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Autore: pippobaudo_    03/12/2020    2 recensioni
Courtney 'Wallis', eccezionale tirocinante presso il migliore studio legale del Canada e moglie di uno degli uomini più potenti della città... se solo se lo ricordasse.
Aiutata da un'acida coinquilina, un'artista gotica e un criminale con un'indecente cresta verde, riuscirà a ricostruire la propria vita passata tassello dopo tassello e a colmare il vuoto lasciato da uno spiacevole trauma?
Genere: Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Courtney, Duncan, Gwen, Heather | Coppie: Alejandro/Heather, Bridgette/Geoff, Duncan/Courtney, Duncan/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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GIOVEDI’ 03 DICEMBRE 2020
 
GWEN
C’era tensione nell’aria.

I Kobra si stavano preparando per la missione: armi, munizioni e altri aggeggi ancora che non aveva la ben che minima idea di come si utilizzassero erano disposti lungo i tavoli, controllati dall’occhio esperto del fratello e di Devin.
Si soffermò a guardare Cole, vestito interamente in nero (come il resto del gruppo) con un maglione a collo alto, dei pantaloni comodi e un paio di scarponi. Per certi versi le ricordava Duncan con quell’apparenza e l’aria da spaccone, l’unica differenza era che sembrava avere più buon senso rispetto al punk, e a conferma di tale pensiero c’era la notte di Halloween passata in compagnia di Anne Maria. Quando Cole glielo aveva raccontato ne era rimasta scioccata, non tanto che la spia fosse quella stronza, quanto il fatto che Duncan ci fosse andato a letto. Cosa provasse in merito non ne aveva idea, era sì dispiaciuta ma era anche consapevole che ne era passata di acqua sotto i ponti dalla loro rottura e lui era libero di fare ciò che gli pareva, per non parlare del fatto che si era meravigliata nel ritrovarsi sempre più spesso a pensare ad un certo chitarrista…
'Se i borsoni sono pronti caricateli in auto' ordinò Damien sfilandosi dalla tasca del giaccone un pacchetto di sigarette.

Cole e Devin eseguirono caricandosi dell’attrezzatura e avviandosi verso l’esterno, quando un ragazzo con un alto ciuffo in testa si palesò di fronte alla porta, la mano destra in aria, chiusa a pugno, con l’intento di bussare. 'Tu devi essere Topher' constatò Cole spostandosi di lato per farlo passare.

'Sì, piacere' salutò lui. 'Ciao, Gwen'.

'Ciao, Topher!' esclamò lei entusiasta, finalmente una nota positiva in quell’angosciante e tesa situazione.
Infatti, come aveva già immaginato, le era stato ordinato di starsene zitta e buona a casa, sorvegliata dal “mago” Leonard e da Kitty, lasciando lavorare in santa pace Topher e Noah. Non aveva protestato, sapeva sarebbe stata una battaglia persa in partenza, però il broncio lo aveva mostrato ugualmente.
Seguì il suo secondo informatico preferito (il primo sarebbe sempre stato Cam) nella stanzetta dei computer, volendo essere in qualche modo partecipe alla missione e fregandosene altamente delle raccomandazioni del fratello sullo starsene buona buona sul divano. 'Noah, ti presento Topher' fece lei in direzione dell’indiano sulla sedia girevole; dopodiché si rivolse al castano 'Topher, lui è…'.

'Noah Hayden' la interruppe lui. 'Canadese con origini indiane, laureato con il massimo dei voti in informatica, matematica e fisica, e con eccezionali doti intellettuali di intuito e analisi degli eventi. Ho fatto le mie ricerche, e poi… sono un suo grande fan' aggiunse notando la sguardo perplesso della gotica. 'E lo era anche Cam' e le accarezzò la spalla con fare rassicurante, un modo per dirle che le era vicino, che condividevano lo stesso dolore.

'Spero di non deluderti, allora' rispose Noah con un sorriso quasi impercettibile. 'Mettiamoci al lavoro'.
 
 


 
DUNCAN
Sbuffò, annoiato a morte, quella era decisamente la giornata più pallosa che avesse mai passato alla stazione, in particolare nell’ufficio del capitano a guardarlo camminare su e giù pensando a Dio sapeva cosa. All’omicidio di Zoey? No, entrambi sapevano a questo punto che era stato quello psicopatico di Mal. L’esplosione all’“All Stars”? McArthur era a conoscenza del coinvolgimento di Chet e Lorenzo, così come nella sparatoria in casa di Gwen, credendo però, erroneamente, che tra i cattivi ci fosse anche Jo, la cui foto si era ormai sparsa in giro a causa dei media… quanto avrebbe pagato per vedere l’espressione scioccata e furibonda della ragazza di fronte alla notizia.
L’accenno di un sorriso gli solcò il viso, dire che non vedeva l’ora che tutta quella storia finisse per poter stare nuovamente con tutti gli altri era un eufemismo. Perlomeno aveva avuto la fortuna di rivedere Courtney, sebbene in circostanze poco piacevoli e in presenza di quel vecchiaccio viscido del padre. Il sorriso si fece più largo, non poteva negare che pensare alla topina gli faceva sempre quell’effetto, se solo si fosse comportato meglio con lei, se solo fosse stato più paziente… altro che Scott, a quest’ora sarebbe stata sua, e sua soltanto.
Tuttavia…

'Nelson, smettila di ridere sotto i baffi!' lo richiamò il capitano, gli scoccò un’occhiata malevola. 'Se ti annoi vai a prendere del caffè per entrambi' aggiunse poi prendendo posto dall’altra parte della scrivania, sfogliando quasi morbosamente il solito block-notes.

Non facendoselo ripetere una seconda volta, se la svignò in direzione del cucinotto dove, spaparanzata su una sedia, trovò MacArthur, una tazza di caffè fumante tra le mani. 'Chissà perché non sono sorpreso nel vederti qui' commentò Duncan facendo il suo ingresso.
 
'E io, al contrario, sono sorpresa nel vederti a bighellonare per la stazione per gli affari tuoi senza Brick “spaccaballe” McArthur alle calcagna. Devi averlo esasperato se ti lascia libero di vagare per gli uffici' replicò l’altra sorseggiando lentamente la propria bevanda calda.

'In realtà ero lì zitto a pensare agli affari miei'.

'Sa che lo stai prendendo in giro in qualche modo, e il fatto che a commettere quei crimini siano stati gli ex membri della tua banda… insomma, è dura non pensare che tu possa esserne complice'.
Duncan roteò gli occhi al cielo versandosi successivamente del caffè… alla tazza del capitano avrebbe pensato in un secondo momento (magari aggiungendoci un ingrediente extra), ora voleva solo approfittare di quell’attimo di respiro. O almeno questa era l’intenzione finché la poliziotta non decise di caricarlo di un altro peso ancora sulle spalle. 'Oggi è il giorno' bisbigliò. 'Scott e gli altri attaccheranno'.

Il punk sgranò gli occhi. 'Come, come, come?!' ma ricevette uno scappellotto.

'Zitto, imbecille! Vuoi che ci becchino?'.

'Quando e dove?' la ignorò lui.

MacArthur gli lanciò un’occhiata indagatrice, poi fissò l’orologio appeso al muro. 'Tra circa un’ora, nel covo di Mal'.

'Indirizzo?'.

'Non vorrai mica andarci?!' esclamò l’altra sempre mantenendo un tono di voce basso.
 
'Senza offesa, ma mi sono rotto i coglioni di fissare quel palo in culo di McArthur fare avanti e indietro per l’ufficio alla ricerca di non so che cosa lanciandomi di tanto in tanto sguardi difficili da interpretare'. Ed era vero, non sapeva se il capitano volesse saltargli addosso per ucciderlo, oppure per… oddio, inorridì al solo pensiero.

'No, non voglio finire di nuovo nei guai'.

'Neanche se ti corrompo con delle deliziose ciambelle, quelle con gli zuccherini sopra che ti piacciono tanto…?'.
 




