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Autore: Ortensia_    09/12/2020    1 recensioni
[ IN SOSPESO ]
{ FE3H: Post Azure Moon | il rating cambierà con il proseguire della storia }
Sono passati diciassette anni dalla fine della sanguinosa guerra combattuta fra il Sacro Regno di Faerghus e l’Impero Adrestiano, culminata con l’unificazione del Fódlan a seguito della vittoria della prima fazione.
Per i quattro figli dell’Arcivescova della Chiesa di Seiros e del Re del Fódlan Unito è giunta l’ora di recarsi all’Accademia Ufficiali e di prepararsi al passaggio verso l’età adulta. In questo tempo di pace e spensieratezza, però, il passato dei loro genitori getta ancora troppe ombre sul loro presente.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Byleth Eisner, Dimitri Alexander Blaiddyd, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Ash and Snow, Blood and Bones



Parte 1, Capitolo 1

Nuvole Bianche: Ritorno al Garreg Mach



Rodelia sedeva con le mani inguantate congiunte in grembo, i lineamenti delicati screziati dalla luce dorata del sole che filtrava timidamente oltre la tendina blu. Stretta nel suo scialle di pelliccia che si ostinava a indossare nonostante si trovassero ormai ben lontani dal cuore freddo del Regno e con i capelli blu notte legati in una treccia che le ricadeva morbidamente su una spalla, sembrava un quadro. L'esatto ritratto di una graziosa fanciulla immersa nella contemplazione del paesaggio che si intravedeva fuori dalla carrozza.
Accanto a Rodelia sedeva la gemella, Esperia, i cui occhi erano così limpidi che osservandoli si aveva l'immediata impressione che attraverso di essi si potesse leggere qualsiasi pensiero le passasse per la testa. I lunghi capelli biondi le incorniciavano il viso tondo, le gote piene e appena arrossate e le labbra rosee increspate in un sorriso allegro. Teneva le mani sulle ginocchia e le suole degli stivali ben aderenti al pavimento, pronta a esultare nel momento in cui sarebbero giunti a destinazione.
Maris, ultimo nato della dinastia reale, era immerso nella lettura di un libro alquanto consunto, probabilmente uno dei tanti romanzi eroici che Ashe gli aveva donato. A dire il vero lui ed Esperia avevano trascorso la maggior parte del viaggio a disquisire entusiasticamente su tutto ciò che si vedeva fuori dalla carrozza, ma alla fine anche lui era stato sopraffatto dalla noia.
Arendelle, primogenita dell'Arcivescova della Chiesa di Seiros e del Re del Fódlan Unito, nonché sola e unica osservatrice dei propri compagni di viaggio, avvertì un malessere a cui era ormai fin troppo abituata. Era una sensazione spiacevole che non riusciva ancora a comprendere appieno, anche se negli ultimi tempi aveva avuto l'impressione che stesse divenendo sempre più simile a un'amara consapevolezza.
Le mancava qualcosa, ma non disse nulla. D'altronde Maris le avrebbe ricordato che un giorno sarebbe divenuta regina, mentre Esperia le avrebbe fatto i complimenti per la forza, il fisico allenato e perfino per i capelli, ben più lucenti e ordinati dei suoi. Rodelia, contraddistinta da una spiccata maturità, le avrebbe invece rimproverato di soffrire per una mancanza piuttosto che gioire per tutto ciò che possedeva.
Tutti la ammiravano, nutrivano grandi aspettative verso di lei. Maris, in particolare, si era aggrappato alla sua sottana fin da quando aveva compiuto i primi passi e sembrava non averla ancora lasciata. Era lui che la infastidiva maggiormente: aveva gli occhi identici a quelli del padre, perciò quando la guardava si sentiva esaminata e giudicata non tanto da suo fratello, quanto piuttosto dalla persona che amava di più al mondo.
Arendelle chiuse gli occhi e sospirò sommessamente: avrebbe soltanto voluto recuperare la propria lancia dalla carrozza delle armi e raggiungere il padre in testa alla carovana che portava gli stendardi del Fódlan Unito.


La vista del Monastero parve ridestare tutti dal torpore del viaggio.
Maris chiuse il libro e tornò ad ammirare il paesaggio e Rodelia raccomandò subito a Esperia di mantenere la calma e di resistere alla tentazione di andare a esplorare il bosco una volta arrivati.
«Ma ci pensate?» Esperia, in effetti, era tutt'altro che tranquilla. «Vivremo qui per un anno intero! Chissà quante persone conosceremo!»
«Non siamo qui per fare amicizia» la rimboccò Arendelle.
«Che male ci sarebbe, sorellona?» le domandò Maris.
