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Autore: crazy lion    11/12/2020    3 recensioni
I ricordi sono il modo che la mente ha di scattare fotografie visibili solo ai nostri occhi e anche a quelli di chi ci ama davvero. Ci aggrappiamo a quelli felici, per sorridere e non soffrire, ma a volte sono proprio questi ultimi a fare male, perché il bello svanisce, e non ce ne rendiamo conto finché non succede. Questo è il caso di Eleonora, Stela, Furia, Red e il resto di quella famiglia. Stella non è più casa. Restano solo alcune foto, i suoi graffi sul legno, le coperte che adorava e miagolii scavati nel tempo. E oltre quelle mura, la sua presenza tanto nel vasto cielo quanto, in un altro modo e una forma diversa, accanto a chi continuerà ad amarla per sempre.
Red e Furia sono i miei gatti e la scomparsa di Stella purtroppo è vera. Ha sconvolto loro due, ma anche me e tutta la mia famiglia.
I nomi degli umani sono inventati. Ho umanizzato un po' i gatti, facendoli parlare e dando loro emozioni anche forti, ma senza snaturarli.
Ho scritto questa storia da sola, ma altre della serie sono state e saranno stilate con Emmastory, che mi ha aiutata con l'introduzione.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Due gatti e una famiglia'
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NOTA INIZIALE:
in questa storia è presente anche il punto di vista di Eleonora. Mi sembrava giusto inserirlo per rendere il racconto più completo, dato che sarebbe stato assurdo non far capire che quello che accade coinvolge emotivamente anche lei.
 
 
 
Caught up in the moment
I forget my despair
I reach out to touch you
Oh oh, but nothing is there
Gonna need some closure
How much more can I bear?
Wanna have you near me one more time (one more time)
 
Don’t know if I can ever let go
When I'm feeling so lost and alone
[…]
Who's gonna heal me now?
I gotta move on but I don’t know how
I wish you were still around
(Spectra 2014 Singers, Without Words)
 
 
 

ELEONORA, FURIA E IL PIANTO DI STELLA

 
Eleonora si mosse sotto le coperte. Aprì piano gli occhi. La casa era immersa nel silenzio. Doveva essere ancora notte o, al massimo, mattina presto. Il respiro accelerò subito, iniziò a sudare e il cuore prese a martellarle nel petto. L'ansia la ghermì con la sua stretta ferrea, come una mano che le serrava la gola e le faceva contorcere lo stomaco. Decisa a non prendere, a quell'ora, nessuna pastiglia che assumeva durante il giorno per tale problema, la ragazza si tirò su e camminò in punta di piedi fino alla scrivania. Prese in mano il cellulare e controllò l’ora. Erano le 23:00 del 14 dicembre. I suoi gatti, Furia e Red, dormivano uno sul letto e l'altro nel cestino sopra la scrivania che era appartenuto a Stella.
Proprio in corridoio, vicino alla sua stanza, Eleonora trovò ciò che cercava e vi si appoggiò contro. Si trattava di un mobile su cui erano riposti alcuni libri, un vecchio telefono e delle cianfrusaglie. Di notte la sua gattina l'aveva grattato per anni, anche se non tutte le sere, fino a rovinarlo. Spesso i genitori di Eleonora l’avevano sgridata e raramente le avevano tirato dietro qualche ciabatta, ma senza mai colpirla. In altri casi l’avevano chiusa in taverna, perché nonostante le coccole la gattina non si era calmata, tornando a grattare e non permettendo a nessuno di dormire. In ogni caso, quello spazio era grande e Carlo e Isabella avevano sempre lasciato a Stella tutto il necessario per passare lì la notte.
Da quando è morta c'è troppo silenzio qui, soprattutto di notte pensò la ragazza. Mi angoscia.
Anche se erano passati quasi tre mesi dal giorno in cui era stata investita e da quello nel quale, poco dopo, lei e la famiglia avevano deciso, con estremo dolore, per l'eutanasia viste le gravi condizioni della gattina, Eleonora non riusciva a darsi pace. Tornò in camera ansimando, come se avesse corso per chilometri, e sapendo che non sarebbe più riuscita a dormire prese in mano il cellulare. Entrò nei profili WhatsApp dei genitori e del fratello alla ricerca di alcune foto. Lei era non vedente, ma la sintesi vocale leggeva la parola Foto e, se sotto era presente una scritta, anche quella, per cui la ragazza sperava di trovarne alcune in cui la voce le dicesse che c'era anche Stella. Ce n'erano diverse, infatti, anche nella chat di lei e una sua vicina di casa, che dava da mangiare ai gatti quando loro quattro erano in vacanza d'estate. La ragazza sorrise. Quando erano tornati, Stella aveva iniziato ogni volta a miagolare ed era impazzita dalla gioia, a suo modo, mentre il fratello Furia si era sempre dimostrato più pacato così come Red, che avevano trovato e salvato quand'era ancora un micetto di pochi mesi – ora ne aveva quasi otto.
