Prologo
«Avada Kedavra!».
«Expelliarmus!».
Harry vide il lampo verde di
Voldemort urtare il proprio incantesimo, vide la Bacchetta di Sambuco
volare in alto, scura contro l’alba, roteare come la testa di Nagini
contro il soffitto incantato. Verso il padrone che non avrebbe ucciso e
finalmente ne entrava in pieno possesso. Harry, con l’infallibile abilità del
Cercatore, la prese al volo con la mano libera mentre Voldemort cadeva
all’indietro: le braccia spalancate, le pupille a fessura degli occhi scarlatti
che si giravano verso l’alto. Tom Riddle crollò sul pavimento con banale
solennità, il corpo fiacco e rattrappito, le mani bianche vuote, il volto da
serpente inespressivo e ignaro.
Voldemort era morto, ucciso dal rimbalzo della
sua stessa maledizione, ed Harry fissava, con due bacchette in mano, il guscio
vuoto del suo nemico.
Rosalynne Lestrange si svegliò di soprassalto, mentre un furioso
mal di testa iniziava già a pulsarle nelle tempie. Si sentiva stordita e
confusa, mentre i residui della sua promozione iniziavano lentamente a svanire.
Già, la sua premonizione.
Le era sembrato di sognare per ore, o meglio dire per anni, quando probabilmente si era appena
addormentata. In effetti il cielo che si intravedeva oltre la finestra della
sua stanza era ancora nero, soltanto una misera porzione di luna – insieme ad
alcune timide stelle – risaltava nel mezzo di quel buio assoluto. Doveva essere
appena scoccata la mezzanotte, come confermavano in effetti i ticchettii
insistenti dell’imponente orologio che si trovava nel salone di Lestrange Manor ed erano perfettamente
udibili perfino dalla sua camera da letto, quindi la supposizione di Rosalynne
non era poi tanto scorretta. Erano passati effettivamente appena una manciata di minuti da quando aveva ceduto al sonno, ma ormai era da tempo che non riusciva più a riposare in maniera appropriata. Non c'era da stupirsi, considerati i mille pensieri che da intere settimane l’assillavano insieme all'avanzare di quella guerra. Di conseguenza non si sentiva affatto riposata e anzi era ancora più agitata di
quando si era rifugiata sotto le coperte, in cerca di calore e sollievo.
Ros sospirò
e si passò una mano tra i lunghi capelli scuri, mentre i dubbi iniziarono ad
accumularsi con estrema velocità nella sua mente. Non le permettevano di
ragionare con lucidità e anzi uno sembrava produrne altri cento.
Come una catena. All'interno della sua testa si stavano ammassando infatti un milione di pensieri, perché in effetti non aveva il tempo di formularne uno che un altro cercava di farsi prepotentemente spazio nella sua psiche. Era come avere il cervello stravolto dalla Maledizione Gemino, che duplicava quegli stessi ragionamenti all'infinito rendendola sempre più turbata e inquieta. Ma in fin dei conti aveva appena
vissuto passo dopo passo, tramite quello che all’apparenza le era sembrato
appunto un sogno interminabile, le avventure di quello strano ed improbabile
Trio di maghi: il famoso bambino
sopravvissuto, la strega più brillante di Hogwarts e il giovane Weasley con
la fobia dei ragni.
Harry, Hermione e Ron.
Era stata accanto ad Harry mentre suo cugino Dudley lo prendeva in
giro, aveva sorriso vedendolo spegnere con una certa diffidenza le candeline
posizionate in maniera sbilenca sulla strampalata torta che gli aveva portato
Hagrid al suo undicesimo compleanno e aveva condiviso con genuino piacere la
sorpresa del ragazzo mentre il tenero guardiacaccia gli aveva confidato di
essere un mago. Si era poi emozionata notando la sua meraviglia appena era
arrivato ad Hogwarts, quando aveva stretto amicizia con Ronald Weasley e insieme
avevano salvato Hermione dalle grinfie di quel Troll che era stato usato dal
Professor Raptor come diversivo per i suoi scopi malvagi. Aveva pianto quando aveva visto riflessa nello Specchio delle Brame l'immagine dei genitori del ragazzo e aveva capito il suo profondo desiderio di averli al suo fianco, mentre nel frattempo si interrogava sulle cause della morte di Lily e James Potter.