«Infatti» convenne Rodelia. «Anzi, fare amicizia è fondamentale, tanto quanto imparare l'arte della guerra. Abbiamo il compito di mantenere salda la cooperazione militare e commerciale con gli ex-territori dell'Alleanza e soprattutto di creare legami con i membri dei Lupi Cinerei, essendo questi composti per lo più dalla nuova nobiltà e dai superstiti dell'Impero.»
Arendelle abbandonò qualsiasi volontà di controbattere. Era frustrante che Rodelia fosse sempre così avveduta e coscienziosa, ma solo uno stupido avrebbe potuto darle torto.
«Guardate!» Esperia attirò immediatamente la loro attenzione: stava picchiettando un dito sul vetro con fare energico. «Un'aquila!»
«Dove? Non la vedo» Maris poggiò entrambe le mani sul vetro e finì per premervi anche la guancia, un comportamento decisamente poco principesco che fece sospirare Arendelle.
«Laggiù!» Esperia continuò a picchiettare il dito. «Sulla cima di quell'albero!»
«Ah, eccola!»
Arendelle li osservò con la coda dell'occhio ancora per qualche istante, invidiando un entusiasmo così grande per qualcosa di così insignificante come un'aquila. Quando tornò a guardare davanti a sé il suo cuore saltò un battito: Rodelia la stava fissando, le labbra increspate in un piccolo sorriso gentile.
«Vedrai che sarà una bella esperienza» disse. «Ti basterà essere un po' più indulgente.»
Punta sul vivo, Arendelle bofonchiò qualcosa di incomprensibile e distolse lo sguardo, rivolgendolo alle proprie mani: Rodelia aveva compreso immediatamente il suo disagio e come il più clemente degli angeli aveva tentato di rassicurarla. Lo faceva con tutti: si poneva come colonna portante, qualcuno su cui contare. Ma avrebbe dovuto essere il contrario, dopotutto era Arendelle la sorella maggiore.
«Stiamo sorpassando il primo muraglione» annunciò Esperia, ormai reduce dell'entusiasmo provato per l'avvistamento del rapace, non più visibile a causa della posizione della carrozza.
«Chissà come sta la mamma» per tutto il viaggio Maris non aveva avuto altro pensiero in mente. Dopotutto aveva solo quattordici anni e al contrario di molti ragazzi non credeva assolutamente che dimostrare affetto per la propria madre potesse in qualche modo compromettere la sua mascolinità.
«Secondo voi zio Claude e gli altri sono già arrivati?» domandò Esperia mentre poggiava la mano sulla spalla della gemella.
«Sono certa che arriveremo per primi» rispose prontamente Rodelia, un sorriso sottile a incresparle le labbra mentre osservava il secondo muraglione farsi sempre più imponente.
All'improvviso udirono il nitrito di un cavallo, lo scalpiccio degli zoccoli accrescere di intensità per poi scemare nel momento in cui qualcuno bussò sulla fiancata dell'abitacolo su ruote.
«Ohi!» Sylvain li salutò con un cenno della mano. «Tenetevi pronti, manca poco!»
«Siamo già pronti» Arendelle rispose a denti stretti, mentre Rodelia si limitò a ricambiare il saluto del cavaliere.
«Non vedo l'ora di sgranchirmi le gambe» Esperia si stiracchiò, distendendo gli arti fino a toccare il piede di Maris con la punta dello stivale. «Per colpa del mio fratellone sono tutta intorpidita…»
«Ehi!» sentendosi chiamato in causa, Maris protestò, ma un sorriso divertito si sostituì immediatamente alla sua espressione corrucciata.
«Potrei dire lo stesso, sai?» tese entrambe le mani verso la sorella, le dita spalancate.
«No, no!» Esperia si dimenò nel tentativo di sfuggirgli, ma non appena lui le toccò la pancia si ripiegò su se stessa e cominciò a ridere sguaiatamente, provocando il giubilo del suo tormentatore, estremamente divertito da quella reazione spropositata.
Rodelia sorrise di fronte a quella scena. Ricordò di quando, da bambini, giocavano tutti insieme nel cortile fiorito sul quale si affacciava lo studio privato del padre.
La carrozza si fermò qualche istante più tardi. Un cavallo nitrì e qualcuno fischiò.
Maris non riuscì a trattenere un sorriso di contentezza quando vide due Cavalieri di Seiros davanti all'ingresso del Garreg Mach, ma la sua attenzione fu subito attirata dallo scatto dello sportello. Quando si voltò lo vide scivolare all'indietro e aprirsi sulla strada.
La luce bianca del sole riempì la carrozza solo per un istante, sovrastata immediatamente da un'ombra imponente.
Per la prima volta da quando erano partiti un sorriso puro come quello di una bambina illuminò il volto di Arendelle.