Stella ed Eleonora diceva la scritta di una foto.
Stella c’era solo scritto in un’altra.
La ragazza se la immaginava sopra la sua coperta preferita, quella in pile sulla poltrona, o in braccio a lei. Si fece leggere e rileggere quel nome, il cui suono era una carezza e allo stesso tempo una nuova ferita sanguinante nel cuore.
Ma fu in un gruppo composto da sue amiche e conoscenti di queste ultime, che lei aveva abbandonato a causa di alcuni problemi personali, che, quando entrò nella sezione chiamata Media, link e documenti scoprì che lì aveva inviato tre audio molto brevi. Ne aprì uno, pensando di aver raccontato qualcosa di corto alle ragazze. Risaliva a più di un anno prima.
"Stella?" diceva la sua voce nella registrazione.
E, poco dopo, eccolo. Il miagolio, forte e deciso, della sua gattina.
"Oh Dio, Stella" mormorò la ragazza con le lacrime agli occhi, lasciando che queste le scorressero sulle guance, sul collo e infine le bagnassero i vestiti, mentre la sensazione di pesantezza al petto che provava dal tremendo giorno dell'incidente si faceva insostenibile e le schiacciava i polmoni. Le gambe le cedettero e fece appena in tempo a sprofondare sulla sedia lì vicino per non crollare a terra e ad aggrapparsi ai braccioli. Un senso di nausea le invase lo stomaco e risalì per la gola fino ad arrivare alla bocca, riempiendola di un saporaccio acido. La ragazza si alzò, andò in bagno, sputò nel lavandino e bevve qualche generosa sorsata d’acqua.
"Torno subito" sussurrò ai gatti, affacciandosi alla porta.
Si tolse le ciabatte, le prese in mano e volò giù per le scale. Credeva che Furia e Red l'avrebbero seguita. Lo facevano sempre, come se non riuscissero a stare senza di lei nemmeno un momento, tanto che suo fratello ripeteva spesso che erano i gatti più simili a cani che avesse mai visto. Giunse in salotto. Non ce la faceva a stare dentro. Per un momento si fermò davanti alla televisione, vicino all'urna di Stella, come accadeva quasi ogni mattina dopo colazione, nel momento in cui la madre andava al lavoro e lei rimaneva sola, dato che Giovanni riposava ancora e il padre era già partito. Le veniva sempre da piangere quand'era lì, magari le scendevano poche lacrime, o queste le riempivano solo gli occhi, ma ora le mancò anche il fiato. Un intenso calore si espanse in tutto il suo corpo, prese a tremare e la respirazione le si fece affaticata.
Soffoco, qui dentro. Non c'è aria, non respiro, non ci riesco, presto morirò! urlò la sua mente in preda a una paura crescente, mentre il tremore a braccia e gambe aumentò tanto che non la ressero più, per la seconda volta in poco tempo.
Non ebbe il tempo di fare un passo indietro per crollare sulla poltrona. Le ginocchia batterono sul tappeto con un tonfo sordo. Un lieve dolore le attraversò, ma passò subito e la ragazza ringraziò il Signore, nel quale credeva, per non averla fatta precipitare sul pavimento. Si tirò su a fatica e, quando inalò respirando più profondamente, le lo sforzo fu tanto immane da lasciarla senza forze. Corse fino alla portafinestra che dava sulla parte del giardino che si trovava dietro la casa e, una volta fuori, si avvicinò all'erba, ma senza fare un passo avanti. Si abbassò a toccarla. Era umida, meglio non bagnarsi. Si rimise le ciabatte e rimase ferma dov'era, con le braccia penzoloni. Continuava a iperventilare, il petto le doleva e, anche se la paura di morire era passata, restava quella che l'attacco di panico che la distruggeva non sarebbe mai finito. Tutto era accaduto per la questione del mobile e di quei miagolii, nemmeno lei si aspettava di avere una reazione del genere, eppure era successo. Aveva letto molto sull'ansia e il panico, per capire come superarli. Cercò di pensare al canto degli uccelli, che si sentiva appena a quell’ora, alla sensazione del sole che, forse, presto le avrebbe scaldato il viso, alle carezze di un vento tiepido sulla pelle, molto diverso dal gelo autunnale. Ma era proprio il freddo che, in quel momento, le faceva sentire qualcosa di diverso dal dolore e dall'ansia che la attanagliavano, che le ricordava che era ancora viva, che la sofferenza non l'aveva uccisa, nonostante a volte l'avesse desiderato. Pensò al mare, alle onde che si infrangono contro gli scogli, al profumo di sale, al canto dei gabbiani, alla sabbia sotto i piedi. Erano tutte tecniche che le aveva insegnato la psicologa, ma che, stranamente, non stavano funzionando.
