uno dei suoi cocktail preferiti: Scott l’aveva mandata a studiare la concorrenza, non facendolo lui in prima persona indaffarato com’era ad organizzare quello stupido matrimonio con quella sciacquetta della sua ragazza.
'Dov’è finito il barman? Come fa un povero diavolo a divertirsi da queste parti?!' aveva urlato un tipo comparso alla sua destra, rendendola quasi sorda da un orecchio. Si era voltata con l’intento di cantargliene quattro, ma alla vista di quell’adone si era arrestata, ammirando tutta la mercanzia messa in mostra: il ragazzo era alto, magro e abbronzato; la camicia azzurra era totalmente sbottonata mettendo in mostra la tartaruga e i pettorali, sui quali solcava un ciondolo a forma di corno. Gli occhi erano marroni, così come i capelli tirati indietro.
Lui si era accorto del suo sguardo e le aveva lanciato un occhiolino facendola diventare rossa in viso.

'Finalmente ti ho trovato!' aveva esclamato una ragazza mingherlina dai capelli rossi intromettendosi tra lei e l’adone e cercando di abbottonare alla bell’e meglio la sua camicia.

'Ehi, oh, mozzarella! Se vuoi toccare Vito devi prendere un appuntamento' aveva detto l’altro scacciando via le mani dell’altra in malo modo. In un primo momento la rossa aveva sgranato gli occhi, sbalordita dalle parole e dal gesto di lui, successivamente però, ignorando il commento dell’altro, aveva ripreso da dove era stata interrotta, impedendo così ad Anne Maria di gustarsi oltre quella meravigliosa visione. 'Non la voglio questa camicia!'.

'Devi tenertela se vuoi stare qui, in più fa freddo'.

'Non mi importa' e sorprendendo entrambe le ragazze, si era levato completamente l’indumento… Questo voleva dire essere veri uomini!

'Rimettitela subito'.

'Ah, sì? Dovrai passare sul mio corpo abbronzato' aveva risposto lui con un ghigno sul volto. 'BARMAN!'.
La rossa lo aveva guardato scandalizzata, dopodiché aveva scosso la testa e, arresasi, se ne era andata dal locale lasciandolo lì al bancone a scolarsi il suo drink.
 
Beh, dal momento che la principessa santarellina si era fatta da parte tanto valeva approfittarne, no?
Si era avvicinata all’altro con fare sensuale, facendo scorrere appena la cerniera del proprio giacchetto verso il basso: 'Allora, ce l’hai un nome?'.
 
'Vito' aveva risposto lui flirtando a sua volta e facendosi sempre più vicino a lei.
 
 
 
Non sapeva come, ma dopo qualche drink si erano ritrovati a casa di uno dei due, stesi sul letto, a darsi alla pazza gioia.
'Ti prego, Vito, dammi un po’ di zucchero' gli aveva sussurrato lei all’orecchio, mentre l’altro le baciava e mordeva il collo; dei gemiti le erano scappati dalla bocca, eccitandolo ancor di più.
In un battito di ciglia, si erano entrambi spogliati e messi sotto le coperte, pronti a dare e ricevere piacere.
 


 
Quella era stata la prima volta che aveva conosciuto il suo futuro capo. Quella era stata la prima volta che aveva davvero perso la testa per amore.
   
 
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