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Autore: Fiamminga    23/11/2020    1 recensioni
Sesshomaru ha lasciato Rin al villaggio, con l'intenzione di farla crescere tra gli umani, al sicuro. Rin è ormai una donna quando, troppo tardi, si rende conto di cosa voleva dire quando pensava di voler stare con lui per sempre.
[Sessh/Rin] [Inu/Kag]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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  1. Il primo dono





Il nuovo kimono di Rin era molto bello: il viola le donava. E poi lei le era facile credere che fosse il suo colore preferito. Con un delicato obi rosa era raffinato, di parecchie spanne più ricercato di quelli delle altre persone del villaggio.

Non che lei fosse come gli altri.

Dopo un paio di anni vissuti con la vecchia Kaede si era, per così dire, impratichita di umanità. 

Sapeva bollire il riso e tenere ordinata e pulita una capanna. Sapeva come si costruivano i cesti in bamboo per raccogliere le bacche nel bosco e il modo migliore per sapere se un frutto è davvero maturo o no.

La cosa più bella di stare con gli umani era stata scoprire che c’erano altri bambini che volevano giocare con lei. Per lo più erano i maschi che decidevano di fare giochi con lei: Rin si inventava sempre storie appassionanti da inscenare e non aveva paura di fare cose che spaventavano le altre bambine.

Le altre femmine non si fidavano molto di lei, soprattutto quando cominciava a parlare di come aveva vissuto prima di arrivare lì. Ai maschi piaceva ascoltare storie di guerrieri e battaglie: spesso chiedevano ad Inuyasha di raccontare qualcosa, anche se il mezzo demone non era interessato a vantarsi.

Si grattava il naso e diceva sbrigativamente: -Tsk! Era un bastardo e io l’ho sconfitto- poi più nulla.

Rin e Shippo erano quelli che sapevano raccontare meglio. Kohaku, quando veniva al villaggio, non si univa ai giochi e nemmeno ai racconti ma del resto lui era già grande. 

In pochi anni era già diventato quasi un uomo, almeno agli occhi di Rin. Viaggiava in lungo e in largo per le terre di Musashi a sterminare demoni con Kirara, per affinare le sue tecniche da sterminatore.

In segreto, davanti al fuoco, Rin gli chiedeva sempre di raccontare delle sue avventure.

Infatti, per quanto Rin apprezzasse gli umani e il lento scorrere del tempo con loro, a volte ripensava alle vecchie avventure sognando di viverle ancora: lei, Kohaku, il signor Jaken, Ah-Un e ovviamente il potente Sesshomaru-sama

Kohaku le diceva che quelli ormai erano tempi lontani e che non sarebbero più tornati a fare quella piccola ed insolita comitiva, ma Rin non smetteva di sperarci.

Se ne stava tornando da Kaede pensando proprio a quello: Kohaku era tornato per qualche giorno dalla sorella ma Sango ora era di nuovo incinta e lo spazio nella loro capanna si stava per fare stretto. 

Nonostante questo avevano mangiato insieme per festeggiare il ritorno del giovane sterminatore e di Shippo che andava e veniva dalle sue prove per demoni volpi. Insieme ad Inuyasha che si era divorato quasi la metà del cibo da solo avevano mangiato bene ed in compagnia.

Rin saltellò prima su un piede e poi sull’altro, considerando quello che stava provando.

Per qualche motivo, adesso, quelle persone sembravano la sua famiglia. Kaede era come una nonna e Sango come una zia che non aveva mai avuto. Persino Inuyasha faceva parte del loro strano gruppo, anche se la trattava diversamente.

Solitamente il mezzo demone non aveva molta considerazione per i bambini e le loro stupidaggini ma con Rin era sempre calmo e gentile. 

Rin era dispiaciuto per lui. 

Quando non era con loro o ad aiutare Miroku a togliere di mezzo qualche demone in cambio di soldi se ne andava nella foresta, tutto da solo.

