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Autore: flatwhat    26/11/2020    1 recensioni
Atlas è caduta.
Oscar si sacrifica ai Grimm.
Ruby parte insieme a Ozpin, a cui è stata data miracolosamente una forma, per salvarlo.
[Rosegarden; Cloqwork; Scritta prima che iniziasse il volume 8 e quindi ha preso una piega del tutto diversa.]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Jaune Arc, Oscar Pine, Ozpin, Ruby Rose
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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   Cinder non avrebbe potuto crederci neanche a pagarla.
 
Avevano il nuovo pupazzo di carne di Ozpin tra le mani, e Ruby stava venendo dritta nella loro trappola, ma non dovevano ucciderli?!
 
Certo, Salem aveva i suoi piani. Ne aveva, come sempre. Piani che Cinder non poteva sperare di comprendere. L’aveva dovuto ricordare a sé stessa molte, troppe volte.
 
Doveva solo tapparsi la bocca e fare come le veniva chiesto.
 
Parte di lei le stava discendo proprio questo: ascoltala. Non alzare la voce. Non deluderla come fai sempre. Sai cosa succede quando la deludi, vero?
 
Ma tutti loro, nonostante Salem pretendesse il contrario, avevano perso a Atlas. Avevano perso nonostante fossero in vantaggio. Tyrian era morto. Watts aveva perso un braccio. Erano tutti stanchi e sconfitti, e Cinder non era riuscita a uccidere quel dannato burattino che giocava a fare la Fanciulla d’Inverno.
 
Il braccio oscuro le formicolava da matti.
 
E ora se ne dovevano stare buoni ad aspettare… quella mocciosa che aveva ferito Cinder, le aveva portato via tutto.
 
Aveva creduto che lei e Salem fossero finalmente della stessa opinione, per una volta. I Guerrieri dagli Occhi d’Argento avevano il potere di ferire persino la sua regina, giusto?
 
E invece dovevano parlare con lei? E dopo, cosa? Invitarla a prendere un tè?
 
E la marionetta di Ozpin? La sua presenza bastava a ricordare a Cinder il suo fallimento precedente nell’uccidere quell’uomo – era ancora tormentata dagli incubi... L’aveva salvata, sacrificando la sua vita, dalle macerie cadenti di Beacon. Cinder era sempre stata debole – e sapeva perfettamente che Hazel fremeva dalla voglia di ferirlo, nonostante i sensi di colpa.
 
Era stato proprio lui a confidarsi con lei: "Voglio uccidere quel bambino. So che non dovrei, ma lo voglio."
 
E lei gli aveva detto di accettarlo. Il senso di colpa era una costante per loro tutti – forse persino Tyrian, a suo modo, lo aveva dovuto sopportare – ma Salem non aveva di che farsene. La regina aveva naso per fiutare il senso di colpa e non le piaceva.
 
Lo stesso Hazel lo sapeva benissimo. Lo sapevano benissimo tutti, Cinder più di ogni altro.
 
Zitta, zitta, zitta.
 
Urlò nella sua testa, a nessuno in particolare.
 
O forse a quella ragazza che ancora le domandava "Tu credi nel destino?" ogni attimo della sua vita.
 
Hazel camminava su e giù, nervoso, per la sala riunioni, ora rinnovata.
 
Emerald e Mercury se ne stavano in un angolino, a marcire di ansia. Già, persino Mercury, l’idiota schifoso che faceva sempre finta di non conoscere il significato della paura.
 
Watts era seduto nel suo solito posto alla tavola, e stava osservando il suo braccio destro metallico con interesse.
 
E Salem, seduta a capotavola, sembrava tranquilla e quasi pacifica. Forse il tè lo avrebbe anche preso. Ma che cazzo.
 
La sedia di Tyrian era stata messa via. Forse era il modo che Salem aveva per rispettare il suo sacrificio.
 
Cinder, la testa continuava a sussurrarle, non puoi capirla, perché è superiore a te in ogni aspetto. Accettalo e bastat.
 
Ma sono stata ferita, si disse, e ora lei vuole parlare con la stessa persona che mi ha fatto del male e mi ha umiliato? Pensavo che mi volesse bene.
 
Sciocca Cenerentola, nessuno ti ha mai voluto bene.
 
Pensavo... Anche solo un po’…
 
Piantala di piagnucolare. Il tuo rendimento è la sola cosa che conta.
 
Ruby sarebbe arrivata da un momento all’altro, e loro non dovevano saltarle addosso e trucidarla insieme ai suoi stupidi amici. Ok.
 
E il ragazzino nella cella? Chissà. Probabilmente, Salem aveva un piano anche per lui. Dovevano accettarlo, anche se non riuscivano a farselo piacere.
 
Una madre sa sempre cosa fare, dopotutto.
 

 
Oscar diede un’occhiata dentro l’oscurità.
 
Le voci lo invitavano a inoltrarsi nell’abisso, guidandolo verso ciò che stava cercando.
 
Un legame. A ciò che gli apparteneva.
 
Scese sempre più a fondo, nella sua stessa mente, e sentì come se la sua stessa anima trascendesse il suo corpo. Per quell’attimo, esisteva in tutto.
 
Si guardò intorno.
 
Eccolo lì. Long Memory.
 
