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Autore: LeoniaD    17/11/2020    0 recensioni
Sirius non aveva idea di quanto Rosalynne tenesse a lui. Non era neppure consapevole che avrebbe fatto di tutto pur di proteggerlo, anche cambiare l’evolversi degli eventi. Ad ogni costo. D’altronde era a quello che serviva il suo dono: vedere le cose prima che avvenissero, in modo da poterle modificare. E lo avrebbe fatto. Da lei adesso dipendevano decine e decine di vite, nonché un’infanzia diversa per Harry. Da lei, adesso, dipendeva la salvezza del ragazzo che amava.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Regulus Black, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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0. Prologo


copertina

 

Prologo

 

«Avada Kedavra!».

«Expelliarmus!».

Harry vide il lampo verde di Voldemort urtare il proprio incantesimo, vide la Bacchetta di Sambuco volare in alto, scura contro l’alba, roteare come la testa di Nagini contro il soffitto incantato. Verso il padrone che non avrebbe ucciso e finalmente ne entrava in pieno possesso. Harry, con l’infallibile abilità del Cercatore, la prese al volo con la mano libera mentre Voldemort cadeva all’indietro: le braccia spalancate, le pupille a fessura degli occhi scarlatti che si giravano verso l’alto. Tom Riddle crollò sul pavimento con banale solennità, il corpo fiacco e rattrappito, le mani bianche vuote, il volto da serpente inespressivo e ignaro. Voldemort era morto, ucciso dal rimbalzo della sua stessa maledizione, ed Harry fissava, con due bacchette in mano, il guscio vuoto del suo nemico.

Rosalynne Lestrange si svegliò di soprassalto, mentre un furioso mal di testa iniziava già a pulsarle nelle tempie. Si sentiva stordita e confusa, mentre i residui della sua promozione iniziavano lentamente a svanire.

Già, la sua premonizione.

Le era sembrato di sognare per ore, o meglio dire per anni, quando probabilmente si era appena addormentata. In effetti il cielo che si intravedeva oltre la finestra della sua stanza era ancora nero, soltanto una misera porzione di luna – insieme ad alcune timide stelle – risaltava nel mezzo di quel buio assoluto. Doveva essere appena scoccata la mezzanotte, come confermavano in effetti i ticchettii insistenti dell’imponente orologio che si trovava nel salone di Lestrange Manor ed erano perfettamente udibili perfino dalla sua camera da letto, quindi la supposizione di Rosalynne non era poi tanto scorretta. Erano passati effettivamente appena una manciata di minuti da quando aveva ceduto al sonno, ma ormai era da tempo che non riusciva più a riposare in maniera appropriata. Non c'era da stupirsi, considerati i mille pensieri che da intere settimane l’assillavano insieme all'avanzare di quella guerra. Di conseguenza non si sentiva affatto riposata e anzi era ancora più agitata di quando si era rifugiata sotto le coperte, in cerca di calore e sollievo.  

Ros sospirò e si passò una mano tra i lunghi capelli scuri, mentre i dubbi iniziarono ad accumularsi con estrema velocità nella sua mente. Non le permettevano di ragionare con lucidità e anzi uno sembrava produrne altri cento. Come una catena. All'interno della sua testa si stavano ammassando infatti un milione di pensieri, perché in effetti non aveva il tempo di formularne uno che un altro cercava di farsi prepotentemente spazio nella sua psiche. Era come avere il cervello stravolto dalla Maledizione Gemino, che duplicava quegli stessi ragionamenti all'infinito rendendola sempre più turbata e inquieta. Ma in fin dei conti aveva appena vissuto passo dopo passo, tramite quello che all’apparenza le era sembrato appunto un sogno interminabile, le avventure di quello strano ed improbabile Trio di maghi: il famoso bambino sopravvissuto, la strega più brillante di Hogwarts e il giovane Weasley con la fobia dei ragni.

Harry, Hermione e Ron.

