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Autore: _Lightning_    20/11/2020    5 recensioni
Dopo aver lasciato Nevarro, Din Djarin ha ormai poche certezze: è ancora un Mandaloriano, deve trovare il pianeta natale del Bambino, e i compagni sfuggiti al massacro di Gideon sono vivi, da qualche parte nella Galassia. Quest'ultima è più una speranza, e lui non ha idea di come si viva di speranza. Soprattutto quando tutte le altre certezze, quelle che ha sempre custodito tra cuore e beskar, sembrano sgretolarsi con ogni passo che compie.
Non tutti i suoi fantasmi sono marciati via.
Dall'ultimo capitolo: Il Moff lo conosceva – sapeva il suo nome, da dove veniva, chi fosse la sua famiglia.
Anche Din lo conosceva. Ricordava il suo nome sussurrato di elmo in elmo come quello di un demone durante le serate attorno al fuoco della sala comune, l’unica luce che potessero concedersi in quegli anni di persecuzione. Ricordava il Mandaloriano mutilato e con la corazza deforme che narrava singhiozzando della Notte delle Mille Lacrime, quando interi squadroni d’assalto erano stati vaporizzati a Keldabe dalle truppe imperiali.

[The Mandalorian // Missing Moments // Avventura&Azione // Din&Grogu // Post-S1 alternativo]
Genere: Avventura, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Baby Yoda/Il Bambino, Carasynthia Dune, Din Djarin, Jango e Boba Fett, Yoda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Episodio 2
TRACCE

Parte IV

 


 
“Come vostro Mand’alor, vi convoco su Kamino.
Partite subito, in segreto, e non rivelate a nessuno la vostra destinazione, nemmeno ai vostri clan.
Da questo momento, siete 
Cuy’val Dar – non esistete più. Il futuro di Mandalore pesa sulle nostre spalle.
Oya manda.
— Jango Fett in un messaggio criptato ai suoi guerrieri più fidati,
dopo aver accettato il contratto dei Cloni su Kamino, ca. 30 BBY

 

 

«Si stanno riorganizzando.»

Il silenzio che seguì le parole di Fenn fu assordante, interrotto solo dal lieve picchiettare dei detriti sulle vetrate. Ruusaan fu la prima a romperlo, nonostante la gola ostruita:

«Quella pattuglia di Komrk...»

«Sì» la anticipò subito Bo-Katan. «Sono diretti a Onderon; altri si stanno preparando a partire per Mandalore.»

«Mandalore?» ripeté Ruusaan, perplessa.

Il loro pianeta era pressoché disabitato sin dai tempi della Grande Purga, se non per qualche sparuto clan di irriducibili e una piccola comunità a Keldabe. Sundari, poi, era una fortezza della Nuova Repubblica più simbolica che funzionale, ma comunque ferocemente protetta alla stregua di un trofeo. 

Dubitava che, con Onderon come nuovo fulcro operativo, lImpero avesse qualche interesse in quelle lande desolate punteggiate da fitte foreste, soprattutto dopo aver spogliato la superficie del pianeta e della sua luna di ogni vena e pagliuzza di beskar.

«Non voglio lasciare niente al caso. Lultima volta che abbiamo sottovalutato il pericolo "interno", abbiamo quasi perso tutto» sottolineò Bo-Katan, con un velo di mestizia ad ovattare la sua voce.

«Temi un ritorno della Kyr’tsad?» chiese Fenn, sillabando con enfasi sprezzante quella parola spigolosa.

Ruusaan irrigidì le spalle. Era ormai raro sentir pronunciare il nome della Ronda della Morte in Mandoa, come se si volesse gettare quella parte di storia nel dimenticatoio, negandole qualunque connessione con la loro cultura. Personalmente, provava un senso di disagio ogni volta che accadeva. 

Anche Bo-Katan sembrò abbastanza turbata – dopotutto, era anche il suo passato, ed era anche la sua ombra – ma replicò senza la minima inflessione:

«Ironicamente, Gideon potrebbe davvero averci fatto un favore e averli sterminati tutti. In pratica, sappiamo come funziona la tattica del bas’an shev’la. La Ronda lha messa impeccabilmente in atto più di una volta, sparendo e poi risorgendo dalle ceneri nel momento meno indicato.»

«Stavolta dobbiamo soffocarli sul nascere» intervenne Ruusaan, con molta più veemenza di quanto avrebbe voluto.

Si attirò lo sguardo di entrambi. Poté giurare che in quello di Fenn brillasse una scintilla di approvazione, mentre Bo-Katan si limitò a incupirsi, tentennando per una frazione di secondo.

«Lintento è quello. Sto inviando una squadriglia a Kyrimorut: se cè qualcuno che può aver notato irrequietezza su Mandalore, è il clan Skirata. Ordo sta preparando giusto ora il suo caccia.» Si rivolse quindi al marito: «Fenn, ho dato lordine di decollare per Onderon appena pochi minuti prima che tu e Ruusaan arrivaste. Potresti riuscire colmare il distacco, se partissi adesso...»

Luomo esitò, facendo sfrecciare lo sguardo prima allesterno, verso il cielo, e poi di nuovo su lei con fare guardingo. Anche Ruusaan aveva percepito quella sottile tensione nella voce di Bo-Katan, che faceva presagire un continuo della frase lasciato in sospeso.