Salem gliel’aveva sottratto insieme alla sua pergamena. Anch’essa doveva trovarsi in quello stesso spazio, da qualche parte.
 
Non sarebbe stato facile localizzarla. Long Memory era collegato a lui. Infuso dalla magia di tutte le loro anime.
 
La sua pergamena, ovviamente... Non lo era.
 
Ma, pensò, con buona probabilità, Salem non si era preoccupata di mettere i due oggetti in due dimensioni diverse. Stava già sprecando una quantità considerevole di magia per tenerlo vivo e rinchiuso in quella cella, e conservare qualcosa in un piano diverso di esistenza doveva essere uno sforzo ancora maggiore.
 
Oscar sapeva che gli sarebbe stato richiesto un enorme sforzo a sua volta, per riprendersi le sue cose. Ma aveva tutto da perdere.
 
Per Salem, Oscar era solo un prigioniero, aveva visto quanto era stato confuso e malaticcio per tutta la durata del loro viaggio e della prigionia. E probabilmente aveva indovinato che Ozpin era inaccessibile al momento.
 
Non sarebbe stata in grado di prevedere gli altri, ma dopotutto, neanche Oscar l’avrebbe potuto immaginare.
 
Quindi, per lei Oscar non era mai stato un pericolo, solo una fonte di divertimento e un espediente per mandare avanti i suoi piani.
 
Ma lui le avrebbe dimostrato che si sbagliava. Oh, quanto si sbagliava.
 
Un’anima più piccola è la chiave per la vittoria, no?
 
Sentì una cacofonia di voci.
 
Non erano frenetiche, non lo mandavano più in confusione. Erano in sintonia con la sua anima e la sua coscienza.
 
Per un breve attimo che sembrò un’eternità, agirono come una sola cosa.
 
Ozpin, riesci a percepirlo anche tu, ovunque tu sia?
 
Si immaginò nell’atto di estendere la mano. Afferrò l’impugnatura di Long Memory.
 
E poi usò quella luce, che aveva preso vita nel momento in cui la sua mano si era connessa alla sua arma, per cercare la pergamena.
 
Era proprio come lì vicino, come aveva immaginato. La afferrò con l’altra mano.
 
Quando riaprì gli occhi, tornato nel proprio corpo e nel mondo reale, fu assalito dalla stanchezza. Si sentiva molto più esausto di quanto non lo era stato già prima.
 
Ancora supino sul pavimento, ansimava a fatica, le voci che diventavano nuovamente più difficili da comprendere. Ma riuscì a capire comunque qualche parola.
 
"Respira."
 
Si concentrò nel rallentare il suo respiro. All’inizio, gli fu difficile, ma col tempo la vista gli divenne più chiara e il dolore che gli aveva circondato tutto il corpo si calmò.
 
Alzò entrambe le braccia.
 
Sorrise.
 
Nella sua mano sinistra, la pergamena.
 
Nella sua mano destra, Long Memory.
 


 "Oscar."
 
Ruby interruppe la scalata e si voltò. Tutti si erano girati verso Ozpin. Stava fissando ardentemente il proprio piede, già poggiato sul gradino successivo.
 
"Che succede?" chiese Ruby.
 
"Ha," rispose Ozpin. Ruby provò a studiare la sua espressione, ma non riuscì a distinguere se fosse emozionato per la felicità o nervoso dal terrore. Il suo stesso cuore le batteva forte nelle orecchie, mentre attendeva il resto della frase. "Ha appena fatto qualcosa."
 
"Per caso è in pericolo?" Jaune chiese prima che Ruby potesse farlo.
 
Ozpin alzò la testa, e gli sguardi dei presenti si incrociarono con il bianco dei suoi occhi. Sembrava folgorato, per così dire. Un tremito di terrore sempre più forte stava facendo venire a Ruby la pelle d’oca.
 
"Non lo so," disse Ozpin, quasi sussurrando. Il suo sguardo sembrava osservare qualcosa di molto lontano, che nessun altro poteva avvertire. Cosa stava vedendo, in quel momento? Cosa stava sentendo?
 
Improvvisamente, si riprese con uno scatto, lasciandosi la sua espressione mistica e qualunque cosa avesse intravisto prima alle spalle. In un certo senso. Anche se stava sicuramente pretendendo di essere tornato quello di sempre, era chiaro a Ruby, che riusciva a vedere quel tremito così piccolo e quasi impercettibile che lo scuoteva, che era ancora turbato.
 
"Ma lo sarà, se non ci sbrighiamo."
 
Ruby e i suoi compagni si scambiarono un brevissimo cenno di intesa. Ruby poté anche scorgere l’espressione di Ironwood, tra Nora e Yang, farsi ancora più severa.
 
Riprese a salire, concentrandosi sul velocizzare il passo.
 
Ci siamo quasi! Aspettaci, Oscar!

 

Autrice: Salve! Siamo più o meno a metà della storia, o un po' più della metà. Non sono del tutto sicura! Ma sono contentissima di me stessa!
Era da parecchio che non mi cimentavo in un progetto del genere, e sono orgogliosa di averlo portato fin qua! Ora devo solo stringere i denti e finirlo.

PS: sto anche finendo la tesi di laurea, yeeeee!!!
  
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