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Autore: paige95    05/12/2020    3 recensioni
"Solo che non doveva andar così, solo che tutti ora siamo un po’ più soli qui.
È per te questo fiore che ho scelto, te lo lascerò lì sotto un cielo coperto, mentre guardo lassù, sta passando novembre.
[…]
Ora che puoi prendere per la coda una cometa e girando per l’universo te ne vai."
- Sta passando novembre, Eros Ramazzotti -
[missing moment della mia long Congiunzione astrale, ma può essere letto anche come storia a sé]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Destino'
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La storia nasce dal prompt assegnatomi da Bloody Wolf sul gruppo Facebook Caffé e calderotti: un episodio importante sull'amicizia tra Christian e William.
 
 
 


Orizzonte
 




 
Solo che non doveva andar così, solo che tutti ora siamo un po’ più soli qui.
È per te questo fiore che ho scelto, te lo lascerò lì sotto un cielo coperto, mentre guardo lassù, sta passando novembre.
[…]
Ora che puoi prendere per la coda una cometa e girando per l’universo te ne vai.[1]
 
 
Una mano. Un piccolo – minuscolo – palmo dalle dita esili lo avvolgeva come la roccia più solida, l’àncora più stabile, priva della fastidiosa ruggine del passato, e la più profonda ragione di vita. I dolori trascorsi di Christian – un Marine americano dalla promettente carriera – avevano risparmiato il legame indissolubile che lo univa alla figlia da quando aveva scoperto che sarebbe diventato padre; la bambina infondeva a lui pace da sempre e in qualunque situazione la vita decidesse di porlo.
In una fredda sera di fine dicembre, il Navy SEAL stava sorvolando, su un aereo dell’American Airlines, l’Oceano Pacifico; proprio lì, nel profondo delle acque, giacevano da più di vent’anni le spoglie dei suoi genitori, scomparsi prematuramente.
Christian stava raggiungendo la località delle vacanze in compagnia della moglie e della figlioletta. Erano trascorse poco più di tre ore dalla loro partenza dall’aeroporto internazionale di San Diego e il cuore dell’uomo non dava il minimo segnale di rallentamento; la mano della piccola premuta contro il petto e intrecciata alla sua gli offriva conforto contro la solitudine e la fobia che era sorta da quando era diventato appena maggiorenne. Il seal stava così male da desiderare di strapparsi da addosso ogni strato di vestiario, pur di non rivivere nell’inconscio il lontano giorno di novembre in cui un disastroso incidente aereo aveva dilaniato la sua famiglia insieme alle macerie mai recuperate. Il Marine strinse più forte la mano della bambina nel suo palmo con prudenza per non esercitare troppa pressione; era proprio lei a rassicurare il padre, lo affiancava cercando di placare con ingenuità l’ansia che in volo spesso lo catturava. Trovava giovamento nel contatto amorevole dei suoi cari, rappresentavano la famiglia che negli anni aveva creato e che Dio, dopo avergli strappato le sue origini, gli aveva concesso. Alisia, sua figlia, era la migliore cura contro un passato colmo di perdite e mancanze; gli ansiolitici prescritti dai medici non sortivano lo stesso effetto benefico.
La piccola aveva preso posto tra i genitori; alla sua destra, sul sedile più distante dal finestrino, si era accomodata la madre e osservava preoccupata Christian. Persino lo sguardo pensieroso della moglie contribuiva ad allontanare dalla mente i fantasmi del passato; scorgeva l’espressione contratta della donna con la coda dell’occhio, avrebbe voluto sorriderle, ma si sarebbe solo preso gioco della sua intelligenza: Katherine conosceva ogni dettaglio di quel maledetto 13 novembre 1995, era al corrente del passato del marito, perciò era per lei prevedibile il malessere di cui stava soffrendo lungo quel tragitto. La donna aveva ripetuto più volte al compagno quanto non fossero necessarie ore di volo per regalare un Natale altrove alla figlia; la sua risposta era sempre la stessa, rigida e categorica – come solo un militare promosso a comandante avrebbe potuto proferire –, ma dal cuore morbido.
'Non voglio privare nostra figlia di qualcosa per causa mia'
Christian soffriva, così, in silenzio; il volto contratto dalla sofferenza era il più possibile celato dalla caparbia resistenza dell’uomo per non angustiare le due donne della sua vita. Sudore gelido stava colando dalla fronte ornata da ciuffi corvini – benché fosse dicembre inoltrato anche nell’atmosfera – e inumidiva infine la mano intrecciata a quella della piccola di casa Richardson. Non sarebbe mai riuscito ad imbrogliare Alisia e Katherine, troppi segni fisici lo stavano tradendo.
«Papà, stai bene?»
Era certo che sua figlia avvertisse il tremore che si stava impossessando di lui. Il Marine abbassò lo sguardo incrociando gli occhi vispi della bambina, identici per tonalità ai suoi.
«Ora sì»
La moglie seguì i suoi gesti, intravide le labbra inclinate in un mezzo sorriso posarsi tra i boccoli castani della piccola Alisia, ereditati dalla mamma; continuava a rimproverare l’uomo con lo sguardo, ma Christian era troppo impegnato ad attrarre la figlia contro il suo fianco per poterla abbracciare e stringere a sé.
 

