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Autore: Enchalott    16/11/2020    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Verso la fine
 
Narsas seguì con lo sguardo il lento schiarire dell’orizzonte aspro di Jarlath e il graduale innalzarsi della sfera pallida che era il sole del Nord in un cielo sgombro da nubi. In quei mesi d’inverno senza requie aveva quasi dimenticato l’effetto dell’alba sul suo animo: sorrise, lasciandosi colmare dalla luce inconsueta, che aveva un significato diverso da quello previsto dalla natura. Probabilmente aveva a che fare con un’inattesa ragione, per la quale il Distruttore aveva rinunciato a celare la propria identità alla donna di cui era innamorato. O qualcosa del genere.
In cuor suo era felice per aver inteso un varco negli eventi in corso. Le sue speranze erano vacillate dopo lo scambio carico di pathos che aveva avuto con Anthos e si erano quasi estinte quando l’aveva visto talmente provato da non riuscire a liberare la principessa dalla morsa di Yfrenn-ammri.
I suoi pensieri tornarono al momento del loro primo confronto senza veli.
 
«Non sbaglio a pensare che tu conosca quanto non dovresti, vero?» gli aveva domandato a bruciapelo il reggente, sorseggiando nervoso il suo chae.
«Con questa istanza fugate i miei dubbi.»
Anthos lo aveva fissato in silenzio con lo sguardo feroce di una fiera a lungo braccata.
«Lei?» aveva chiesto accennando a Adara, intenta al restauro del dipinto.
Al suo diniego il principe aveva mosso un secco assenso, emettendo un sospiro di stentata tolleranza e rivolgendogli un’occhiata insofferente.
«Come l’hai capito?»
«Dipende dall’argomento cui alludete. Che voi siete Irkalla o che amate davvero vostra moglie?»
Anthos aveva serrato con rabbia la coppa tra le dita affusolate e le sue iridi dorate erano state attraversate da un lampo ammonitorio.
«La seconda è la sciocca convinzione di un mortale.»
«Potevate essere soltanto voi» aveva rivelato Narsas, evitando di insistere su un tema tanto delicato «Quando la vostra energia mi ha toccato, ho percepito insieme inizio e fine.»
«Impossibile» aveva obiettato il principe «Tu non sei né un veggente né un Superiore. Inoltre, la mia vera essenza è schermata dal Medaglione, che non ho mai tolto in tua presenza.»
«Mio signore, quando avete usato su di me i vostri poteri innati, è stato come se tra noi si fosse instaurato un contatto a prescindere dalle reciproche intenzioni. Ho sempre pensato che non foste un semplice essere umano, ma è stato osservandovi agire e ascoltando le vostre parole che ho compreso la verità ultima e unica su di voi. Come me, portate con orgoglio una ferita e questo mi ha consentito di entrare in empatia con voi più di quanto desiderassi o fossi disposto a fare in realtà. L’effettiva spiegazione, però, non so fornirvela.»
Il Distruttore aveva fissato il liquido scuro e fumante, riflettendo.
«Non è necessario cercarla. Quanto al resto, mi piacerebbe sapere perché non ne hai messo al corrente la tua principessa. Sarebbe stato un discreto vantaggio personale per te, Aethalas.»
Narsas aveva scosso la testa, infastidito.
«Non spetta a me, altezza, e non mi sento in gara con voi» aveva ribattuto, provocando la meraviglia negli occhi inumani dell’interlocutore «E poi, se conoscete Adara, parlare di vantaggio risulta oltraggioso. Lei vi ha dato la sua parola, non infrangerebbe mai una promessa.»
«Forse. Non hai idea di quello che dici, a ben considerare. In ogni caso, lei non dovrà scoprirlo. Mai.»
«Cosa? Non intendete rivelarle chi siete?! Questo è…»
«È l’ordine insindacabile di un dio. Non lo farai neanche tu, ragazzino.»