"Una volta ho letto che…" mormorò, cercando di respirare più in profondità per prendere aria. "Ho letto che bisogna lasciare che questi attacchi passino, se niente funziona."
E così, per un po', la ragazza smise di lottare. Si arrese alla potenza e alla grandezza dell'attacco, che la sovrastava e la sommergeva con tutte quelle sensazioni. Pensò che era più forte lui, superiore a lei, che non poteva niente contro di esso in quel momento. E, per quanto strano sarebbe potuto sembrare a un occhio esterno, quella tecnica diede i suoi frutti, perché dopo un paio di minuti la ragazza riprese a respirare con regolarità. Tutti i malesseri e le paure erano spariti. Restava solo una profonda stanchezza.
"Grazie, Stella" mormorò, sicura che fosse stata anche lei ad aiutarla da lassù.
E si disse di essere stata bravissima, perché era riuscita a vincere un attacco di panico, benché non uno dei più forti della sua vita, senza prendere quella pastiglia in più che la psichiatra le aveva concesso nel caso in cui si fosse sentita più male del solito. Una volta dentro, si strinse le braccia attorno al corpo per scaldarsi. Si preparò una tazzina di latte caldo, lo bevve in tre sorsi e infine tornò di sopra. L'umore non era migliorato, ma almeno l'attacco aveva avuto fine.
Di nuovo in camera si disse che, anche se le aveva fatto male e scatenato l’attacco, udire il miagolio della sua gattina le era anche stato d'aiuto. Perché ora poteva ricordare in maniera più vivida il suo pelo morbido e liscio come seta, la testolina piccola e la coda corta, la cui punta aveva una minuscola pieghetta della quale lei si era accorta la prima volta in cui l'aveva presa in braccio. Non aveva mai capito se Stella era nata così o se, invece, se la fosse procurata facendosi male quando stava nella casa dei padroni precedenti. Tuttavia, quel piccolo particolare le era servito per distinguerla da Furia, dato che da cuccioli il loro pelo era stato praticamente uguale.
"Toccale la coda, così te la ricorderai per sempre" le aveva raccomandato la mamma, il giorno in cui erano andate a salutarla prima dell'eutanasia.
E lei l'aveva fatto, accarezzandola, tenendo pollice e indice su quella punta particolare, le aveva sfiorato il pelo di un fianco baciandola e coccolandola fino a quando la madre l'aveva quasi trascinata fuori dalla stanza.
Le parve di sentire una codina che le sfiorava piano la gamba, un nasino umido che le si poggiava sulla mano ma, ora così come altre volte, quando si abbassò non c’era nessuno. Le sue mani percepirono il vuoto. Eppure per un momento, un solo, singolo istante, le era parso che Stella fosse ancora lì, che avrebbe potuto toccarla, stringerla a sé, baciarla, tenerla con lei almeno per altri quindici anni. Le cose sarebbero dovute andare così, ma la vita aveva voluto diversamente. Eleonora scoppiò in un pianto silenzioso e quasi convulso, che le fece tremare le gambe e le braccia, mentre la coglieva un gran freddo.
 
 
 
Furia e Red alzarono la testa di scatto, e nello stesso momento, al suono di quel miagolio. Erano quasi certi che si trattasse di un verso del genere, ma non c'era nessun altro gatto lì in giro.
"Non sembra un intruso" disse Red. "Io forse so di chi è."
Il gattino rosso saltò giù dal letto e si diresse verso la padrona che ora era in piedi, immobile, al centro della stanza. Le si strusciò contro le gambe, ma questa non si mosse.
"Dai, accarezzami e dimmi chi è quel gatto!" pregò e insistette più volte, ma senza successo.
La ragazza aveva la testa alzata verso il cielo. Dato che non vedeva, il suo sguardo non si puntava da nessuna parte, ma Red aveva il sospetto che ci fosse qualcosa che non andava e che, se Eleonora avesse potuto, avrebbe osservato il soffitto o, ancora peggio, il vuoto. Era proprio quello che stava facendo il fratello, si rese conto il più piccolo. Aveva gli occhi vacui, persi.
"Ma che sta succedendo?" si chiese. "Sarà una… come diavolo si chiama? Registrazione, non può essere lei. O magari ci stiamo sbagliando ed è una sua amica che le ha mandato l'audio di un gatto che le somiglia."
