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Autore: ArwenDurin    22/11/2020    1 recensioni
Hannigram 13 anni, che si incontrano all'orfanotrofio dove stette Hannibal nel canone
Hannigram più soft per via dell'età (per quanto essendo gli Hannigram qualcosina di sanguinolento ci sarà XD) e perché in parte ispirato ai Patrochilles della Canzone di Achille, da cui il titolo, il resto del rapporto tra Hannibal e Will è ispirato...A Hannibal e Will XD
Dal racconto:"Poggiò una mano sul vetro, di riflesso Hannibal fece lo stesso al suo lato: connessi su una linea parallela senza toccarsi, uno specchio che rifletteva i volti di entrambi distorti dalle goccioline di pioggia, ma così riconoscibili l’uno per l’altro."
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Hannibal Lecter, Will Graham
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Può essere strano, bizzarro, e intrigante come possono cambiare le cose o l’importanza delle persone che abbiamo accanto a noi, così come il peso che hanno nella nostra vita; la posizione di privilegio che alcune riescono a conquistare con azioni e dimostrazioni.
Hannibal aveva imparato l’importanza della condivisione, la necessità di farlo con l’unico amico che avesse mai avuto, spesso e volentieri soltanto tramite degli sguardi.
Will non parlava più di andarsene, l’afa passò e così quel suo pensiero, era più presente alle lezioni e attento a ciò che accadeva intorno a lui, i suoi occhi sembravano accesi da una nuova fiducia. Tra una lettura dell’Iliade sempre più frequente, si ritrovavano nello stesso luogo o momento, e Will gli parlava di nulla o ogni cosa, ogni emozione e sensazione mentre Hannibal lo ascoltava, la sua voce accompagnava spesso i suoi pensieri, come se fosse un brano di musica classica.
E oramai quando il giovane Graham decideva di uscire di nascosto, lo faceva sempre in compagnia del suo amico,  un termine comune tra loro per quanto non lo avessero mai concordato, come accadde al compleanno di Lecter.
Ricordò il suo tocco leggerlo sulla spalla, il suo nome chiamato a bassa voce, e quando aprendo gli occhi, incontrò le sue labbra che a tutti i costi cercavano inutilmente di tenere un sorriso. L’aveva condotto alla grotta, dove aveva preparato un cesto di vinimi bello colmo di bacche e alcuni dolciumi presi di nascosto dall’orfanotrofio, era bravo a ottenere quello che voleva se davvero lo desiderava.
Will l’aveva guardato quando pensava che l’altro non lo notasse, a un piccolo sorriso nascosto aveva colorato le sue labbra, da far luccicare i suoi occhi nel buio, e quei momenti diventarono sempre più frequenti. Quando Hannibal aveva provato a ricambiare quello sguardo, l’altro l’aveva deviato e di nuovo quel sorriso si era  presentato nelle sue labbra con le gote arrossate ,e il giovane Lecter non poteva fare a meno di sorridere di rimando, con l’unico pensiero di voler toccare le sue guance. Gli piacevano quei momenti, e la compagnia di Graham era diventata indispensabile, era come se per 6 anni della sua vita non avesse vissuto davvero, chiuso dietro al muro del silenzio che nessuno voleva penetrare o capire, prima del suo arrivo: la sua amicizia, quei sorrisi che donava soltanto a lui, e la sua vicinanza furono le ragioni per cui riprese persino a disegnare.
Aveva sempre amato farlo, ed era anche piuttosto bravo ma soltanto nei sui 14 anni appena compiuti, sentì di nuovo il desiderio di impugnare la matita e ritrarre, alle volte persino il suo amico che nulla sapeva di essere spesso sotto i suoi sguardi.
Come quella mattina d’autunno, non era ancora freddo e l’orfanotrofio permetteva ancora ai ragazzi di stare fuori nelle ricreazioni, gli alberi di susino erano ancora in fiore per quanti molti di essi, cadevano sulle teste di ragazzini intenti a giocare, correre, o leggere.