California - San Diego, 20 novembre 1995

Christian aveva voglia di spaccare ogni cosa si trovasse intorno a lui, ogni parete circondasse il bagno dei ragazzi, demolire la scuola che frequentava da buona parte della sua giovane vita per distruggere il macigno che stava nascendo nel suo cuore. Non riconosceva più nulla tra quelle mura, apparteneva tutto ad un passato ormai lontano, spazzato via da una singola e fugace notizia.

Alle ore 4 p.m. di questo pomeriggio
l’airbus A380, decollato da Sidney, è scomparso dai radar della torre di controllo.
Non è mai giunto a San Diego.
Si pensa possa essere rimasto vittima di un’avaria sopra l’Oceano Pacifico.
Vi terremo aggiornati per eventuali risvolti nella vicenda.

La CNN aveva riproposto questo annuncio per ore fino al bilancio complessivo delle vittime. La maggior parte del mondo ne era rimasta colpita, i più cinici forse erano passati oltre con indifferenza, ma per Christian equivaleva all’apocalisse. Non vi era stato alcun fraintendimento, avevano appurato che loro fossero su quel volo, il ragazzo non aveva esitato a chiamare le autorità; era spaventato, ma non aveva perso lucidità, la sua giovane età gli aveva suggerito l'unico modo possibile per agire. I nomi dei coniugi Richardson risultavano nel registro dei passeggeri, quell'elenco era diventato la prova di una strage; nessun superstite aveva fatto ritorno, il mare e il cielo avevano dissolto più di un'esistenza. 
Lo avevano esonerato dalle lezioni, eppure non riusciva a trovare ristoro in quella decisione. Non vi era nulla che avesse più senso, non era rimasto niente dei desideri e dei capricci di un diciassettenne in procinto di affacciarsi alla vita, ma ancora legato alla culla della sua infanzia; il destino lo aveva posto di fronte ad una separazione brusca e dolorosa. 

'Perdere i genitori alla tua età è un trauma da gestire con delicatezza'