L’arciere aveva frenato la propria indignazione, fremendo davanti alle parole colme di minaccia, ma non si era spaventato.
«Altrimenti che fareste? Mi privereste di una vita cui ho già rinunciato?»
«No» aveva sogghignato il principe incolore «Ucciderei lei.»
Il guerriero aveva trattenuto il respiro, teso allo spasmo e colmo d’ira. Poi si era rilassato e aveva bevuto un sorso del suo chae ancora intatto.
«L’intimidazione è inutile. Sapete che non mi porrei in mezzo, come io so che voi non le torcereste un capello. Lasciate che io vi metta rispettosamente in guardia dalle vostre drastiche assunzioni. State sbagliando. Dovreste fidarvi di lei, una parte di voi ne è consapevole.»
Anthos aveva inarcato un sopracciglio infastidito, ma il guerriero del deserto aveva tratto la netta sensazione che le sue affermazioni non fossero andate a vuoto.
«Basta. Ti ho convocato per un altro motivo.»
Narsas non aveva avuto dubbi in merito e non si era sorpreso quando lui gli aveva palesato la propria intenzione di disintegrare il Nemico.
«Uccidere il Traditore fa parte del compito che mi sono assunto. Pertanto vi seguirò nello scontro, che lo vogliate o meno.»
Il reggente aveva socchiuso le palpebre, aspettandosi la caparbia obiezione, ma era stata la sua asserzione successiva a sconcertare il giovane nomade.
«Come meglio credi. Ma Adara sarà affidata a te. Dovrai impedire i colpi di testa che le verranno in mente, dovrai proteggerla e tenerla lontana da me. Lontana da Ishkur. E se io non dovessi tornare come credo, te ne prenderai cura in vece mia. È chiaro, Aethalas?»
Narsas aveva trattenuto il fiato: se il principe era convinto di soccombere durante il combattimento, allora le altre vie erano precluse e il potere dell’oscurità aveva già superato l’apice. Inoltre, il fatto che si stesse preoccupando per sua moglie stava a significare che l’avrebbe lasciata sola in ogni caso: da vincitore o da sconfitto. Perché non capiva, perché rifiutava di rivelarsi?
 
L’arciere aveva molto riflettuto sulle motivazioni del sovrano, giungendo all’unica conclusione plausibile: se il Distruttore fosse rimasto soltanto Anthos nella mente e nel cuore di Adara, lei avrebbe continuato ad amarlo. Palesandosi come Irkalla invece, la divinità non era certa di ricevere da lei il medesimo, sconfinato sentimento: quello che gli era stato precluso dalla maledizione e che, in barba al destino prescritto e all’orgoglio personale, lo stava riempiendo di gioia insperata e di dolore profondo. L’amore di Adara era l’unica cosa che lui possedeva e della quale non voleva restare privo.
Narsas aveva rivisto in lui parte di sé, ma diversamente da Anthos avrebbe corso quel rischio, perché gli era impossibile provare un amore trattenuto da qualsivoglia timore. Aveva già affrontato e vinto il concetto di distacco. Per un immortale quella era un’idea inconcepibile: chi esiste da sempre e per sempre non contempla la possibilità di perdere qualcosa. Il lato umano del reggente veniva a stridere con quello divino e l’impasse gli risultava insopportabile. Soprattutto pensando al suo personale modo di ragionare. Eppure Irkalla quel giorno non aveva mostrato la paura di smarrire il calore derivante dal legame con la donna che amava. Non ancora. Era la sua fierezza a spingerlo a mantenersi in incognito. Un orgoglio che però si era incrinato tanto da spronarlo ad affidare a lui Adara, ma che resisteva, aggrappato all’agognata rivalsa per la punizione umiliante che gli era stata inferta.