Loro due erano situati sotto uno, le spalle erano poggiate all’albero ma molto vicine e c’era una sottile brezza di vento che muoveva il foglio da disegno di Hannibal, oltre i fiori che volteggiavano sopra le loro teste. Will a capo chino, era immerso in un libro, e ogni tanto si fermava soltanto per annusare l’aria dolce intorno a sé chiudendo gli occhi un istante, prima di immergersi di nuovo nella lettura. Hannibal adorava quel momento, quando il sole baciava la sua guancia sinistra e i suoi occhi sfumavano dal colore del cielo sopra le loro teste, al verde delle foglie dell’albero di susino sopra di loro…tutto questo lo memorizzava poiché aveva desiderio di riprodurre in privato, ogni dettaglio del quadro personale che aveva di fianco.
Da quella notte di San Lorenzo sotto le stelle, si era spesso soffermato sulla bellezza del suo amico, aveva scavato nella sua memoria ogni possibile quadro o opera d’arte da abbinare a lui e non ne aveva trovati pochi… dunque era piuttosto popolare l’idea che Will Graham fosse bello.
In quella quiete serena fuori dal tempo e da ogni tormento notturno, un piccolo fiore del susino cadde nel suo foglio unendosi al paesaggio di  montagne e natura che stava disegnando, ed Hannibal fermò la matita, un’idea improvvisa nella mente. Lo raccolse delicatamente e sentì che l’amico si mosse, visto quanto erano vicini, scosso da non sentire più il rumore della sua matita, ma prima che potesse guardarlo si trovò con quel fiore tra i capelli, sopra l’orecchio destro.
Will si bloccò un momento e poi lo guardò assottigliando lo sguardo, cercò qualsiasi segnale di ilarità nel volto dell’altro, ma Hannibal rimase serio, inclinò il capo di lato e lo osservò in silenzio.
Il sole batteva dietro il suo capo e i ricci castani mossi dalla brezza autunnale,  facevano risaltare quel piccolo fiore rosa e bianco, mentre con le labbra come fossero disegnate da quant’erano perfette, leggermente socchiuse lo guardava. Sarebbe potuto essere una creatura mitologica, dalla magia racchiusa negli occhi azzurri da cui non riusciva a staccare lo sguardo, una di quelle che vivono nei profondi abissi nell’Iliade di cui tanto adoravano leggere.
Una ninfa che mi ha imprigionato, contro la mia ragione.
Hannibal dovette stringere la mano e sentire la matita sopra il foglio colpire le sue nocche, per connettersi alla realtà.
L’amico non trovando segni di prese in giro da parte sua sbuffò, scuotendo il capo.
«Non sono una ragazza.»
Una risatina nervosa mentre si toglieva il fiore dai capelli con un gesto brusco, e allontanò le gambe dalle sue ma non si distanziò ulteriormente, per poi guardarlo di sott’occhi.
“Non importa, eri bellissimo.”
Avrebbe avuto un tono calmo nel caso glielo avesse detto poiché era ciò che davvero pensava, senza fronzoli o tanto per essere un complimento, Will produsse di nuovo quella risata, le gote presero lo stesso colore roseo del fiore che poco prima abbelliva i suoi ricci.
«Balle…non mi farò ritrarre così.» Si godette l’espressione di sorpresa che attraversò il suo viso prima di tornare a leggere il suo libro, o almeno riversò la sua attenzione su di esso.
Il giovane Lecter lo osservò ancora di tanto in tanto, e notò quel piccolo particolare sorriso formarsi sulle labbra di Will, e che fecero sì che anche lui sorridesse. La quiete attorno a loro tornò sovrana, ed Hannibal riprese il suo disegno, il rumore della matita e le pagine del libro, gli unici rumori sottostanti vicino a loro…c’era un calore nuovo che si espandeva nel petto di Hannibal, ed era piacevole come la brezza che li avvolgeva.
 
Faceva freddo, uno di quelli acuti da entrarti nel cuore e nelle ossa, il bambino si stringe più che può nella coperta sbrindellata che ha sulle spalle, cerca di evadere ma i denti battono tra loro. C’è un odore di brodo e legna bruciata, sotto le scale intravede un tempo uomini ma ora sciacalli, cantare e cibarsi, i loro occhi furiosi mentre bevono il brodo e divorano la carne in esso. Hannibal si volta a fianco a lui ma lei non c’è, non ci sono più capelli biondi e unti attaccati alla sua spalla, o lei accalcarsi di fianco a lui, non c’è più… il suo calore o la sua vocina chiamarlo debolmente. Gli occhi di uno delle bestie si poggiano su di lui, sono scuri e feroci, la bocca sporca di sangue si contorce in una smorfia e il bambino piange e piange.