 
COURTNEY
Fece ritorno dallo studio, fiondandosi immediatamente davanti al caminetto a scaldarsi. La temperatura era scesa ancora in quei giorni, e il suo viso rosso e le labbra screpolate la dicevano lunga. Prese la morbida coperta del divano e se la mise sulle spalle, trovando quasi subito calore.
Quei giorni freddi l’avevano sfiancata parecchio, non solo perché il lavoro allo studio era raddoppiato ora che il suo capo riceveva un giorno sì e l’altro pure la polizia, ma anche perché tutte le pause a sua disposizione le passava in compagnia di Trent. Aveva cercato di fare il possibile per sollevargli il morale (e già che c’era a cavargli informazioni sulla madre e sul padre, non negando però di sentirsi immensamente in colpa per ingannarlo in quel modo), ma la parlantina di lui sulla musica e la sua ossessione per il numero nove l’avevano un poco alla volta prosciugata delle energie.
Così, aveva deciso che quella sera avrebbe staccato da tutto e tutti: la borsa contenente i fascicoli di alcuni casi l’aveva gettata all’entrata, col cavolo che si sarebbe messa a lavorare, e chi glielo avrebbe potuto rinfacciare? Il signor McCord no di certo visti i casini in cui era invischiato, e la Chang, cercando di mandare avanti la baracca al posto del loro mentore (ma chi l'aveva nominata capetto là dentro?!), non la calcolava neanche per sbaglio.
Si diresse in camera per mettersi qualcosa di più caldo e comodo addosso: aveva deciso che sarebbe andata a trovare i suoi amici nel piccolo appartamento, soprattutto perché necessitava di aggiornamenti e di attenzioni da parte di Scott.

Era in corridoio quando udì la voce del padre. Doveva ancora avvisarlo di essere rientrata, ma si bloccò appena fuori dalla porta del suo studio quando lo sentì dire con tono preoccupato: 'Fa’ un bel respiro. Vuoi venire qui stasera, così beviamo qualcosa insieme? Anche Trent è il benvenuto, lo sai'.

Oh, no. No, no, no, no.
Velocemente e in punta di piedi, scese le scale, afferrò le chiavi che le servivano ed uscì di casa.




 
JASMINE
Smontarono dall’auto, lasciata a qualche chilometro di distanza dalla villetta, dirigendosi a piedi al punto di ritrovo con i Kobra. Ancora non poteva crederci di essere lì, tra la boscaglia, in una missione suicida, e con compagni che fino a qualche giorno prima avevano dubitato della sua lealtà. Il colmo.
Più sbalorditivo, però, era stato apprendere che la spia altri non era che Anne Maria, partner con la quale aveva condiviso le più varie informazioni, utili o meno, e addirittura le sue preoccupazioni legate al silenzio del boss nei loro confronti dopo l’episodio della sparatoria. Si era data della stupida da sola, non avendo fiutato prima il pericolo, anche perché, alla fine dei conti, era lei il membro della squadra ad aver passato la maggior parte del tempo con la italo-americana.
Tirarono fuori tutto il loro armamentario, lei si preparò al meglio rifornendosi di munizioni e indossando per precauzione un giubbotto antiproiettile sotto la felpa nera. Non attesero molto dato che dopo qualche minuto furono raggiunti dall’auto dei Kobra, dalla quale scesero cinque figure: un ragazzo con il giaccone dall’aria intimidatoria, i cui occhi iniziarono a studiare ciascuno di loro, mettendola un po’ a disagio; il guidatore, vestito completamente in nero, insieme ad un altro ragazzo cinese; una ragazza e un nanerott… SHAWN?
'Shawn?' lo chiamò piano lei. Il ragazzo la fissò, gli occhi leggermente sgranati e le gote colorate di rosso – e non per il freddo.

'C-ciao, J-jasmine' balbettò lui in evidente imbarazzo.

Riscossasi dalla sorpresa iniziale, e ricordatasi di come i due si conoscessero, lo squadrò dalla testa ai piedi con un’espressione rabbiosa sul volto. 'Vedo che non hai perso tempo a voltare le spalle anche a Duncan'.

Shawn deglutì pesantemente. 'Q-questo non è il momento adatto per parlarne'.

'Mi ero dimenticata che voi due stavate insieme prima che i “Der Schnitzel Kickers” si sciogliessero' s’intromise Jo quasi contenta di essere lì, con una mitraglietta tra le mani.

'Intendi dire prima che mi voltasse le spalle e decidesse di stare dalla parte sbagliata' commentò acidamente la gigantessa incrociando le braccia al petto.

'Adoro i drammi, credetemi, ma rinviamo tutto a missione conclusa' intervenne uno dei Kobra, quello con il giaccone, accendendosi una sigaretta. 'Allora, Wallis, sei pronto?'.





 
ANNE MARIA
'Sicura di volerlo indossare? È di due taglie in meno…'.

'Zitta, mozzarella, nessuno ha chiesto il tuo parere!' inveì contro la biondina afferrando l’abito rosa dall’attaccapanni e trascinandolo in camerino con sé.

Si era stancata di stare rinchiusa in casa e aveva deciso di svagarsi un po’ alla faccia di Mal e di quei due scemi che Scott aveva mandato a sorvegliarla. Anzi, a dire il vero quel giorno non li aveva ancora visti pedinarla sotto casa o in qualunque altro posto avesse deciso di andare, come ad esempio quel negozietto in centro gestito da due biondine senza cervello; una di loro, quella che la stava importunando solo stando fuori dal camerino, era sicura fosse Lindsay Mills.
Si guardò allo specchio, il vestito stretto avvolto sulle curve, alla faccia dell’ochetta che pensava che non le stesse! Spostò la tendina per rinfacciare alla bionda la sua magnificenza sennonché due tipe a lei ben familiari le si pararono davanti, il sorriso smagliante sui loro volti. 'Ti siamo mancate?' domandò Josee. 'Mi piace il colore' aggiunse poi guardando l’abito che indossava.

'Sembri scioccata' commentò Amy con un risolino.
Non poteva crederci, le sue compagne erano lì: felice come non lo era da molto tempo, si catapultò su di loro abbracciandole. 'Ehi, se continui così moriremo soffocate!'.

'Ma cosa ci fate qua?'.

'Siamo di turno per prendere le provviste' spiegò Josee. 'Ma già che c’eravamo ne abbiamo approfittato per mangiare qualcosa in centro: i pasti cucinati da Ryan ci hanno stancato, soprattutto quello schifo di polpettone' continuò disgustata. 'E girovagando tra i negozi ti abbiamo vista litigare con la commessa' e risero.

Anne Maria, però, per quanto rivederle potesse averle rallegrato la serata, iniziò ad allarmarsi e a guardarsi intorno con attenzione alla ricerca, nello specifico, di un’auto con due scemi a bordo. Ma niente di niente. 'Che hai?' domandò Amy con la fronte aggrottata.

Anne Maria raccontò loro tutto, ovviamente a bassa voce dato che le due commesse stavano girovagando per il negozio preparandosi per la chiusura. 'Vi chiedo scusa ma a breve finiamo il turno' fece appunto la ragazza bionda più alta.

'Nessun problema, mi cambio e ce ne andiamo'.

 
Acquistato il tanto agognato vestito, Anne Maria aveva seguito le altre due verso l’auto spettegolando del più e del meno, ma sempre facendo attenzione alle persone che le stavano attorno. 'Tranquilla, non c’è nessuno in giro' commentò Josee con aria divertita sfilando dalla tasca del giubbotto il cellulare; l’espressione del viso mutò facendosi più seria a mano a mano che gli occhi scorrevano sullo schermo. 'È Jacques' disse notando le facce preoccupate delle amiche. 'Gli allarmi silenziosi sono scattati, siamo sotto attacco'.
Anne Maria ne fu sorpresa, ma a ben vedere le cose ora avevano iniziato ad avere un senso: Scott e gli altri avevano smesso di pedinarla poiché in missione, a distruggere il loro covo e a far fuori il resto della loro banda, il suo amato Vito compreso. Almeno, Amy e Josee erano riuscite a cavarsela. 'Che cosa possiamo fare?' riprese quest’ultima portandosi le mani tra i capelli e camminando avanti e indietro sul marciapiede come un’isterica. 'Dobbiamo aiutarli!'.