Una sera lei e Shippo erano andati a cercarlo, pensando di fargli compagnia.

L’avevano trovato al pozzo mangia ossa, seduto con la schiena contro le assi di legno. Si erano accorti che stava parlando da solo.

-No- aveva capito Shippo - Parla con Kagome, anche se lei non lo può sentire- Il demone volte si era messo a piangere silenziosamente e l’aveva convinta ad andarsene. 

Povero Inuyasha, pensava spesso, così come altre persone del villaggio. 

Per lui la sua avventura era Kagome e lei era perduta per sempre.

Le avventure di Rin, anche se sogni, in qualche modo sembravano reali, se ci credeva. Se ci pensava intensamente riusciva a vedersi di nuovo a viaggiare come aveva fatto due anni prima.

Una luce passò sulla sua testa. Sembrava una stella cadente, ma lei poteva riconoscerla ovunque. Era il bulbo luminoso in cui a volte si trasformava Sesshomaru-sama quando voleva volare molto veloce.

Era sceso tra gli alberi, come se davvero una delle stelle della via lattea fosse cascata dal cielo.

Trattenendo un urlo di gioia che avrebbe svegliato tutti durante la notte si mise a correre sú per la collina, dove appariva il suo signore ogni volta che tornava a trovarla.

Quando apparve non si sarebbe faticato a crederlo per davvero una stella caduta. 

Di notte Sesshomaru quasi splendeva. Rin era vagamente consapevole che era la sua aura demoniaca che lo circondava e che comunicava a tutti intorno a lui la sua potenza ultraterrena ma Rin non aveva mai pensato che quel tenue chiarore fosse spettrale nè malvagio.

Forse era la visione più rassicurante da vedere in piena notte: nel buio dell’oscurità il suo signore l’avrebbe sempre protetta.

-Sesshomaru-sama!- lo chiamò con gioia.

Il demone continuò a camminare lentamente verso di lei. Era solo, non con Jaken come le altre volte. 

-Rin-

-Siete venuto presto! Sono passati solo due mesi dall’altra volta … solitamente ci impiegate più tempo-

-Due mesi … così tanto?- 

Solo Rin che lo conosceva così bene sapeva che la sua espressione marmorea nascondeva la sua perplessità. 

-Il tempo per voi umani è così veloce …- considerò tra sé e sé. 

-Non c’è Jaken?-

-Sono venuto da solo-

Rin non commentò alla sua attestazione dell’ovvio perché era il solito modo di esprimersi del suo signore. Per chiunque sembrava spocchia, Rin sapeva solo che Sesshomaru non amava molto parlare né ripetersi

-C’è Kohaku al villaggio- lo informò la bambina -Non volete salutarlo?-

-Non è necessario-

Era il suo modo gentile per dirle che non gli importava dell’altro ragazzo e nemmeno per questo Rin si infastidì.

-Cammina con me- le disse invece e lei ubbidì come al solito -Sei stata brava?-

-Sì-

-Cosa hai fatto in questi mesi?-

Rin sorrise.

Ogni volta che Sesshomaru tornava, le concedeva di parlare senza fermarsi. In effetti glielo permetteva anche quando viaggiavano insieme, ma Rin sapeva che il più delle volte non l’aveva ascoltata. Invece, ora, la ascoltava sempre.

Ne era certa perché la guardava.

Camminavano per le stradine sterrate o per il bosco, oppure si sedevano lontano da occhi indiscreti, lontani dal villaggio dove Sesshomaru lasciava sempre una terrificante impressione dietro di sé, e Rin poteva parlare senza che l’altro la interrompesse o, diversamente da tutti gli altri, la giudicasse o le suggerisse il comportamento migliore.

Ovviamente Rin era ancora una bambina, e lei se ne rendeva conto: lo sapeva bene che era compito degli adulti educarla. Il signor Sesshomaru invece non l’aveva mai fatto. 

Rin aveva come l’impressione che se lei fosse cresciuta come una scimmia selvatica al suo signore sarebbe importato poco e nulla.