Hannibal si svegliò di soprassalto con lacrime a coprigli le guance e il cuore che batteva forte nel petto, chiuse gli occhi per qualche secondo cercando di controllare il respiro e attese, il terrore dell’incubo scemò e lo invase un senso di inquietudine. Alzò il capo guardando verso il letto di Will ma vedendolo vuoto, sbatté le palpebre pensando a dove l’altro potesse essere andato, alla finestra non c’era e non era nemmeno nella stanza altrimenti si sarebbe avvicinato a lui.
Rimase fermo a riflettere, così immobile che poté sentire i respiri degli altri ragazzi ancora addormentati, finché arrivando all’idea, si alzò dal letto e si vestì prendendo dei pantaloni scuri e una felpa rossa; visto che la notte faceva più freddo ed anche perché lui stesso nel rimasuglio dell’incubo, sentiva freddo e solitudine. Si mise le scarpe e uscì lentamente dalla camera.
Arrivato alla grotta la sensazione di gelo svanì, Will era lì seduto dentro sulla coperta, le candele accese intorno a lui e qualche barattolo con qualche lucciola rinchiusa, che sarebbero rimaste con loro soltanto le ore che volevano rimanere lì per poi essere liberate, illuminavano la sua figura.
Era seduto al centro di tutte le luci, ma il suo sguardo non era rivolto al cielo dove c’erano poche stelle quella sera, per via di qualche nuvola, ma piuttosto davanti a sé nella foresta oscura che stava a qualche miglio di distanza da loro. Non aveva nemmeno una volta sbattuto le palpebre da quando Hannibal era arrivato, segnale più che evidente che fosse in una specie di trance, cosicché il giovane Lecter si andò a sedere vicino a lui sfiorandogli una spalla. A quel punto, Graham sbatté gli occhi e lo guardò, c’era del turbamento in quelle pupille azzurre spalancate in confusione e stupore.
«Hannibal.» Il modo in cui disse il suo nome fu diverso, ci fu una gioia incontrollabile nelle vocali e gli angoli della sua bocca si piegarono in un leggerissimo sorriso, e per quanto cercò di nascondere tutto questo, l’altro lo vide. Fu così inaspettato che Hannibal stesso sentì quella gioia invaderlo da far pompare il suo sangue forte, tanto da sentirne il calore raggiungere le sue guance.
Avrebbe voluto abbracciarlo in quel momento, anche se non si erano mai dimostrati affetto in modo esplicito, ma Will interruppe il contatto visivo puntando di nuovo lo sguardo davanti a sé.
«Ti ho sognato prima, eri qui nel tuo castello ed eri un bambino…i tuoi occhi erano grandi ma dal colore dell’ambra fossilizzata, fermi e senza vita, eri distante da me e quando ho cercato di raggiungerti, ho sentito le mie gambe più corte e ho visto che anche io ero un bambino. Avevi una bambola in mano, il vestito rosa era tutto sbrindellato, i capelli erano biondi e lunghi e tu la tenevi stretta ma lei ti è sfuggita di mano, è caduta a terra e si è rotta. Tu piangevi, ed io sono riuscito ad avvicinarmi a te dicendoti che non eri solo, che ero con te e allora mi hai guardato e i tuoi occhi erano più vivi ma poi sei corso via e per quanto volessi seguirti non riuscivo a raggiungerti. Mi sono svegliato, ti ho visto dormire e sono venuto qui.»
Una pausa e una risatina nervosa lo turbarono a tal punto che scosse il suo corpo leggermente, si spostò alcuni riccioli che gli erano andati davanti al viso prima di continuare.
«Ma il sogno è continuato, soltanto che non stavo dormendo…ti ho visto lì, oltre il bosco con me, entrambi eravamo piccoli e giocavamo tra noi e tu mi spiegavi la storia del castello. E parlavi così tanto ed io ti ascoltavo e ascoltavo, ed era così vivido! Al punto che pensavo non sarei più tornato indietro o stato normale. Mi era successo in passato ma non era mai durato così a lungo.»