In pratica aveva seguito Harry durante tutti i suoi anni di scuola: aveva
assistito al suo scontro contro il Basilisco nella Camera dei Segreti, aveva
constatato la sua bravura nell’evocare anche in tragiche circostanze - ad esempio quando Sirius si era ritrovato in grave pericolo - un
perfetto Patronus corporeo e aveva condiviso la profonda amarezza per la sua vittoria al Torneo Tre Maghi.
Gli era dunque rimasta
vicino mentre abbracciava il corpo inanime di Cedric Diggory, pronunciando tra
le lacrime la verità sul ritorno di Voldemort. Aveva condiviso la sua
frustrazione all’inizio del suo quinto anno scolastico, quando tutti lo
consideravano solo un bugiardo e un visionario. Si era disperata insieme a lui quando Bellatrix aveva
scagliato tra le risate quell’Avada
Kedavra contro Sirius, centrandolo con assoluta precisione al petto e
mettendo subito dopo fine alla sua vita. Così come aveva tentato, ovviamente invano, di
consolarlo in seguito alla scomparsa del professor Silente. Dopo l’eroica morte del
dolce Dobby. Dopo quella di Remus, Ninfadora, Fred. Dopo aver scoperto la
verità su Severus e sul suo ruolo in quella guerra che gli aveva portato via troppo.
Ma aveva festeggiato con lui anche tutte le sue vittorie, compresa
quella più importante. Quella che aveva portato alla sconfitta definitiva
dell’Oscuro Signore e lo aveva liberato dal peso di essere il prescelto. Il
solo in grado di sconfiggerlo, dopo aver pagato un prezzo eccessivo.
Rosalynne aveva condiviso involontariamente ogni gioia e
ogni dolore del ragazzo, perché era questa la maledizione che aveva ereditato
dalla sua famiglia: la vista. Lei
prevedeva il futuro, anche se per essere più esatti era meglio dire che lo sognava. Era lì, assisteva all’evolversi
della storia senza poter intervenire e in pratica si limitava ad essere una
semplice spettatrice delle circostanze.
Era un meccanismo strano: si addormentava, veniva magicamente
catapultata in un momento più o meno lontano rispetto al presente e si
ritrovava così in modo del tutto involontario ad essere coinvolta in episodi
che dovevano ancora succedere.
Ros comunque non era certo stata la prima nella dinastia dei
Lestrange a sviluppare un’attitudine tanto speciale, in effetti anche la sua
trisavola era stata una veggente. Delphinia usava tuttavia un meccanismo diverso dal suo
per venire a conoscenza degli eventi che dovevano ancora accadere, considerato che la
diretta interessata vedeva il futuro
attraverso la superficie delle pozze d’acqua. Come una sorta di pensatoio al
contrario, dove però non servivano i ricordi per attivarlo ma bastava semplicemente che lei
si specchiasse per poter osservare sul riflesso cristallino dell’acqua i fatti
futuri. A sua volta la cara bisnonna Desdemona, che invece riceveva le sue premonizioni tramite improvvisi momenti di assenza mentale che la riducevano in pratica in uno stato cataconico talmente grade da arrivare più volte quasi al punto di essere ricoverata al San Mungo nel reparto speciale di lungodegenza, aveva ricevuto quel
dono da sua madre Janelle.
In pratica erano innumerevoli gli antenati di
Rosalynne che avevano contratto il gene della veggenza, sebbene per lo più si trattasse di donne. Quasi come se la natura volesse volutamente beffarsi degli uomini della loro famiglia, che si sentivano superiori solo per il loro status di nascita legato al loro genere di appartenenza. Solo perchè venivano riconosciuti come veri eredi del casato, in grado di portarne avanti la discendenza. Ciò nonostante ormai da
quasi un intero secolo la trasmissione si era inspiegabilmente bloccata e le
capacità premonitrici non venivano più tramandate. Almeno fino alla giovane
Ros, anche se nessuno lo sapeva. Quest’ultima infatti aveva appositamente
omesso quell’informazione, perché sapeva che altrimenti la sua famiglia
l’avrebbe considerata un’arma da sfruttare a loro vantaggio. Allora aveva
preferito tacere e di conseguenza, con enorme dispiacere dei Lestrange che in
realtà erano sempre stati fin troppo orgogliosi di possedere doni tanto
particolari poiché a loro dire erano solo una prova indiscussa relativa alla
purezza del loro sangue, quell’abilità veniva ancora considerata persa.