«Avete fatto un buon viaggio?» nella sua armatura argentata e con il viso libero dai capelli, che erano raccolti in un codino dietro la testa, Dimitri rivolse un sorriso ai figli e tese loro la mano per aiutarli a scendere dalla carrozza.
«Sì» fu Rodelia a rispondere, mentre le dita affusolate di Arendelle si aggrappavano alla mano del padre.
Non appena la primogenita scese dalla carrozza con un piccolo balzo, Rodelia lasciò il proprio posto e afferrò la mano del Re.
«Alla fine non è stato neppure tanto lungo» aggiunse una volta che ebbe toccato terra con entrambi i piedi.
«Il bel tempo ci ha permesso di andare più veloci» Dimitri le sorrise, dandole una carezza sul capo, poi tornò a rivolgere la propria attenzione all'interno della carrozza e ritirò la mano.
«Esperia» pronunciò il nome della figlia con tono serio, ma lei, in tutta risposta, gli mostrò i denti bianchi in un grande sorriso.
«Fa piano–»
Esperia gli gettò immediatamente le braccia al collo, ma Dimitri riuscì a sorreggerla prontamente con l'aiuto di un solo braccio.
«Non ti vergogni? Hai sedici anni» la punzecchiò Maris, ricevendo una linguaccia in risposta.
«È vero» scherzò Dimitri mentre porgeva la mano al figlio più piccolo. «Dovresti prendere esempio da tuo fratello.»
«Continuerò finché riuscirai a sorreggermi» annunciò lei mentre scioglieva l'abbraccio, le guance leggermente gonfie e l'aria volutamente sostenuta.
«Bene» Dimitri chiuse lo sportello della carrozza con un tonfo alquanto rumoroso, ma nessuno dei figli si scompose: quello che a molti sarebbe potuto apparire come un gesto di stizza era per loro la semplice normalità. Non era arrabbiato, anzi il suo viso era disteso, sereno, sfiorato gentilmente dai raggi tiepidi del sole.
Dimitri guardò i suoi figli e sorrise, un fremito nel petto.
«Andiamo a salutare vostra madre.»


Byleth si trovava un paio di metri oltre l'ingresso del Garreg Mach, Flayn e Seteth al suo fianco, la prima con le labbra piegate in un grande sorriso e il secondo ritto in piedi con le braccia dietro la schiena, la consueta espressione austera sul volto.
Ingrid, il cavaliere personale dell'Arcivescova, si era invece diretta verso la carovana e probabilmente si era già ricongiunta a Sylvain e ai figli.
Fra i tre in attesa, Flayn era l'unica a dimostrare un certo entusiasmo, facendo perfino fatica a trattenersi: non vedeva i principi da due anni ed era particolarmente impaziente di scoprire se i tanti racconti dell'Arcivescova erano stati sufficienti per aiutarla a immaginarli cambiati o se l'inesorabile scorrere del tempo le avrebbe mostrato uno scenario totalmente diverso da quello fantasticato.
Maris ed Esperia furono i primi a varcare la soglia del Garreg Mach, dirigendosi di corsa verso la madre.
Byleth non ebbe neppure il tempo di dare loro il benvenuto e non poté fare altro se non accoglierli nel suo abbraccio materno.
Flayn e Seteth arretrarono di qualche passo, come a voler lasciare maggiore intimità alla famiglia.
Dimitri e Rodelia li raggiunsero pochi istanti più tardi e Flayn si perse a osservarli, le labbra appena dischiuse, in un’espressione meravigliata.
«Maris ed Esperia sono cresciuti, certo» affermò rivolgendo una rapida occhiata a Seteth, che stava osservando la scena con espressione flemmatica. «Ma Rodelia sembra già una donna fatta e finita!»
Poi, però, Flayn si guardò intorno confusa, rivolgendosi nuovamente al padre.
«A proposito, dov'è Arendelle?»
Seteth chiuse gli occhi ed emise un sospiro di rassegnazione, quello di un padre perfettamente consapevole di quanto fosse difficile tenere a bada i propri figli.


«Dov'è Arendelle?» fu quella la prima domanda che Byleth rivolse a Dimitri mentre lui la abbracciava e la salutava con un bacio sulla fronte.
«Credo sia andata alla carrozza delle armi» il Re allentò leggermente l'abbraccio, cercando gli occhi della consorte. «Se la vedo le dico di venire a salutarti.»
«Non preoccuparti» Byleth gli sorrise, ma era chiaramente un'espressione di circostanza. Anche se ora era più facile intuire le emozioni della donna, molti trovavano ancora tanta difficoltà nel decifrarla, ma non Dimitri, che piuttosto che concentrarsi sulle sue labbra si perdeva a contemplare quei grandi e bellissimi occhi nei quali riusciva a scorgere un'infinità di sfumature. Era evidente che il comportamento distaccato di Arendelle la intristiva. E angustiava anche lui che meglio di chiunque altro sapeva che madre meravigliosa fosse Byleth, una madre giusta e benevola che si era sempre prodigata per distribuire equamente tutto il suo amore ai figli.