Cominciò a tremare avvolgendo le braccia intorno alle ginocchia, e cercando di chiudersi nel suo guscio ma Hannibal lo bloccò, gli mise le mani sue spalle e lo voltò verso di lui. Tolse le mani e Will rimase fermo nella posizione in cui lo aveva messo, non staccando lo sguardo dal suo, i suoi occhi si erano fatti più scuri dalla paura e disperazione, ed Hannibal poteva avvertire tutte le sue emozioni e non poteva permettere che l’amico si sentisse in quel modo!
 “Puoi vedere e sentire le cose vividamente, tu puoi , Will, e puoi vedere me per davvero perché hai una mente diversa dagli altri. Ma non sei spaventoso, e non sei difettoso, ma sei meraviglioso.”
Hannibal rafforzò quel significato andando a sistemargli un ricciolo dietro l’orecchio e così sfiorando la sua guancia destra, il suo cuore era gonfio d’orgoglio e voleva che vedesse e sentisse quanto ne fosse affascinato.
Will lo guardò sorpreso e poco dopo abbassò lo sguardo, il piccolo sorriso nascosto a riempire le sue labbra, si voltò alla sua sinistra e sembrò prendere qualcosa.
«Tu vedi mille musei nella mia mente e dentro me, dove io vedevo soltanto vuoti corridoi.»
Quando si voltò verso di lui aprì la mano e il piccolo fiore bianco dall’interno rosa, lo stesso che qualche giorno prima gli aveva messo per adornare i suoi capelli, apparve nel suo palmo.
Hannibal alzò la mano destra corrispondente alla sua, mettendola sopra a quella dell’amico, non la poggiò ma semplicemente sostò lì sospesa tra il fiore e il tempo. Incontrò il suo sguardo e gli occhi si fecero lucidi, non più capaci a contenere il calore e un senso di familiarità che scorrevano dentro di lui: una sensazione simile a quando quell’orfanotrofio era il castello Lecter, e sua sorella era lì con lui seduta nel tappeto a giocare insieme, mentre sua madre suonava il piano leggiadra e suo padre l’ascoltava.
Le sensazioni che gli dava quel ragazzo erano immense!
“Vedo ciò che sei, ti accetto e ti capisco perché sei mio amico, e sei la mia famiglia.”
Non poteva esprimersi altrimenti, non sapeva il nome delle sensazioni che sentiva nel suo corpo che lo facevano vibrare, scuotere, e accendere come se potesse brillare.
Delicatamente, portò di nuovo la mano sopra quella di lui e con il dito medio e indice, sfiorò quei piccoli petali bianchi e rosa, erano sottili e poté percepirne la fragilità, in contrasto con la pelle morbida del palmo di Will che involontariamente incontrò. Gli occhi dell’altro erano luccicanti ma non più di paura, era uno sguardo che non gli aveva mai rivolto e si spostava sul suo volto come se lo stesse accarezzando, e gli fece dimenticare ogni sensazione di gelo che aveva provato prima. Le lucciole si muovevano freneticamente nei barattoli e le fiamme delle candele, fluttuavano al vento leggero della notte, creando giochi di riflessi tra i riccioli di Will posandosi sulle sue ciglia lunghe e negli occhi che ora, erano nei suoi. E in un momento, le labbra di Will furono sulle sue, Hannibal non riuscì a respirare in quel secondo, e i suoi occhi rimasero spalancati a guardare quelli chiusi con forza dell’altro e sentire le loro labbra ferme e unite. Non riuscì a fare nulla che il giovane Graham si staccò, le guance dell’amico erano rosse e vive e i suoi occhi così brillanti, che sembrava che mille lucciole ci ballassero, Hannibal sospirò sentendo le sue labbra vuote e fredde.
«Scusami, non avrei dovuto…i-io…è stato uno sbaglio.»
Si alzò con uno scatto e prese i pochi barattoli liberando le lucciole all’interno,  mettendo fine a quel momento e evitando il suo sguardo tutto il tempo, poi si allontanò da lui prima lentamente, fino a correre via verso l’orfanotrofio.