La preside della Coronado High School gli aveva raccomandato più volte di tornare a casa per concedere al suo cuore il tempo necessario. La dirigente lo aveva convocato nell'ufficio spoglio da quando l'istituto era stato fondato, privo di qualunque stato d'animo; quel luogo era il terrore per qualunque studente che avesse sfidato le rigide regole della scuola, ma non per Christian, lui era conosciuto da tutti come il timido studente modello che non sapeva di esserlo. Al cospetto della signorina Gutierrez era difficile reprimere le lacrime, le pareti asettiche non inspiravano serenità. Ricordava di essere entrato in quella stanza un'unica volta in tutta la sua carriera scolastica, quando, proprio in veste di studente esemplare, gli era stato caldamente consigliato di spedire la propria domanda alla prestigiosa Università di Berkeley. Era in compagnia di sua madre, quando la preside gli aveva assicurato che avrebbe presentato una lettera di raccomandazione per la sua ammissione; in fondo le eccellenti competenze acquisite da un singolo suo studente avrebbero conferito lustro all'intero istituto superiore.
Aveva occupato a distanza di pochi mesi la stessa sedia su cui si era accomodata la signora Richardson, orgogliosa del figlio che il cielo le aveva donato. Christian non avrebbe mai immaginato che nell'arco di poco tempo avrebbe preso il posto della madre, pensando ai suoi genitori come a due anime diventate ormai evanescenti e ripensando a quei giorni come ricordi appartenenti ad un passato troppo prezioso da non provare a trattenere e lasciare andare. 
Non aveva idea di come sarebbe stato il suo futuro, non lo vedeva più, si era inabissato insieme ai suoi, il passato sfuggevole era l'unica instabile certezza a cui potesse fare affidamento per non crollare: la Berkeley era ormai lontana, almeno tanto quanto sua madre. 
Il giovane orfano aveva declinato l'invito della preside, la villa vuota accanto all'oceano era insopportabile in solitudine, non era il luogo ideale per accettare un dolore ancora acerbo. Sua madre prima di partire aveva abbandonato alcuni abiti sul letto matrimoniale, convinta di fare presto ritorno a San Diego; era solo questione di un weekend - diceva -, sarebbero tornati in tempo per l'inizio della settimana. Non li aveva più visti, ricordava solo le ultime parole che aveva scambiato con i suoi genitori attraverso una fugace chiamata, prima di salire sull'aereo destinato a precipitare. 
Le lacrime scorrevano nelle vene del ragazzo, liquefacevano il sangue che si era ghiacciato giorni prima nel momento della drammatica notizia. Lo specchio impolverato del bagno scolastico gli restituiva un'immagine scolorita, il contorno di un piccolo uomo catapultato in un universo parallelo di cui non aveva mai intuito l'esistenza, non gli era stato dato il tempo di immaginare una vita senza coloro che lo avevano cresciuto e non avevano ancora smesso di farlo. Odiava la solitudine che lo aveva travolto, eppure non riusciva a sopportare il respiro di coloro che lo circondavano, dal momento che non avrebbe più avvertito il soffio vitale delle persone più importanti. Il fiato mancava anche a lui, era mozzato da un tizzone rovente che ardeva in gola e che solo l'acqua gelida sulle guance alleviava, nonostante fosse quasi dicembre - il primo senza di loro. Lo sguardo rivolto al lavandino incentivava conati di vomito; si era appena liberato della bile che stava divorando il suo fegato, il nervosismo ne aveva prodotto in eccesso ed ora lo stimolo si era placato, lasciando il posto ad un volto pallido e scarno. In pochi giorni la serenità aveva abbandonato il suo sguardo espressivo e l'azzurro intenso delle iridi ereditate dalla madre. 