Ma anche questo sarebbe stato strano. I gatti possono assomigliarsi per il colore del pelo, ma i miagolii sono tutti diversi, così come le voci umane o i versi degli altri animali o, almeno, questo era quanto aveva sempre pensato.
"Furia?" Sperava che il fratello non avesse davvero creduto che si trattava di Stella. "Dai, Furia, andiamo a giocare" disse, per tentare di distrarlo.
Ma l'altro non rispose.
E se avesse ragione lui e io mi stessi sbagliando? Altrimenti perché Eleonora sarebbe ancora qui immobile?
Il dubbio iniziò a serpeggiare dentro di lui, che si diede anche dell'idiota perché, insomma, aveva passato due mesi della sua breve vita con Stella e Furia e avrebbe dovuto essere in grado di riconoscerne il miagolio, no? Solo che da un telefono era sempre un po' difficile capire, per quanto si sentisse bene. Sperò che il gatto grigio dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, così si sarebbe tolto il dubbio e, soprattutto, accertato che il fratello e la padrona stessero bene perché, mentre la ragazza faceva partire un altro audio con un gesto che a Red sembrò meccanico, il gattino iniziò ad avere paura per loro.
 
 
 
Furia non ci poteva credere. All'inizio non aveva voluto. Mentre ascoltava la voce di Eleonora dalla piccolissima cassa del cellulare da cui usciva il suono e, subito dopo, quel miagolio, si era ripetuto centinaia di volte:
"Non è lei, non è lei."
Ma più l'audio procedeva e il suono si faceva insistente, più si era reso conto che aveva soltanto cercato di allontanare quel pensiero perché troppo doloroso. Era Stella, non c'era ombra di dubbio. Red lo stava chiamando, ma lui non riusciva a rispondere. Com'era possibile? Tutti gli avevano detto che era morta, che tenevano le sue ceneri chiuse in un'urna in casa, su una mensola sopra la televisione. Anche lui aveva visto quell'oggetto ed Eleonora, i genitori Isabella e Carlo e il fratello Giovanni la salutavano ogni giorno. Soffrivano, lui lo vedeva, lo percepiva. Eleonora aveva passato notti insonni, soffriva di attacchi, più forti del solito, nei quali si agitava ed era sempre più triste, anche a causa dei due problemi dei quali era vittima e di cui lui non ricordava il nome. Il miagolio della sorella non gli era mai sembrato tanto bello. La sua voce era limpida, forte, ma conservava anche delle note di dolcezza. Gli fece bene, perché aveva creduto che non sarebbe riuscito a udirla mai più e temeva di dimenticarsi com'era, ma anche male, in quanto ora il dolore era ancora più forte. Il respiro gli si fece pesante, la testa fu attraversata da una scarica di sofferenza lancinante, come se avesse preso una botta, e il gatto si piegò in avanti quasi augurandosi di vomitare, così forse assieme all'acqua o ai croccantini se ne sarebbe andata anche un po' di tristezza. Ma com'era iniziata, quella sensazione si interruppe all'improvviso. Furia fu pervaso da un senso di leggerezza che non provava da mesi. Ora respirava meglio, la testa non gli doleva più e si era anche rialzato, dritto e fiero.
"Magari ha fatto quell'audio di recente, forse è ancora viva e stava male, quindi non poteva tornare a casa" mormorò. "Ma allora perché mi hanno mentito? Perché mi hanno detto che era morta? Possibile che siano stati così cattivi?"
Proprio loro, i suoi padroni, che dicevano di amarlo, gli avevano fatto una cosa talmente orribile! Prese la rincorsa e si infilò nel bagno adiacente alla camera di Eleonora, dato che a volte Stella dormiva lì, su quel tappeto, ma non trovò nessuno. Corse allora nella camera di Carlo e Isabella, ma sul materasso c'erano solo loro, non Stella che, quasi tutte le notti, riposava con i due. Non la trovò nemmeno nella stanza in cui Isabella era solita stirare e di sicuro non poteva essere nella camera di Giovanni, che di notte teneva sempre la porta chiusa, a differenza degli altri. Scese le scale come impazzito e prese a piangere forte, producendo un miagolio basso, lungo e straziante. Red gli andò dietro, ma si fermò a metà scala a osservarlo. Furia non lo badò. Perlustrò tutta la casa, ma nessuna traccia di Stella, né di un suo possibile ritorno.
"Non so più a cosa credere" mormorò il gatto.
