"Mi rincresce padrone, ho provato a cercarlo dappertutto ma senza trovarlo. Poi... un abitante della regione di Musashi mi ha riferito che quello stupido si è fatto imprigionare da una sacerdotessa con una freccia sacra." Concluse il piccolo demone abbassando il capo con riverenza e timore.
Il giovane, dalle sfarzose vesti, non si scompose a quella notizia limitandosi ad assottigliare lo sguardo osservando dinanzi a sé l'esercito nemico che si apprestava ad affrontare.
"Stupido inetto... solo lui poteva farsi imprigionare da una sciocca femmina. Inutile mezzo demone eri in vita e così rimarrai anche nella tua morte apparente."
Non aveva tempo per indugiare né per lasciarsi andare a vecchi rancori. Il nemico avanzava e il demone, mai come in quel frangente, bramava versare quanto più sangue possibile. La sua furia era implacabile, così come la rabbia e la smania di potere che da sempre lo perseguitavano. Quei sentimenti, simili ad ombre, si erano insinuati nell'animo lentamente fino ad attechirvi completamente.
Le sue mani danzavano nell'aria con maestria ed eleganza, fendendo, strappando e squarciando qualsiasi cosa passasse loro davanti.
Sarebbe mai stato soddisfatto? Quando tutti sarebbero stati sconfitti avrebbe ottenuto ciò che voleva?
Ma cos'è che desiderava realmente il grande e potente Sesshomaru?
Non era quello il momento per porsi futili domande. Era tempo di combattere, di ribadire che contro di lui niente e nessuno avrebbe mai potuto aver ragione. Lui era nato per quello, e in fondo forse... l'unica cosa che sapesse davvero fare era stroncare vite.
"Siete stato davvero grandioso padrone, un'autentica furia. Li avete sterminati tutti. Adesso sapranno che mettersi contro di voi equivale ad andare contro morte certa, d'altronde non avevo dubbi sul fatto..."
"Sta zitto, basta! Non una parola di più!"
"Ma... ma signore io volevo solo complimentarmi."
"Se provi solo a dire altro ti assicuro che farai la loro stessa fine Jaken!"
Ancora una volta il piccolo vassallo capì di essere stato invadente ed eccessivamente prodigo di complimenti. Non comprendeva però il motivo per il quale il suo signore fosse così irritato nonostante la schiacciante vittoria.
Sesshomaru contemplò ancora per qualche istante il campo di battaglia sul quale resti di demoni si mischiavano a terra e sangue, poi si voltò in silenzio inoltrandosi nella fitta boscaglia.
Jaken sapeva bene che quando il suo padrone assumeva certi atteggiamenti significava che voleva restare da solo, così decise di aspettarlo poco distante da quel luogo. Solo dopo essersi tranquillizzato, per aver evitato di incorrere nelle ire del demone, il piccolo servitore si accorse di quello che per Sesshomaru equivaleva al pari di una sconfitta.
Tra i demoni caduti in quel luogo vi erano numerosi suoi alleati schierati al fianco del nobile demone e pieni di fiducia nelle sue capacità. Erano lì per difendere gli stessi territori che un tempo furono del grande Generale Cane, padre di Sesshomaru.
Finalmente Jaken capì il disappunto del suo padrone. Le ingenti perdite significavano che lui non aveva saputo tener testa all'avversario fino in fondo. Comprese perciò che il suo malumore non sarebbe scemato tanto presto.
La consueta lentezza dei suoi passi assunse in breve un'andatura veloce e rabbiosa. Al suo solo passaggio gli alberi e la radura intorno vibravano come scossi nelle proprie radici. L'impeto del suo incedere era simile a tempesta, come ella infatti... il demone non toccava mai il suolo, rimaneva sospeso, in bilico tra il cielo e la terra. Tra la sua vita, che per quanto lunga, prima o poi avrebbe avuto termine e la gloria eterna che egli ricercava da sempre.
Non si voltava mai indietro Sesshomaru, non era sua abitudine, farlo significava avere rimpianti, e per lui quello era un termine sconosciuto.
Forse fu per questo che quando i suoi occhi sottili ed ambrati incrociarono quel luogo così inusuale la sua corsa si arrestò di colpo.
La vegetazione intorno era più fitta del solito, i colori erano di un verde brillante e rigoglioso. Tutto sembrava quasi avere un aspetto magico, come se una strana malia albergasse quel bosco così silenzioso e accogliente.
Il suo olfatto percepì un odore, un odore conosciuto... che gli fece indurire il volto in un'espressione contrita e disgustata. Sarebbe potuto andare via, avrebbe potuto benissimo ignorare quel luogo e chi vi era imprigionato. Nonostante ciò le sue gambe si mossero, passo dopo passo, fino a che l'odore si fece più forte e penetrante, fino a quando lo intravide da lontano e si costrinse ad imprimere negli occhi il destino riservato ai deboli e agli umani.
Eccolo lì... il ragazzo che osava definirsi suo fratello minore. Una fine miserevole così come la sua esistenza.
Sdegno, rabbia e pietà. Sì, almeno quella si concesse di provarla. La pietà per chi ha creduto di poter andare oltre le proprie possibilità, di potersi innalzare ad un rango che non gli sarebbe mai stato concesso.
"Ma guardati... se potessi vederti come ti vedo io adesso proveresti pena per te stesso. Volevi diventare un demone completo, bramavi il potere, la forza, e invece il tuo stupido sangue umano ti ha condotto alla morte. Il solo pensiero che dentro di te scorra la stessa linfa vitale di nostro padre mi provoca disgusto.