«Ci hai di certo visti arrivare da prima» osservò infine lui, riassestando lelmo contro il fianco. Le sue sopracciglia rossicce si incresparono, gettando in ombra gli occhi chiari. «Eppure, hai comunque lasciato il comando della pattuglia a qualcun altro.»

La Mand’alor serrò le labbra e parve colta in fallo, anche se la sua postura rimase diritta come un fuso, con le spalle ben stagliate contro il cielo violetto di Concord Dawn. Tenne lo sguardo fisso oltre la vetrata, per poi puntarlo su di lui di scatto, con un guizzo delle ciocche ramate.

«È troppo personale. Non ti vorrei dovè Gideon. Io stessa ho rinunciato a recarmi su Onderon di persona, anche se avrei ottimi motivi per farlo» concluse, inclinando il capo dal lato della cicatrice, col gelo che si annidava in ogni parola a nascondere il rancore bruciante. «Ma sei il mio primo luogotenente, e non posso privare a priori la flotta della tua guida.»

Ruusaan preferì tacere, percependo lelettricità statica che andava ad accumularsi tra i due Mandaloriani, creando nubi di tempesta opprimenti, come quelle che si erano lasciati alle spalle nel sottosuolo di Coruscant.

Skull – Fenn sembrò meditare su quanto appena sentito: il rimescolare dei suoi pensieri era quasi udibile nel modo in cui la sua mascella di serrava e allentava ritmicamente. Le sue pupille divennero mobili e irrequiete, prendendo a scrutare il volto della moglie fino a fissarsi nei suoi occhi. Era una battaglia dorgoglio e testardaggine allultimo sangue.

«Non andrò su Onderon» dichiarò infine lui, con un secco, forzato cenno dassenso. «Non sono certo di poter evitare uno scontro diretto, ritrovandomi Gideon davanti... lo ucciderei con le mie mani. Ma so che non possiamo permetterci errori.»

«Vale anche per me. E no, non possiamo» concordò Bo-Katan, tetra, ma visibilmente sollevata dallarrendevolezza dellaltro, di certo non scontata. «I redivivi seguaci di Gerrera sono già degli alleati abbastanza difficili. Dobbiamo procedere con cautela, o rischieremmo di perdere la poca stabilità che siamo riusciti a costruire finora. Non siamo in grado di sostenere lennesima guerra civile.»

Stavolta anche Ruusaan annuì assieme a Fenn, rassicurata a sua volta dal buonsenso di entrambi. Stava stringendo con tanta forza lelmo che iniziavano a dolerle le dita. Da quando aveva scelto, soffertamente, di seguire Bo-Katan, cercando di scrollarsi di dosso il proprio passato di sangue, era sempre stata conscia dellenorme posta in gioco: Mandalore, e il futuro di tutti i suoi figli. 

Ma non avrebbe mai immaginato che avrebbe assunto le dimensioni dellintera Galassia. Perché era di questo, che stavano parlando: un ritorno dellImpero, seppur scheletrico e putrescente, avrebbe messo a rischio molto più della sola Mandalore. Le sue grinfie ossute stavano già strangolando i pianeti più dimenticati dellOrlo Esterno: Nevarro ne era una prova insanguinata. E Onderon era un segnale di pericolo che andava colto immediatamente.

«Parto per Mandalore» disse in quel mentre Fenn, in tono stavolta perentorio.

Poteva anche essere disposto a cedere un poco, con sua moglie e Mand’alor, ma non del tutto e non sempre. La sua espressione tirata esprimeva chiaramente la sua inamovibilità in merito. Bo-Katan si accigliò, per poi sciogliersi sorprendentemente in un mezzo sorrisetto che nascondeva una punta di compiacimento.

«Non ti trattengo. Ordo ha già direttive di aspettarti nellhangar.»

A quel punto, Fenn si rimangiò un mezzo sospiro, realizzando che, come sempre, Bo-Katan si dimostrava un passo avanti a tutti.

«Farò comunque finta che sia stata una mia decisione» sottolineò, indicandola a mo di rimprovero, in un azzardo di confidenza. «Motir? Tu sei dei nostri?» aggiunse poi, voltando a malapena il capo, come se fosse scontato.

Ruusaan scoccò unocchiata alla Mand’alor, frenando il "sì" spontaneo che era stata sul punto di pronunciare: erano anni che non metteva piede su Mandalore. La sola idea portava con sé ricordi dolorosi, certo, ma anche dolci. Dopo essersi lasciata Eriadu alle spalle, era diventata quanto di più simile a una casa e, in cuor suo, non vedeva lora di tornarvi e di perdersi nelle viuzze malmesse ma accoglienti di Keldabe. 

Bo-Katan, però, scosse la testa, assumendo unespressione che non sembrava quella di un comandante, ma di una commilitone costretta a dire qualcosa di spiacevole.

«La vostra missione congiunta termina qui. Ruusaan, tu rimani assegnata alla ricerca della Darksaber e di Boba Fett.»

Ruusaan fece appena in tempo a battere le palpebre, tentando di assimilare ciò che aveva appena sentito, quando venne assordata:

«Me’ven?!» proruppe Fenn, a voce decisamente troppo alta.

Bo-Katan gli rivolse uno sguardo che parve sfrigolare sulla sua armatura, senza però frenare di un millimetro il suo impeto. In quel preciso istante, Ruusaan fu certa che avrebbe assistito al degenerare della discussione in uno scontro vero e proprio. 