Hannibal non cercò di fermarlo, né di voltarlo verso di sé per far sì che si spiegassero, rimase fermo seduto immobile con soltanto le candele a illuminarlo, e per la prima volta nella sua vita, il silenzio fu persino nei suoi pensieri.
Si accorse che faceva di nuovo freddo e si strinse nella felpa mentre in lontananza, il fiore che era in mano a Will, giaceva a terra e dopo qualche istante volò via nella notte e nel vento.
 
 
 
 

Se ci fu un giorno nel quale sentì la pesantezza di essere chiuso in un orfanotrofio fu quello, dalla finestra si potevano udire gli uccellini cantare ma Hannibal era sveglio da un po’.
Il suo sguardo era fisso davanti a sé ad osservare Will addormentato,  il suo volto era girato nella sua direzione e i riccioli fattosi più lunghi, lo circondavano come fossero una corona.
Will Graham compiva 15 anni quel giorno, era diventato un po’ più alto come lui, ma il suo viso, i suoi lineamenti dal naso perfetto, alle labbra disegnate, e gli occhi azzurri grandi ed espressivi erano rimasti gli stessi. Quel volto che lo accompagnava ogni volta che si addormentava e in ogni suo risveglio, lo conosceva a memoria, poteva dimenticare il suo, o persino il suo nome ma conosceva ogni espressione e sospiro di Will, e da quando dormivano così vicini, era nell’inizio e nella fine di ogni sua giornata.
Era stata un’idea condivisa, ma fu Will ad attuarla, aveva convinto l’altro ragazzo che nel suo letto avrebbe sentito meno gli urli di Hannibal nella notte, tutto in tono persuasivo e il giovane Lecter aveva sorriso, sdraiato nel suo letto osservando di tanto in tanto la manipolazione dell’amico. Non c’erano più stati imbarazzi tra loro, e quel bacio successo la notte di un anno fa, non li allontanò se non di due giorni, dopodiché bastò che si guardassero negli occhi per qualche istante, per distogliere qualsiasi disagio. Non ne avevano parlato, non ci fu bisogno ma non fu nemmeno dimenticato come atto impulsivo o sconsiderato, in effetti aveva portato una svolta alla loro relazione: non erano amici ma nemmeno qualcosa di più, erano semplicemente loro e al giovane Lecter piaceva questo termine non specifico ed esclusivo, così unico.
Qualche volta Hannibal l’aveva sognato quel bacio, quando aveva ancora 14 anni, lì sotto le stelle coperte nella grotta piena di luci e spesso l’aveva ricambiato, ma fu  soltanto quando né compì 15 di anni che fu più chiaro. Cominciò a pensarlo persino di giorno, disegnare i ritratti con lenti movimenti quando si trattava delle sue labbra, e poteva immaginarlo, e sentirlo di nuovo. Ma non glie disse nulla, non ancora, non era importante quanto lo era il suo rapporto con lui in quel momento.
Spesso oramai sapevano i pensieri l’uno dell’altro, e non avevano bisogno di comunicarlo, gli sguardi erano diventati più profondi, più intimi e raramente stavano lontani, anche quando facevano attività diverse, e il contatto fisico tra loro non mancava mai: gambe sopra le altre, spalle vicine, mani che ogni tanto si incontravano. Nella notte quando qualche incubo tormentava uno dei due, grazie al fatto che dormivano vicini, avevano preso l’abitudine di sfiorarsi la mani penzoloni dal letto nel buio della stanza e quel conforto man mano andò a ripetersi ogni notte, incubo o meno.
Will Graham aveva raggiunto i suoi stessi anni (avevano qualche mese di differenza) e non poteva regalargli nulla, se non offrigli gli auguri per primo, ed era questo a tenerlo sveglio quel giorno; cominciò a filtrare qualche raggio di sole dalla finestra nella stanza, che si espanse sempre di più fino a colpire il suo viso addormentato e degli altri ragazzi. Ci furono mugugni, ma l’unico a regalargli un sorriso fu il viso dell’amico che si ribellava a quel risveglio, il suo stropicciarsi gli occhi dal colore del cielo in cui si specchiava, e che presto furono su di lui.
Hannibal si alzò a sedere.
“Buon compleanno.”