Gli pareva troppo strano e brutto che gli avessero raccontato una bugia del genere, mentendo anche a Red, e aveva sentito più volte i padroni parlare della morte di Stella, anche Eleonora che piangeva da mesi, ma quell'audio… il miagolio gli era sembrato così reale, che si era aspettato di trovare la sorella lì, da qualche parte, o di vederla rientrare da un momento all'altro mentre scoppiava a ridergli in faccia dicendogli che si era trattato di uno scherzo. Di cattivissimo gusto e per il quale lui si sarebbe incazzato, ma pur sempre uno scherzo, e che nulla di ciò che era accaduto era stato reale.
"Furia, che succede?" gli chiese Red, correndogli accanto, con la voce venata di preoccupazione.
"Devo trovarla. È qui, hai sentito anche tu, no?” gridò, battendo una zampa a terra. “Magari c'è, Red, dobbiamo solo capire dove."
"Ma allora era lei!" esclamò il micetto rosso, come se ancora non ci credesse.
"Ma certo che è lei, come hai fatto a non rendertene conto? Sei… niente."
Furia aveva abbassato la voce solo su quell’ultima parola. Si era interrotto appena in tempo. Non voleva litigare e dirgli che era stupido, Red non se lo meritava. Prima che il gattino potesse replicare, Eleonora li raggiunse, sicuramente a causa della confusione.
"Mamma, non è niente, sono solo i gatti" disse, alzando appena la voce per farsi sentire, dato che Isabella si era alzata e le aveva chiesto se era tutto a posto.
"Pensavamo che Furia fosse stato male. Sei sicura che non abbia vomitato?"
"Non ho vomitato, Isabella, voglio solo mia sorella!" si lamentò il gatto, usando ancora quel miagolio disperato.
"Sicurissima, non l'ho sentito rimettere. Non credo stia male, sembra solo agitato. Adesso lo calmo."
La sua voce era stanca. Forse una volta scesa era stata male, si disse Furia.
"D'accordo, notte."
"Notte."
"Stella? Stella, dove sei? Rispondimi, ti prego, so che sei qui!" continuava a ripetere Furia, con gli occhi pieni di lacrime, correndo come un pazzo per salotto, cucina e bagno.
Sbatté contro il tavolo della sala e la porta della cucina, ma non si arrestò, anzi. Eleonora cercava di seguirlo, ma lui le sfuggiva e, con il suo passo felpato, si faceva sentire solo in rare occasioni, quando le sue unghie colpivano il pavimento un po' più forte del solito. Perché sì, lui camminava con gli artigli un po' sporgenti, era sempre stato così. Per questo Eleonora lo sentiva sempre quando si muoveva al piano di sopra, dato che il pavimento, lì, era fatto di legno. Furia, però, sapeva che a quello inferiore aveva più possibilità di non essere preso. Non aveva idea se sarebbe dovuto essere arrabbiato con lei o meno, non aveva ancora capito se l'aveva ingannato o no. Per il momento desiderava solo comprendere e agire di conseguenza. Ma Stella non c'era da nessuna parte.
"Furia, fermo, aspetta" lo chiamava la padrona, a voce bassa per non svegliare tutta la casa.
Ma lui continuava a piangere e a muoversi. Scesero insieme le scale che portavano alla taverna e, miagolando forte e grattando, il gatto pretese che la ragazza gli aprisse la porta, chiusa a chiave, che accedeva alla lavanderia, al bagno e allo studio in cui lavorava Carlo e Giovanni giocava al PC. La sorella non era nemmeno lì, neanche sotto o dietro i mobili. Non aveva colto il suo odore da nessuna parte, né alcun altro segno della sua presenza. Si infilò in ogni buco che poteva per trovarla, pensando che magari poteva essersi nascosta per fargli uno scherzo. Forse era rimasta molti giorni in clinica e poi tornata a casa, chi lo sapeva? Magari aveva frainteso lui le parole degli umani. Ma l'urna, allora? Che senso avrebbe avuto? Forse Stella era in garage? Avrebbe potuto chiedere alla padrona di aprirgli anche la porta tagliafuoco per andarci, ma Stella non ci era quasi mai entrata e nemmeno lui, dubitava che potesse trovarsi lì. La chiamò ancora, ma non ottenne risposta.
"Furia, ascoltami."
La ragazza riuscì a fermarlo al centro di quest'ultima stanza, grattandogli le orecchie perché si rilassasse. Il micio lasciò andare appena la tensione a quel contatto, ma non smetteva un momento di guardarsi in giro e sbattere la coda.
"Fufo, mi stai spaventando" gli fece notare Red, che li aveva seguiti.
Lui notò solo allora gli occhi lucidi della ragazza, il suo viso tirato e pallido e le palpebre spalancate e piene di terrore del fratellino. Mentre il suo respiro si faceva a mano a mano più regolare, la testa gli vorticò come una trottola impazzita ed era certo che, se non ci fosse stata Eleonora con lui, sarebbe caduto a terra.