Era stata accanto ad Harry mentre suo cugino Dudley lo prendeva in giro, aveva sorriso vedendolo spegnere con una certa diffidenza le candeline posizionate in maniera sbilenca sulla strampalata torta che gli aveva portato Hagrid al suo undicesimo compleanno e aveva condiviso con genuino piacere la sorpresa del ragazzo mentre il tenero guardiacaccia gli aveva confidato di essere un mago. Si era poi emozionata notando la sua meraviglia appena era arrivato ad Hogwarts, quando aveva stretto amicizia con Ronald Weasley e insieme avevano salvato Hermione dalle grinfie di quel Troll che era stato usato dal Professor Raptor come diversivo per i suoi scopi malvagi. Aveva pianto quando aveva visto riflessa nello Specchio delle Brame l'immagine dei genitori del ragazzo e aveva capito il suo profondo desiderio di averli al suo fianco, mentre nel frattempo si interrogava sulle cause della morte di Lily e James Potter.

In pratica aveva seguito Harry durante tutti i suoi anni di scuola: aveva assistito al suo scontro contro il Basilisco nella Camera dei Segreti, aveva constatato la sua bravura nell’evocare anche in tragiche circostanze - ad esempio quando Sirius si era ritrovato in grave pericolo - un perfetto Patronus corporeo e aveva condiviso la profonda amarezza per la sua vittoria al Torneo Tre Maghi. Gli era dunque rimasta vicino mentre abbracciava il corpo inanime di Cedric Diggory, pronunciando tra le lacrime la verità sul ritorno di Voldemort. Aveva condiviso la sua frustrazione all’inizio del suo quinto anno scolastico, quando tutti lo consideravano solo un bugiardo e un visionario. Si era disperata insieme a lui quando Bellatrix aveva scagliato tra le risate quell’Avada Kedavra contro Sirius, centrandolo con assoluta precisione al petto e mettendo subito dopo fine alla sua vita. Così come aveva tentato, ovviamente invano, di consolarlo in seguito alla scomparsa del professor Silente. Dopo l’eroica morte del dolce Dobby. Dopo quella di Remus, Ninfadora, Fred. Dopo aver scoperto la verità su Severus e sul suo ruolo in quella guerra che gli aveva portato via troppo.  

Ma aveva festeggiato con lui anche tutte le sue vittorie, compresa quella più importante. Quella che aveva portato alla sconfitta definitiva dell’Oscuro Signore e lo aveva liberato dal peso di essere il prescelto. Il solo in grado di sconfiggerlo, dopo aver pagato un prezzo eccessivo.  

Rosalynne aveva  condiviso involontariamente ogni gioia e ogni dolore del ragazzo, perché era questa la maledizione che aveva ereditato dalla sua famiglia: la vista. Lei prevedeva il futuro, anche se per essere più esatti era meglio dire che lo sognava. Era lì, assisteva all’evolversi della storia senza poter intervenire e in pratica si limitava ad essere una semplice spettatrice delle circostanze.

Era un meccanismo strano: si addormentava, veniva magicamente catapultata in un momento più o meno lontano rispetto al presente e si ritrovava così in modo del tutto involontario ad essere coinvolta in episodi che dovevano ancora succedere.

Ros comunque non era certo stata la prima nella dinastia dei Lestrange a sviluppare un’attitudine tanto speciale, in effetti anche la sua trisavola era stata una veggente. Delphinia usava tuttavia un meccanismo diverso dal suo per venire a conoscenza degli eventi che dovevano ancora accadere, considerato che la diretta interessata vedeva il futuro attraverso la superficie delle pozze d’acqua. Come una sorta di pensatoio al contrario, dove però non servivano i ricordi per attivarlo ma bastava semplicemente che lei si specchiasse per poter osservare sul riflesso cristallino dell’acqua i fatti futuri. A sua volta la cara bisnonna Desdemona, che invece riceveva le sue premonizioni tramite improvvisi momenti di assenza mentale che la riducevano in pratica in uno stato cataconico talmente grade da arrivare più volte quasi al punto di essere ricoverata al San Mungo nel reparto speciale di lungodegenza, aveva ricevuto quel dono da sua madre Janelle. In pratica erano innumerevoli gli antenati di Rosalynne che avevano contratto il gene della veggenza, sebbene per lo più si trattasse di donne. Quasi come se la natura volesse volutamente beffarsi degli uomini della loro famiglia, che si sentivano superiori solo per il loro status di nascita legato al loro genere di appartenenza. Solo perchè venivano riconosciuti come veri eredi del casato, in grado di portarne avanti la discendenza. Ciò nonostante ormai da quasi un intero secolo la trasmissione si era inspiegabilmente bloccata e le capacità premonitrici non venivano più tramandate. Almeno fino alla giovane Ros, anche se nessuno lo sapeva. Quest’ultima infatti aveva appositamente omesso quell’informazione, perché sapeva che altrimenti la sua famiglia l’avrebbe considerata un’arma da sfruttare a loro vantaggio. Allora aveva preferito tacere e di conseguenza, con enorme dispiacere dei Lestrange che in realtà erano sempre stati fin troppo orgogliosi di possedere doni tanto particolari poiché a loro dire erano solo una prova indiscussa relativa alla purezza del loro sangue, quell’abilità veniva ancora considerata persa.