'No' fece Anne Maria categorica. 'Se Mal ha fatto installare questi allarmi silenziosi vuol dire che una mossa così azzardata da parte dei “Vultures” se l’aspettava, ergo deve avere con sé anche un piano per uscirne illeso'. Non aveva l’intelligenza di Courtney o la furbizia di Heather, ma sprovveduta non lo era mai stata. 'Se sono in missione, vuol dire che hanno lasciato le ragazze da qualche parte sorvegliate da qualcuno come la notte di Halloween, giusto?'.

'Che cosa hai in mente?' chiese la bionda incuriosita.

'Le ragazze non sono una minaccia reale, fisicamente parlando, con loro basta un dito per metterle al tappeto' continuò la ragazza di colore. 'Tutt’altra storia è chi le sorveglia…'.

'Beh, caso vuole che l’auto con cui siamo venute sia munita di pistole e dardi tranquillanti firmati dai fratelli Frost che potrebbero mettere K.O. un orso' fece Josee con un enorme ghigno.


 
Quella noiosa giornata stava per prendere finalmente una divertente piega.
 




 
GEOFF
Si erano addentrati in quella specie di boschetto (dove cavolo aveva deciso di costruire la sua futura casa Scott?!), facendo silenzio e attenzione a dove mettere i piedi, con quel pazzo di Mal era meglio essere i più prudenti possibile. Armi in mano, stavano percorrendo ormai il sentiero da più di quindici minuti aguzzando la vista e tendendo le orecchie. Si erano divisi in piccoli gruppi: tutti i Kobra erano spariti, alla ricerca di un buon appostamento dal quale, all’occorrenza, poter intervenire facilmente al segnale concordato; Alejandro e Scott erano in testa a guidarli verso l’abitazione, seguiti dalle tre ragazze a verificare che non ci fossero problemi sulla destra, mentre ad occuparsi del lato sinistro ci pensavano lui e Brody, in coda.
La tensione era alle stelle, le dita delle mani gli formicolavano già da un po’ strette all’arma e al grilletto, e i piedi erano congelati. Non vedeva l’ora che quel supplizio terminasse, di sistemare definitivamente Mal e tornare a casa da sua moglie, che al momento si trovava nell’appartamento a fare compagnia a Heather, entrambe sorvegliate da Lightning, lasciato a riposo dal boss a causa della ferita al braccio. Anche Jo sarebbe dovuta rimanere in panchina, tuttavia era riuscita a convincere Scott a trascinarsela dietro; per carità, si arrangiava e camminava sulle sue stesse gambe ma alla lunga la ferita si faceva sentire. Infatti, vide la bionda davanti a sé stringere i denti e farsi forza per proseguire.
 
Finalmente, videro la villa.
'Ragazzi, ci siamo' sussurrò il capo a loro e ai compagni dall’altra parte dell’auricolare.
Guardarono l’esterno dell’abitazione, Geoff fu un po’ sorpreso, era buio già da un po’ eppure dalle finestre non si intravvedeva alcuna luce… c’era almeno qualcuno lì dentro?
 
'A me sembra sospetto' diede voce ai suoi pensieri Jasmine. 'Siamo sicuri che non si siano spostati nel frattempo?'.
 
'Forse è una trappola, dovremmo mandarci il membro più sacrificabile' commentò Jo guardandosi intorno con circospezione.
 
'Nessuno è sacrificabile!' esclamò Scott scoccandole un’occhiataccia.
 
'Vuoi fare il buonista o vuoi disfarti di Mal una volta per tutte?!'.
 
'Perché allora non vai tu? Saresti dovuta stare a casa e la tua foto è su tutti i giornali, non sei di grande aiuto' replicò piccato il rosso.
 
'D’accordo, stammi dietro, collo a matita!' concluse la bionda rispondendogli a tono. Si fece largo tra loro, spintonandoli da una parte all’altra, mettendosi in testa al gruppo – e a quanto pareva infischiandosene del resto del piano. Con la mitraglietta tra le braccia, avanzò decisa nel buio, svoltando poco dopo l’angolo. In seguito, fece loro cenno di avanzare: la via era libera.
 
'Eva, Jasmine, voi due andate con lei. Noi quattro ci divideremo e entreremo dalle altre porte' ordinò il rosso. 'Non mi importa cosa facciate agli altri, Mal deve restare vivo. In bocca al lupo a tutti, e tornate sani e salvi'.
 
'Bel discorso di incoraggiamento' fece una voce profonda alle loro spalle. D’istinto, il biondo si girò puntando l’arma contro il nuovo arrivato. 'Calma, calma. Sono io' e sfilò via il cappuccio della felpa nera.
 
'DUNCAN? C-come…?' balbettò Scott incredulo.
 
'Ho le mie fonti' rispose Duncan con un ghigno avanzando lentamente, la pistola stretta tra le mani. E quella a chi gliela aveva rubata?
 
'Fermo, fermo, fermo. Dobbiamo separarci'.
 
'Ma tu li hai mai visti i film horror?! Non possiamo dividerci!'.
 
'Qui non siamo in un film!' esclamò Scott. 'Se non agiamo così diamo loro delle vie di fuga!'.
I due continuarono a discutere aumentando involontariamente il tono della voce. Alcuni cercarono di intervenire pur di calmarli e di non farsi sgamare dal nemico, ma una strana sensazione gli deformò le viscere.
 
'Ehm, ragazzi…' provò a richiamarli. C’era qualcosa che non andava e forse Jo poteva avere ragione sul fatto che quella potesse essere una trappola. Infatti, nonostante le imprecazioni dei suoi compari, sentì uno strano rumore alla sua sinistra. 'RAGAZZI!' gridò.
Le luci si accesero all’improvviso accecandolo e un forte bruciore alla nuca lo mise in ginocchio. Tastò a terra, alla ricerca dell’arma. Zero. Non la trovava più. Proteste e lamentele di dolore raggiunsero le sue orecchie, e solo allora aprì e sbatté più volte gli occhi: erano tutti sul pavimento, disarmati, circondati dai loro nemici, sotto tiro.
 
'Guardate chi ha deciso di farci visita' fece una voce dal nulla, il tono derisorio. Un’ombra si pose davanti al biondo, colpendolo successivamente al volto, un suono sommesso non poté non uscire dalle sue labbra. 'Finalmente ci incontriamo di persona, “Vultures” e quello che rimane dei “Der Schnitzel Kickers”… ma non preoccupatevi, presto raggiungerete i vostri amici' e mostrò loro l’arnese che teneva nella mano destra: un detonatore. Gli occhi di tutti quanti loro sgranarono a quella visione, eccetto quelli di Duncan: con enorme sorpresa dei presenti, il punk rise, sguaiatamente anche.
 
'Certo, premi pure il pulsante, esplodi anche tu con noi' scherzò lui. 'Ma prima narraci la tua patetica storia, sono curioso'.
 
'Non siamo come in quei patetici film: è ora di porre fine a tutto' disse Mal con un ghigno dipinto sul volto.

'Stiamo per morire, ce lo devi' insisté Duncan, inginocchiato a terra. 'E poi lo sappiamo tutti che non vedi l’ora, altrimenti avresti già dato l’ordine ai tuoi uomini di premere il grilletto'.

'Zitto!' fece Ryan colpendolo alla testa con il calcio della pistola. Un rivolo di sangue colò subito dalla fronte del punk, accecandogli momentaneamente l’occhio destro.
 
'Hai ragione' e con un sorriso mefistofelico, Mal prese posto su una sedia lì vicino rigirando tra le dita il detonatore, attendendo ancora qualche attimo. 'Ma ogni cosa ha un suo prezzo. Che ne dite di un pugno a domanda?'.

'C-come, scusa?' e Ryan colpì Duncan allo stomaco.

'Grazie per l’esempio. Dunque, chi vuole cominciare?'.