Con uno scatto rabbioso assestò un pugno contro il suo riflesso; si era crepato, ma mai tanto quanto la sua anima, la quale era diventata più leggera, la vedeva fluttuare davanti a sé scissa da un corpo sofferente, senza tuttavia riconoscerla più. Era stato imprigionato in una dimensione irreale che non corrispondeva - non poteva e non doveva corrispondere - alla realtà, essa si era interrotta giorni prima. 
I cocci di vetro avevano dilaniato le nocche della sua mano, ma non percepiva sensibilità al dolore e i rivoli di sangue che colavano nel lavello erano sbiaditi dalla vista offuscata; era indifferente alle ferite, tutti i suoi sensi erano altrove. Se avesse potuto scegliere, sarebbe rimasto nel bagno dell'istituto per il resto della sua vita; i suoi piani erano andati in frantumi, non c'era più qualcuno orgoglioso di lui, non avrebbe più potuto renderli fieri. Ogni progetto pensato insieme ai genitori aveva perso qualunque significato. Affacciarsi alla vita da solo lo intimoriva, non sapeva quale passo muovere senza poter chiedere consiglio. Era ormai solo e la loro compagnia non ci sarebbe più stata. 
Il respiro flebile che avvertiva in prossimità dell’ingresso dei bagni maschili era lontano anni luce per Christian; possedeva un’aura familiare, ma non era ciò di cui aveva bisogno, non era una delle persone di cui necessitava per tornare a sperare in un futuro. 
«Forse potresti lasciare che qualche ragazza ti consoli. Sai, ce ne sono un paio che continuano a domandarmi tue notizie. Fossi in te ne approfitterei»
William, compagno di studi e amico fidato, provava a strappargli un sorriso da giorni ormai, ma senza alcun successo; odiava assistere alla chiusura di Christian in se stesso, ma egli non aveva mai amato trovarsi al centro dell’attenzione, non sopportava la popolarità, benché avesse tutte le carte in regola per beneficiarne. Un futuro avvocato, medico o imprenditore, Christian avrebbe potuto essere chiunque se solo fosse riuscito a sdoganarsi dal vortice di sofferenza che lo stava divorando. William era il suo esatto opposto, non disdegnava affatto la notorietà, ma quando serviva, sapeva come entrare con tatto nel mondo appartato dell’amico.
«Christian»
L’ultimo arrivato si fece serio; quando fu abbastanza vicino al lavandino, scorse lo specchio in frantumi e la ceramica bianca macchiata da chiazze di colore vivo.
«Chris, che accidenti hai combinato?!»
Provò ad afferrare la mano ferita, ma Christian ebbe i riflessi più rapidi, la appoggiò al bordo e scese sulle ginocchia fin quasi a toccare il pavimento perennemente umido. Il giovane orfano non alzò lo sguardo su William, socchiuse le palpebre e lasciò che l’amico diventasse testimone della sua più intima debolezza.
Ogni parola sarebbe stata vana, non sarebbe mai riuscito a convincerlo che rintanarsi nel dolore non era la soluzione preferibile. Will rimase accanto a lui diventando un’ombra avvolgente, pronta a raccogliere i cocchi della sua anima e a curare le ferite in qualsiasi momento gli venisse concesso di farlo.

