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Autore: JennyPotter99    04/12/2020    0 recensioni
Eravamo tre.
Nel nostro piccolo, noi eravamo tre.
Lily, Peter e Roman.
Tre persone legate dal destino.
Forse era vero, forse tutto quello che è successo è successo per portarci a questo.
Ne abbiamo passate tante e se potessi esprimere un solo desiderio, gettando una moneta dentro una fontana o dentro un pozzo, sarebbe di tornare a quella notte.
Sì, ti prego, destino…
Riportami alla notte in cui ci siamo incontrati.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Peter Rumancek, Roman Godfrey
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Eravamo tre.
Nel nostro piccolo, noi eravamo tre.
Lily, Peter e Roman.
Tre persone legate dal destino.
Forse era vero, forse tutto quello che è successo è successo per portarci a questo.
Ne abbiamo passate tante e se potessi esprimere un solo desiderio, gettando una moneta dentro una fontana o dentro un pozzo, sarebbe di tornare a quella notte.
Sì, ti prego, destino…
Riportami alla notte in cui ci siamo incontrati.
 
3 mesi dopo
 
Erano successe varie cose dall’ultima volta che avevo visto Roman.
In realtà no, dato che lo vedevo tutti i giorni.
Dopo essermene andata dal suo appartamento, ero tornata nel mio, quello vecchio, dove vivevo da sola.
Per mia fortuna però, davanti alla finestra della mia camera da letto, ergeva un grandissimo cartello pubblicitario della Godfrey, con la sua facciona stampata sopra.
Devo ammettere che non lo avevo dimenticato neanche un po', difficilmente non pensavo a lui, soprattutto durante il lavoro che mi dava l’ordine del drago.
Avevo messo su un bel po' di grana: loro mi dicevano chi dovevo uccidere e io lo facevo.
Ero improvvisamente entrata in Terminetor, tranne che gli Upir, se li pugnali al cuore con un paletto di legno, non si alzano più.
Non mi facevano mai andare da sola: in ogni missione mi assegnavano sempre un compagno, però evitavo di farci amicizia, non volevo creare legami.
Avevo imparato che per quel tipo di lavoro servivano fisico, destrezza, cattiveria e soprattutto bisognava mentire.
La maggior parte degli Upir mi piaceva attirarli nei vicoli con una camminata da prostituta e loro ci cascavano sempre.
Erano sparsi per Hemlock Grove, più di quanti credessi.
Divenni una bugia ambulante, nessuno sapeva della mia seconda vita, né Peter, né Destiny.
Peter era ancora molto amico con Roman e sapevo che insieme stessero ancora cercando di rintracciare Miranda e Nadia.
Io no, non volevo usare i miei poteri per quello scopo: avevo già fatto abbastanza danni e quasi ogni giorno mi sentivo in colpa.
Tuttavia, seguivo il caso di Shelley attraverso i telegiornali.
A seguito della morte di Prycilla, non si era mai ripresa mentalmente.
Per il caso del Vargulf, l’avevano assolta per infermità mentale, mentre presto ci sarebbe stata un’udienza per chi l’avrebbe presa con se, se Roman o Olivia.
Mi ero presa la libertà di testimoniare a favore di Olivia.
Non ricordo chi disse quella frase, so solo che faceva al caso mio: tieni vicino gli amici, ma ancor più vicini i nemici.
Dovevo far capire ad Olivia che poteva fidarsi di me.
Ormai ero diventata brava a mentire.
Mi svegliai alle otto, come tutte le mattine.
Legai i capelli e presi un bel respiro.- Buongiorno mondo.-
Aprii la finestra per far circolare l’aria e come tutte le mattine guardai il cartellone.- Buongiorno Roman.-
Probabilmente mi odiava.
Non lo avevo chiamato e questa volta nemmeno lui: dagli sbagli si impara, no?
Ma non potevo fermarmi.
Non potevo rompere la promessa che avevo fatto a Norman.
Tenevo il suo anello come catenina al collo.
La sua morte, che spreco.
Olivia, che egoista.
Aveva supplicato anni per ottenere il suo cuore e alla fine se l’era preso.
Mi feci una doccia e mi preparai per raggiungere il covo dell’ordine.
Non ero affatto sorpresa che fosse il sotterraneo di una chiesa del quartiere.
Con i soldi guadagnati, avevo creato una piccola stanza dei giochi in casa.
Ne ero molto fiera, in effetti.
Un muro con vari scaffali pieni di armi di ogni genere.
I fucili erano i miei preferiti, però non me li facevano usare, dato che emettevano troppo rumore.