Eppure Rosalynne fin da piccola riusciva a vedere il futuro, nei suoi sogni. Da bambina ovviamente era stato difficile cogliere
la differenza tra una premonizione e un semplice evento onirico, ma crescendo
era riuscita a distinguerne gli aspetti di distinzione. In verità era solo uno:
il mal di testa. Stava sempre male in effetti dopo aver avuto una visione del futuro,
perché la sua psiche si sovraccaricava. Nessun incantesimo e nessuna pozione
riuscivano a farle passare quella terribile emicrania.
C’era anche da aggiungere che la maggior parte delle volte le sue visioni riguardavano
un futuro imminente, difatti spesso Rosalynne prevedeva avvenimenti che poi
accadevano puntualmente pochi giorni dopo il suo risveglio o al
massimo la settimana seguente. Quelle erano premonizioni che poteva gestire senza troppe difficoltà, almeno per quanto riguardava la sua salute mentale. Ma in altri casi l’arco temporale poteva
interessare anche periodo più lunghi. Molto più lunghi. Com’era appena
successo. E allora gli strascichi di quella premonizione duravano più tempo, rendendola fiacca e instabile per un periodo alquanto significativo. Però in quei giorni non poteva permettersi di mostrarsi debole. Eppure sapeva che, a prescindere dalla sua volontà, sarebbe stato inevitabile stare male. In fin dei conti era innegabile che quella notte aveva sognato fatti
che teoricamente sarebbero avvenuti tra circa un decennio e coprivano a loro
volta un periodo non indifferente, per essere precisi gli anni che andavano dal
1991 al 1998. Per non parlare poi degli accenni del passato, quindi del suo attuale e imminente presente, di cui era
venuta a conoscenza. Lo stress di quella visione l'avrebbe seguita per settimane. Non solo per la fatica psichica che le aveva richiesto, ma soprattutto per le emozioni che aveva vissuto.
Come la disperazione che l'aveva sopraffatta quando aveva assistito impotente alla morte di Sirius. O meglio, alla
morte della sua versione adulta.
Aveva appreso con dolore le circostanze della scomparsa di
Regulus, mentre osservava il fedele Kreacher singhiozzare disperato a causa del
senso di colpa che provava ancora per il sacrificio del suo amato
padrone.
Aveva sussultato e represso un urlo di angoscia nel momento in cui
Silente era caduto dalla Torre, ucciso apparentemente da quello che tutti
credevano fosse un suo nemico.
Aveva esultato alla sconfitta del Signore Oscuro.
Perché sì, era indubbiamente costretta all’immobilità quando sognava il futuro ma questo non le impediva di percepire sentimenti concreti. Era una semplice spettatrice, però sentiva tutto: la tristezza, la paura, la felicità. Le sue emozioni erano vibranti e reali, così come le
sue percezioni. Pertanto mentre accompagnava quel ragazzino – il coraggioso figlio
di Lily e James Potter, che in quel preciso momento stava sicuramente riposando
nella sua culla ignaro di tutto – durante i suoi anni ad Hogwarts, e in seguito
nel suo avventuroso viaggio alla ricerca degli Horcrux, si era ritrovata a
condividere con lui ogni sua più piccola sensazione. In alcuni casi le aveva
addirittura metabolizzate lei stessa, perché era impossibile restare
insensibili o distaccati davanti a certe scene.
Sirius era morto e lei era
riuscita malapena a restare in piedi, mentre il dolore sembrava squarciarle il
petto. Avrebbe voluto svegliarsi proprio in quell’instante, per non dover
assistere a quell’attimo straziante. Per non vedere i suoi occhi grigi
spegnersi per sempre, il suo respiro abbandonare definitivamente il suo
corpo. La sua anima volare via. E lei chissà dov'era in quel momento, in quel futuro.