Era raro vedere la loro Mand’alor infuriata, tanto meno in modo plateale; Fenn Rau era una delle poche persone in grado di farle perdere le staffe, crepando la patina di compita imperturbabilità che la ammantava.

Sapere di essere esattamente nel mezzo tra due suoi superiori, nonché consorti, le faceva desiderare di essere finita a far compagnia a Boba nella gola del sarlacc, con buona pace alla salvezza di Mandalore e della Galassia.

«Quel figlio di bantha?» riattaccò Fenn, con un gesto imperioso del braccio. «Spero tu stia scherzando! Abbiamo passato mesi inutili dietro a–»

«Comandante Rau, ricomponiti» lo avvisò lei, stavolta tagliente come una lastra di ghiaccio.

«“Comandante Rau
” un corno, Kat’ika! Stai sprecando tempo e risorse per un dar’manda!»

Gli zigomi di Bo-Katan sinfiammarono, tingendo di scarlatto il suo volto pallido.

«Sarò io a decidere se Fett è ancora un Mandaloriano, quando finalmente me lo ritroverò davanti e potrò interrogarlo e giudicarlo personalmente!» si alterò a sua volta, con la voce alle soglie del grido.

Si scostò di un passo dalla vetrata, fronteggiandolo. Fenn imitò il movimento, specularmente, dando lidea di due akk da combattimento che si giravano cauti attorno nella loro fossa, attendendo unapertura nella guardia dellaltro per azzannarlo.

«Mandaloriano o meno, lo riconoscerò come mio Mand’alor quando Tatooine ghiaccerà!»

«Allora puoi anche tornartene a svolazzare sotto la protezione dellImpero come facevi prima, per quanto mi riguarda!»

Fenn a quelle parole illividì, con un tremito dira che gli attraversò il labbro e ridusse a fessure i suoi occhi.

«Bene» sibilò, e si calcò quindi lelmo in testa in segno di sfida, senza aspettare che la Mand’alor lo autorizzasse facendolo per prima. «Continua pure a preoccuparti per un traditore: io vado a fare qualcosa di realmente utile per il nostro popolo.»

E, prima che Bo-Katan potesse richiamarlo allordine, marciò fuori dalla sala di comando a passo di carica, pestando così forte gli stivali da far tintinnare cupamente la beskar’gam. La quiete che si lasciò dietro fu quasi opprimente, e Ruusaan si sentì quasi fischiare le orecchie.

Bo-Katan sospirò, così a fondo da potersi far scoppiare il petto nonostante il beskar. Ruusaan, in tutta risposta, portò un braccio a cingersi il busto, vi puntellò un gomito e si sfregò la fronte col palmo, accogliendo a sua volta un respiro in attesa che la Mand’alor riprendesse la calma e il discorso.

«Laveva presa fin troppo bene» esalò infine questultima, ancora furente, ma in tono decisamente più controllato.

Si risistemò la fascia metallica che le cingeva la fronte, dalla quale era sfuggito qualche capello nella foga del diverbio.

«Sta andando su Onderon, vero?» si azzardò a commentare Ruusaan, più che chiedere.

«Non sarebbe mio marito, altrimenti» sbuffò lei, piantandosi i palmi sui fianchi. «Grande Mandalore... se continua così, mi costringerà a destituirlo.»

Ruusaan pensò tra sé che gli estremi cerano tutti, matrimonio o meno. Non le nascose uno sguardo interrogativo: Bo-Katan non era solita sorvolare su certe ruvidezze di Fenn, tantomeno in situazioni delicate come quella. Il loro equilibrio funzionava solo grazie alla reciproca inflessibilità, che veniva meno nelle piccole cose, ma mai in faccende che riguardassero tutti.

«Non lo faccio solo perché, stavolta, non ha tutti i torti» si pronunciò infine, cogliendo la sua occhiata e tirando le labbra in una smorfia riluttante ad ammettere quel fatto.

«Ho anchio le mie perplessità su Boba» le confermò Ruusaan, conscia di camminare sul sottile filo della sua pazienza residua, ma laltra non sembrò risentirsi. «Anche se cercarlo adesso ha sicuramente più senso di prima. Se davvero ha collaborato con lImpero, avrà visto la Grande Purga dallaltro lato della barricata. Oltre, forse, al crollo dellImpero stesso. E tutto ciò che ne è conseguito» concluse, inclinando un poco il capo e scrutando la propria leader di sottecchi.

Bo-Katan le riservò un lieve sorriso che portò un brillio nelle sue iridi penetranti.

«Almeno tu mi segui. Rintracciarlo, ormai, esula dal suo possibile ruolo: potrebbe avere informazioni vitali sia su Gideon che sullImpero, senza contare la Darksaber... con Onderon in tumulto, è di vitale importanza capire se sia ancora in mano sua o se sia rimasta su Nevarro.»

Fece una breve pausa, e Ruusaan presagì il continuo. 

«Per questo mi rivolgo a te. Conosci il terreno.»

Ruusaan deglutì il più discretamente possibile, tornando a percepire il costante peso in mezzo alle spalle ogni volta che sentiva nominare quel pianeta a cui era indissolubilmente legata.

«Lo immaginavo.»

Bo-Katan recuperò lelmo, calcandoselo in testa e facendole poi un cenno del capo verso la porta.

«Facciamo due passi. Ci sono un paio di cose di cui ti devo parlare.»