L’equipaggiamento per una missione consisteva in due pistole, due paletti di legno e un coltello, con altrettante ricariche.
Preparai lo zaino e mi diressi alla chiesa.
Ovviamente non poteva mancare un’ auto.
Mi ero letteralmente lasciata andare con la scelta, un bellissimo cliché.
Avevo scovato la vecchia auto di Roman ad un’asta d’epoca ed ero l’unica ad aver fatto un’offerta decente.
Amavo quella macchina come lei amava me.
Spensi la sigaretta prima di entrare nella chiesa.
Ad assegnarci le missioni era un vecchio prete di cui non mi era dato sapere il nome.
Quella mattina, ad aspettarmi, trovai lui e una giovane ragazza di colore, forse poco più grande di me.
Aveva un viso familiare.
-Ciao Lily, ti presento Veronica.- mi disse l’uomo.
Lei mi porse la mano per gentilezza.- Piacere.-
La strinsi e notai che il vecchio aveva in mano due vestiti eleganti. -Ci sarà un party in onore dei 15 anni della scomparsa di J.R. Godfrey, a pranzo. Questi sono i pass.- spiegò, passandoci due cartellini con nomi falsi.- E questi i vestiti.-
Perfetto, ci mancava solo un altro tour alla Torre Bianca.
-Spero che non sia un problema per te.-
Non lo era, dato che avevo chiesto espressamente che Roman ed Olivia non venissero toccati.
Degli altri non mi importava.- Assolutamente no.-
Mi diede un vestitino rosa, simile ad una specie di tutù per bambini, era orribile.
Veronica invece aveva un vestito argentato, che arrivava sopra le ginocchia.
-Ti prego, il rosa no.- borbottai con una smorfia.
-Lo prendo io, a me sta bene.- intervenne lei, scambiandoceli.
-Il bersaglio è una donna, si chiama Annie, è un invitata come voi.- spiegò l’uomo, facendoci vedere una foto.
Era una donna molto bella, come qualsiasi vampiro d’altronde, con gli occhi scuri e lunghi capelli ricci e neri.
Non appena il prete se ne andò, io e Veronica ci preparammo.
-Sarà un gioco da ragazzi se ti conoscono lì dentro.- commentò Veronica, tirandomi su la zip del vestito.
Avevo lasciato il posto da segretaria e Trevor era tornato a lavorare per Roman.
-Perché ti ha chiesto se fosse un problema per te?-
-Io e Roman Godfrey abbiamo avuto una specie di relazione, anche se non credo si possa chiamare così.- risposi, indossando le calze ed infilandoci dentro il coltello.
-Wow, che fortuna, è uno schianto.- commentò ridacchiando. -Da quanto non vi vedete?-
Feci una veloce acconciatura con delle mollettine. -Più o meno tre mesi.-
-E tu sei ancora presa?- chiese, mettendosi del rossetto sulle labbra.
Le sue domande iniziarono ad irritarmi.- Perché mi fai tutte queste domande?-
-Non fraintendermi, non mi interessa la tua vita sentimentale, ma a me servono quei soldi e uccidere un po' di quei fottuti Upir…Perciò non voglio che niente interferisca con la missione.- spiegò, abbastanza seria, mi faceva quasi paura.
Indossai un paio di orecchini e la guardai negli occhi.- Sta tranquilla, andrà bene.-
Almeno credo.
Veronica era una perfetta partner, odiava gli Upir quanto li odiavo io.
Ogni volta che ne uccidevo uno, mi immaginavo sempre la faccia di Olivia e diventava tutto più soddisfacente.
Indossati un paio di stivali comodi, usammo una macchina data dall’ordine per raggiungere la festa.
Indossammo i pass ed entrammo insieme a tutti gli altri invitati.
Era una sala che non avevo mai visto: giravano camerieri vestiti di bianco, con bicchieri di champagne.
Su alcuni tavoli rotondi c’era del cibo.
Infine, un piccolo palco con dietro uno schermo che mandava foto di J.R.
Povero J.R.
Dovrei vendicare anche te, in realtà.
Presi un bicchiere dal vassoio e lo alzai verso di lui.- Cin.-
Lo bevvi tutto d’un sorso, quando vidi Olivia parlare con degli uomini.
Mi ribolliva il sangue solo a vederla.
Avrei potuto ucciderla proprio lì, con coltello nascosto nelle calze.
Ma no, lei si meritava di soffrire.
Veronica mi si avvicinò con lo zaino.- Allora, tu che conosci questo posto, dove nascondiamo le armi?- sussurrò, per non farsi sentire.