Eppure Rosalynne fin da piccola riusciva a vedere il futuro, nei suoi sogni. Da bambina ovviamente era stato difficile cogliere la differenza tra una premonizione e un semplice evento onirico, ma crescendo era riuscita a distinguerne gli aspetti di distinzione. In verità era solo uno: il mal di testa. Stava sempre male in effetti dopo aver avuto una visione del futuro, perché la sua psiche si sovraccaricava. Nessun incantesimo e nessuna pozione riuscivano a farle passare quella terribile emicrania.

C’era anche da aggiungere che la maggior parte delle volte le sue visioni riguardavano un futuro imminente, difatti spesso Rosalynne prevedeva avvenimenti che poi accadevano puntualmente pochi giorni dopo il suo risveglio o al massimo la settimana seguente. Quelle erano premonizioni che poteva gestire senza troppe difficoltà, almeno per quanto riguardava la sua salute mentale. Ma in altri casi l’arco temporale poteva interessare anche periodo più lunghi. Molto più lunghi. Com’era appena successo. E allora gli strascichi di quella premonizione duravano più tempo, rendendola fiacca e instabile per un periodo alquanto significativo. Però in quei giorni non poteva permettersi di mostrarsi debole. Eppure sapeva che, a prescindere dalla sua volontà, sarebbe stato inevitabile stare male. In fin dei conti era innegabile che quella notte aveva sognato fatti che teoricamente sarebbero avvenuti tra circa un decennio e coprivano a loro volta un periodo non indifferente, per essere precisi gli anni che andavano dal 1991 al 1998. Per non parlare poi degli accenni del passato, quindi del suo attuale e imminente presente, di cui era venuta a conoscenza. Lo stress di quella visione l'avrebbe seguita per settimane. Non solo per la fatica psichica che le aveva richiesto, ma soprattutto per le emozioni che aveva vissuto.

Come la disperazione che l'aveva sopraffatta quando aveva assistito impotente alla morte di Sirius. O meglio, alla morte della sua versione adulta.

Aveva appreso con dolore le circostanze della scomparsa di Regulus, mentre osservava il fedele Kreacher singhiozzare disperato a causa del senso di colpa che provava ancora per il sacrificio del suo amato padrone.   

Aveva sussultato e represso un urlo di angoscia nel momento in cui Silente era caduto dalla Torre, ucciso apparentemente da quello che tutti credevano fosse un suo nemico.

Aveva esultato alla sconfitta del Signore Oscuro.

Perché sì, era indubbiamente costretta all’immobilità quando sognava il futuro ma questo non le impediva di percepire sentimenti concreti. Era una semplice spettatrice, però sentiva tutto: la tristezza, la paura, la felicità. Le sue emozioni erano vibranti e reali, così come le sue percezioni. Pertanto mentre accompagnava quel ragazzino – il coraggioso figlio di Lily e James Potter, che in quel preciso momento stava sicuramente riposando nella sua culla ignaro di tutto – durante i suoi anni ad Hogwarts, e in seguito nel suo avventuroso viaggio alla ricerca degli Horcrux, si era ritrovata a condividere con lui ogni sua più piccola sensazione. In alcuni casi le aveva addirittura metabolizzate lei stessa, perché era impossibile restare insensibili o distaccati davanti a certe scene.