Era stato orribile. Le sembrava ancora di poter sentire le
strazianti urla di Harry nelle orecchie, accompagnate dalla risata inopportuna
e piena di soddisfazione di sua cognata Bellatrix.
La odiava.
La sua vista si offuscò e Ros si rese conto con stupore che,
rivivendo di nuovo quegli istanti nella sua testa, i suoi occhi si erano inevitabilmente
riempiti di lacrime. Ormai inarrestabili e libere di inumidirle le gote. Perché
non poteva davvero crederci, non poteva sopportarlo. Non poteva pensare che un
giorno Sirius avrebbe smesso di vivere. Era una cosa che non concepiva. Per
questo piangeva: era sdraiata nel suo letto, in mezzo a preziose lenzuola di
fattura fatata, in una casa che detestava più di ogni altra cosa al mondo e stava
singhiozzando come una bambina a causa di un futuro a cui aveva assistito con
incredulità. Un futuro che tuttavia non avrebbe permesso si concretizzasse.
Eppure, nonostante la sua volontà e i suoi autoincoraggiamenti, piangeva e gemeva
ad alta voce per dare sfogo alla sua sofferenza con il rischio di farsi
scoprire dai suoi genitori e ricevere domande alle quali non avrebbe potuto
rispondere. Alle quali non avrebbe nemmeno voluto rispondere. Perché se suo padre avesse scoperto la verità, ovvero che era follemente innamorata di quel traditore di Sirius Black e ormai da anni metteva al
corrente il preside di Hogwarts delle sue visioni tramite bigliettini anonimi
che adesso faceva consegnare direttamente dal suo elfo domestico e prima invece
quando si trovava a scuola faceva recapitare da una civetta presa in prestito
dalla guferia della Torre Ovest del castello per non essere rintracciata, l’avrebbe cruciata. Prima lui e
in seguito avrebbe concesso quell'onore ai suoi fratelli, Rodolphus e Rabastan.
Non avrebbero avuto pietà di lei e anzi alla fine, per dimostrare
la loro fedeltà in quanto Mangiamorte, era sicura che l’avrebbero consegnata
senza alcuna esitazione al Signore Oscuro. Voldemort quindi si sarebbe
divertito a torturarla e ad estorcerle con malato piacere tutte le informazioni
che aveva racimolato per via indiretta, nonché i suoi segreti, destabilizzando
la sua mente e facendola impazzire. Non era un mistero in effetti il modo in cui agiva.
Ma non poteva trattenere le sue lacrime, perciò si portò un pugno
chiuso vicino alla bocca e morse con forza la sua stessa pelle per attutire i
suoi lamenti. Non le importava comunque che Sirius in quel momento era al
sicuro, considerato che si era finalmente svegliata da quel sogno premonitore
ed era di nuovo l'estate del 1981, perché lei lo aveva visto morire. Morire. E lui non sapeva nemmeno che lei
non lo aveva mai dimenticato, che era al centro dei suoi pensieri tutti i
giorni. Aveva perfino conservato il suo anello, quello che le aveva regalato al
suo sedicesimo compleanno. Prima che scappasse di casa, desse una svolta alla
sua vita e la lasciasse inevitabilmente indietro. Lo custodiva con gelosia
vicino al suo cuore, in una catenella d’argento che le pendeva lungo il collo e
le arrivava proprio al centro della cavità toracica.
Sirius non aveva idea di quanto Rosalynne tenesse a lui. Non era
neppure consapevole che avrebbe fatto di tutto pur di proteggerlo, anche
cambiare l’evolversi degli eventi. Ad ogni costo. D’altronde era a quello che
serviva il suo dono: vedere le cose prima che avvenissero, in modo da poterle
modificare.
E ora conosceva il segreto oscuro di Lord Voldemort, la sua più
grande debolezza.
Erano gli Horcrux.
In quel preciso momento ce n’era solo cinque
in circolazione: il medaglione di Salazar Serpeverde, la coppa di Tosca
Tassorosso, il Diadema di Priscilla Corvonero, il diario della sua gioventù –
quando si faceva chiamare ancora Tom Riddle, sebbene odiasse quel nome così babbano
che lo legava al suo passato – e l’anello di Orvoloson Graunt.