«Ben arrivato, Sua Altezza Reale!» una mano si poggiò sulla spalla del Re, che si voltò immediatamente.
«Claude, amico mio» Dimitri sorrise e anche Rodelia lo avrebbe fatto se non fosse stata tanto stupita di scoprire che i Cervi Dorati erano già lì.
I due uomini si salutarono con un paio di pacche al centro della schiena, poi Claude si rivolse ai tre principini.
«Allora? Come state? Eccitati? Spaventati? La prof vi darà sicuramente del filo da torcere!»
«Molto bene, così il Leone potrà battere ancora una volta il Cervo» la voce inconfondibile di Felix fece nascere un sorriso divertito sul volto di Claude, che gli rivolse un immediato saluto con un cenno della mano.
Accanto al Leone dai capelli blu vi era Alexander Glenn Fraldarius, un ragazzo dall'aspetto identico al padre se non per gli occhi verdi della madre. I tre principi lo salutarono allegramente e lui ricambiò con altrettanta contentezza.
Annette li raggiunse pochi istanti più tardi, un sorriso cordiale sulle labbra e stretta al petto una bambina paffuta che subito distese il braccio per sfiorare con le piccole dita la gomitiera del padre. Mercedes era accanto all’amica e rivolse un saluto a Dimitri e ai tre principi: era raro che lasciasse la Chiesa, ma quando Annette andava a trovarla non c'era preghiera che tenesse.
Pochi istanti più tardi vennero raggiunti anche da Klaus, il solo erede di Claude, e dai gemelli Eisner, che rivolsero subito un inchino al Re.
Leon e Anastasia Eisner erano gemelli eterozigoti, proprio come Rodelia ed Esperia. Erano accumunati dai lineamenti delicati, dagli zigomi alti e dalla pelle molto chiara, ma per il resto sembravano a malapena fratelli.
Il ragazzo aveva capelli più neri della notte, corti e leggermente ondulati sulle punte, e occhi viola chiaro, tendente al lilla. La gemella, poco più bassa di lui, era piuttosto minuta e portava i lunghi capelli castani legati in una coda laterale, ma probabilmente il tratto che spiccava maggiormente erano gli occhi dorati, di un taglio decisamente più affilato rispetto a quello di Leon.
Una guardia li aveva trovati diciotto anni prima in un grande paniere senza manico abbandonato sotto i portici esterni del primo muraglione, proprio davanti a uno dei cancelli secondari. Tutti al Monastero si erano presi cura dei due, soprattutto Byleth, che aveva dato loro nome e cognome.
Klaus, che aveva appena preso sotto braccio Maris, aveva invece compiuto sedici da pochi giorni.
«Buongiorno principini!» aveva senza dubbio ereditato tutta la sfrontatezza del padre, ma era piuttosto simpatico e perciò tutti lo salutarono calorosamente. Aveva i capelli castani tagliati corti e una piccola treccia a destra, in onore del padre, mentre all'orecchio sinistro portava un piccolo orecchino d'oro a forma di luna. La sua pelle era color del miele, mentre gli occhi erano di una particolare tonalità rosata che aveva senza dubbio ereditato dalla madre Lysithea.
«Ho trovato qualcosa di molto interessante nel bosco» annunciò con una certa soddisfazione. «Volete che vi accompagni?»
«Molto volentieri!» esclamò Esperia, che sembrava non aspettare altro. Lei e Klaus, dopotutto, condividevano uno spiccato senso dell'avventura, difatti, tutte le volte che la famiglia reale si era recata negli ex-territori dell'Alleanza, Rodelia aveva trascorso le giornate al Campo Marzio con Claude per affinare la sua tecnica di tiro con l'arco o a contatto con le viverne, creature per le quali aveva sempre nutrito una certa ammirazione, mentre Esperia e Klaus erano andati a giocare per le strade della città o al porto, dove spesso e volentieri facevano scorpacciate di moscardini crudi scroccati ai pescatori.
Come prevedibile, Klaus ed Esperia corsero immediatamente verso il bosco, seguiti a ruota da Maris.
«Andiamo con loro?» Alexander si rivolse a Rodelia, che subito gli sorrise.
«Qualcuno dovrà pur tenerli d'occhio» rispose lei.
«Anche perché sono disarmati» le fece notare lui.
Rodelia rise dell'incoscienza di quel gruppetto. In passato si sarebbe preoccupata, ma negli ultimi anni perfino Dedue si era reso conto della pace che regnava e aveva allentato la presa sull'incolumità del Re e dei principini, perciò non aveva alcun senso impensierirsi.