 
COURTNEY
Nessuno aveva risposto al citofono, ma lei fortunatamente aveva con sé il proprio mazzo di chiavi - e meno male che si era ricordata di prenderle, memore dell’episodio di Halloween, quando erano stati costretti a servirsi dell’aiuto di Heather e del suo "magico" coltellino.
Non ci mise molto a salire le scale e a portarsi innanzi alla porta del piccolo appartamento: con uno scatto questa si aprì permettendole di avere accesso al salotto, avvolto stranamente nella semioscurità. Piano piano si addentrò nella stanza, cercando di capire che diamine stesse accadendo, dov’erano finiti tutti quanti?
Lungo il tragitto trovò quell’imbecille di Lightning addormentato sulla poltrona con la bocca spalancata verso il soffitto, la televisione ancora accesa. Si guardò intorno: l’igiene e la pulizia per lui erano alquanto sconosciute; cartacce ovunque e flaconi di proteine vuoti erano sparsi sul pavimento. Non che in cucina trovò di meglio: cestino pieno e straripante di roba, tra cui diversi cartoni della pizza.
Ritornò nel salotto fissando quasi disgustata il palestrato. Lo scosse leggermente, ma nessuna reazione. 'Svegliati, pelandrone!'. Questi rispose con un grugnito per poi girarsi sull’altro lato e ritornare a ronfare. 'LIGHTNING!' e con una spinta lo scaraventò al suolo.
Il ragazzo non reagì, continuando a russare come se nulla fosse.
'Heather, ci sei?' continuò la spagnola camminando verso le camere con uno spiacevole presentimento. 'Scott? Alejandro?' chiamò, la voce che si spezzava passo dopo passo. 'Dove siete tutti?!'. Sotto i piedi sentì degli scricchiolii, e più di una volta andò a sbattere contro il mobilio della casa… nei punti in cui non doveva esserci.
Sentì il cuore in gola, il respiro affannato, e immagini simili di qualche mese prima quando aveva trovato l’appartamento sottosopra a causa di José presero vita nella sua testa mettendola nel panico. La paura di non essere da sola – Lightning a parte - le fece fare dietrofront, cercando di uscire da lì il più in fretta possibile e contattare qualcuno, ma non riuscì mai a vedere la porta d’ingresso.




 
MAL
Erano a letto, uno sdraiato sull’altra a scambiarsi baci e carezze, fino a quando entrambi non erano diventati più esigenti: la sua bocca aveva cominciato ad assaggiare ogni centimetro di quella vellutata pelle e le sue mani a percorrere ogni singola curva del suo corpo, giungendo a sfiorarle il collo… ed era stato un attimo, la parte più marcia di sé aveva cominciato a stringere, aumentando poco per volta la presa. 'M-mike' l’aveva chiamato lei, guardandolo un po’ stranita.
Come era giunto, repentino, quell’attimo se ne era andato e lui era ritornato ad accarezzarla.
Erano finiti con il fare l’amore quella notte, più volte, risvegliandosi il mattino seguente con lei tra le sue braccia, ed erano in quei momenti che si fermava a contemplarla in tutta la sua bellezza: era riuscito addirittura a capire Mike, del perché l’aveva sempre voluta al suo fianco, nel bene e… nel male.

Ma, già da tempo, aveva preso una decisione: lui doveva regnare in città, e per farlo lei doveva morire.



 
'Oddio, che palle, non puoi arrivare al dunque?' fece Duncan all’improvviso.

'Sbaglio, o quella era una domanda?' constatò Mal dando l’ordine al suo uomo, il quale con un potente colpo riuscì (di nuovo) a piegare in due il punk.

'Come stavo dicendo, prima di essere interrotto con così tanta maleducazione, avevo deciso che Zoey sarebbe dovuta morire, per permettere a me, Mal, di prendere il possesso di questo corpo. Così, ho ordinato a tre dei miei uomini di tenderci un agguato'.



 
DOMENICA 19 LUGLIO 2020
Il piano era pronto, studiato nei minimi dettagli; a breve avrebbe preso lui il comando.
'Sapete cosa fare' aveva detto con tono autorevole ai tre individui innanzi a lui. 'Dopo oggi, le cose cambieranno radicalmente'.

 
Stavano attraversando il parco, passeggiando tranquillamente mano nella mano di ritorno da un appuntamento al cinema. Avevano visto una di quelle commedie romantiche che tanto piacevano a Zoey: quella volta aveva fatto scegliere a lei il film, cercando con quel piccolo gesto di farla felice… un’ultima volta.
'Veramente gironzolare di notte nel parco lo trovi romantico?' aveva domandato la rossa stringendosi ancor di più al braccio di lui, spaventata dal gufare improvviso alla sua destra.

'Calmati, Zoey, è solo un gufo' l’aveva presa in giro lui ricambiando la stretta.

Un leggero venticello si era alzato, rendendo la passeggiata più piacevole, il frinire dei grilli a riempire il silenzio tra un breve scambio di battute e l’altro.
Zoey stava ridendo piano ad una delle sue pessime barzellette finché due figure minacciose avevano incrociato il loro cammino arrestandosi a pochi passi da loro. Istintivamente, lui era indietreggiato scontrandosi però con il petto di un ragazzo di colore più alto e più muscoloso di lui. 'C-chi siete, n-non vogliamo g-guai…' aveva balbettato la rossa aggrappandosi alla sua maglietta blu. 'V-volete del denaro, e-ecco, ma non fateci del m-male' e aveva porto ai tre energumeni la propria borsetta.
Uno di loro – José - l’aveva afferrata controllandone successivamente il contenuto, ed era stato in quel momento che Zoey aveva reagito tirando al secondo accanto – Rodney - un calcio in mezzo alle gambe mettendolo in ginocchio. Lui non ne era stato per nulla sorpreso, lo aveva previsto: la sua ragazza dopotutto era cintura nera di karate, non si sarebbe lasciata intimidire così facilmente, ecco perché gli erano serviti tre dei suoi seguaci.
Mentre quei due se le stavano suonando, il terzo individuo – quello che gli era sbucato alle spalle, Ryan – lo aveva preso di mira sferrandogli pugni in tutte le direzioni, logicamente rendendogli semplice il compito di schivarli.
Il problema era stato il non accorgersi dell’attacco di Rodney il quale, ripresosi dopo la batosta ai gioielli di famiglia e arrabbiato più che mai, si era inserito a caso nella mischia finendo per colpirgli l’occhio. Una rabbia mai provata prima gli aveva invaso le viscere, ma si era calmato cercando di non mandare il piano all’aria prendendo a calci nel sedere quel campagnolo buono a nulla (anche se si era già segnato mentalmente di farlo fuori prima o poi).

'MIKE!' aveva urlato la ragazza alle sue spalle, in difficoltà.

Una fitta lo aveva messo in ginocchio, la sua parte buona stava ritornando a galla con prepotenza, le mani erano premute sulla sua testa. 'Z-Zoey' aveva biascicato facendosi strada a quattro zampe verso la ragazza, ormai circondata e presa a pugni da due dei bestioni, mentre José l’aveva tenuto a terra, impotente.
 
 

 
'Quando mi sono svegliato ero su un letto d’ospedale, con la consapevolezza che lei era già morta' e passò il suo sguardo su tutti quanti loro. 'Ma la prudenza prima di tutto: già che c’ero quindi ho controllato la sua cartella clinica e… anche quella di tua moglie' aggiunse soffermandosi sul rosso, in ginocchio come gli altri, sottomesso, alla sua mercé. Un ghigno gli deformò il viso. 'Poi sono arrivati gli sbirri, mi hanno interrogato e ho fatto la descrizione di Duncan, sia per impedire che sospettassero dell’amorevole fidanzatino, sia per togliere dalla circolazione quel piromane: due piccioni con una fava'.
 
'Peccato che le cose non siano andate come previsto' replicò Duncan, ancora a terra, con un sorriso beffardo. Lo guardò con disprezzo, nessuno poteva ridere di lui; alzò la mano per dare l’ordine quando il punk lo troncò, il sorriso beffardo ancora stampato in faccia. 'Alt. La mia non era una domanda, ma una semplice constatazione'.
 
'Hai ragione, non è una domanda' affermò Mal. 'Quindi vale due calci' e schioccò le dita. Duncan urlò dal dolore, il sangue che gli usciva dal naso.
 
'Duncan, taci!' sussurrò Jo al suo fianco.
 
'Dicevamo? Ah, già “le cose non sono andate come previsto”: due certe “avvocatesse” hanno deciso di intromettersi e salvare il culo a Nelson, il perché poi non lo capisco, dopotutto sei soltanto un verme…'.
 