Ma un’altra cosa fondamentale era che Ros sapeva anche come
distruggerli. Serviva il veleno estratto dalle zanne di un basilisco, con il
quale avrebbe potuto poi impregnare la Spada di Godric Grifondoro per renderla
a sua volta un potente strumento di distruzione. Rosalynne in circostanze
normali non avrebbe avuto idea di dove cercare un serpente del genere, ma la
fortuna voleva che uno si trovasse proprio nella graziosa camera creata in
segreto dal vecchio Salazar all’interno del castello di Hogwarts all’epoca
della sua fondazione. Altrimenti come ulteriore risorsa poteva ricorrere all’Ardemonio, anche se era un incantesimo
abbastanza pericoloso sia da effettuare che da gestire.
Non poteva correre il rischio di spezzare la maledizione in altro
modo, come aveva fatto il Silente del futuro. Il preside in effetti era morto a
causa degli effetti della magia oscura che si era sprigionata una volta
distrutto l’anello di Orvoloson, quel cimelio che apparteneva da intere
generazioni alla famiglia Graunt e Tom aveva sottratto allo zio Orfin dopo
averlo incastrato per l’omicidio del suo odiato padre.
Tuttavia ora l’unico obiettivo di Ros, oltre a pensare alla
maniera in cui avrebbe distrutto quegli oggetti, era quello di aspettare il
momento giusto ed informare il suo vecchio preside. Lo avrebbe messo al corrente di tutte le
sue scoperte, offrendogli questa volta un quadro completo della situazione e
non permettendogli di commettere gli errori del futuro. Avrebbe atteso quindi
di trovare una giustificazione abbastanza plausibile per potersi dirigere a
Diagon Alley e poi, invece di perdere tempo inutile facendo nuovi acquisti, avrebbe attuato il suo piano. Suo padre non avrebbe
obiettato, considerandola semplicemente un’altra delle sue stupide stravaganze
senza senso, mentre i suoi fratelli non le avrebbero prestato comunque alcuna
attenzione. Per loro, lei era solo una scocciatura. Non certo una minaccia.
Una volta nel centro pulsante della Londra magica, Ros avrebbe
istruito il suo elfo con tutta tranquillità e avrebbe evitato ogni possibile
rischio di essere intercettata. Perché nessuno avrebbe prestato attenzione ad
una strega purosangue che impartiva ordini al proprio servo, responsabile soltanto
di ubbidirle e reggere i suoi pacchi. Ma Ginger in realtà avrebbe fatto ben
altro: avrebbe consegnato a Silente un messaggio della massima importanza, che
avrebbe cambiato indelebilmente la storia e gli eventi del futuro.
Era un piano perfetto e nulla sarebbe andato storto.
Nulla.
Rosalynne non poteva nemmeno contemplare un’eventualità diversa,
un ipotetico fallimento. Perché da lei adesso dipendevano decine e decine di
vite, nonché un’infanzia diversa per Harry.
Da lei, adesso, dipendeva la salvezza di Sirius.
Benvenuti al prologo della storia
IN SOMNIS, ambientata nel periodo della prima guerra magica.
Iniziamo con alcune precisazioni:
- Ovviamente il personaggio di
Rosalynne Lestrange è una mia invenzione. Ho pensato che, come nella famiglia
Black esiste la tradizione di chiamare i propri figli con i nomi di stelle e
costellazioni, in quella dei Lestrange potesse esserci la tradizione di
nominare gli eredi con la stessa lettera iniziale. Quindi Rabastan, Rodolphus e
Rosalynne.
- Come si evince dal
capitolo, la storia si basa sulle capacità di Ros di prevedere il futuro. Di
conseguenza le avventure di Harry (dal primo all’ultimo libro) sono state
sognate dalla protagonista, l’inizio è tratto infatti da Harry Potter e I Doni
della Morte.
- Grazie alla sua visione,
Rosalynne è a conoscenza del segreto di Voldemort. In quel periodo però non
erano ancora stati creati gli ultimi due Horcrux, come si rende conto la stessa
Ros.