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Autore: JennyPotter99    30/11/2020    1 recensioni
Storia basata sulla fotografia “Bacio di Times Square” di Alfred Einsenstaedt
La fotografia più famosa di Alfred Eisenstaedt rappresenta un marinaio americano che bacia una giovane donna, il 14 agosto 1945, a Times Square. Poiché Eisenstaedt scattò numerose fotografie durante le celebrazioni del V-J Day, non ebbe la possibilità di dare un nome e di fornire dettagli su questa foto, il che ha portato a una serie di voci incompatibili. Inoltre, siccome in questa foto non si riesce a capire con esattezza chi siano i due personaggi che si baciano dato che hanno il viso parzialmente coperto, per molto tempo coppie di persone si sono presentate alla redazione del Life rivendicando di essere loro i protagonisti del bacio. Almeno tre uomini e due donne divennero famosi nel corso della storia come i protagonisti del bacio, ma nel 2012, dopo molte bufale, studi più o meno campati in aria e controlli sulle altre foto scattate, pare che finalmente si sappia in definitiva chi fossero i due nella foto: tali George Mendonça e Greta Zimmer Friedman, in realtà nemmeno un'infermiera, ma un'igienista dentale.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopoguerra
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AVVERTENZE: Questa NON è la vera storia dei protagonisti della foto. I personaggi che troverete sono QUASI tutti veramente esistiti, ma la storia è romanzata da me.