'I-io almeno mi sporco le mani, non mando gli altri' commentò Duncan guardandolo arcigno. Mal gli rivolse un sorriso, pregustando quello che da lì a poco sarebbe avvenuto: Ryan lo colpì altre due volte al viso, il sangue che colava ininterrottamente dal naso. Il punk tossì, cercando di liberare le vie respiratorie.
 
'In seguito, ho mandato i fratelli Burromuerto ad indagare, e qualcuno qui deve essersi invaghito, al punto da tradirci e spiattellare tutto' guardò Alejandro, la pistola di José puntata alla sua testa, si leccò il labbro superiore prima di schioccare le dita nella sua direzione. Il più anziano dei Burromuerto colpì la nuca del fratello obbligandolo con la faccia a terra. 'Penso vi abbia già raccontato dell’attacco ai “Der Schnitzel Kickers” e della morte di Rodney: in sostanza erano inutili, e chi è inutile è destinato a morire'. Detto ciò, ghignò nella direzione di Chet, la cui camminata era diventata lenta e barcollante dopo la sparatoria di Halloween. All’istante, sfilò la pistola dalla cinghia e, puntandola contro il suo stesso uomo, sparò sotto gli sguardi increduli e spaventati di molti, soprattutto del fratellastro.
Chet cadde a terra, gli occhi ancora sbarrati dal terrore.
 
'CHET!' chiamò Lorenzo abbandonando la propria postazione e accovacciandosi al suolo. Strinse il fratello tra le proprie braccia facendo il suo nome più e più volte senza ottenere una risposta; gli occhi saettarono in direzione di Mal, carichi di lacrime e odio. 'PERCHE’?'.
 
'L’ho detto: questa è la fine che fanno coloro che sono inutili' rispose monotono, poi riprese la narrazione come se nulla fosse. 'Stavamo cercando nel posto sbagliato: le due avvocatesse non erano chi credevamo, così abbiamo accantonato momentaneamente la cosa, soprattutto dopo un’interessante soffiata su un certo libretto… Devo ammetterlo, Anne Maria ha fatto proprio un buon lavoro'.
 
 
 
 
LUNEDI’ 07 SETTEMBRE 2020
Stava aspettando con eccitazione l’arrivo dei fratelli Burromuerto, anzi, quello di una certa agenda che aveva saputo contenere per certo tutti gli affari di Wallis. Ancora non sapeva come cogliere quell’occasione: stando alle informazioni di Anne Maria, il libretto era scritto in codice e nessuno al di fuori di Scott e Geoff sapeva leggerlo… ma mai dire mai, avrebbe potuto usarlo per consegnare i “Vultures” alla polizia, o ricattarli se necessario.
'Capo, missione compiuta' lo aveva riscosso José dai suoi pensieri mostrandogli l’oggetto dei suoi desideri. 'Ma abbiamo avuto un piccolo inconveniente' e aveva indicato alle sue spalle il fratello minore trasportare una ragazza. Aveva aggrottato la fronte, perplesso più che mai. 'La ragazza è la coinquilina di Courtney Barlow'.

'E perché è qui?'.

'Ci ha colti sul fatto'.

'E perché non l’avete uccisa?'.

'Potrebbe avere delle informazioni'.

'Abbiamo già una talpa, no?'.

'E se la usassimo come esca?' aveva proposto il secondogenito, Carlos. Lui sì che gli era sempre piaciuto, l’unico tra i Burromuerto ad avere un poco di sale in zucca. 'Farebbero di tutto per riaverla viva, anche venire nella tana del lupo. Non per questo hai deciso di occupare la casa di Wallis'.
Aveva scrutato a fondo i tre, in particolare il più giovane, o meglio, il modo in cui aveva guardato la ragazza tra le sue braccia e di come i suoi occhi color smeraldo fossero più vivi che mai.
 
 

 
'L’ho capito dalla prima volta che ho messo gli occhi su di lei che ci avrebbe dato del filo da torcere, e devo dire che non mi ha deluso, ha tenuto duro… fino a quando Alejandro e Carlos non hanno deciso di remarmi contro' e schioccò nuovamente le dita. Josè colpì il fratello allo stomaco più e più volte finché non ricevette l’ordine di arrestarsi. Alejandro tossì sputando sangue e premendosi le mani sull’addome. Mal aveva un sorriso a trentadue denti, ma non aveva ancora finito: non era solo l’altrui dolore fisico a farlo stare bene, anzi, un certo psichiatra gli aveva dimostrato quanto devastante potesse essere quello psicologico. 'Non so se lo hai notato, Al ' continuò quindi. 'Ma tuo fratello Carlos qui non c’è' e vide entrambi i latini sbarrare gli occhi. 'E per “qui” intendo “in questo mondo”: ci ha pensato José a farlo fuori'. La faccia di Alejandro era rivolta al suolo ora, impedendogli di leggere le sue espressioni, ma il petto prese ad alzarsi e abbassarsi velocemente e un singhiozzo uscì dalle sue labbra. 'Non fare così, José l’ho punito personalmente'.



 
 
MERCOLEDI’ 07 OTTOBRE 2020
José se ne stava a terra con il coltello che Mal gli aveva piantato sulla gamba; le sue urla erano pura poesia per le sue orecchie. 'Nonostante tutto, hai avuto coraggio a presentarti qui' aveva affermato rigirandosi un altro coltello tra le mani. 'Dovrei ucciderti' e aveva cominciato a fischiettare “In the hall of the mountain king”, uno dei suoi brani preferiti. 'Hai lasciato che quei due scappassero, ora gli altri sanno da chi è composto il gruppo e, cosa più importante, sanno chi sono io… dovrei ucciderti, sì'.
Si era avvicinato al ragazzo.
'D’altra parte, però, vedo che la morte di Carlos ti sta divorando… quella sarà la tua punizione. Sai chi dovresti incolpare di tutto ciò? Quel tuo patetico fratellino, è a causa sua se Carlos non c’è più, no? Ha preferito una donna alla sua famiglia, sangue del suo sangue. Quindi dovrai ucciderlo'.

'S-sarà fatto'.

'Eccellente' e, avendo aspettato anche troppo, gli aveva conficcato nella carne il secondo coltello, beandosi delle lacrime e delle urla di dolore dell’altro.
 
 


'Dimmi: ne è valsa la pena, salvare la ragazza?' continuò Mal con un perfido ghigno. 'Però devo ammetterlo: te la sei scelta bene. Mi chiedo che cosa stia facendo ora'.





 
HEATHER
Si svegliò lentamente, ancora stordita e confusa.
Il buio la stava divorando, tutto attorno a lei era nero.
Cercò di percepire e studiare il proprio corpo, assicurandosi che nulla le facesse male e che gambe e braccia fossero ancora lì, al proprio posto. Era seduta, polsi legati dietro la schiena, così come le caviglie ai piedi della sedia, con qualcosa di duro e resistente, delle fascette, pensò. Lentamente, mosse le braccia alla ricerca del coltellino, infilato nella manica del maglione. Fortunatamente era ancora lì.

'Chi sei?!' chiese improvvisamente una voce femminile accanto a lei.
L’asiatica fece un salto per lo spavento, rischiando di cadere rovinosamente a terra insieme alla sedia.

'COURTNEY? Che ci fai tu qui?'.

'Ero venuta a passare la serata con voi, ma CHE CAZZO SUCCEDE?!'.

'Secondo te?!' rispose lei con sarcasmo, facendo sforzi immani nel tentativo di far scivolare il coltellino verso il buco della manica. 'Ci hanno legate a queste stupide sedie!' esclamò poi arrabbiata e frustrata.

'Come sottolineare l’ovvietà' fece l’altra di rimando saltellando sulla sedia. 'Chi c’è alla mia sinistra? Tutto bene?'.

'B-bridgette, e s-sì, al momento sto bene' balbettò la bionda terrorizzata. 'Lightning? Dov’è?'. Silenzio, nessuno rispose.

'Se la sarà data a gambe' commentò acidamente Heather, portando l’arnese per cui si stava dimenando quasi all’esterno del maglioncino.

'No, penso sia stato drogato' rispose Courtney muovendo le braccia. 'Scott e Alejandro?'.