Un uomo come lui, venerato come il più potente tra i demoni, si è lasciato irretire da una donna, una misera, fragile umana che lo ha condotto alla morte. E tu, miserabile fratello, non sei da meno di lei! Tu avresti dovuto sostenermi, avresti dovuto combattere con me in nome di quello che nostro padre ci ha lasciato. Avresti dovuto difendere ciò che era suo! L'onore, il rispetto e la gloria in battaglia vengono prima di tutto. Il resto sono solo cose futili e prive di senso."
Avrebbe voluto dirgli quelle cose di persona, guardandolo negli occhi affinché lui vedesse il suo disprezzo, la sua delusione. Per quell'appoggio che non aveva avuto, per il sostegno dell'unica persona che possedesse il suo stesso sangue. Gli avrebbe urlato contro che se avesse incrociato di nuovo il suo cammino lo avrebbe ucciso. Ma le sue parole rimasero inascoltate all'interno di quel bosco, infrangendosi su quel viso placido e addormentato che non poteva ascoltarlo.
"Cosa mai avrà trovato nostro padre in dei patetici umani. Perché li proteggeva, perché si era innamorato di una di loro mettendo al mondo addirittura un figlio. Chi sei tu Inuyasha? Chissà se ti sei mai posto questa domanda. A quale mondo senti di appartenere?
Che domanda sciocca la mia. La risposta è qui davanti ai miei occhi. Sei un debole, e come tale sei morto. L'amore, e qualsiasi sentimento che deriva da esso, rende deboli e schiavi di un'eterna agonia. Io sono già oltre tutto questo. Io conquisterò, eguaglierò e supererò la grandezza di nostro padre. L'unica cosa di cui mi rammarico è non poterti vedere strisciare davanti ai miei piedi quando quel giorno arriverà."
Un leggero vento mosse le fronde degli alberi e i capelli del mezzo demone addormentato. Sesshomaru si scoprì ad osservarne il viso meravigliandosi di vederlo così sereno e al contempo triste. Da dove veniva quella tristezza?
Dalla sua fine miserevole pensò. Poi gli sovvennero le parole di Jaken e i mormorii uditi in giro durante i suoi spostamenti. Si narrava di una sacerdotessa che soleva accompagnarsi ad un mezzo demone, e i due pare avessero rapporti ben più che amichevoli.
Allora tutto gli parve più chiaro. Capì la sofferenza e la tristezza di quel viso fanciullesco e lo compatì.
"Almeno una cosa puoi dire di averla in comune con nostro padre. La pessima scelta in fatto di donne. Davvero patetico..."
Disse voltandosi e tornando sui suoi passi. Solo quando fu abbastanza lontano da non percepirne più l'odore comprese il perché fosse giunto proprio in quel bosco.
Voleva vederlo con i suoi occhi. Sentiva forte dentro di sé l'esigenza di capire se a lui sarebbe mai potuta accadere una cosa del genere. No, non sarebbe mai avvenuto. Non c'era nulla a cui lui tenesse, se non il proprio onore, non c'era niente di caro e prezioso da proteggere sé non il suo rango e il suo prestigio.
Si sentì quasi fiero di se stesso pensando a quanto fosse al di sopra di qualsiasi sopravvalutato sentimento umano. Eppure... una piccola, silente e nascosta parte del suo animo si sentì vuota, arida e spenta. L'immagine triste di suo fratello minore gli tornò alla mente, e si chiese per quell'unica volta, se amare qualcuno valesse tanto dolore e tanta tristezza.
Il sibilo del vento divenne più forte spazzando via i pensieri, che da quella volta in poi non tormentarono più la sua mente.
Non fece più ritorno a quell'albero sacro dove il mezzo demone riposava.
Il tempo trascorse facendo scivolare ricordi e affanni tra le pieghe della memoria. L'albero avvolse le proprie radici attorno al corpo del giovane demone dalla veste purpurea, quasi a volerlo proteggere dall'incuria del tempo. Sesshomaru intanto percorreva sempre la strada che aveva scelto, fatta di gloria e conquiste. Mai pago e mai soddisfatto di ciò che otteneva, annegava nei suoi lunghi e solitari silenzi le domande senza risposta che il suo animo cercava.
Un giorno chissà... forse avrebbe davvero compreso i reali sentimenti di quel padre che tanto voleva eguagliare e di quel fratello che invece non riusciva ad accettare.
Ho sempre pensato che almeno una volta, magari per curiosità, o per accertarsi della sua reale fine, Sesshomaru si sia recato nei pressi dell'albero sacro ad osservare il corpo addormentato di suo fratello. Gli obbiettivi di entrambi sono sempre stati diversi, ma penso che il senso di solitudine che pervade il loro animo non sia dissimile. Il potere, la gloria, ottenere la forza a tutti i costi fa sempre terra bruciata attorno a sé, e la solitudine non tarda ad affacciarsi rendendo l'animo triste ed arido. Dovranno fare un percorso interiore lungo e tortuoso per cambiare le cose. Credo che il Grande Generale Cane avesse già previsto tutto, nella sua lunga esperienza di vita. Sesshomaru, come Inuyasha e gli altri, è un personaggio dalle mille sfaccetture però non semplice da interpretare, spero di averlo fatto in modo egregio. Grazie a chiunque avesse piacere nel passare da queste parti e magari esprimere la propria opinione. Alla prossima.