 
 

Uscirono sul camminamento di guardia esterno e vennero accolte dal vento battente che sollevava la polvere in nuvole rossastre, spazzando la distesa inospitale alle propaggini della superficie ancora intatta.

Il pulviscolo e i frammenti rocciosi tintinnavano contro i loro visori, confondendosi col suono metallico dei guerrieri ancora intenti nel Dha Werda Verda alle loro spalle. Quel suono ritmato scemò del tutto non appena la porta si richiuse dietro di loro.

Bo-Katan si avviò lungo il percorso che si snodava attorno allintero edificio. Era un vecchio granaio industriale, abbandonato sin dai tempi della catastrofe di Concord Dawn e riadattato nel corso dei decenni a base operativa dei Nite Owls – e di chiunque volesse seguirli.

Ruusaan le si accodò, afferrando un lembo della cappa quando prese a schioccare e dimenarsi seguendo le violente folate. Si fermarono sul tratto di camminamento sovrastante lingresso principale: nellarea antistante sostavano diversi Kom’rk, sia caccia che da trasporto, con la tipica forma a tre punte della chiglia che ricordava vividamente il simbolo della Ronda.

Bo-Katan non si era fatta problemi a riutilizzare tutte le risorse e le attrezzature di quei tempi bui: gli emblemi del falco urlatore in picchiata erano stati grattati via dagli scafi, il beskar e il durasteel delle armature riverniciato – lei aveva però mantenuto il blu della propria, asserendo che il suo significato era più che adatto alla propria missione: affidabilità.

La Ronda aveva distorto quel concetto, tradendo la fiducia di tutti e ponendosi come unica, violenta speranza di salvezza per Mandalore; ma Bo-Katan era più che decisa a far sì che quel blu tornasse a trasmettere il suo messaggio originario agli occhi di tutti.

Ruusaan la ammirava per quella scelta caparbia: lei, invece, dopo la Battaglia di Coruscant non era stata in grado di sopportare la vista della propria beskar’gam... né aveva potuto correre il rischio di essere riconosciuta come membro della Ronda dopo ciò che aveva fatto. Il fatto che condividessero quel passato era il principale motivo per cui lavrebbe seguita fino a Malachor o in un buco nero, se necessario.

La Mand’alor rivolse uno sguardo al cielo ormai tinto del rosso purpureo del tramonto concordiano, per poi soffermarlo oltre lampia vetrata che affacciava allinterno della piazza darmi.

Inconsapevolmente, presero entrambe a osservare la piccola formazione di guerrieri che eseguiva con foga le ultime mosse della danza di battaglia. In testa, in automatico, le risuonarono le parole corrispondenti a ogni passo, e si sorprese a sillabarle in silenzio.

Infine, i loro compagni ruppero le righe come un sol uomo, sfiatati per lo sforzo, e presero a parlottare tra loro, chi nella quiete dei propri caschi, chi faccia a faccia, anche con una fiaschetta di tihaar corroborante alla mano.

«Possa non arrivare mai il giorno in cui torneremo a danzarla sul campo di battaglia» mormorò Bo-Katan, la voce resa più profonda dal vocoder del casco.

Ruusaan si voltò verso di lei, interrogativa. Bo-Katan Kryze non era una guerrafondaia, soprattutto non dopo i trascorsi nella Ronda, ma non poteva nemmeno essere definita una pacifista. Lei si accorse del suo sguardo e inclinò la testa in un modo che suggeriva un sorriso nostalgico.

«È quello che diceva spesso mia sorella, allinizio del suo mandato» spiegò allora. «E lo condivido... ma non si vincono le guerre facendosi da parte e lasciando che siano altri a combatterle.»

«Onderon?» capì al volo Ruusaan, con linquietudine che riprendeva a tormentarle lo stomaco.

Un ritorno dellImpero era inconcepibile. Avvertiva risalire il terrore degli anni più torbidi della sua egemonia come degli aghi ghiacciati sulla nuca: tutto quel tempo passato in fuga, braccata dalla Ronda e dagli Imperiali, costretta a recidere ogni legame che avrebbero potuto tranciare loro per primi solo per il gusto di vederla soffrire.

Non era stato nemmeno un "addio silenzioso", il suo: non aveva avuto nessuno a cui ricongiungersi, se non chi avrebbe messo inesorabilmente in pericolo. Non metteva piede su Nevarro da quel giorno lontano.

«Non verranno abbandonati» la riscosse Bo-Katan, con fiera determinazione. «E noi non ci lasceremo sfuggire loccasione per annientare Gideon. Prima, però, dobbiamo capire la sua forza, e quanto è davvero pericoloso.»

«Prendere Iziz non è un fatto da poco, considerando il retaggio di Gerrera. Sono spietati. Gideon deve aver raccattato ogni singolo superstite di Jakku in giro per la Galassia.»

«Oppure, ha reclutato nuove leve.» Bo-Katan congiunse le mani dietro la schiena, serrando un polso nel pugno. «Non è una novità che vi sia malcontento per la gestione lacunosa della Nuova Repubblica. LOrlo Esterno è abbandonato a se stesso e alle Gilde. Quanto può essere brutto arruolarsi, quando si muore di fame?»

Ruusaan sospirò a quella verità amara. Prima che potesse aggiungere altro, due caccia Kom’rk decollarono alle loro spalle, squarciando il cielo col fischio acuto dei loro motori.