Lo stesso che si era poi dissolto nell’istante in cui il reggente aveva salvato la ragazza dal pozzo delle ombre, liberando le sue reali emozioni. E forse quel cielo limpido sopra il Nord indicava il crollo definitivo dell’ultimo baluardo. Essere un dio e amare come un uomo era un ossimoro, come l’esistenza stessa di Anthos. Arduo da accettare, nondimeno il giovane arciere era certo che quel miracolo fosse avvenuto.
 
«Sapete bene che potrei non giungere a domani» aveva ribattuto, riprendendosi dalla sorpresa e comprendendo le domande sul suo stato di salute «Sono onorato per la fiducia che mi accordate, ma la fine mi ha già preso per mano da tempo.»
Anthos aveva sogghignato caustico e inscalfibile dietro al vapore del chae fumante.
«Davvero credi che la morte sia la fine di tutto? Mi occorre la tua parola, ragazzino, non la tua irritante umiltà. Non sarà essa a salvaguardare la donna che ho sposato.»
Narsas aveva sentito le pulsazioni cardiache aumentare fino a stordirlo.
«Lo giuro. Ma non datemi speranza, vi prego. Rispettate la mia mortalità e l’uso che ne farò.»
«Lungi da me illuderti» aveva rimandato Irkalla più morbido «Il koreyon ti ucciderà a breve e io non posso rallentarlo. Sei troppo debole, il mio potere ti infliggerebbe il colpo di grazia anziché aiutarti. Ma è sufficiente che io annienti il mio Nemico prima che il veleno prevalga su di te. Desidero sapere Adara al sicuro mentre ciò avverrà. È ridicolo ammetterlo, ma sei l’unico di cui ho certezza.»
«Siamo nelle vostre mani, mio signore. Nessuno la toccherà finché riuscirò a imbracciare il mio arco.»
Il principe aveva approvato, continuando a scrutare accigliato il dipinto dirimpetto.
«Siamo intesi. Quando spalancherò Yfrenn-ammri, le impedirai di avvicinarsi e durante la battaglia non commetterete imprudenze. Per certi versi comprendo la volontà che vi spinge a fornire il vostro apporto, ma ciò avverrà quando sarò io a stabilirlo. Ci sono domande?»
Narsas aveva meditato in silenzio sull’ultima frase, afferrando in essa un senso molto più profondo, sebbene i piani del Distruttore fossero rimasti imperscrutabili.
«Che ne sarà di Adara, quando anche la mia vita si spegnerà?»
Anthos gli aveva rivolto lo sguardo algido di sempre, ma non era riuscito a mascherare la tristezza causata dalla richiesta legittima.
«Non è un tuo problema. Se ben la conosco, rimarrà a Iomhar come ha promesso. Se ne prenderà cura.»
«Chi si prenderà cura di lei, invece?»
Irkalla aveva sorriso enigmatico.
«Le preoccupazioni dei mortali non mi sfiorano. Fa’ che non ti scappi nulla di ciò che sai a partire da ora. Lei sta venendo qui.»
L’arciere aveva trattenuto la propria impotente collera solo perché la luce che era transitata nelle iridi ambrate del reggente gli aveva lasciato comprendere che quella affermata con arroganza non era la verità dei fatti: Anthos stava vivendo lo stesso insopportabile dilemma, ma non gli andava di condividerlo con lui.
«Continuerò a rivolgermi a voi come al principe del Nord. Perdonate in anticipo la mia mancanza di rispetto.»
«È altro ciò per cui dovresti scusarti, non per una futilità del genere.»
Narsas aveva spalancato gli occhi senza comprendere.
«Per essere innamorato di mia moglie” aveva precisato il Distruttore «Ma non ti perdonerei in ogni caso.»
«Non vi ho pregato di farlo» aveva rispedito Narsas «E certo non me ne pento.»
Le labbra di Irkalla si erano piegate in un sogghigno scaltro.