"Furia, calmati. Sta' tranquillo, shhh." La voce di Eleonora fu come una carezza delicata sul suo pelo. "Scusami se ti ho fatto sentire quell'audio, non avrei dovuto ascoltarlo mentre c'eri anche tu. Non volevo ferirti e non credevo che avresti pensato che Stella fosse ancora viva." Mormorò quelle due ultime parole dopo aver deglutito rumorosamente e, dalla sua voce roca e piena di dolore, Furia capì più o meno il senso di quelle frasi e comprese anche che Eleonora doveva sentirsi in colpa per averlo fatto star male. “Perché è questo che hai pensato, vero? Immaginavo” concluse dopo un attimo, di sicuro prendendo il suo silenzio per un sì.
La voce della padrona era uscita ancora più flebile, doveva essere sfinita. Lui aveva cercato sua sorella sperando che vivesse ancora, si era aggrappato a quella speranza con le unghie e con i denti, contraddicendosi poi a causa di alcuni dubbi e tutto questo, il dolore e il non trovarla, l'avevano fatto quasi impazzire. Se non ci fossero stati Eleonora e Red ad aiutarlo, avrebbe continuato a correre per chissà quanto, magari uscendo anche di casa, facendo il giro dei giardini dei vicini e dei luoghi che lui e la sorella frequentavano di solito. Come aveva potuto essere così stupido da pensare una cosa del genere e da credere, anche soltanto per un istante, che i padroni gli avessero detto bugie su un fatto di quel calibro?
Eleonora si schiarì la voce.
"Stella non c'è più, Furia. Non c'è più, è morta, è la verità, te lo giuro" gli disse, mentre alcune grosse lacrime le rigavano il viso. "Scusami se ti ho fatto credere il contrario con quegli audio. Le prossime volte li ascolterò quando sarò da sola, te lo prometto. Perdonami, piccolo! Ti voglio bene!"
La ragazza tossì più volte.
Lui e Red le si gettarono addosso, cominciando a leccarle le mani e a fare le fusa.
È morta. Stella è morta davvero pensò il micio, per convincersene del tutto.
Ora capiva perché ci aveva sperato così tanto e lo disse a Red.
"In fondo, probabilmente, sapevo che non era possibile che fosse viva, ma ho desiderato crederlo perché non riesco ancora a lasciarla andare, né ad accettare del tutto la sua scomparsa. E non ce la fa nemmeno Eleonora, ma lei è più brava di me, non è impazzita così. Mi spiace di avervi fatti spaventare."
Aveva miagolato per farsi sentire anche da lei, evitando di usare quei suoni che i gatti si scambiano, ma che gli umani non riescono a percepire. Pur non capendo, Eleonora gli diede un bacio e continuò ad accarezzargli la schiena, i fianchi e la pancia.
“Ti voglio bene anch’io, Eleonora. E non ho nulla di cui perdonarti, non hai fatto niente di male” le disse sperando che, quantomeno, intuisse il senso di quel discorso.
La ragazza aveva il diritto di ascoltare il miagolio di Stella tutte le volte che voleva. Era stata la sua gatta e la amava come una figlia. Quel ricordo era importante tanto per lui, quanto per lei.
"Non ti preoccupare, Furia, capita a tutti di avere dei momenti di crisi, di grande dolore e confusione. È successo anche a me, prima" gli assicurò, come se avesse cercato di interpretare i suoi miagolii. "Andrà tutto bene, capito? Non so come, né quando, ma staremo meglio tutti quanti."
"Se lo dici tu" le rispose, per nulla convinto che la padrona credesse davvero a quelle parole.
Il giorno prima, mentre Eleonora era al telefono con la psicologa, a Furia – che in quel momento stava giocando con Red a poca distanza da lei – l'aveva sentita dire:
"Va sempre peggio, come se stessi precipitando in un buco profondo e nero che sembra non avere un fondo. Io mi aggrappo alla terra e ai sassi di cui è composto per cercare di risalire, ma sono scivolosi, fragili e tutto si sbriciola fra le mie dita. E anche quando riesco a fare un piccolo tratto verso la superficie, alla fine ricado ancora più in fretta e sempre più in basso."
Furia non aveva idea di quale fosse stata la risposta della donna, ma si era detto che quella era una descrizione perfetta non solo del dolore di Eleonora, ma anche del proprio, benché in certi momenti entrambi stessero un po' meglio. C'erano delle volte nelle quali li pervadeva un senso di leggerezza e di tranquillità, ma durava da qualche secondo a pochi minuti. E non c’era bisogno di parole o miagolii per farlo capire all'altro, bastava loro sfiorarsi per percepire, attraverso i reciproci respiri, i comportamenti o i movimenti del corpo, le loro emozioni. Era sempre stato così, fra loro, si erano compresi alla perfezione da subito. Erano in simbiosi perfetta, come Eleonora e Red e come lo erano state Stella e Isabella.