Si divisero dopo poche centinaia di metri, diretti a diversi punti di salto. Bo-Katan concentrò lo sguardo verso uno dei due, segnato da striature dorate, e continuò a seguirlo finché non diventò un puntino confuso a quello degli asteroidi fluttuanti nellorbita.

Scosse appena la testa, rilasciando un respiro costretto che causò unonda statica fuori dallelmo. La sua apprensione per il marito era palpabile, nonostante Fenn fosse un guerriero esperto e uno stratega più che competente.

Ma stavano pur sempre parlando di Gideon e, per quanto i Mandaloriani nascondessero dietro al beskar emozioni e debolezze, rimanevano dindole vendicativa. Avere legami e trascorsi personali nel contesto di un incarico aumentava la percentuale di rischio ed errori.

Fenn serbava più di un rancore verso Gideon: era cristallino dal modo in cui i suoi occhi si infiammavano ogni volta che sfioravano la cicatrice della moglie.

«Onderon ha ora dalla sua parte uno dei nostri combattenti più validi» dichiarò infine Bo-Katan, fermamente, ma con una stilla di melanconia a inquinarle la voce. «Oya manda

«Oya manda.»

Ruusaan si unì a sua volta allaugurio, fissando il cielo nella direzione in cui era sparito il caccia. Fenn Rau avrebbe avuto bisogno di tutto il supporto e la fortuna possibili.

La Mand’alor si voltò quindi verso di lei, rivolgendole le fessure strette e oblunghe del suo elmo decorato. Ruusaan aveva sempre limpressione che gli occhi di gufo dipinti sulla calotta la scrutassero come un qualcosa di vivo e senziente. Non accennò a togliersi il casco e passò al comlink privato, sottolineando la riservatezza dellargomento.

«Tornando a Boba Fett. I miei ordini sono semplici: lo voglio il prima possibile, e lo voglio vivo,» scandì, tornando al suo compassato tono di comando. «So che non condividi il mio pensiero. Nemmeno io sono entusiasta allidea di cedergli, eventualmente, il comando... ma la situazione sta precipitando e noi siamo a corto di risorse.»

Ruusaan trattenne un moto di stupore a quella confessione, serrando le labbra sotto al beskar. Bo-Katan sapeva essere una leader comprensiva, ma non era quel tipo di leader che condivideva la logica dietro ai suoi processi decisionali, né tanto meno propenso ad ammettere la precarietà di una situazione.

«Trovo difficile credere che Boba sia tornato con lImpero, una volta decaduta la sua diatriba con Solo... non sarebbe nemmeno il primo Mandaloriano che non guarda la mano che gli porge i crediti» si pronunciò infine, pesando ogni parola con la stessa cautela che avrebbe usato con una bilancia da coaxium. «Ma adesso? Cosa ci guadagna? È letteralmente morto per loro.»

Bo-Katan scrollò le spalle, senza rispondere.

«E ti stupiresti davvero se non volesse avere nulla a che fare con noi? La Ronda ha massacrato il suo clan, allepoca.»

Laltra tacque ancora per pochi, lunghi istanti, interrotti dalla cadenza lieve del suo respiro teso che risuonava nellelmo.

«No. Ma abbiamo bisogno di lui. Non siamo più i Mandaloriani di un tempo... e,in effetti, hai appena individuato il problema: la maggior parte dei Nite Owls proviene dalla Ronda o da affiliazioni Imperiali. Per quanto possiamo lottare e invocare la regola del campo bianco, non tutti i clan sono disposti a concedercela.» Serrò le mani sulla balaustra, scrutando la distesa inospitale che scivolava sempre più nelle ombre della sera. «Se possibile, siamo ancora più divisi rispetto alle Guerre dei Cloni: almeno, allepoca ognuno sapeva per cosa stesse combattendo. Adesso molti di noi nemmeno hanno più una battaglia... si limitano a sopravvivere.»

«È ciò che facciamo sempre» ribatté pronta Ruusaan, impettendosi. «Aspettiamo tempi migliori, pronti a riunirci. È stato così per millenni.»

Quelle parole strapparono un sorriso teso a Bo-Katan.

«Vero. Ma a cosa serve, se non riusciamo a riunirci davvero? Io non ho più lautorità per farlo... ho perso ogni rispetto assieme alla Darksaber, se non per quello di voi pochi.»

«Kat’ika» la riprese Ruusaan, abbandonando per un momento le formalità e rivolgendosi a lei come se fossero ancora giovani commilitoni in una causa sbagliata. «Non è la Darksaber a fare di te la Mand’alor. Non la impugnavi, quando ti sei scissa dalla Ronda, né quando ti sei schierata contro lImpero e per la riconquista di Mandalore.»

«No, ma la impugnavo quando ho deciso di fidarmi dellAlleanza per riavere Manda’yaim, condannando di nuovo il nostro popolo a sottostare a leggi e decisioni altrui» sbottò lei, gettando fuori un sospiro frustrato. «Ci hanno abbandonato, come è sempre successo. Gideon non ci avrebbe mai sopraffatto, se noi non avessimo abbassato la guardia. E se fossimo stati uniti

A quel punto, portò le mani allelmo, rimuovendolo. Ruusaan la imitò con un istante desitazione. Pieghe rigide andarono a incresparle la fronte.