«Posso unirmi a voi?» Anastasia si insinuò fra loro con un movimento così fluido da sembrare fatta di acqua. «Scusatemi, non ho potuto fare a meno di ascoltare la vostra conversazione» si portò una mano alla cintola, le dita a sfiorare il fodero viola di un pugnale. «Io so combattere se ce ne fosse il bisogno.»
Rodelia, infastidita da quell'interruzione, avrebbe voluto risponderle che il potere di Alexander era più che sufficiente, tuttavia ripensò a quanto aveva detto ad Arendelle sulla carrozza: fare amicizia era importante, soprattutto con i membri della Casata dei Lupi Cinerei, di cui i gemelli Eisner facevano parte. Sarebbero rimasti lì per un anno, non solo qualche giorno come in passato, perciò chiudersi nel Campo Marzio con le sue frecce e i suoi bersagli non era più un piano di fuga contemplabile.
«Ci farebbe molto piacere se ci onorassi della tua presenza» Rodelia increspò le labbra in un soriso di circostanza e Anastasia, che sembrava non aver colto i veri sentimenti della sua interlocutrice, batté allegramente le mano.
«Bene!» si mise immediatamente in testa al gruppo, dirigendosi a passo spedito verso il bosco, evidentemente intenzionata a raggiungere subito gli altri tre.
In quel momento Rodelia non poté fare a meno di rivolgere l'attenzione al gemello, che al contrario di Anastasia se n'era rimasto in disparte, immobile fra gli adulti, con le braccia incrociate dietro la schiena. Era un pesce fuor d'acqua e Rodelia si sentì a disagio per lui.
«Vieni con noi?» gli domandò, e lui sobbalzò, come stupito di essere stato notato e interpellato, poi negò con un rapido cenno del capo, piantando gli occhi a terra.
Rodelia restò a osservarlo ancora per qualche istante, per poi voltargli le spalle non appena Alexander compì i primi passi verso il bosco.


Poco più tardi si ricongiunsero a Klaus, Maris ed Esperia, trovando i due ragazzi impegnati a ingurgitare bacche selvatiche e la principessa seduta su un grosso ramo, a un paio di metri da terra.
«Vedo che vi siete già ambientati» disse Rodelia mentre osservava la sorella scendere dall'albero con un balzo leggero.
«È bellissimo qui» Esperia le mostrò i denti in un grande sorriso e Rodelia non poté resistere dal darle un buffetto affettuoso sulla guancia.
«Klaus, quando siete arrivati?» poi rivolse la propria attenzione al giovane Von Riegan.
«Circa un'ora fa!» rispose lui prima di inghiottire una manciata di bacche e sporcarsi le labbra di succo rosso.
«Ho sbagliato...» Rodelia farfugliò e la gemella le rivolse un'occhiata interrogativa.
«Ero certa che saremmo arrivati prima noi» disse poi a voce più alta. «Se Arendelle fosse qui sarebbe felice di sapere che mi sono sbagliata.»
«Vero» convenne Alexander.
«A proposito» Anastasia attirò la loro attenzione. «Dov'è Arendelle? Avrei voluto salutarla.»
Rodelia si strinse nelle spalle, cercando qualcosa da dire.
«Anastasia, tu vivi qui da sempre» l’intervento improvviso di Esperia, però, spostò l’attenzione su tutt’altro argomento. «Conosci bene il bosco?»
«Oh no» la ragazza scosse appena il capo, sorridendo vagamente imbarazzata. «Preferisco di gran lunga fare compere in città.»
«Davvero?» chiese Esperia con espressione stupita. «Io starei qui nel bosco per sempre!»
«Come uno gnomo» l’intervento di Maris scatenò una breve risata generale e soprattutto quella di Klaus, il cui didietro divenne immediatamente bersaglio del piede di Esperia.
«E pensare che fino a una decina di anni fa agli studenti era proibito fare escursioni nel bosco» Alexander sollevò appena lo sguardo, osservando le cime degli alberi che con le loro fronde verde smeraldo rilassarono immediatamente la sua vista.
«È vero,» convenne Klaus mentre si massaggiava il posteriore, una risata trattenuta a stento «ma ora non è altro che un bosco abitato da cervi, cinghiali, conigli e fagiani.»
Per un attimo sembrarono fermarsi tutti a contemplare le cime degli alberi, la luce bianca del sole che filtrava timidamente tra le foglie tonde.
Per anni, dopo l’unificazione del Fódlan, il Regno e la Chiesa avevano dispiegato i Cavalieri di Seiros e i Soldati Reali per ripulire il territorio dai gruppi superstiti dell’Impero e dalle Bestie Demoniache. Si erano inoltre occupati di recuperare tutte le Reliquie degli Eroi e le pietre segno, di modo che nessuno entrasse illegittimamente in loro possesso.