'In missione con il resto della squadra' rispose debolmente Bridgette.

'Stai dicendo che forse siamo sole?'.

'Credimi, sarebbe peggio il contrario' continuò l’asiatica.
 
'E fai bene a dirlo' e la luce bianca, come era andata via lasciandole al buio, improvvisamente, ritornò, accecandole. Tre figure femminili, appartenenti alla squadra rivale, stavano innanzi a loro. Heather si bloccò: non voleva che la scoprissero con il coltellino, la sua - loro - unica salvezza.

'Bene, bene, bene. Guardate chi abbiamo qui' disse una seconda voce, avvicinandosi alla spagnola. 'Lascia che mi levi uno sfizio' e sentì il suono di uno schiaffo, seguito da una serie di imprecazioni da parte di Courtney e la risata sadica dell’altra.

'Anne Maria' la chiamò piano. 'Sei soltanto una stronza'.

'Tranquilla, Heather. Ti dimostrerò che qui dentro non sono l’unica' e fece un cenno alle sue due compari: la francese Josee e l’ex compagna di Duncan, Amy.
'Ragazze, ci sarà da divertirsi. Sceglietevene una, eccetto l’avvocatessa dei miei stivali, sapete che lei non si tocca, ahimé'.

'Soffrirà in ogni caso guardando le sue amiche morire senza poter fare qualcosa per impedircelo' sorrise Josee malignamente mostrando loro un affilato coltello, molto più grande di quello che Heather nascondeva nella manica.
 


Merda.




 
MACARTHUR
Se la stava ridendo sotto i baffi mentre il capitano, sbraitando di qua e di là, era alla ricerca di quel buono a nulla di Duncan, che ormai doveva trovarsi nel luogo del misfatto. 'Qualcuno ha visto quel cialtrone?!' sentì urlare il suo superiore dal corridoio. Si portò la tazza alla bocca per coprire la risata che da lì a breve le sarebbe uscita.

'Tu ne sai qualcosa?' domandò Sanders al suo fianco, china su un mucchio di fogli.

'No, ma è divertente vederlo perdere il controllo' rispose lei adocchiando il lavoro dell’altra. La sua partner era ancora alle prese con l’identità della seconda avvocatessa, determinata a capire chi vi si celasse dietro. Erano giorni che Sanders passava così i loro momenti di riposo, e poté giurare che la pila di fogli con il tempo era diminuita sempre più e molto velocemente. 'Fidati, non troverai nulla'.

'E questo allora cos’è?!' esclamò lei super eccitata, gli occhi che le brillavano. Possibile che qualcosa le fosse sfuggito durante il suo sabotaggio?
'Qui dice che Courtney Barlow divide un appartamento con una certa Heather Wilson, e su quest’altro documento si scopre che la Wilson ha lavorato per quasi cinque anni nello stesso negozio di Lindsay Mills: ecco il nostro collegamento!'. MacArthur la guardò con aria stralunata, e l’altra parve accorgersene. 'L’unica conoscente che Lindsay e Courtney hanno in comune è questa Heather Wilson, dev’essere stata lei a scegliere che identità usare per entrare qui in stazione'.

'Ma questa è solo un’ipotesi'.

'Che potrebbe essere confermata' puntualizzò Sanders alzandosi dalla sedia e afferrando le chiavi della volante. 'L’unico modo è sentire la ragazza'. Gli occhi di MacArthur sgranarono leggermente, non poteva crederci… Damien l’avrebbe fatta fuori per questa piccola svista. Facendo dei lunghi respiri per calmarsi e non esplodere, seguì la sua partner pensando ad un modo per dissuaderla da quell’idea.
 
 


'ALLORA?! DOV’È QUEL FANNULLONE DI NELSON?!'.




 
MAL
Scott sputò sangue: lo stupido aveva deciso di prendere il posto di Duncan e con esso la sua parte di botte. Rise a quella visione.
'Il libretto dici? Sarò onesto, ho pensato di barattarlo con i Kobra in cambio di un’alleanza, ma a quanto pare ho degli inetti come seguaci' rispose con malcelata irritazione: Lorenzo era ancora accovacciato a terra, le braccia che non volevano abbandonare il corpo del fratello che via via stava perdendo colorito. 'Per farla breve, siamo passati ad altro e abbiamo puntato nuovamente i riflettori sulle due avvocatesse sperando che la polizia vi rallentasse'.

'C-così hai mandato alla carica il tuo schiavetto Max' e due pugni colpirono Scott al viso.

'Diciamo che ha contribuito alle indagini' confermò Mal con un ghigno. 'Ma lo stupido si è fatto beccare: il capitano ha scoperto che passava informazioni a destra e a manca e lo ha sbattuto in sala interrogatori. Max era uno che si atteggiava molto… tutta apparenza, sapevo avrebbe ceduto e spifferato i nomi di tutti quanti noi, così José ha provveduto a farlo fuori: è bastato il suo fascino latino e… un diversivo'.

'La sparatoria a casa di Gwen' bisbigliò Jo, la fronte aggrottata.

'Dalla quale sei uscita un po' malandata' e Mal lanciò un’occhiata alla gamba della ragazza; le si avvicinò, il sorriso che gli deformava i tratti del viso, posò il pollice sui jeans di lei, macchiati da qualche goccia rossa, dove stava la ferita, e premé forte. La bionda urlò, stava per tirargli uno schiaffo ma Ryan si mise alle sue spalle, bloccandola. 'Fa male, vero?' continuò retoricamente osservando l’espressione di dolore dipinta sul volto della ragazza. 'Suvvia, per così poco. In fondo a te è andata meglio di altri, no? Come si chiamava il vostro amichetto… Cameron?' e per un attimo gli occhi color indaco di Jo si fecero più scuri, carichi di rabbia e odio.

'H-hai l-lasciato che Anne Maria mi s-seducesse e mettesse fuorigioco' disse il punk facendo un enorme sforzo. Mal lasciò andare la ragazza, spostandosi successivamente accanto a Duncan, il viso ricoperto di sangue. 'L-la chiamata anonima alla p-polizia l’ha fatta lei'.

'Vedo che ti sei divertito a fare il poliziotto insieme al capitano' sogghignò. 'La sparatoria in realtà l’abbiamo usata solo per uccidere indisturbati Max, che vi siate separati in seguito è stata solo che fortuna: avevamo le posizioni di ognuno di voi, infatti stavamo preparando un piano per farvi fuori uno alla volta, tuttavia c’era questa sensazione che non riuscivo a scrollarmi di dosso. Così ho chiesto a Chet e Lorenzo di installare telecamere e allarmi silenziosi in giro, vi è piaciuta la sorpresa?'. C’è chi teneva lo sguardo basso, altri che lo fulminarono sul posto, tra cui quel piagnucolone di Lorenzo ancora stretto al fratello, quale scocciatura. Afferrando i capelli corvini di Duncan, fece scontrare il volto del ragazzo con il suo ginocchio: un nuovo fiotto di sangue uscì dal naso di quest'ultimo, ormai rotto.

'Max non era l’unico ad atteggiarsi' sentì improvvisamente alla sua sinistra. Alejandro si era rialzato, un sorriso canzonatorio stampato sulla faccia, sporca e bagnata dalle lacrime versate qualche attimo prima. 'Fingi di essere il capo, quando in realtà c’è qualcun altro in cima, vero? Il nome Barlow suona familiare?'.
 
 
 


 
HEATHER
Il coltello era vicino, pericolosamente vicino al suo collo. Se prima quella stronza si era divertita a puntarglielo sul volto e a lasciare qualche taglio, ora era sicura che si sarebbe data da fare sul serio.
Il suo coltellino era pronto, tra le sue mani, eppure non poteva muoversi senza destare qualche sospetto. Se solo Anne Maria non fosse stata lì in piedi ad osservare la scena con quel sorrisetto compiaciuto a solcarle quella sua brutta faccia…
Dietro di lei, Bridgette urlava, tra le lacrime, supplicando le presenti di lasciarle andare; mentre Courtney, al suo fianco cercava in qualsiasi modo di liberarsi dalla presa ferrea delle fascette.
'Se ti annoi, Anne Maria, in camera steso sul letto c’è sempre Lightning' fece la mora di fronte a sé, intenta ad osservare ogni dettaglio dell’asiatica. 'Ma da addormentato non sarebbe poi così divertente'.
 