"Per ora non penso di crederci del tutto, mi sento molto fragile in questo momento, anche se tutti mi dicono che sono forte" ammise la ragazza, rispondendo senza saperlo a ciò che il gatto sospettava. La verità era che Senza Stella tutto, la vita stessa, aveva sempre meno senso, ne erano consapevoli entrambi. Furia aveva sentito di mici che, dopo la morte del loro padrone o di un gatto a cui erano legati, che fosse dal sangue o meno non aveva importanza, si erano lasciati morire. E in quel momento lo colse la consapevolezza che, forse, se non ci fosse stato Red, anche lui l'avrebbe fatto. Non ci aveva mai pensato, ma era così.
Grazie. Grazie, Red!
Non gli sarebbe mai stato abbastanza grato per quello che continuava a fare per lui. Se c’era una cosa che Furia aveva imparato da dopo la morte di Stella era che nella vita nessuno ti salva, sei tu a doverlo fare con te stesso. Gli altri possono aiutarti, starti accanto, ma tu devi trovare la forza dentro di te, ed è una delle cose più dure di questo mondo. Red gli restava vicino ogni giorno, nei momenti belli così come in quelli brutti. E Furia non sapeva se si stava salvando o meno, aveva dubbi anche su Eleonora a riguardo. Ma sia lui che lei ci provavano ogni giorno, anche se era maledettamente difficile. Non si arrendevano, cadevano e non allontanavano il dolore, lo vivevano e tentavano di rialzarsi un po’. Tutto questo contava. Sfiorò Red con una zampa, non riuscendo a trasformare quel ringraziamento in parole e l’altro sorrise e ricambiò.
In quel periodo Furia era dimagrito di quasi un chilo, per quanto il suo peso fosse comunque normale per un gatto europeo di cinque anni, dato che si aggirava intorno ai cinque chili e sei etti e le veterinarie avevano detto che, nonostante la magrezza – data probabilmente non solo dalla morte della sorella, ma anche dal fatto che poteva aver iniziato a perdere peso d'estate, cosa normale per gli animali – non c'era da preoccuparsi, visto che il gatto mangiava e si comportava come sempre. Questo l'aveva sollevato molto. Non avrebbe voluto far preoccupare nessuno.
"Andiamo su, dai" li incoraggiò Eleonora.
I gatti seguirono la ragazza in cucina. Nonostante fossero le cinque di mattina secondo il suo cellulare che, senza rendersene conto, si era portata dietro nella tasca della maglia del pigiama, Eleonora disse ai mici che avrebbe mangiato qualcosa. Controllò che la ciotola dei croccantini fosse piena e ne aggiunse un po' perché i due li stavano finendo, mentre l'acqua era a posto.
"No, non farlo!" esclamò Red, quando Eleonora tirò fuori il barattolo della Nutella.
"Non posso dartene, piccolino, è dolce e ti fa male ai dentini" gli spiegò, con voce pacata, accarezzandolo sul muso.
"Non intendo quello, ho detto che non devi mangiarla, fa male anche a te."
"Hai ragione, Red, la cioccolata non è un cibo sano, nemmeno per l’uomo. Ma penso che ci sia un motivo per cui si comporta così."
"E quale?"
Intanto, Eleonora aveva appoggiato sul tavolo, davanti al proprio posto, un foglio di carta Scottex. Dopo averci messo sopra il barattolo della Nutella, prese un cucchiaino, lo aprì e iniziò a mangiare, godendosi ogni boccone.
"Per Stella. Lei sta soffrendo, e anche se adesso dorme meglio, il problema che la fa agitare e quello che la rende triste sono ancora molto forti e in questo periodo sono peggiorati. Non si abbuffa, ma a volte mangia un po' troppo. Credo sia perché, come accade a noi che, quando ci nutriamo, ci sentiamo meglio anche di umore, lei vuole fare lo stesso per sentire meno il dolore e il senso di vuoto e di mancanza, solo che si fa del male. Magari per un attimo sta meglio, ma poi non credo, visto che la notte piange."
Red spalancò gli occhi. Evidentemente era rimasto impressionato dalla spiccata capacità di Furia di leggere, in un certo senso, la mente della padrona.
"Ma allora dobbiamo farglielo capire!" proruppe. "Hai qualche idea?"
Furia fece un sorriso amaro.