Erano ormai tempi pacifici e i boschi non erano altro che terreni di caccia perfetti per procurarsi dell’ottima selvaggina o luoghi sereni dove poter passeggiare o meditare.
I ragazzi percorsero ancora una quindicina di metri prima di inoltrarsi nel fitto della boscaglia, lì dove i raggi del sole non riuscivano ad arrivare. Immersi nella penombra umida degli olmi, Klaus li guidò fino alla fine di una discesa rocciosa, per poi svoltare a sinistra, dietro a un muretto di pietra ricoperto di muschio.
Percorsero ancora qualche metro sul sentiero sterrato che si intravedeva appena oltre le chiome invasive degli arbusti, gli alberi che lo fiancheggiavano a formare una muraglia compatta di tronchi e foglie che impedivano di scorgere ciò che vi era al di là. Un fruscio continuo e l’umidità nelle loro narici lasciavano tuttavia ipotizzare che si trovassero nei pressi di un torrente.
«Siamo arrivati» annunciò Klaus, apprestandosi a scostare due grosse fronde basse ma così fitte da riuscire facilmente a sbarrare il sentiero.
Alexander lo aiutò, mentre gli altri quattro si fermarono a pochi passi da loro.
Quando l’impaccio delle fronde fu rimosso, i cinque che avevano seguito Klaus fino a quel punto sgranarono gli occhi e dischiusero le labbra in un’espressione allibita. Esperia fu la prima a disincantarsi e si avvicinò meravigliata a quell’enorme vestigia che di primo acchito sarebbe potuta apparire come un grosso tronco cavo scolpito e sapientemente levigato.
«Ma è vero?» lo sfiorò con le dita, rabbrividendo per quanto fosse freddo.
Rodelia le afferrò il polso ed Esperia ritirò la mano, senza tuttavia allontanarsi da quell’enorme teschio perfettamente conservato.
«Senza ombra di dubbio» Klaus era impettito, ben fiero della sua scoperta. «Non c’è niente di male, Rodelia. Non capita tutti i giorni di vedere il teschio di una Bestia Demoniaca così ben conservato!»
Rodelia non avrebbe potuto sostenere il contrario, ma ciò non le fece cambiare idea: era inquietante.
«È enorme» anche Maris si avvicinò, restando tuttavia dietro alle sorelle. «Ed è solo la testa…»
«Già» convenne Alexander, che tuttavia non sembrava essere né meravigliato né inorridito da quella scoperta. Lui credeva a ciò che vedeva e quello non era altro che uno scheletro che non avrebbe potuto nuocere in alcun modo.
«Tu sapresti controllarlo, Alexander?» chiese Maris, immediatamente incenerito dagli occhi color ametista di Rodelia.
«Non dire assurdità, Maris» Alexander rispose immediatamente, ricominciando ad abbassare la grossa fronda che aveva sorretto fino a quel momento. «È solo un osso e in più stiamo parlando di un mostro.»
«Brr! Non voglio neppure pensare a una cosa del genere!» Anastasia, che fino a quel momento era rimasta in disparte a osservare, si sfregò le mani sulle braccia, scossa da un brivido di paura.
«Meglio tornare indietro» Alexander si lasciò alle spalle il teschio, dando una piccola pacca sulla schiena di Maris. «Andiamo, prima che i nostri padri vengano a cercarci.»


Quando Dimitri si rimise in piedi, lasciandosi alle spalle le lapidi di Jeralt e Sitri, ricambiò il sorriso della moglie, che era rimasta a osservarlo fino a quel momento. Per lui era ormai una sorta di rito rivolgere un saluto ai genitori della propria consorte e Byleth non poteva che essergliene immensamente grata.
Appena il Re la raggiunse, Byleth intrecciò il braccio al suo, sorridendo beata. Se nei primi anni di matrimonio erano riusciti a trascorrere molto tempo insieme a Palazzo, anche per permettere all’Arcivescova di crescere al meglio i figli, negli ultimi tempi non erano stati così fortunati e le occasioni per stare insieme erano sempre più scarse. Era una condizione che pesava sul cuore di entrambi.
In quel preciso caso era trascorso un mese da quando Byleth era partita alla volta del Garreg Mach così da organizzare i preparativi per accogliere i nuovi studenti, mentre Dimitri era rimasto a Palazzo, ostaggio dei doveri reali.
«Per quanto tempo ti tratterai?» fu Byleth a infrangere quel silenzio, mentre passeggiavano lungo una delle vie ciottolate del Monastero. Serrò le labbra, come se avesse voluto frenare qualsiasi tipo di reazione che sarebbe potuta scaturire da una risposta indesiderata.