«Credi davvero che gli altri Mandaloriani seguirebbero la mia guida, adesso?» continuò poi, con gli occhi accesi in egual modo da sconforto ed energia. «I Wren e i Saxon? I Vizsla e i Kryze? Le Tribù e i Protettori e i Cloni? Seguire una sconosciuta, sconfitta da uno scarto Imperiale, che indossa una beskar’gam in durasteel?»

Diede una schicchera alla corazza, che risuonò sorda, contro il tintinnio argentino del beskar, e scosse seccamente la testa facendo ondeggiare i corti capelli in riflessi di fiamma.

«Devo offrire unalternativa.»

«E sarebbe Boba?»

«È un Fett. Il suo clan è leggendario, sin dai tempi della Battaglia di Galidraan. Adesso che la verità sullOrdine 66 è venuta alla luce, i pregiudizi verso Jango sono cambiati. Non si è mai venduto alla Repubblica... anzi, il suo unico obbiettivo era quello di liberarcene. Per quanto la sua visione dei Jedi fosse distorta, ha compiuto il suo dovere di Mand’alor fino alla fine. Boba, in quanto suo figlio ed estraneo a qualunque evento della guerra civile, è lunico che potrebbe riunirci, a prescindere dal clan e dalla fazione. È neutrale.»

Ruusaan si ritrasse un poco allindietro e compresse le labbra a quellultima affermazione, con vecchi, ancestrali rancori che le tornarono alle labbra in una bolla di rimprovero:

«Così vorremmo credere. Ma se dovessimo scoprire che ha servito lImpero durante la Grande Purga?»

Bo-Katan simulò un sorriso mesto:

«La regola del campo bianco vale per tutti, ner vod.» La fissò severamente, con uno sguardo al suo spallaccio destro, dove un tempo volava il Falco. «Ma non in ogni caso. Voglio un perché alle sue azioni. Voglio informazioni su Gideon e sulla Darksaber. E voglio ucciderlo guardandolo negli occhi, se sarà necessario.»

Ruusaan annuì lentamente, in un modo solenne che sancì quella decisione: era un buon compromesso. Un ordine che avrebbe potuto seguire senza doversi ingannare troppo.

«Bene» concluse, senza più esitare. «Allora mi metterò sulle sue tracce. Nex ci ha fornito qualche contatto su Nar Shaddaa che potrebbe aver collaborato con lui nellultimo anno. Poi seguirò la traccia di Nevarro» aggiunse, cercando di pronunciare quel nome senza la minima inflessione.

Bo-Katan assentì, ma sembrò farsi distante per un attimo, con gli occhi rivolti alle piane brulle di Concord Dawn. Ruusaan aggrottò la fronte, avvertendo un non detto aleggiare tra loro.

«Cè altro?»

«Sì» rispose lesta la Mand’alor, rilasciando la parola come un colpo di blaster. «Qualche giorno fa, abbiamo trovato un altro paio di Mandaloriani sfollati di Nevarro.»

Ruusaan percepì con chiarezza il proprio cuore staccarsi dalle arterie e precipitare nello stomaco. Chi? le venne da chiedere allistante, ma si rimangiò la domanda.

«Dove?» chiese invece, lottando per mantenere un tono piatto.

«Nel quadrante zygerriano» sospirò la Mand’alor, tamburellando coi guanti cromati sulla balaustra. «Fuggiti da uno degli ultimi circuiti di schiavisti ancora attivi dopo aver ammazzato un compratore.»

«A quanto pare, la Nuova Repubblica non è così attenta da notare che il mercato è ancora attivo.»

«Magari alle alte toghe fa comodo la forza lavoro a basso costo per i cantieri di Kuat e Bracca, mh?» Bo-Katan arricciò il naso diritto in risposta, evitando di esprimersi. «Comunque, li abbiamo accolti, nel caso tu voglia...»

«Come stanno?» la interruppe lei, sfuggendo alla proposta.

Si rimediò uno sguardo pungente da parte sua.

«Li abbiamo trovati in condizioni pietose. Feriti, con ancora i collari-shock addosso. Pare che li abbiano torturati... umiliati, soprattutto.» Ruusaan si sforzò di non tradire alcun tremito sul volto. «Avevano loro sottratto i buy’cese... per un Mandaloriano è già uno smacco di per sé, ma per loro? Ho visto sopravvissuti allAssedio meno abbattuti.»

Ruusaan si appoggiò alla ringhiera, traendo un grosso respiro nellaria ormai frizzante della sera.

«Ti sorprende? Secondo il loro Credo, non sono più Mandaloriani.»

«Ma per noi sì. Devono solo capire che esistono altre Vie, oltre la loro.»

«Buona fortuna, allora» sbuffò sottovoce lei, forzando un sorriso spento. «E come sta andando lintegrazione?»

Bo-Katan sorrise a sua volta, tristemente. Gli ultimi Mandaloriani della Tribù con cui avevano avuto a che fare avevano voltato loro le spalle sdegnati, bollandoli come eretici.

«Quello più vecchio ha quasi avuto un infarto quando Ordo si è tolto lelmo.»

«Immagino... quandè lultima volta che hai visto Ordo di buon umore?»

Bo-Katan si concesse una risatina trattenuta, subito stemperata da una smorfia di disappunto.

«È assurdo quanto quegli invasati abbiano traviato le nostre tradizioni. Se non fosse per te, a vedere come vivono e come parlano, penserei che siano una cellula sopita della Ronda della Morte.»