Sirius era morto e lei era riuscita malapena a restare in piedi, mentre il dolore sembrava squarciarle il petto. Avrebbe voluto svegliarsi proprio in quell’instante, per non dover assistere a quell’attimo straziante. Per non vedere i suoi occhi grigi spegnersi per sempre, il suo respiro abbandonare definitivamente il suo corpo. La sua anima volare via. E lei chissà dov'era in quel momento, in quel futuro.

Era stato orribile. Le sembrava ancora di poter sentire le strazianti urla di Harry nelle orecchie, accompagnate dalla risata inopportuna e piena di soddisfazione di sua cognata Bellatrix.

La odiava.

La sua vista si offuscò e Ros si rese conto con stupore che, rivivendo di nuovo quegli istanti nella sua testa, i suoi occhi si erano inevitabilmente riempiti di lacrime. Ormai inarrestabili e libere di inumidirle le gote. Perché non poteva davvero crederci, non poteva sopportarlo. Non poteva pensare che un giorno Sirius avrebbe smesso di vivere. Era una cosa che non concepiva. Per questo piangeva: era sdraiata nel suo letto, in mezzo a preziose lenzuola di fattura fatata, in una casa che detestava più di ogni altra cosa al mondo e stava singhiozzando come una bambina a causa di un futuro a cui aveva assistito con incredulità. Un futuro che tuttavia non avrebbe permesso si concretizzasse. Eppure, nonostante la sua volontà e i suoi autoincoraggiamenti, piangeva e gemeva ad alta voce per dare sfogo alla sua sofferenza con il rischio di farsi scoprire dai suoi genitori e ricevere domande alle quali non avrebbe potuto rispondere. Alle quali non avrebbe nemmeno voluto rispondere. Perché se suo padre avesse scoperto la verità, ovvero che era follemente innamorata di quel traditore di Sirius Black e ormai da anni metteva al corrente il preside di Hogwarts delle sue visioni tramite bigliettini anonimi che adesso faceva consegnare direttamente dal suo elfo domestico e prima invece quando si trovava a scuola faceva recapitare da una civetta presa in prestito dalla guferia della Torre Ovest del castello per non essere rintracciata, l’avrebbe cruciata. Prima lui e in seguito avrebbe concesso quell'onore ai suoi fratelli, Rodolphus e Rabastan.

Non avrebbero avuto pietà di lei e anzi alla fine, per dimostrare la loro fedeltà in quanto Mangiamorte, era sicura che l’avrebbero consegnata senza alcuna esitazione al Signore Oscuro. Voldemort quindi si sarebbe divertito a torturarla e ad estorcerle con malato piacere tutte le informazioni che aveva racimolato per via indiretta, nonché i suoi segreti, destabilizzando la sua mente e facendola impazzire. Non era un mistero in effetti il modo in cui agiva.

Ma non poteva trattenere le sue lacrime, perciò si portò un pugno chiuso vicino alla bocca e morse con forza la sua stessa pelle per attutire i suoi lamenti. Non le importava comunque che Sirius in quel momento era al sicuro, considerato che si era finalmente svegliata da quel sogno premonitore ed era di nuovo l'estate del 1981, perché lei lo aveva visto morire. Morire. E lui non sapeva nemmeno che lei non lo aveva mai dimenticato, che era al centro dei suoi pensieri tutti i giorni. Aveva perfino conservato il suo anello, quello che le aveva regalato al suo sedicesimo compleanno. Prima che scappasse di casa, desse una svolta alla sua vita e la lasciasse inevitabilmente indietro. Lo custodiva con gelosia vicino al suo cuore, in una catenella d’argento che le pendeva lungo il collo e le arrivava proprio al centro della cavità toracica.

Sirius non aveva idea di quanto Rosalynne tenesse a lui. Non era neppure consapevole che avrebbe fatto di tutto pur di proteggerlo, anche cambiare l’evolversi degli eventi. Ad ogni costo. D’altronde era a quello che serviva il suo dono: vedere le cose prima che avvenissero, in modo da poterle modificare.  

E ora conosceva il segreto oscuro di Lord Voldemort, la sua più grande debolezza.

Erano gli Horcrux.