«Tre giorni» Dimitri le sorrise e gli occhi di Byleth brillarono per un breve istante: non era molto, ma era comunque tanto rispetto al solito.
«Cercherò di liberarmi anche in futuro. Non riuscirei a stare senza di te e i ragazzi per un anno intero» aggiunse poi, felice di vedere il sorriso dell’altra ampliarsi.
Dimitri era disposto a fare tutto il possibile per stare accanto alla moglie e ai figli durante quell’anno in cui non sarebbero tornati a Palazzo, d’altronde Byleth aveva tutto il tempo del mondo, ma lui invecchiava ogni giorno di più e non voleva assolutamente perdere un solo respiro di quelli che ancora gli erano concessi.
«Bene, anche perché avrò bisogno di aiuto con Arendelle» rispose lei, gli angoli delle labbra leggermente piegati verso il basso.
«Non angustiarti troppo, mia amata» Dimitri le sorrise nuovamente, nel tentativo di rincuorarla. «Sono certo che te la caverai benissimo con lei.»
L'uomo la contemplò per qualche istante, trovandola bellissima e perfetta come sempre. Eppure notare l’espressione corrucciata sul suo volto gliela fece sentire decisamente più vicina di quanto non fosse in realtà. Lei era madre tanto quanto lui era padre e quella sua piccola fragilità gli dava l’illusione che non fosse così irraggiungibile.
Dimitri si voltò a osservare il molo di legno che si estendeva sull’acqua cristallina del lago, perdendosi presto nella contemplazione di quello scorcio famigliare.
Ancora faticava a credere di trovarsi in una tale epoca di pace, che qualcuno come lui potesse prendersi un momento per osservare i giochi di luce sull’acqua, sentire il tepore del sole sulla pelle, passeggiare accanto a Byleth.
Faticava a credere di essere riuscito a donare ai propri figli un’infanzia felice, eppure ora si avviavano verso un futuro prospero proprio grazie ai suoi sforzi e a quelli della sua sposa. Esperia avrebbe potuto esplorare tutti i boschi che desiderava, Arendelle e Rodelia allenarsi al Campo Marzio senza la pressione di una guerra imminente, e Maris imparare l’arte della spada direttamente dalla propria madre. Al Garreg Mach avrebbero vissuto i giorni spensierati che a loro erano stati negati.
In tutta quella serenità, però, ogni più piccola ombra pareva assumere la forma di una minaccia incommensurabile, tanto che quella preoccupazione si era aggiunta alle voci dei morti che durante la notte tenevano sveglio il Re.
«Dimitri?» la voce soave di Byleth lo disincantò dalle acque del lago.
«Ho pensato di organizzare una rimpatriata» annunciò lei non appena lui la guardò.
«Alla mensa?»
Quando lei annuì, Dimitri le avvolse le spalle con un braccio, stringendola affettuosamente a sé. Ritrovandosi avviluppata nel mantello caldo del marito, Byleth chiuse gli occhi e sorrise.
«È un’ottima idea» d’altronde a Dimitri non importava dove e cosa mangiava. Anche una cena decisamente più misera rispetto a quelle a cui era abituato sarebbe potuta divenire un piacevole banchetto in compagnia dei propri amici.
«Però ho lasciato che se ne occupasse Ingrid, quindi è probabile che…»
«Ci sarà solo carne» Dimitri sospirò rassegnato, ma subito dopo sorrise: era bello vedere che non era cambiato nulla.
Camminarono ancora per un po’, stretti l’uno all’altra, poi Dimitri si fermò all’improvviso, come se si fosse ricordato di qualcosa di importante.
«Non ci sarà nemmeno il formaggio?»
Alla sua domanda, le labbra di Byleth si piegarono in un sorriso divertito: quell’innocenza fanciullesca era la cosa che la rendeva più felice al mondo. Era meraviglioso constatare che ve ne fosse rimasta ancora nonostante tutti i tormenti di quell’uomo. Era una parte di lui che aveva sempre apprezzato, qualcosa di estremamente piccolo ma molto raro e importante e che perciò andava protetto a tutti i costi.
«Mi sono assicurata che ne mettessero un po’ da parte» rispose poi, vedendo gli occhi di Dimitri illuminarsi di gioia.
«Ho fatto bene a sposarti» disse lui, posandole un bacio sulla fronte.
«Per il formaggio?» Byleth rise, colpendo l'armatura dell'altro con una pacca scherzosa.
Dimitri la avvolse fra le braccia e affondò il viso fra i suoi capelli, inspirandone il profumo con così tanto trasporto che per un istante avvertì un dolore sordo nel petto.
«Per tutto.»



Angolo autrice:
Buongiorno a tutti!