Ruusaan avvertì un brivido al pensiero. La Tribù che conosceva lei era solo molto tradizionalista e chiusa al mondo esterno, ma scevra di qualunque velleità suprematista. Poteva però dire lo stesso delle altre?

«Possiamo anche chiamarli i “Figli della Ronda
”, ma ti assicuro che sono innocui. Hanno tagliato ogni ponte con loro proprio perché troppo estremisti. Volevano evitare che arruolassero i Trovatelli. Credimi, l’ultima cosa che vogliono è la supremazia di Mandalore...» Poi sospirò, quasi con tenerezza, annebbiata dai ricordi: «Certo, si sentono bravi Mando’ade, ma sanno a malapena dove sia Mandalore.»

Omise il fatto che fosse principalmente per decisione di Bes, l’Armaiola, che la nuova generazione di Mandaloriani della Tribù fosse così ignorante sulla propria storia. Aveva portato il concetto di “campo bianco” a un estremo che non poteva condividere, sotto qualunque punto di vista cercasse di guardarlo. Era crudele, a parer suo, anche se non si sentiva in diritto di giudicarla.


«Non stento a crederlo» commentò Bo-Katan, sempre con quellombra sardonica nella voce. «Sai come si chiama, quello più giovane?»

Ruusaan ignorò i battiti persi del proprio cuore e fece spallucce, invitando la risposta che, lo intuiva, voleva essere il fulcro dellintera discussione.

«Paz. Paz Vizsla» aggiunse, facendosi scivolare quel nome sulla lingua come fosse fiele.

Ruusaan si paralizzò, stringendo la balaustra tra le mani con più forza del necessario. Qual era la reazione giusta? Fingere di non conoscerlo? Fingere orrore? E per cosa?

Ricordava bene Paz.

Nei suoi ricordi, era un ragazzino tarchiato e troppo irruento, con una spruzzata di lentiggini a incorniciare un sorriso da discolo. Pre Vizsla, il loro brutale ex-comandante della Ronda, era solo unombra sbiadita e ben nascosta nei suoi capelli biondo cenere, nel mento appuntito, nella linea stretta delle sopracciglia. Ma non aveva mai toccato i suoi occhi, rimasti di un azzurro limpido anche quando era arrivato il beskar a schermarli.

Ricordava bene anche laccesa rivalità tra lui e Din, così tanto tempo prima. Ma, nonostante i nasi rotti, i contrasti e le scaramucce, Paz non aveva mai alzato un dito di troppo sul più piccolo detà e di stazza, trattandolo come un fratello minore. 

Si chiese fuggevolmente se la loro amicizia burrascosa fosse sopravvissuta o se, invece, le cose fossero cambiate dopo che se nera andata – un pensiero futile, da madre, che le sorse spontaneo.

«Un Vizsla» si risolse a ripetere, scuotendo la testa per strapparsi dal turbinio dei ricordi. «Ignaro di tutto, immagino.»

«Ovviamente. Ordo lha quasi freddato sul posto quando ha notato la somiglianza con Pre e lha costretto a rivelare il suo nome. Non posso biasimarlo.»

«Ordo vorrebbe freddare sul posto anche me. E anche Sk– Fenn non vede lora. Temo stiano solo aspettando il momento giusto per farlo» sbuffò via Ruusaan, con unalzata di sopracciglia.

«Fen’ika ti ha finalmente preso in simpatia, credimi. Non può essere troppo duro con te senza esserlo anche con me e con se stesso.»

Ruusaan annuì distratta, cercando di allontanarsi dalla Tribù, dai ricordi di Nevarro, dal bambino col cappuccio rosso che le correva incontro quando tornava da...

«Ruusaan» la chiamò Bo-Katan, per intero e a voce più alta del solito, e lei si rese conto di non averle risposto subito.

«N’e’takisir,» si scusò, «pensavo allassurdità di essere Mandaloriani e non sapere chi siano i Vizsla, o che non esista una sola Via, come se...»

«No, non pensavi a quello, e lo sappiamo entrambe.» Bo-Katan sospirò, stavolta in modo quasi materno, nonostante fosse più giovane di lei. «Fenn mi ha detto che sapere dellattacco alla Tribù da parte di Gideon ti ha scossa. E non venirmi a dire, come al solito, che Nevarro era solo un "rifugio sicuro" dalla Ronda,» la anticipò, «perché mi ha detto anche che avevi dei "contatti". Pensavo che ti avrebbe fatto piacere ritrovare qualcuno di loro qui da noi.»

Ruusaan strinse i denti, sentendosi messa allangolo come un womprat braccato da un massiff.

«Sono contenta di saperlo, infatti,» si sforzò di dire, sapendo di suonare evasiva, «ma non siamo in contatto da molto tempo. La Ronda mi ha dato la caccia a lungo, lo sai... non torno a Nevarro da almeno quindici anni.»

Bo-Katan la fissò in silenzio e seppe di aver parlato in modo affatto convincente. Ma come poteva dirle che lei, dalla Tribù, era stata bandita?

«An’ika, conosco abbastanza del tuo passato e ho scelto comunque di fidarmi di te. Qualunque cosa tu abbia fatto o sia successa con la Tribù, non cambierà la mia opinione. Cin vhetin, ricordi?»

Campo bianco.

A Ruusaan quasi venne da ridere. Aveva davvero pensato di aver reso immacolato il campo su cui aveva versato tanto sangue, ma la verità è che continuava a vedere il rosso coagulato appena sotto al primo strato di neve.