 
Un pesante accesso di tosse gli tolse il respiro e lo sganciò con violenza dai ricordi. Impiegò più tempo del consueto a riprendersi e, quando ritirò la mano, sul palmo c’era una scia di sangue fresco. Inalò l’ossigeno e assicurò l’arco di traverso sulle spalle. Sapeva cosa lo stesse attendendo nel suo ultimo giorno. Abbandonò l’ala est del palazzo senza voltarsi.
 
La mano di Anthos strinse la sua durante la discesa lungo la scala a chiocciola di Leu-Mòr in quella fatidica alba.
L’aveva traslata nella Torre, affinché riposasse qualche ora: Adara si era assopita con il dubbio che lui avesse usato per la prima volta su di lei i suoi poteri, per farla addormentare nel loro letto senza preoccupazioni. Non le aveva risposto oppure le sue parole si erano volatilizzate nel torpore che l’aveva avvinta mentre era tra le sue braccia. Nessun indizio sulle sorti del cosmo: l’arbitrio apparteneva a Irkalla, come dal principio della creazione.
Il simbolo bianco e nero era sparito dalla sua fronte appena aveva rindossato il Medaglione e tutto ciò che era avvenuto la notte precedente le appariva frutto di uno strano sogno. Sapeva che non era così. Colui che stava intrecciando le dita alle sue era il dio della Distruzione e si stava accingendo al combattimento ultimo.
La porta di legno chiaro si chiuse alle loro spalle e il rumore pur familiare la fece sussultare, evidenziando quanto i suoi nervi fossero tesi. Ma non era il momento per esitare o per farsi catturare dalla paura. Il terrore di perderlo non l’avrebbe abbandonata, ma andava relegato in modo che non interferisse.
Narsas li attendeva all’ingresso: i suoi occhi scuri bruciavano sul volto pallido, ma la sua espressione era la stessa di sempre, quieta e fiera. Le infuse tranquillità con un semplice sorriso. Con l’amore che provava per lei. Adara avrebbe voluto fargli sapere che conosceva e ricambiava i suoi sentimenti, ma il momento non era adatto e tali parole lo avrebbero distratto ciò che erano chiamati a compiere.
Nel cortile della fortezza attendevano due cavalli già sellati. Illtyd nitrì impavido quando Anthos prese le redini, congedando gli stallieri.
«Andate ora. Jarlath subirà danni pesanti, dovete raggiungere i vostri concittadini sulla montagna e prepararvi al peggio. Informate la veggente di Odhran che avverrà quanto ha previsto. L’acqua travolgerà il Regno e deamhan dilagherà per il mondo.»
I due giovani, stupiti dal fatto che il reggente avesse rivolto loro la parola, si inchinarono e si affrettarono a lasciare la reggia con il panico dipinto sui tratti.
La principessa si avvicinò allo stallone bianco e gli accarezzò la criniera: lui le sfregò il muso sul petto, emettendo il suono basso e raschiante di quando era soddisfatto.
«Non Illtyd» la bloccò Anthos «Il Nemico mirerà a me, pertanto tu e il tuo guardiano condividerete la sella di Raygan. È addestrato, porterà entrambi senza fatica.»
«Ma…»
Il reggente la trasse d’impulso e la baciò sulla bocca, contravvenendo all’usuale riservatezza e impedendole ogni contestazione. Quando le loro labbra si separarono, esitò per un istante, sfiorandole una guancia con il pollice e fissandola con intensità.
«Narsas» pronunciò poi.
Il guerriero gli si affiancò, trattenendo per la cavezza il destriero dal manto corvino. Attese che la ragazza salisse in arcione, poi montò dietro di lei come stabilito.
Il sovrano del Nord si avviò lungo il sentiero che portava all’immensa landa ghiacciata estesa sotto il Sirideain, lontana da qualunque traccia di civiltà.
Bastò un tocco di talloni e anche il morello schizzò in avanti, seguendo l’imbattibile purosangue del principe. Il movimento rapido ed elastico aumentò in forza e velocità, l’aria tagliente di Iomhar sferzò loro il volto mentre lasciavano alle spalle la capitale millenaria del Regno sotto un cielo azzurro come mai se ne erano scorti da millenni. Tanto bello da creare sgomento.