E Will rise, portandosi una mano tra i capelli e guardando il soffitto.
«Volevi l’esclusiva!»
Lo guardò e si scambiarono un sorriso.
 
Era usanza che cantassero al tavolo l’inno a Stalin prima di qualsiasi pranzo, cena, o colazione, ed Hannibal mentre si guardava attorno, poteva quasi vedere dei fili pendere dall’alto e attorcigliare le braccia, la bocca, e la testa di ogni ragazzo lì dentro. Il direttore stesso era il burattinaio, di cui la voce si udiva sopra le altre di un tono… se non altro era più piacevole voltare lo sguardo al suo fianco dove c’era Will che di quelle marionette non faceva parte. In effetti cantava sempre piano, qualche volta omettendo delle parole, non sapeva se lo facesse per lui o per se stesso ma era comunque più gradevole.
Tra i tavoli come un predatore, si aggirava Petrov che riprendendosi dal suo incidente, era diventato ancora più spietato,  il suo sguardo aguzzino si poggiava su ogni ragazzo presente nella mensa incutendo timore ad ognuno di loro, finché non si puntò su Hannibal.
Si avvicinò a passi svelti verso il loro tavolo, battendo i pugni su esso.
«Non sento la tua voce orfanello, devi cantare!»
Hannibal mantenne il suo sguardo, per nulla spaventato dal suo nero come la pece, era un nessuno in confronto ai mostri con cui aveva lottato e lottava ogni notte ma di fianco a lui, poté avvertire Will irrigidirsi.
«Cos’è fai il muto ora? Ti ho detto che devi cantare.»
«Non può farlo!»
Il giovane Graham intervenne crucciando le sopracciglia con fare minaccioso, e Petrov si girò verso di lui.
«Tu stai zitto, e riguardo a te- puntò un dito nella direzione di Lecter, che rimase impassibile- non sei più speciale, questo posto non appartiene più a te, sei un orfano come tutti gli altri e canterai!»
Una smorfia riempì il suo volto.
«Tutti ti possono sentire gridare la notte, Mischa, Mischa… la voce ce l’hai! E ora la userai!»
«Quanta intelligenza che dimostri, sono davvero colpito.» Ancora una volta Will intervenne, facendosi più vicino all’amico con cui si scambiò uno sguardo, Hannibal ammirava ciò che stava facendo ma lo trovava inutile con un essere come quello ma non spiegò nulla, sapeva anche che non gli avrebbe dato ascolto.
In risposta lo sguardo di Petrov si rivolse verso di lui pieno di disgusto.
«Ma che carino e stupido ragazzino, cosa ti avevo detto?»
Puntò un dito verso di lui.
«Tu non sei nessuno orfanello, e un nessuno non può parlare, devi stare zitto piccolo microbo insignificante!» La sua mano era sempre più minacciosa verso Will, più vicina e pronto a colpirlo, ma presto si trovò il coltello piantato al centro del palmo.
Petrov si allontanò urlando e imprecando ed Hannibal rimase impassibile e fermo,  soltanto quando si voltò verso Will, un piccolo sorriso apparve agli angoli della sua bocca. Al contrario, il giovane Graham lo guardava con occhi spalancati incapace di dire qualsiasi cosa, ci furono dei versi di stupore, il direttore che interveniva portando via Lecter dal tavolo e sguardi di terrore da parte dei ragazzi… ma l’unica reazione che a lui interessava era quella dell’amico. Will aveva chiuso la bocca e le mani poggiate entrambe sul tavolo, tremavano leggermente, mentre nei suoi occhi poté vedere per la prima volta della paura insieme all’incomprensione, prima che l’altro interrompesse il contatto visivo.



Angolo Autrice: Ciao a tutti!
Qui vi beccate un po' di fluff con finale accoltellata ahaha, perché sono sempre gli Hannigram non dimentichiamocelo XD quel pezzo comunque, viene direttamente dal libro soltanto che qui Hannibal lo fa per proteggere Will 
💗
piccola nota, è una frase piccola ma vorrei rimetterla perché ha un grande significato "Will non parlava più di andarsene, l’afa passò e così quel suo pensiero," non aggiungo altro 🥺💗


   
 
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