'Mi va bene così, in realtà' rispose l’altra. 'Non voglio sporcarmi le mani, dato che ho fatto da poco la manicure'.
 
'Cosa non farebbe la ragazza per apparire al meglio per il suo… come si chiama?' continuò la biondina alle sue spalle, Amy.
 
'Vito' disse Anne Maria con aria sognante. Heather sgranò gli occhi: il motivo per cui quella stronza aveva tradito i suoi compagni era una cotta presa per una delle personalità di Mike? Non ci poteva credere.
 
'Non starà mai con te' sputò acida l’asiatica.
Improvvisamente, fu come se il tempo si fosse fermato: ciascuna di loro aveva smesso di tormentarle, gli occhi puntati sulla ragazza di colore il cui sguardo era di puro odio. 'Toccato un nervo scoperto?' provocò Heather, conscia di rischiare molto. E infatti il pugno di Anne Maria non tardò ad arrivare, dritto dritto sulla mandibola, talmente era forte che perse addirittura un dente.
Non seppe nemmeno lei il perché, ma sorrise. In quell’occasione tutti avrebbero dovuto tremare, presi dal terrore, ma non lei. Sorrise ancor di più. E la cosa stava dando enormemente fastidio alla sua avversaria: bene, se necessario l’avrebbe distratta così, e lentamente cominciò a tagliare le fascette attorno ai suoi polsi.
 
'Tu non puoi capire' sussurrò Anne Maria a pochi centimetri dal suo viso. 'Io e lui ci amiamo'.
 
'Uno così non è in grado di provare amore' ribatté Heather. 'Non hai visto che cosa ha fatto a Zoey?'.
 
'Lui non la amava veramente' affermò l’altra. 'Altrimenti non l’avrebbe mai tradita con me'.
 
'È stato con te solo perché gli servivi, niente di più' rincarò la dose Courtney, ritrovandosi all’improvviso due occhi gelidi a squadrarla.
 
'Io e Vito siamo fatti l’uno per l’altra!' e il suono di uno schiaffo risuonò nel soggiorno. 'Ma ora basta, fatele stare in silenzio, non voglio sentire più alcuna parola' e Anne Maria passò alle altre due del nastro isolante: l’asiatica fu la prima ad essere messa a tacere, una volta sputato sangue e saliva in faccia alla francese, Courtney la seguì lanciando imprecazioni e sguardi inceneritori. 'Bene, adesso la biondina'.
 
'N-no, vi prego. L-lasciateci andare' sentì Heather alle sue spalle, la voce impastata e interrotta dai singhiozzi. 'N-non fate d-del male al b-bambino'.
Gli occhi le uscirono dalle orbite, COSA?

'Quale bambino?' domandò Amy infastidita, lo scotch pronto tra le mani.
 
'SONO INCINTA!'.
 
 
 
E ad interrompere il silenzio che seguì, ci pensò il citofono di casa.
 
 


 
MACARTHUR
'Visto? Non c’è nessuno in casa, andiamocene!'.
 
'C’è la macchina della signorina Wilson laggiù, dev’essere in casa' spiegò Sanders risoluta.
 
'Adesso le persone non sono più libere di andare a fare una passeggiata?' fece notare MacArthur a braccia conserte.
 
'A quest’ora e con quasi cinque gradi?'.
 
'Ce n’è di gente strana in giro'.
 
'POLIZIA, POLIZIA!' sentirono gridare da una finestra dell’edificio. Un uomo con un turbante in testa e una strana maschera color caccola sulla faccia le stava chiamando agitando in aria le braccia per farsi notare.
 
'E questo conferma quanto detto' continuò MacArthur fissando il vecchio sbracciarsi senza tregua per catturare la loro attenzione. 'La prego, signore, non urli o disturberà i vicini'.
 
'Io disturbare il vicinato? Sono le ragazzine che mi abitano accanto a rompere le scatole! Per fortuna siete arrivate, vi prego fate qualcosa per farle smettere!' replicò quello con sguardo supplichevole.
 
'D’accordo, ci pensiamo noi' disse Sanders accondiscendente. 'Ci apra il portone'.
 

In un attimo erano già sulle scale: altro che aiutare quell’ometto, Sanders aveva in mente di interrogare una certa asiatica, non a caso il pianerottolo sul quale si fermarono era il suo. La sua partner ispezionò ogni campanello fino ad individuare quello della Wilson. Attesero.
Nessuna risposta.
Senza demordere, Sanders suonò nuovamente, aggiungendo dei fastidiosissimi colpi al legno della porta. Strano però che nessuno rispondesse: MacArthur non era riuscita ad avvertire del loro arrivo nessuno dei suoi compagni durante il tragitto fino a lì con la volante di servizio. La cosa la preoccupò e non poco.
'Polizia, apra la porta!' si annunciarono poi continuando a battere.
 
'Te l’ho detto che non era in casa' commentò la donna più robusta cercando di smorzare l’atmosfera – la tensione sulle proprie spalle. Dove erano finiti quegli imbecilli? Certo che Wallis se li era cercati bene i suoi membri quella volta, tra uno svogliato punk, uno scemo palestrato e delle ragazze-attira-guai che non gli davano retta manco a pagarle, tra cui l’ex moglie, eh!
 
Lei e Sanders si guardarono per qualche secondo prima di decidere di battere in ritirata. Tuttavia, un tonfo seguito da un piccolo mugugno fece drizzare loro le orecchie. 'Polizia, signorina Wilson apra questa porta!' ripeté la poliziotta più magra. Seguì un mugugno, e un altro ancora. 'Qui c’è qualcosa che non quadra, pronta?' chiese estraendo la pistola dalla fondina.
 
MacArthur la imitò facendole un cenno d’intesa e contando mentalmente.
Al tre sfondarono la porta, le armi puntate a una stanza buia. Sentendo degli strani rumori alla sua destra, l’istinto la portò ad abbassarsi e a tastare l’ambiente in cerca di riparo. Seguì un tonfo, proveniente dalla parte della stanza che aveva appena lasciato: probabilmente anche Sanders si era gettata a terra come lei.
Frugò tra il suo armamentario legato alla cintura, alla ricerca della torcia. A parte qualche spiraglio di luce lasciato entrare dalla porta sfondata, non c’era nulla che potesse darle una mano (maledetto interruttore lontano dalla sua portata!). In parte avrebbe tanto voluto ridere, quella situazione era al limite del ridicolo: e se avessero sentito male? Se Heather e gli altri stessero bene e si stessero solo nascondendo da loro? No, impossibile, non erano così imbecilli… beh, ad eccezione del super-pompato.
Finalmente trovò la torcia, la strinse forte tra le mani, non sicura in realtà se accenderla o meno non volendo segnalare ad eventuali estranei – aggressori – la sua posizione… a proposito, dove cavolo stava? Piano e in silenzio cercò di rialzarsi e muoversi, ma come si mosse una botta alla testa la fece imprecare a denti stretti: involontariamente era finita sotto un fottuto tavolo!

'Eccola, è lì!' esclamò una voce femminile mai sentita prima di allora.
Al diavolo! Si spostò, abbandonando la torcia e giocandosi il tutto e per tutto, finché la luce di quel maledetto posto non si accede e la scena non fu delle migliori: al centro, legate ad una sedia ed imbavagliate, stavano Heather, Bridgette e Courtney (che cazzo ci faceva lì Courtney, non doveva essere a casa dei suoi?!), mentre di Lightning nemmeno l’ombra. Sanders era a terra, tramortita accanto alla porta, con un… dardo? sulla gamba, sparatole dalla biondina in piedi dietro gli ostaggi, tra una mora e l’amante di quello scemo di Nelson.
 
Lasciando da parte le mille domande che le frullavano nella testa (anche se non ci voleva un genio per capire che cosa fosse successo), puntò la propria pistola contro le tre ragazze. 'Polizia, posa l’arma o sarò costretta a sparare' ordinò lei minacciosa.
 