Adara avvertì contro la schiena il calore del corpo dell’arciere, che accompagnava con movimenti sicuri le falcate dell’animale lanciato in corsa, stringendo le redini con la sola sinistra. Il suo mantello del colore della terra schioccava, torcendosi nel vento.
«Hai imparato a cavalcare bene, Narsas» si complimentò con una punta di nostalgia, ricordando la prima volta in cui lo aveva visto alle prese con la sella, impacciato ma deciso a non rinunciare. Come sempre.
«Mi fido del tuo giudizio più che del mio.»
«Sei perfetto.»
Il ragazzo sorrise, sporgendosi in avanti fino a sfiorarle il viso con il proprio. Raygan accelerò e lui fu costretto a tenerla salda per la vita.
«I viaggi sono fatti per conoscere» le disse all’orecchio «Per cambiare.»
La mano della principessa si appoggiò alla sua.
«Ho imparato tanto in questi mesi. Siamo giunti lontano, abbiamo lottato in ogni ora vissuta e non è stato che il principio. Vorrei che questo cammino non terminasse.»
«Non accadrà. I viaggi non lo fanno mai. Mutano forma o strada o passo. Nient’altro.»
Gli occhi di Adara si velarono di lacrime: quello era il suo modo di rassicurarla per l’ultima volta.
 
Procedettero lungo l’accidentata fenditura che feriva in profondità la terra, frutto della rabbia e del dolore incontenibile del Distruttore. Dal fondo atro della spaccatura proveniva una corrente gelida, composta di dita trasparenti e maligne, che si insinuavano sotto i vestiti, scatenando brividi inarrestabili. Il vento sibilava come una creatura in agguato, falciando la piana con folate impietose dalle quali era arduo difendersi.
Anthos riportò Illtyd al passo e i compagni gli si accostarono.
«È questo il pozzo delle ombre?» domandò la principessa guardandosi intorno.
«Sì e no. Yfrenn-ammri è ovunque, perciò è possibile spalancarlo da ogni luogo, soprattutto adesso che ha preso il sopravvento e sta diffondendo il suo morbo oscuro. È una scelta come tante. Voi però vi fermerete qui.»
Adara ebbe un tuffo al cuore. Il momento tanto temuto era giunto. Dietro di lei, Narsas non mostrò né obiezioni né remore.
Il principe si voltò: i suoi occhi feroci non tradirono alcuna emozione. Si sfilò il Medaglione dal collo e lo consegnò al giovane Aethalas sotto lo sguardo stupefatto della moglie. I due semicerchi disgiunti ricomparvero all’istante sulla sua fronte e l’oro bruciante delle sue iridi si fece più intenso. Irkalla era fiero e terrificante, proprio come i testi sacri lo descrivevano. Tuttavia nessuno di quei libri antichi riportava quanto lui fosse meraviglioso e triste.
«Sai cosa fare, arciere. E cosa non fare.»
«Sì, mio signore.»
La divinità si rivolse alla donna che aveva sposato.
«Sei la regina di Iomhar, Adara. Non dimenticarlo mai.»
«Anthos…»
Avrebbe voluto dirgli talmente tanto che tutte le parole le morirono in gola.
«Onehgaryah» la fermò lui, celando il volto tra le ciocche bionde scosse dal vento.
Poi spronò il destriero candido e si allontanò al trotto senza girarsi.
La ragazza si abbandonò contro la spalla di Narsas, cedendo allo scoramento nonostante le intenzioni contrarie. Non avrebbe voluto che Irkalla la vedesse in lacrime prima del duello, che la pensasse debole e sfiduciata. Le braccia del guerriero si avvolsero intorno a lei.
«Non mi ha permesso di salutarlo! Di digli addio!»