~

Una rosa bianca imperlata di gocce di rugiada spiccava tra le mani di Christian e contrastava con la tinta scura della sua giacca di panno; era il completo che suo padre aveva indossato nel giorno delle sue nozze, non avrebbe potuto immaginare che anni dopo lo avrebbe indossato il giovane figlio in occasione del suo funerale. Il fiore, il preferito della madre, era rimasto tutta la notte sul davanzale della finestra in attesa di vegliare sul sonno eterno di due bare vuote. La rosa aveva colmato l’assenza, aveva riportato per una singola notte la purezza della donna che lo aveva sempre guidato; si sentiva spaesato, si sentiva diverso dalla persona che i genitori avevano conosciuto fin dalla sua nascita. La sua vita avrebbe dovuto trovare un nuovo senso, una strada intermedia che gli consentisse di non sprofondare nell’inerzia.
Un ammasso di zolle informi di terra si estendevano ai piedi di Christian. Le foglie dai colori autunnali offrivano uno spettacolo affascinante persino nel luogo più silenzioso della Terra; appassivano e si decomponevano proprio come i corpi e la vita dei suoi abitanti e in questo non vi era nulla di così idilliaco. In un pallido giorno di novembre seppelliva il ricordo dei suoi genitori e di tutto ciò che la vita gli avrebbe riservato al loro fianco. La mano di William gli sfiorò appena la spalla, era stata una carezza, un gesto di affetto da parte di un fratello mancato; il ragazzo riconobbe il tocco aggraziato dell’amico, lo aveva interiorizzato nel corso dei lunghi anni di legame, rappresentava l’unico ricordo piacevole del passato ancora vivo accanto a lui; era l’unica leva in grado di sorreggerlo a pochi centimetri dalla buca scavata nella terra umida e friabile.
«Come ho potuto consentire che accadesse? Perché non li ho trattenuti a San Diego? Se solo l'avessi fatto, sono convinto che sarebbero rimasti con me ... era sufficiente qualunque motivazione, mamma mi avrebbe ascoltato e loro sarebbero ancora ...»
La luce flebile del sole illuminò i petali candidi e la foto che insieme alla rosa avrebbe ornato la lapide. Aveva scelto un’istantanea dai colori vividi per accompagnare il sonno eterno dei coniugi Richardson, aveva deciso che il suo umore non avrebbe dovuto influire su una scelta definitiva; loro avrebbero voluto riposare insieme e felici per sempre, proprio come nel ricordo che li avrebbe accompagnati nel passaggio dalla vita alla morte. Era pervaso dalla più profonda amarezza e da una fastidiosa impotenza per la quale non si poteva più porre rimedio; non aveva potuto controllare il destino, ma nessuno avrebbe potuto farlo al suo posto, ciò era solo una magra consolazione che però avrebbe avuto l'importante compito di risparmiargli i sensi di colpa per il resto della sua esistenza.
«Sai, Chris, cosa penso? Credo che tu sia stato fortunato, non tutti possono affermare di aver salutato per sempre i propri cari senza rimpianti. Erano fieri di ciò che sei e non hanno mai mancato di fartelo sapere in ogni modo possibile ed immaginabile. Sapevano quanto volessi loro bene, ogni giorno per voi era l'ultimo su questa terra. Continua a renderli orgogliosi, onorerai la loro memoria»
William aveva sussurrato al suo fianco per rendere la conversazione riservata e lontana dall’attenzione del resto dei presenti.
«Will, ho diciassette anni, non vedo nulla di positivo in questa situazione»
«So che sabato prossimo avrai un colloquio con la Berkeley. Avevi chiesto ai tuoi di esserci, tenevi alla loro presenza, dicevi che ti avrebbe dato la forza e la calma per affrontarlo con sangue freddo e senza troppa emozione. Affrontalo per loro, non rimandarlo, loro ci saranno ugualmente. Saranno sempre al tuo fianco»
Christian non riusciva a cogliere il senso delle parole dell’amico, in occasione di quella triste commemorazione non vi era argomento meno opportuno, vedeva solo ed esclusivamente il presente e il nero davanti a sé, al massimo il marrone della terra e il grigio della pietra tombale.
«Ho smesso di prepararmi per il colloquio una settimana fa, credo di avere dimenticato tutto, non ricordo più nulla. Dovrei ricominciare da capo e non ho la mente abbastanza libera per concentrarmi»
«Dopo il funerale torniamo a casa insieme e non accetto scuse, non raccontarle a me, non ti crederò mai. Forse potrò non esserti utile, ma conosco le maniere forti per tenere il tuo testone chino sui libri»
La voce di Christian era stata sempre più flebile, si vergognava del tema che stava affrontando l’amico, ma soprattutto dei pensieri che lui aveva maturato a riguardo. Si sentì in colpa quando un lieve sorriso attraversò il suo volto consumato dal lutto. Cosa lo faceva sorridere? Non c'era nulla che potesse dipingere un sorriso sincero sulle sue labbra, la sua era gratitudine verso William e la commovente vicinanza che gli stava dimostrando accompagnandolo nella discesa verso l'abisso più profondo della sua vita.
«Non voglio più frequentare il college. William, voglio terminare il liceo e iscrivermi all’accademia militare»
«E la Berkeley? La lettera di raccomandazione della preside?»
«Lo hai detto tu, voglio anche io continuare a renderli orgogliosi. Voglio essere al servizio della mia nazione, voglio fare in modo che simili catastrofi non capitino più»
William non rimase del tutto sorpreso, la promessa di Christian risuonò forte e chiara sotto il cielo grigio del novembre più freddo della loro vita. 
Il cielo aveva cambiato connotazione per Christian, non lo avrebbe mai più sorvolato come prima, se mai un giorno avesse avuto il coraggio di tornare a volare su un aereo di linea.