'Fossi in te non lo farei' rispose la mora con un accento francese, chinandosi verso la sua partner e puntandole un grosso coltello alla gola.
Merda.
Se avesse sparato alla francese, la biondina l’avrebbe messa K.O. con i dardi, viceversa se avesse sparato a quest’ultima Sanders avrebbe potuto dire addio a questo mondo. Maledetto quel giorno in cui aveva deciso di entrare in accademia.
 
'Da brava, metti giù la pistola' continuò Anne Maria.
 
Fanculo. Stava per cedere, se lo sentiva, la presa divenne via via più debole, sennonché incontrò lo sguardo di Heather perforarla da una parte all’altra, scuotendo impercettibilmente la testa. Forse aveva qualcosa in mente… tanto valeva provarci a questo punto.
'Tu sei quella Cleopatra che ha sedotto Nelson se non sbaglio' iniziò la poliziotta temporeggiando e indirizzando la pistola verso la ragazza di colore. 'Sai, è colpa tua se poi hanno scoperto che la spia in realtà non era Jasmine… un errore da pivelli che sta costando caro al vostro boss'. La vide sgranare leggermente gli occhi e deglutire pesantemente. 'Anche Nelson ha voluto dare un contributo, ormai deve avere già raggiunto il vostro nascondiglio' e notò solo in quel momento il coltellino con cui Heather stava trafficando dietro la schiena cercando di liberarsi, e ci riuscì, passando a slegare i polsi della spagnola al suo fianco. Doveva solo distrarre quelle tre ancora un po’. 'Il capitano sa che sono qui' mentì. 'Se non mi vede rientrare potrebbe sospettare qualcosa e arrivare con i rinforzi. Mettete giù le armi'. Intimò allora, anche se sapeva che sarebbe stato del tutto inutile dato lo sguardo da pazza psicopatica che aveva quell’Anne Maria. Le ragazze se le sceglieva proprio bene Duncan.
 
'Come fai a sapere queste cose?' domandò la biondina con ancora l’arma tra le mani.
 
'Diciamo che in questi giorni io e Duncan abbiamo legato molto' la liquidò MacArthur in un fascio di nervi. Quanto ci metteva Heather a tagliare quelle maledette fascette? 'Avanti, siate furbe, gettate le armi'.
 
'Sarai anche una poliziotta, ma ora non hai proprio voce in capitolo' commentò la francese scorrendo lievemente la lama del coltello sul collo della sua partner. Dannazione!
Adocchiò l’asiatica e poté constatare con un certo senso di sollievo che era riuscita nel suo intento, liberando anche le mani della spagnola. Quest’ultima, lanciando un fugace sguardo a MacArthur, quasi a suggerirle il passo successivo, spostò con uno scatto la canna della pistola spara dardi della bionda la quale finì con il sedere a terra, dando così a MacArthur la possibilità di puntare la sua arma su Josee e spararle alla spalla, facendola urlare per il dolore.

Heather era china, sfregando il coltellino sulle fascette intorno alle caviglie di entrambe, spezzando finalmente la loro morsa.
 'È ora della resa dei conti!' fece l’asiatica scattando in piedi e incenerendo con lo sguardo il nemico.




 
COURTNEY
Finalmente era libera.
Si massaggiò i polsi rossi, gli occhi neri puntati sulle tre ragazze: Josee era seduta a terra, appoggiata al muro, a premere sulla ferita alla spalla, Amy, per loro fortuna, aveva perso la presa sulla propria arma, le mani alzate in segno di resa di fronte alla pistola della poliziotta, e Anne Maria indossava un’espressione furiosa sul viso. Quest’ultima, infatti, perdendo totalmente il controllo, si catapultò su di lei afferrandola per i capelli; le due fecero una piroetta andando a sbattere contro il tavolo e cadendo una sopra l’altra. Anne Maria sovrastò l’ispanica e una serie di pugni colpirono il suo volto, Courtney al contrario le tirò una poderosa gomitata riuscendo, così, ad allontanarla.

'Smettila, o sarò costretta ad intervenire!' la ammonì MacArthur, il dito sul grilletto. Ma la mora, più arrabbiata che mai, ritornò all’attacco, fermata, però, da Heather che, intromettendosi nella rissa, spinse violentemente a terra Anne Maria.
 
'Anne, smettila. Così ti farai ammazzare' la supplicò Amy, indietreggiando lentamente, approfittando del caos per recuperare la spara-dardi. Peccato che a rovinarle i piani ci pensò la spagnola, la quale afferrò per prima l’arma e sparò facendo finire con la faccia a terra la bionda, addormentata; MacArthur, invece, si preoccupò di ammanettare ad uno dei termosifoni la francese, rovistando poi tra i cassetti in cucina alla ricerca di un panno da applicare alla ferita.
 
'MALEDETTE!' gridò Anne Maria furiosa digrignando i denti. Rialzatasi, si precipitò su Heather che riuscì a difendersi da alcuni colpi e a contrattaccare, dandole qualche schiaffo sul volto e graffiandole le braccia. Courtney la aiutò cercando di far perdere l’equilibrio all’altra con uno sgambetto, indirizzandole l’arma contro per metterla a dormire, ma questa si inceppò.
L’italo-americana rise alla scena, una risata che le fece accapponare la pelle, per non parlare del coltello che la sua avversaria era riuscita a rimediare, lo stesso con cui Josee aveva minacciato e torturato la sua amica e che successivamente aveva perso a causa dello sparo. 'Lui voleva che ti lasciassimo in vita, ma se quello che ha detto lo sbirro è vero… presto al covo non rimarrà più nessuno' parlò, gli occhi fuori dalle orbite. 'Ci vediamo all’inferno' e alzò il braccio pronta ad affondare nella carne della spagnola.
Questa non riuscì a reagire in alcun modo, i suoi ultimi pensieri furono per i suoi amici, e per Scott.
L’unica cosa che fece fu chiudere gli occhi, una sola lacrima a bagnarle la guancia, attendendo che il dolore la investisse.
 

 
Non arrivò.
Non sentì nulla.
Udì un rumore cupo e sordo, un rantolio e poi il silenzio.
 
Molto lentamente, aprì gli occhi: ai suoi piedi, in una pozza di sangue, stava Anne Maria, a pancia in giù, gli occhi e la bocca spalancati.
Con mani tremanti, appoggiò due dita sul suo collo.
Nessun battito.
Era davvero morta.
 
Non riusciva a capire cosa fosse accaduto, finché non si voltò in direzione di Heather, il coltellino insanguinato gettato a terra ai suoi piedi.
'H-heather, come stai?' ma l’asiatica non rispose facendosi scivolare lentamente lungo il muro, gli occhi spalancati, incredula. 'Heather, guardami' continuò la spagnola accucciandosi di fronte a lei. 'Respira. Non hai fatto nulla di male, lei ci stava aggredendo e tu hai cercato di fermarla. È stata legittima difesa'. Stava tremando. Una delle persone più forti e coraggiose che avesse mai conosciuto stava tremando, gli occhi umidi e puntati sul cadavere della italo-americana. 'Guarda me, non lei'.
 
'Br..Bridgette' cominciò l’asiatica combattendo con un groppo alla gola. 'Sl-slegala'.
La spagnola sbarrò gli occhi e, incurante del dolore, si alzò di scatto per soccorrere l’altra, ancora legata e imbavagliata alla sedia. Si scusò un’infinità di volte per averla lasciata lì ad assistere a quell’orrore, ma date le circostanze in cui ora versava, in fondo, era stato meglio così.
 
'I miei poveri polsi' parlò Bridgette guardandosi i lividi sulla pelle.
 
'Sempre meglio di lei' continuò MacArthur indicando il corpo di Anne Maria in una pozza di sangue. 'Io chiamo i rinforzi, voi aspettate qui'.
 
'MacArthur, aspetta' fece improvvisamente Courtney. 'Qui nascoste in casa ci sono le prove che io e Heather siamo coinvolte nel caso Nelson e chissà quant’altro, se la polizia arriva perquisirà tutto da cima in fondo'.
 
'Sanders è determinata a scovare quelle due avvocatesse… forse possiamo accontentarla' commentò la poliziotta fissando intensamente Amy e Josee ammanettate al termosifone. 'Vediamo di mettere un punto a questa parte della storia'.
   
 
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