Mi venne in mente un posto, l’unico abbastanza sicuro e nella quale nessuno guardava mai.
Entrammo nell’ascensore e pigiai il numero del piano dove c’era l’ufficio di Roman.
Al suo interno c’era una cassaforte che non usava mai.
Digitai il codice che, fortunatamente, era ancora quello e ci nascosti una pistola ed un paletto.
Bastava per lei: non sembrava una donna in grado di difendersi.
-Quindi, come mai uccidi Upir per lavoro?- mi domandò Veronica.
Ancora domande.
-Te lo dico se me lo dici anche tu.-
Si morse un labbro e abbassò lo sguardo tristemente.- Mio padre è stato trovato morto in un vicolo buio, dissanguato dal morso in un Upir…-
Oh mio Dio.
Ecco chi mi ricordava.
Stan.
Il nome coincideva, era lei, sua figlia.
-Il giorno dopo mi arrivarono dei soldi anonimi per posta, come se quel bastardo volesse pulirsi le mani.- aggiunse, digrignando i denti. -Non parlavamo da anni, ma era un brav’uomo, non se lo meritava.-
Improvvisamente divenne tutto più pericoloso.
Veronica non sapeva che era stato Roman ad uccidere suo padre, per lo più davanti a me e che io non avevo fatto nulla.
Ma mi faceva paura avercela accanto.
-Stai bene?- mi chiese, vedendomi strana.
Presi un respiro e tentai di essere normale.- Sì, ho solo bisogno di mangiare.-
Tornati alla sala, presi un altro bicchiere di champagne per calmare i nervi e addentai qualcosa.
In quello stesso istante, ecco apparirmi Roman.
Sembrava così cambiato, eppure sempre lo stesso.
Aveva preso l’ennesimo smoking nell’armadio, i capelli gli erano cresciuti e non usava più il gel, tant’è che il ciuffo gli cadeva quasi sull’occhio.
M soprattutto, era sempre molto affascinante.
Stava parlando con una donna.
Cazzo, è lei.
L’Upir che dovevo uccidere, Annie.
-Uh, questo brucia.- commentò Veronica, con la bocca piena di patatine.- Hai la faccia di chi sta per farla a pezzi.-
Davvero?
Non me ne sono accorta.
Rilassai lo sguardo accigliato.
In effetti, un po' mi infastidiva che stessero parlando.
Lei era anche molto più bella di me.
Si conoscevano?
Stavano tipo insieme?
Non ha importanza, devo portare a termine la missione.
Iniziai a pensare a come attirarla lontano da tutte quelle persone.
-Allora, qual è il piano?-
-Io l’attiro di sopra, tu fai il palo, stai attenta che nessuno ci segua.- le sussurrai.
D’un tratto, Roman smise di parlare con lei e si accorse di me.
-Cazzo.-
Feci finta di niente, guardai da un’altra parte, ma lui mi venne in contro.
Non ci potevo parlare, non ora.
Mi mischiai alla folla quando sul palco si accese un riflettore e Olivia fece il suo discorso strappalacrime.
Era davvero una brava attrice: che avesse ucciso J.R. , in quella sala, lo sapevamo solo io e lei.
Una volta allontanato Roman, mi affiancai ad Annie.
-Si dice che lui avesse salvato questa città.- commentai.
Lei si voltò verso di me. -Non lo conoscevo a fondo, ma per meritarsi una donna come Olivia deve aver fatto belle cose.- disse lei, sorseggiando lo champagne. -Ha lasciato tutto al figlio diciottenne, no? Questo posto è suo adesso.-
Era proprio un Upir.
Il suo aspetto era a dir poco magnifico e la sua voce suadente.
-Sì e nelle sue difficoltà cerca di gestirlo da solo.- risposi.
Mi fissò con un ghigno divertito.- Sembri conoscerlo.-
Alzai un sopracciglio.- Da cosa lo dici?-
-Perché ti sta fissando.- mi mormorò.
Notai Roman bere dal bicchiere e guardarmi accigliato, come se fosse arrabbiato e confuso.
-Ero la sua segretaria fino a qualche mese fa, poi mi sono licenziata per un lavoro migliore e credo che non l’abbia presa tanto bene.- spiegai.
-Perciò tu conosci a memoria questo posto? Anche le cose più segrete?-
Ci siamo, ora posso metterti nel sacco.
Mi morsi il labbro come una ragazzina che sta per rivelare uno scoop.- So dove tieni i suoi giocattoli, vuoi vedere?-
-Assolutamente sì!-
Le presi il polso e insieme andammo nell’ufficio di Roman: mi sarebbe bastato aprire la cassaforte e conficcarle il paletto nel cuore.