Togliere lelmo della Ronda della Morte e mettere quello di una semplice Mandaloriana non aveva cancellato quelle macchie. Le aveva solo nascoste.

Inghiottì bile. Confessarle tutto voleva dire perdere la sua stima, oltre che qualunque credibilità come Mandaloriana. Voleva dire macchiarsi indelebilmente, aggiungere nero al rosso del suo campo. Ammettere di essere stata una codarda.

Serrò le labbra, sentendole amare come le lacrime che premevano invisibili dietro gli occhi, nella sua mente. Poteva dipingere dargento la sua beskar’gam altre mille volte: la sua redenzione rimaneva sempre sul fondo di uno scantinato scosso dalle esplosioni su Concord Dawn, ed emergeva assieme alla sua mano tesa ad afferrarla.

E poi ricadeva inesorabile nel buio, nel momento in cui aveva lasciato la presa.


Bes la fissa, con quello che innegabilmente è disgusto: il metallo dorato cela la sua espressione, ma emerge in ogni stizzoso movimento del capo e delle spalle. Ruusaan inghiotte aria sotto l’elmo prima di parlare.
«La priorità è proteggere lui. So che qui sarà al sicuro dalla Ronda e da chiunque vorrà fargli del male. Non lo cercheranno mai qui.»
Bes annuisce un’unica volta. «Proteggeremo lui e tutti gli altri, a costo della nostra vita. I Trovatelli sono il futuro.»
Ruusaan esita, prima di portare le mani all’elmo, togliendoselo con un sibilo. Bes si irrigidisce, senza però proferir parola, trasudando tacito biasimo.
«È l’unico pezzo in puro beskar.» Tace, soffermando il palmo sulla calotta incisa da graffi e annerita dai blaster. «Lo dono a lui, per la sua beskargam. Il Mandaab è domani, vero?»
Bes si limita ad annuire, rigida. Le toglie di mano il casco come se stesse strappando una reliquia dalle mani di un profano: con brusca fermezza, ma maneggiandolo con reverenza.
Lo posa di fianco alla forgia spenta con un tintinnio e ne prende un altro, nuovo di zecca, in semplice durasteel. Il beskar scarseggia anche nella Tribù, ormai, e non va certo sprecato per un’eretica. Dalle fessure degli occhi allungate, deve essere destinato a una donna; lo accetta, nonostante preferisca la solida anonimità di quello più massiccio e squadrato della Ronda, uguale per tutti.
Bes la fissa, in attesa, e infine Ruusaan se lo calca sul capo, inalando il sentore di brace del metallo appena forgiato.
«Questa è la Via» le ricorda Bes, stentorea.
Per la prima volta, Ruusaan reprime l’istintivo, vitale oya manda che le sale alle labbra direttamente dal cuore, lo stesso che ha insegnato a Din e che, probabilmente, lui ha già dimenticato. Quella speranza guerriera, anelito alla vita, le si sfalda sotto la lingua.
«Questa è la Via» risponde invece, le parole plumbee e pesanti come l’elmo e il figlio che ha appena abbandonato.


«Voglio parlare con Paz» formulò infine, a stento, col petto che sembrò alleggerirsi e chiudersi al contempo in una pressa di beskar. «Nar Shaddaa dovrà aspettare. Cè qualcuno che conosco su Nevarro, e forse può aiutarci a trovare la Darksaber.»





 


FINE EPISODIO II


 


Note:
– I colori della beskar’gam, come avrete intuito da questi ultimi capitoli, hanno dei significati precisi e rappresentano l’obiettivo, impegno o ragione di vita del guerriero che li indossa. Colori apparsi finora: -> Blu = affidabilità // Argento = redenzione // Rosso = omaggio a un genitore // Giallo = omaggio a un defunto // Verde = dovere. Le combinazioni di colori sono ovviamente possibili e l’armatura di Din è "neutra"... per ora :P



Note dell’Autrice:

Cari Lettori,
non uccidetemi per la lunghezza del capitolo: è l’ultimo prima della "fase-adrenalina-non-stop", credetemi ♥
E avevo bisogno di inquadrare meglio Ruu, di cui spero stiate apprezzando il background. Se tutto i lcontorno di ritorni/partenze/visite a Nevarro non vi è chiaro, è assolutamente normale: per capire quella parte serve il PoV Din!


Grazie a tutti coloro che hanno letto, commentato e aggiunto alle loro liste questa storia. Scriverla mi dà una soddisfazione enorme, oltre che divertirmi da matti in un periodo un po’ stressante, e il vostro supporto è importantissimo ♥ Un grazie in particolare alla mia Guascosa, per aver letto in anteprima il capitolo, e a Benni, per avermi fatto notare una discrepanza all’interno di quello precedente ♥
Alla prossima, si spera di nuovo prima del nuovo episodio (perché tanto ormai lo so che mi anticipano le idee),

-Light-

P.S. Con l’eccezione dell’aggiunta dell’espressione "Figli della Ronda", citata nello scorso episodio della seconda stagione, tutti gli altri concetti sono farina del mio sacco, non influenzata dalla visione della serie. Forse apporterò qualche modifica qua e là nel corso della revisione, per amor di coerenza, ma non andrò a intaccare gli snodi centrali della storia. I "prestiti" dalla serie saranno sempre segnalati, come in questo caso. Per il resto: se non c’è una nota, è roba mia
   
 
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