«Non ha consentito che fosse un commiato, piuttosto.»
«Come?»
«Onehgaryah» ripeté Narsas nel dialetto arcaico di Iomhar «È quanto ti ha comunicato. Mio unico amore. È la promessa di un uomo a colei che è la sola nel suo cuore e nella sua anima. Significa che non intende morire, che non prevede sconfitta. Che tornerà da te.»
La principessa si raddrizzò sulla sella, asciugandosi il viso. Seguì con lo sguardo il Distruttore che si dirigeva verso le montagne, finché il colore chiaro dei suoi abiti non si confuse per la distanza. Allora concentrò i pensieri tumultuosi in una preghiera, che lui avrebbe certamente ascoltato.
«Invoco il tuo nome divino, signore della Distruzione e della Creazione. Il mio cuore è con te nell’ovunque e non rinuncerà a lottare. Sono la regina di Iomhar, sono la tua sposa. Ti attendo con fede assoluta e imperitura. Onehgaryah, Irkalla.»
 
L’orazione traboccante d’amore attraversò l’essenza del Distruttore con lo schianto di un fulmine a ciel sereno. Anthos trasalì e sorrise come se l’aspettasse con matematica certezza. Fece arrestare lo stallone. Smontò di sella e lo mandò via.
Aprì le braccia ed eresse una barriera tra sé e il resto del creato. Sapeva che essa non avrebbe retto a lungo e che non avrebbe impedito a deamhan di infierire sul mondo, ma era pur sempre un tentativo di rallentarlo.
«Vieni fuori, Ishkur! Non farmi sprecare tempo. So che stai fremendo per uccidermi.»
Gli rispose un silenzio inframmezzato dagli ululati del vento.
«Mh, vedo che alcuni aspetti di te non sono migliorabili.»
Concentrò l’io interiore ed emanò la propria aura dorata in un’esplosione di luce primordiale. La landa solitaria si scosse con un rumore tonante e l’ombra che stagnava nella crepa incisa sul suolo brullo bruciò come carta.
«La fai difficile, eh? E va bene, saluta il tuo putrido nascondiglio!»
La potenza del Distruttore deflagrò immane e colpì l’altrove, scatenando una spropositata reazione a catena. Non riuscì a disintegrare Yfrenn-ammri, ma tutto ciò che vi era contenuto fu obbligato a fuggire per non incorrere nell’onda devastatrice. Il pozzo delle ombre si spalancò, liberando il male allo stato puro, che si riversò nell’universo azzannando furibondo ogni forma di luce.
Il firmamento si incupì in un boato, tingendosi di graffi violacei e ribollendo come magma d’inchiostro. Le rocce millenarie tremarono, sgretolandosi in frammenti.
Lontano, al di là della catena del Sirideain, il Pelopi divenne nero come l’assenza del bene e i marosi si fecero spaventosi, degenerando in gorghi famelici e spumeggianti.
Il cielo del deserto perse il colore, l’urto energetico istigò la sabbia in tempesta, annullando le linee dell’orizzonte e velando ogni cosa nel nulla pallido della fine.
Nonostante il limite tracciato da Irkalla, Iomhar si contorse in uno spasmo d’agonia.
Raygan s’impennò nitrendo e Narsas faticò a riportarlo alla calma: il corsiero batté gli zoccoli ferrati sul suolo duro, scartando e girando su se stesso come impazzito, finché un comando più deciso non lo costrinse alla ragione.
«Laggiù!» ansimò Adara, reggendosi in preda all’angoscia.
Un cono di lampi cremisi s’innalzava dalla terra al cielo poco distante, dove Anthos era scomparso: vorticava, minatorio e peggiore di quello emerso la volta precedente.
Il Crescente iniziò a bruciarle il ventre, infliggendole una contrazione violenta. La ragazza si piegò in avanti e gridò, afferrando la stoffa della casacca, percependo l’ardore fremente che designava il colore scarlatto della mezzaluna. Pericolo. Male insorgente. Difesa.