Un gioco da ragazzi.
-Tu invece come conosci Roman?- le domandai, mentre pigiavo i tastini.
-Oh, ci siamo conosciuti stasera…Sono sua sorella.-
Improvvisamente mi tremò la mano e sbagliai numero.
La cassaforte fece un allarme assordante, che fortunatamente smise subito.
Sua sorella?
Un’altra?
E adesso che faccio?
Non posso ucciderla.
-Non sapevo di una sorella.- continuai, rimanendo calma.
-Già, mia madre mi abbandonò quando era appena nata…Mi portarono via da lei, anzi.-
Avevo sentito quella storia da Olivia, Magdalena, la figlia dello stalliere.
Quindi era vero.
-Ma non dirlo a Roman, ancora non lo sa, voglio essere io a dirglielo.-
-Terrò la bocca chiusa.-
No, non posso ucciderla.
Olivia capirebbe a che gioco sto giocando.
L’ avevo portata in un posto che in pochi sapevano, aprendo una cassaforte di cui solo io e Roman sapevamo la combinazione.
Mi avrebbero scoperta.
Scusa prete, stavolta no.
-Cavolo, devono aver cambiato la combinazione!- mi inventai, alzando le spalle.- Mi spiace.-
-Non ti preoccupare…Piano piano vorrei conoscerlo a fondo, sai, riconciliare la famiglia.- continuò lei.
Non sembrava nemmeno pericolosa, nonostante fosse figlia di Olivia.
-Piacere di averti conosciuta.- disse infine sorridendo e tornando di sotto.
Dopo di lei, entrò Veronica, confusa.- L’hai lasciata andare?!-
Mi poggiai sulla scrivania, prendendo un bel respiro.
E adesso cosa le dico?
-Non era pericolosa.-
-Che cazzo centra?! Sono tutti pericolosi! Sono tutti dei mostri!- esclamò furiosa.
-Non tutti.- affermai, a sangue freddo.
-Lo sapevo che non avevi le palle per questo lavoro.- borbottò, estraendo il coltello che teneva nelle calze.
Ti prego Veronica, non farmelo fare.
Le strinsi il polso.- Se la tocchi con un dito, ti uccido.-
Di scatto, tentò di colpirmi con l’arma, ma io riuscii ad evitarla.
Mi feci indietro e anche io preso il mio coltello.
-Veronica, non voglio farti del male!-
-Io sì!- esclamò, prima di attaccarmi dall’alto.
Io dovevo difendermi a tutti i costi, perciò le conficcai la lama nel fianco, vedendo i suoi occhi spegnersi.
Proprio come avevo visto quelli di Norman.
Ormai la morte non mi faceva più effetto.
Alla fine, che la eviti o cerchi di sfuggirle, arriva sempre.
Il suo corpo si accasciò e la sorressi per non farla cadere, adagiandola delicatamente a terra.
Sapevo che Roman teneva in qualche cassetto uno di quei fazzoletti ricamati con l’iniziale.
Ci arrotolai il coltello e lo infilai velocemente nella cassaforte.
-Sto venendo da te, papà…- bofonchiò Veronica.
Per favore no, non farmi sentire in colpa.
Magari potevo ancora salvarla.
Mi inginocchiai su di lei e le misi le mani sulla ferita.- Tieni premuto qui, chiamo un’ambulanza.-
-No, no…Va bene così.- rispose lei, scuotendo la testa.- Io volevo solo scoprire chi avesse ucciso mio padre…Per vivere in pace.-
-Se te lo dico, potrai mai perdonarmi per tutto questo?-
Annuì appena, tra gli spasmi.
-Roman Godfrey ha ucciso tuo padre ed anche lui ti ha mandato i soldi perché si sentiva in colpa.- raccontai, cercando di non ricordare quell’orribile sera.- Tuo padre mendicava davanti al vecchio caffè dove lavoravo, in centro… Mi diceva sempre belle parole e io non riuscivo a fare a meno di dargli una bevanda calda.-
Sorrise leggermente.- Era proprio da lui.- bofonchiò, stringendomi la mano. -Grazie…- a quel punto, la sua stretta fu più forte e assunse uno sguardo serio.- Uccidili tutti, Lily…Loro non ti devono niente. Uccidili tutti.-
Infine, esalò l’ultimo respiro e gli occhi le si fissarono sul soffitto.
Capivo le sue parole: anche lei voleva vendetta come me.
   
 
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