 

Due iridi mature scrutavano oltre lo specchio della stretta cabina dei servizi dell'aereo. Qualche sobbalzo rendeva la sua immagine mossa, ma nitida. Aveva ricominciato a riconoscersi, benché il malessere di cui soffriva in volo - triste eredità del passato - fosse opprimente. Aveva trovato un posto nel mondo, realtà e progetti erano tornati a combaciare, l'orizzonte era raggiungibile come in passato non lo era stato.
La Marina aveva accolto nel migliore dei modi un giovane brillante e volenteroso; tra difficoltà e fatiche aveva brillato. L’oceano era stato la sua condanna e la sua salvezza: lì aveva perso i genitori, aveva deciso di spendere il suo servizio, aveva conosciuto sua moglie e aveva deciso di continuare a vivere con la sua famiglia. L’oceano era la vera tomba su cui piangere i caduti che abitavano ancora le ferite del suo cuore; al campo santo vi era solo un altare simbolico, i loro resti erano sotto i suoi piedi ogni volta che levava l’àncora e salpava.
Aveva vissuto la guerra in Afghanistan e proprio dall’ennesima esperienza sofferta – ma stavolta vissuta con consapevolezza di ciò a cui andava incontro – aveva guadagnato sul petto più di una medaglia per i meriti sul campo. Non avrebbe mai saputo se fossero orgogliosi di lui; aveva seguito consigli e cuore, il padre gli ripeteva di ascoltarlo fin dalla più tenera età. Aveva dato retta anche alla frustrazione, alla forza della vita che scorreva nelle sue vene e che non desisteva davanti alla palese sconfitta che portava il nome della morte; aveva trovato un nuovo senso per la sua vita, un piano B in loro mancanza, perché senza di loro non avrebbe potuto portare avanti ciò che insieme avevano progettato, non vi erano più i presupposti. Era diverso dall’età di diciassette anni, ma non aveva perso il lato migliore di sé, di cui sua moglie si era innamorata.
Lo sguardo preoccupato di Katherine lo fissava attraverso il riflesso; aveva trovato la porta aperta e non aveva indugiato ad entrare per sapere come stesse. Christian riemerse dai pensieri, la donna lo aveva riportato indietro al presente da un passato nel quale ricadeva ancora, più volte di quante avrebbe voluto.
«Stai bene? Mi sono preoccupata, eri molto pallido. Ho pensato ti fossi allontanato per non angustiare la bambina»
Si era appoggiato al bordo del piccolo lavabo, in effetti la posizione nel quale aveva trovato il marito era tutto tranne rassicurante. 
«Sto meglio. Grazie, Kathe»
«Ma figurati, amore, cos’altro avrei potuto fare se non …»
«No, non hai capito. Grazie per essermi accanto, per aver cambiato l’immagine di me stesso, per avermi svelato un orizzonte verso cui andare»
Lei aveva compreso a cosa si stesse riferendo, la crisi psicofisica che lo sorprendeva impotente su qualsiasi velivolo aveva un nome, anzi due, a lei ben noti.
«Hai trovato la tua strada molto prima di me ed Alis, noi abbiamo solo deciso di accompagnarti»
Anche se faceva male sapere che rischiasse la vita, rispettava la sua decisione; suo marito era un Navy SEAL da prima che lo conoscesse, lo era diventato in giovane età, ed era consapevole che esserlo metteva pace nella sua anima. La pace dell'uomo che amava era la stessa sua. Lo stava ancora ammirando attraverso lo specchio, si stavano fissando e sorridendo, quando la voce del pilota in comando attraverso l'altoparlante inondò l’abitacolo.

«Qui è il vostro comandante che vi parla. Siete pregati di allacciare le cinture di sicurezza in fase di atterraggio. Stiamo per giungere a destinazione»
 
 


Salve a tutti, care lettrici e cari lettori ^^
Questa one-shot racchiude una piccola porzione della mia long, è un approfondimento sul passato di Christian, che è uno dei due protagonisti. Se avete curiosità di sapere cosa attenderà questi personaggi in futuro, vi lascio il link di 
Congiunzione astrale.
Ringrazio tutti coloro che sono giunti fin qui, sia i miei lettori per aver approfondito questo missing moment, sia i nuovi lettori ❤.
Ringrazio inoltre di cuore la mia adorata Bloody Wolf per il prompt, senza di lei non esisterebbe questa one-shot ❤.
Un abbraccio grande
-Vale

 

 
 

[1] Sta passando novembre – Eros Ramazzotti
 
   
 
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