Le chiedeva se era stata brava, ma non si era mai lamentato altrimenti nè le aveva mai detto che si era comportata male.

Rin pensava piuttosto che l’unica cosa che a Sesshomaru importava era che lei non lo facesse sfigurare.

Come se fosse possibile! Sarebbe morta di nuovo prima di farlo.

Anche questa volta, come le altre, si incamminarono insieme e Rin cominciò a raccontare senza sosta tutte le piccolezze che le erano capitate.

Camminarono per un poco a passo lento. Il moko moko soffice di padron Sesshomaru li seguiva come un lungo strascico. Rin l’aveva visto allungarsi sempre più da quando aveva conosciuto il suo signore ed ormai la sua pelliccia soffice doveva essere lunga almeno il doppio della prima volta che l’aveva vista.

Spiegò le sue nuove conoscenze, e tutto quello che aveva imparato, i nuovi giochi che aveva fatto e il modo in cui gli altri si comportavano con lei. Non glissava sui dispiaceri, ma per lei erano così insignificanti da non darle pensiero. 

In fin dei conti era felice, sebbene Sesshomaru-sama non venisse così spesso a trovarla quanto lei voleva.

Si fermarono nell’erba, non c’era nessuna costruzione umana che ricordava loro la presenza di qualcun altro essere vivente eccetto loro due. Era piacevole stare così con il suo signore: erano rari i momenti in cui erano da soli.

-Il tuo kimono è nuovo- commentò il demone.

Rin allargò le braccia e fece una piccola piroetta per mostrarlo meglio al suo signore. -Sì. Kaede me lo ha fatto portare dal villaggio vicino ed è più caldo di quello che avevo prima-

-Il denaro che ho lasciato alla vecchia è bastato?- 

Rin annuì. 

Sesshomaru-sama aveva lasciato un gruzzolo d’oro a Kaede ed ogni volta che tornava consegnava qualche pepita in più, a volte anche un sacchetto d’argento. Kaede conservava gelosamente quel tesoro e nessuno, ad eccezione della famiglia, sapeva dell’esistenza del denaro.

Kaede viveva modestamente come si confaceva al suo rango di sacerdotessa, ma Sesshomaru aveva messo in chiaro che il suo stile di vita scarno non si doveva applicare anche a Rin. Non vivevano nel lusso, ma con il denaro lasciato alla bambina potevano mangiare abbondantemente e vestirsi meglio degli altri. 

A Rin non mancava nulla.

L’unica cosa che poteva migliorare la sua vita e renderla perfetta era la presenza di Sesshomaru con loro, ma si era arresa all’evidenza che non era possibile.

Il demone raggiunse con la mano destra la tasca che aveva nascosta nelle sue ampie maniche e ne estrasse qualcosa.

-Mi è stato detto che le femmine umane apprezzano questo genere di oggetti. Sono entrato in possesso di questo: se lo vuoi, è tuo. Non mi serve-

Mostrò il piccolo oggettino che teneva nella sua mano pallida.

-Oh! Sesshomaru-sama! Ma è bellissimo!- 

Era un pettine dalla forma arcuata e dai denti perfettamente simmetrici. Brillava, ed era di uno stranissimo materiale traslucido intarsiato. Sul dorso erano stati cesellati piccoli fiori. 

Il pettinino poteva essere benissimo una decorazione per capelli piuttosto che un utensile ma Rin non riusciva a pensare come o quando avrebbe potuto metterlo … Sesshomaru meno di lei. I suoi capelli erano argentei e dello stesso colore del pettine e Rin non li aveva mai visti nè annodati nè sporchi.

La bambina non li aveva mai toccati ma aveva la sensazione che non fossero come i capelli dei mortali e che avessero una consistenza diversa dai suoi. In ogni caso il pettine era un oggetto elegante e femminile che lui non avrebbe mai utilizzato.