In quel preciso momento ce n’era solo cinque in circolazione: il medaglione di Salazar Serpeverde, la coppa di Tosca Tassorosso, il Diadema di Priscilla Corvonero, il diario della sua gioventù – quando si faceva chiamare ancora Tom Riddle, sebbene odiasse quel nome così babbano che lo legava al suo passato – e l’anello di Orvoloson Graunt.  

Ma un’altra cosa fondamentale era che Ros sapeva anche come distruggerli. Serviva il veleno estratto dalle zanne di un basilisco, con il quale avrebbe potuto poi impregnare la Spada di Godric Grifondoro per renderla a sua volta un potente strumento di distruzione. Rosalynne in  circostanze normali non avrebbe avuto idea di dove cercare un serpente del genere, ma la fortuna voleva che uno si trovasse proprio nella graziosa camera creata in segreto dal vecchio Salazar all’interno del castello di Hogwarts all’epoca della sua fondazione. Altrimenti come ulteriore risorsa poteva ricorrere all’Ardemonio, anche se era un incantesimo abbastanza pericoloso sia da effettuare che da gestire.

Non poteva correre il rischio di spezzare la maledizione in altro modo, come aveva fatto il Silente del futuro. Il preside in effetti era morto a causa degli effetti della magia oscura che si era sprigionata una volta distrutto l’anello di Orvoloson, quel cimelio che apparteneva da intere generazioni alla famiglia Graunt e Tom aveva sottratto allo zio Orfin dopo averlo incastrato per l’omicidio del suo odiato padre.  

Tuttavia ora l’unico obiettivo di Ros, oltre a pensare alla maniera in cui avrebbe distrutto quegli oggetti, era quello di aspettare il momento giusto ed informare il suo vecchio preside. Lo avrebbe messo al corrente di tutte le sue scoperte, offrendogli questa volta un quadro completo della situazione e non permettendogli di commettere gli errori del futuro. Avrebbe atteso quindi di trovare una giustificazione abbastanza plausibile per potersi dirigere a Diagon Alley e poi, invece di perdere tempo inutile facendo nuovi acquisti, avrebbe attuato il suo piano. Suo padre non avrebbe obiettato, considerandola semplicemente un’altra delle sue stupide stravaganze senza senso, mentre i suoi fratelli non le avrebbero prestato comunque alcuna attenzione. Per loro, lei era solo una scocciatura. Non certo una minaccia.

Una volta nel centro pulsante della Londra magica, Ros avrebbe istruito il suo elfo con tutta tranquillità e avrebbe evitato ogni possibile rischio di essere intercettata. Perché nessuno avrebbe prestato attenzione ad una strega purosangue che impartiva ordini al proprio servo, responsabile soltanto di ubbidirle e reggere i suoi pacchi. Ma Ginger in realtà avrebbe fatto ben altro: avrebbe consegnato a Silente un messaggio della massima importanza, che avrebbe cambiato indelebilmente la storia e gli eventi del futuro.

Era un piano perfetto e nulla sarebbe andato storto.

Nulla.

Rosalynne non poteva nemmeno contemplare un’eventualità diversa, un ipotetico fallimento. Perché da lei adesso dipendevano decine e decine di vite, nonché un’infanzia diversa per Harry.

Da lei, adesso, dipendeva la salvezza di Sirius.

 

 

Benvenuti al prologo della storia IN SOMNIS, ambientata nel periodo della prima guerra magica.

Iniziamo con alcune precisazioni:

- Ovviamente il personaggio di Rosalynne Lestrange è una mia invenzione. Ho pensato che, come nella famiglia Black esiste la tradizione di chiamare i propri figli con i nomi di stelle e costellazioni, in quella dei Lestrange potesse esserci la tradizione di nominare gli eredi con la stessa lettera iniziale. Quindi Rabastan, Rodolphus e Rosalynne.

- Come si evince dal capitolo, la storia si basa sulle capacità di Ros di prevedere il futuro. Di conseguenza le avventure di Harry (dal primo all’ultimo libro) sono state sognate dalla protagonista, l’inizio è tratto infatti da Harry Potter e I Doni della Morte.

- Grazie alla sua visione, Rosalynne è a conoscenza del segreto di Voldemort. In quel periodo però non erano ancora stati creati gli ultimi due Horcrux, come si rende conto la stessa Ros.

   
 
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