Breve storia triste giusto per iniziare a conoscersi nel miglior modo possibile: sono anni che non porto a termine neppure un primo capitolo e vorrei tanto dirvi che questo è davvero il primissimo dopo tanto tempo, ma sono sincera: è il secondo, perché l’originale era pronto e il PC ha pensato bene di corrompermi il file a pochissimi minuti dalla sua pubblicazione.
Ero così felice e soddisfatta di essere finalmente riuscita a scrivere qualcosa che mi piaceva, di essermi sbloccata… e invece qualcuno ha voluto mandarmi un segno. Praticamente un invito a darmi definitivamente all’ippica.
Nonostante fossi distrutta dalla perdita del primo capitolo originale, nella notte l’ho riscritto tutto da capo e questo è il risultato (ovviamente dopo varie riletture e correzioni!)
Facciamo finta che sia lui la versione originale? Tutti d’accordo?
Ok, bene! Sono molto felice di essere finalmente riuscita a terminare un primo capitolo dopo anni passati a soffrire del fatto che non fossi più in grado di scrivere una frase di senso compiuto – unica cosa che per altro sapevo fare (più o meno).
Non voglio tuttavia nascondermi dietro lo spesso strato di ruggine che ricopre le mie dita (e soprattutto il mio cervello), perciò qualsiasi critica – purché costruttiva ed educata – sarà ben accetta.
Ma non voglio tediarvi ulteriormente con la mia tristissima lore. Piuttosto credo sia il caso di spiegarvi un paio di cosette su questa mia storia.
Innanzitutto non aspettatevi aggiornamenti regolari. E qui saluto già tutti i lettori tranne la mia ragazza e Kurrin.
A parte gli scherzi: avendo appena ripreso a scrivere e lavorando cinque giorni su sette di certo non sarò super rapida e costante, ma se qualcuno, lettori silenziosi e non, deciderà di avere pazienza e seguire questa storia nonostante questo grande limite non potrò che essergli grata dal profondo del cuore.
Come spiegato nella trama introduttiva ci troviamo a diciassette anni di distanza dagli avvenimenti di Azure Moon e come avrete notato dalla lettura è cambiato qualcosa al Garreg Mach. Le casate sono sempre tre e sono divise come segue: Leoni Blu per i membri delle famiglie originarie del Regno, Cervi Dorati per i membri delle famiglie originarie degli ex-territori dell’Alleanza (che ora fanno parte del Fòdlan Unito, quindi diciamo che l’esistenza di questa casata è più che altro simbolica) e Lupi Cinerei, ora divenuta una casata ufficiale e di cui fanno parte i membri di nuove famiglie nobili, discendenti delle famiglie imperiali o studenti stranieri (in poche parole una casata mista).
La storia riguarderà sia i personaggi canonici sia i loro figli (spiace per i simpatizzanti delle Aquile Nere, non aspettatevi di vedere tutti i vostri beniamini perché, beh, ci sono ovvie ragioni).
Essendo che gli OC saranno tanti vi invito a dare un’occhiata alla mia pagina Facebook (qui). Nella categoria foto troverete un album intitolato come questa storia e lì inserirò più informazioni riguardo agli OC (per ora non c’è nulla, ma entro la fine della settimana cercherò di inserire le informazioni di tutti quelli apparsi in questo primo capitolo!)
E fra l’altro mi diverte aver dato questo titolo perché viene dal… 2010, tipo? Credo fosse destinato a una long di Hetalia e mi è rimasto in testa per tutti questi anni. Non mi piacciono i titoli lunghi, ma questo mi ha perseguitata così tanto... e quindi eccoci qui con questo titolo ultralungo e impossibile da abbreviare in maniera decente! Good job, Ortensia!
Un’ultimissima cosa: Byleth. Forse ad alcuni di voi sarà sembrata fin troppo espressiva rispetto al gioco originale. Prima che mi linciate vi ricordo che sono passati diciassette anni e che comunque nel corso del gioco c’è un’evoluzione espressiva da parte sua, seppur infinitesimale. Qui ha imparato a esprimere meglio le proprie emozioni, anche se non tanto liberamente quanto una persona normale – in più nel caso specifico di questo capitolo le sue reazioni sono più evidenti perché le ha verso i figli e il marito, che comunque la conoscono e perciò la sanno leggere e interpretare meglio di altri. Detto ciò potete pure linciarmi, volevo giusto spiegare le mie ragioni prima di morire.
Per ora credo di non avere altro da dirvi e penso sia meglio così perché sono stata decisamente prolissa in queste note, shame on me.
Spero solo di riuscire a riprendere in mano la scrittura – e quindi la mia vita tutta. E soprattutto di non vedere mai più capitoli corrotti e irrecuperabili, amen.
Grazie per aver letto fino a qui, a presto!

   
 
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