-Che strano materiale. Come luccica!-

-Si chiama madreperla- spiegò il demone - Si trova all’interno delle conchiglie-

-Quindi è fatto di conchiglia?-

-No- Sesshomaru era sempre paziente quando le spiegava le cose - Me lo ha dato una sirena. È fatto con una delle sue scaglie. Non gli è rimasto nessun potere demoniaco e non ti farà male-

-Signor Sesshomaru! Avete incontrato una sirena? E com’era? Era molto bella?- provò ad immaginare la bellissima donna con la coda di pesce fatta di madreperla che aveva donato quel pettine al suo signore. 

-Lo era. È morta-

Rin se ne dispiacque - L’avete uccisa voi?-

Il demone annuì. 

-Era una creatura malvagia, quindi?-

-Era il capo di un gruppo di mangiatrici di uomini. Un tempo erano fedeli a mio padre, ma quando la loro nuova principessa si è insediata tra loro hanno deciso di infestare un lago abitato da umani e hanno divorato tutti i loro uomini-

Rin strinse le labbra, rigirandosi il pettine tra le mani. Era questo il motivo per cui non manteneva energia demoniaca: la sua antica proprietaria era morta, dunque. - Le persone che abitavano vicino al lago sono salve?-

-Chi è rimasto in vita non ha nient’altro da temere-

La bambina non aggiunse nient’altro e annuì. Provò il pettine, spazzolando una ciocca di capelli. L’oggetto non era più infestato ma la madreperla doveva avere qualche strana proprietà perché districò facilmente i suoi capelli neri e li lasciò morbidi come un obi di seta scura.

-Grazie per il vostro regalo, Signor Sesshomaru- gli disse, stringendo il pettine tra le mani.

Il demone la guardava imperturbabile. Non disse nulla né si mosse e questo fece capire a Rin che c’era qualche altra cosa che voleva dirle.

La bambina rimase in silenzio ad aspettare che l’altro dicesse qualcosa.

-Rin- la chiamò infine, leggermente accigliato.

-Sì, Sesshomaru-sama?-

- Se ti piacciono i regali posso portarne altri- 

La bambina inclinò la testa. -Certo che mi piacciono i regali. A chi non piacciono? Ma non voglio che Sesshomaru-sama perda tempo a pensare a queste cose. Avrete sicuramente cose più importanti da fare-

Sesshomaru non cambiò espressione -Io posso fare ciò che voglio-

-Se mi volete portare dei regali allora fatelo- commentò la bambina, che ancora non capiva.

Il demone rimase in silenzio e ritornò sui suoi passi, in direzione del villaggio. Rin capì che la conversazione era finita e che il suo signore non si sarebbe speso in altre spiegazioni. 

Non che a lei servissero.

Tornarono in silenzio verso il villaggio e nel pieno della notte Sesshomaru la accompagnò fino alla casetta di Kaede, visto che non c’erano umani svegli ad infastidirlo. 

-La prossima volta porterete Jaken con voi? Oppure Ah-Un? Mi piacerebbe salutarli, Signor Sesshomaru-

Il demone annuì. - Va’ a dormire. Si è fatto tardi-

-Va bene, Arrivederci Sesshomaru-sama-

Lui fece un altro cenno e se ne andò, dandole le spalle. Non era uomo dalle molte parole. 

A Rin andava bene. Se non diceva addio, significava che non c’era motivo di salutarsi e che sarebbe tornato presto.

In casa Kaede dormiva e le ceneri del fuoco si erano spente. Il letto per Rin era già stato disposto tempo prima e a lei non bastò altro che entrare nel soffice futon, un’altro acquisto permesso dal denaro del nobile Sesshomaru.

Tenne il pettine in mano per tutta la notte, considerando che avrebbe dovuto costruire una cesta per riporlo. 

Si addormentò pensando che, se davvero Sesshomaru voleva farle dei regali ogni tanto, doveva procurarsi un posto dove riporli tutti.

Sorrise nel sonno, chiedendosi cos’altro le avrebbe portato il futuro.




   
 
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