Cercò di regolarizzare il respiro, di concentrarsi come il principe le aveva insegnato. Ma le mancava lui, il calore del suo corpo, la quiete delle sue parole, la fermezza delle sue mani sul suo ombelico… non così, non in quel modo, non…
«Adara.»
Narsas la sorresse, impedendole di scivolare d’arcione, mentre il cavallo ormai placato scuoteva la criniera corvina, soffiando aria dalle froge.
«Deamhan! Sta arrivando! L’Imis’eli si è mosso, ma non riesco a…»
«Sì che ci riesci. Il reggente non ti avrebbe condotta qui, se non ti avesse ritenuta in grado di difenderti. Se non avesse avuto bisogno di te. Coraggio, Adara.»
«Il suo Medaglione ci nasconderà! È un sigillo, esso riuscirà più di me…»
«Nessuno di noi può indossarlo. Non è la ragione per cui me l’ha affidato.»
La principessa lo guardò in preda all’angoscia.
«Aiutami a smontare, Narsas, ti prego.»
Il guerriero aggrottò la fronte, ma decise di assecondarla. Balzò a terra e la prese tra le braccia: da lei proveniva un’intensa luminosità rossa. Avvertì il gioiello vibrare tra le dita come vivo al loro contatto.
«Il Crescente lo respinge» continuò Adara «La sua vicinanza genera un fascio di energia, posso indirizzarlo contro i daimar. Dallo a me, posso toccarlo e…»
«No. Anthos immaginava che avresti proposto un’idea del genere e mi ha fatto giurare di impedirtelo. Ha detto che un uso simile dell’amuleto ti avrebbe prosciugata in pochi secondi. Perché credi lo abbia lasciato a me e non a te? Perché cerchi una scappatoia, invece di avere fiducia in te stessa?»
Gli occhi bruni dell’arciere scintillavano nella concitazione, mentre il vento ruggiva sempre impetuoso e il tocco potente dell’ombra iniziava a lambirli, sussurrando parole e termini lusinghieri alla parte più segreta delle loro coscienze.
Narsas la appoggiò a terra e si fece indietro, guardandola con preoccupazione. Se non avesse controllato il potere del Crescente, deamhan li avrebbe catturati, avvolti nelle sue spire e forse usati l’uno contro l’altro. Quel pensiero impartì alla ragazza la scossa determinante. Doveva difendere se stessa per continuare a essere la regina della terra maledetta, per mantenere la parola data. Doveva proteggere Narsas, era il suo turno, il momento di ricambiare tutto ciò che lui le aveva donato.
«Abbracciami forte, se è concesso.»
«Lo è» rispose l’arciere «Finché avrò vita, non ti lascerò.»
La strinse al cuore, affondando il viso tra i suoi capelli scuri e l’anima nell’amore che lo riempiva, le braccia serrate intorno a lei, il respiro affaticato dallo straripare crudele del koreyon nelle sue vene.
La luce vermiglia dell’Imis’eli li avvolse come uno schermo, forte e decisa, un istante prima che deamhan si abbattesse su di loro. Le creature del buio soffiarono e ringhiarono, respinte dalla forza inaspettata. Vennero sbattute all’indietro e digrignarono le zanne, latrando nella loro lingua incomprensibile, accavallandosi l’una sull’altra e squadrando con le iridi sanguigne i due fragili umani che non potevano tangere né con le parole né con la coercizione.
«Un lauto pasto per il Nulla che ci è sovrano» sibilò una di esse in un baluginio di fauci giallastre e artigli «Il tuo tatuaggio non lo fermerà, donna!»
Adara si concentrò sui battiti dell’arciere e non rispose alla provocazione.
L’orda demoniaca li superò, ululando vendetta e morte: tutto precipitò nel silenzio tetro e ingannevole che annunciava lo scontro finale.
 
 
   
 
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