5 settembre 2016 – New York
 
Da quel che si ricordava, Mara aveva sempre vissuto a New York.
Si sentiva molto fortunata e da quando era uscita dall’università, cercava di dare a sua madre la vita che si meritava.
Aveva avuto una vita difficile, sua madre.
Ma di certo poteva vantarsi di aver vissuto il più bell’amore della sua vita.
Mara amava sentire quella storia, fin da quando era un’adolescente e ormai la sapeva a memoria.
Raggiunti i 42 anni, avrebbe voluto raccontarla a qualcun altro.
Di amori, nella sua vita, ce n’erano ben pochi.
I suoi genitori, suo fratello Josh e la loro bassotta Patty.
Sua madre aveva superato i 90 anni e la vita a New York non era così rose e fiori come si potesse pensare.
Mara lavorava come assistente di un’importante ditta della città e non si poteva lamentare dello stipendio.
Laureata al politecnico dell’università di New York, era da sempre stata la migliore del suo corso.
La maggior parte dei palazzi costruiti in centro, era stata disegnata dalla Jacob Astor Enterprise, in onore del vecchio proprietario della piazza di Times Square, John Jacob Astor.
Suo nipote, Jake Bradley, aveva ereditato tutto alla morte di suo padre, circa 5 anni prima.
Bradley aveva trovato meravigliosi i disegni di Mara e dopo un periodo di prova di un anno, l’aveva assunta come sua assistente.
La vita a New York era sempre molto frenetica: Mara viveva da sola, in un appartamento non lontano dall’azienda.
Solo che, per il traffico, rimaneva la maggior parte della strada bloccata, con il caffè per il suo capo che le si raffreddava in mano.
Quella particolare mattinata, che le avrebbe cambiato la vita, Mara ritardò in ufficio di 25 minuti, correndo per tutto l’ufficio con il caffè in mano e i tacchi delle scarpe che tintinnavano sul pavimento.
Aprì freneticamente la porta con il nome inciso sul vetro.- Eccomi, sono qui!- esclamò, col fiatone, poggiando il caffè sulla scrivania.
Jake Bradley era un uomo alto e magrolino, non a caso veniva soprannominato Stecchino dai colleghi di Mara.
I suoi occhi verdi scrutavano qualsiasi cosa e Mara lo avrebbe trovato anche carino se non avesse avuto la testa stempiata già a 45 anni.
Jake guardò l’orologio moderno attaccato al muro.- Sei in ritardo di 25 minuti.-
-Lo so, mi dispiace, mi sono alzata 30 minuti prima del solito, stamattina, ma il traffico è assurdo.- commentò lei, sistemandosi la capigliatura.
D’aspetto, suo padre poteva affermare che Mara fosse identica a sua madre.
Riccioli rosso rame che le cadevano sulle spalle, quasi dello stesso colore delle labbra carnose.
Le guance rosee, gli occhi verde scuro e delle sopracciglia folte, della quale già veniva presa in giro dalle sue coetanee donne.
-Hanno posticipato il treno con il nostro nuovo architetto ad oggi, perciò devi andare a prenderlo alla stazione.- spiegò Jake, passandole un cartello con un nome scritto sopra.- Ti ho già preparato questo.-
Mara sbuffò: questo voleva dire perdersi di nuovo nel traffico di New York.
Si era completamente dimenticata dell’arrivo del nuovo architetto, però, quando lesse il suo nome sul foglio, il suo cuore si fermò.
Ron Mendonsa.
Quel cognome lo aveva sentito pronunciare tantissime volte dalla bocca di sua madre.
Solo che il nome non era Ron, ma George.
Non poteva essere una coincidenza, che fossero parenti?
Jake, che la vide imbambolata, le schioccò le dita davanti al viso.- Ehi! Sveglia! Il suo treno arriva tra 25 minuti!-
Mara batté le palpebre e tornò alla normalità. -Va bene, vado subito!-
-Sii gentile con lui, non è di qui…- continuò Jake, aprendo la sua cartella privata.- E’ del…-
Mara lo sapeva benissimo.- Connecticut.- affermò, apprestandosi a chiamare un altro taxi.
Jake si accigliò, quasi sorpreso.- Esatto.-
Mara saltò sul taxi che si fermò davanti al palazzo e gli disse di raggiungere la Grand Central Station il più in fretta possibile.
In realtà, per Mara, il tempo su quel taxi sembrò passare molto lentamente.
Mendonsa non era un cognome comune per lei.
Tutti a New York e forse anche nel mondo conoscevano George Mendonsa, il marinaio della foto di Times Square.
La foto del fotografo Alfred Einsenstraedt che rappresentava un uomo ed una donna baciarsi al centro della piazza.
Mara ne aveva almeno 5 copie nel suo appartamento: era una bella foto, ma non era tanto per quello, ma per la storia dei due protagonisti.
Solo lei, sua madre e probabilmente lo stesso George la conoscevano.
Non parlava di due persone qualsiasi, ma di un uomo e di una donna, completamente sconosciuti l’uno all’altra, che si sono innamorati al primo sguardo.
Tuttavia, Mara non si fece tante speranze: magari era solo una coincidenza.
Consegnò al tassista una banconota da 20 e con il cartello si avviò all’interno della stazione.
Fortunatamente, non era in ritardo, poiché il treno era appena arrivato.
Si unì alla folla di uomini in giacca e cravatta, che sicuramente anche loro stavano aspettando qualcuno con il cartello alzato.
Mara osservò la propria camicetta della quale, per la fretta, aveva un bottone storto.
Con il suo metro e 60 di altezza, Mara cercò di tirare su le braccia il più possibile, in attesa che Ron la notasse.
-Salve, quello sarei io.- disse una voce accanto a lei.
Mara si voltò verso di essa e non poté credere ai suoi occhi.
Si ritrovò davanti un uomo alto quasi 2 metri, con i capelli biondi e gli occhi azzurri, la pelle abbronzata e le labbra a cuoricino.
-Non ci posso credere.- balbettò, arrossendo.- Wow, sei identico a lui!-
Non era una coincidenza, forse quello poteva essere davvero il figlio di George.
Anche Ron si imbarazzò.- Credo che lei mi abbia scambiato per un’altra persona…-
-No, no! Lei è il figlio di George Mendonsa?-
Ron sospirò, grattandosi la guancia.- Ah, ora capisco tutto.- affermò. -Sì, George è mio padre.-
Mara fece un sorriso a 32 denti e gli prese la mano per stringerla.- Io mi chiamo Mara Friedman, mi manda l’azienda.-
-Molto piacere Mara, vorrei prendere un caffè, se non le dispiace, mi sono svegliato molto presto stamattina.- continuò Ron, prendendo in mano la sua valigia.
Mara quasi si intristì quando capì che lui non sapeva neanche chi fosse.
Poi, d’un tratto, si ricordò di aver detto il cognome sbagliato.
-Mia madre si chiama Greta Zimmer.- ribatté.
D’un tratto, Ron alzò le sopracciglia e spalancò di poco la bocca.- Oh mio Dio, dici sul serio?-
Finalmente l’aveva riconosciuta.
Mara annuì più volte.- Sì.-
-Non ci posso credere! Caspita! Mio padre tiene quella foto incorniciata sul comodino, la vedo tutte le sere!- esclamò Ron.
Mara la trovò una cosa molto dolce: significava che anche George non si era mai dimenticato di sua madre.
Ron e Mara si trasferirono in una caffetteria lì vicino e presero un tavolo per due.
-E’ davvero una grandissima coincidenza, non sapevo che, trasferendomi a New York, avrei trovato la figlia di Greta.- esordì Ron, seduto davanti a lei.
-Perciò tuo padre si è sposato.- puntualizzò Mara, sorseggiando.
-Sì, due anni dopo la fine della guerra del Vietnam, ha sposato mia madre, Rita e insieme hanno fatto me e mia sorella Sharon.- spiegò Ron. -Di te già lo sapevo, mio padre mi ha raccontato che quando è tornato dalla guerra, tua madre era già sposata.-
Mara si morse un labbro, guardando altrove.- Sì, dopo la…-
-Notte a New York.- dissero all’unisono.
Mara era meravigliata del fatto che Ron sapesse le sue stesse cose.- Sai della notte a New York?-
Ron ridacchiò.- Sì, ha dovuto aspettare che facessi 17 anni per raccontarmela, ma sì: è una delle storie che preferisco.-
A quel punto, Mara lo guardò negli occhi e capì che probabilmente erano gli stessi in cui sua madre ci si era persa 70 anni prima.
-Mi piacerebbe molto se mettessimo a confronto le nostre storie.- mormorò sorridendo appena.
Ron fece un ghigno, ricambiando lo sguardo.- Sì, sarebbe una bella cosa.- affermò, mettendosi comodo sulla sedia.- Comincia tu.-
Mara fece la stessa cosa, accavallando le gambe.- 14 agosto 1945…-
 
   
 
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