"Lei sa benissimo che sta sbagliando. Hai notato che non va più tutti i giorni sulla cyclette, che non la usa praticamente mai da quando Stella era entrata in clinica e che fatica a mangiare nel modo corretto come i dottori le hanno detto di fare? Isabella dice che sta ingrassando. Spero solo che si rimetta presto in sesto."
Le lanciò uno sguardo carico di preoccupazione. Non voleva che si sentisse ancora peggio di quanto già non stesse, non se lo meritava, non doveva farsi questo.
Eleonora mise via tutto in gran fretta quando dei rumori, provenienti dal piano di sopra, catturarono la sua attenzione e quella dei gatti. Qualcuno stava spostando qualcosa. Salirono e Isabella li raggiunse in corridoio.
"Come mai ti sei alzata a quest'ora?" chiese alla figlia, a voce bassissima, avvicinandosi per darle un bacio.
"Non dormivo, sono andata a bere" mentì.
A Eleonora non piaceva dire bugie, Furia la conosceva abbastanza bene da capirlo, ma aveva usato quella scusa solo per non essere sgridata. Visto quanto era successo, la ragazza non avrebbe di certo avuto le forze per sostenere una discussione.
"Ho avuto un po’ d’ansia, prima. Tanta, a dire la verità e anche un attacco di panico.”
“Perché?”
“Perché mi manca Stella” ammise con un filo di voce.
“Lo so, amore, ma lei vorrebbe vederti felice e stare bene.”
Isabella le prese la mano.
L’altra annuì, ma non rispose.
Ne è consapevole, ma sa anche che è più facile a dirsi che a farsi pensò Furia. E non solo per lei.
“Ho trovato tre audio di Stella sul cellulare” riprese la ragazza. “Vorrei averne di più" confessò alla mamma, che sospirò.
"Pensa che almeno hai quelli. Anche se pochi, sono pur sempre ricordi."
"Già. Se vuoi te li mando e li ascolterai quando te la sentirai."
Isabella rimase per qualche secondo in silenzio mentre i gatti, uno a destra e l'altro a sinistra di Eleonora, la guardavano in attesa. Si aspettavano che la donna dicesse di no, che non era pronta, dato che da quando la figlia aveva composto a settembre, assieme all'amica Emma, una poesia per Stella, la donna non aveva ancora voluto leggerla, nemmeno a distanza di mesi.
"Va bene" mormorò infine, mentre le mancava la voce. "Ma li ascolterò quando sarò da sola."
"Okay, mi sembra giusto. Te li invio subito."
"D'accordo. Ora torna a letto e cerca di dormire un po', è ancora presto. Ho sistemato la stanza dove stiro, così potrai ricominciare a fare cyclette. Scusa ancora per la confusione che c'è stata questa settimana."
La figlia le disse di non preoccuparsi, che aveva fatto attività fisica molto irregolare in quei quasi tre mesi, ma che era decisa a riprendere cinque giorni a settimana come le aveva suggerito la nutrizionista.
Dopo che ebbe inviato gli audio alla mamma, Eleonora si rimise sotto le coperte, con Red sdraiato fra i suoi piedi e Furia vicino a un fianco. Ma mentre il piccolo si addormentò abbastanza presto, i due faticarono a prendere sonno. Non lo seppero mai ma, chissà per quale arcano motivo, fecero entrambi lo stesso sogno.
 
 
Pioveva ed Eleonora, che scendeva dalla sua stanza in salotto, disse a Isabella, parlando in modo concitato:
"Dobbiamo andare a cercare Stella. Anche se le piace la pioggia, sarà là da sola al freddo e deve tornare a casa."
"Sì, andiamo" le rispose la madre e le due si diressero verso la porta. Fecero il giro dell’isolato, chiesero ai vicini, però nessuno sapeva niente. Scossero i croccantini e non ottennero risposta. Pur cercandola e chiamandola, non trovarono mai nessuno.
Il sogno finì lì, con loro che tornavano a casa piangendo.
 
 
I due si svegliarono di soprassalto. Eleonora si mise ad accarezzare Furia sulla schiena per tentare di calmarsi e il gatto fece alcune, debolissime fusa, guardandosi intorno ancora turbato. Ma era stato solo un sogno, nulla di diverso. Stella non sarebbe più tornata, punto e basta. Il suo pianto in quell'audio li aveva scossi più di quanto si sarebbero aspettati, ma almeno l'avevano udito. Furia pensò alle lotte che aveva fatto con la sorella, agli agguati, alle corse per il salotto, ai momenti nei quali si erano lavati l'un l'altro, a tutte le cose che si erano detti e che avevano fatto insieme e a quando, da piccoli, avevano preso sonno più volte sul divano di casa tenendosi la zampina. La vita gli aveva tolto Stella, ma nessuno avrebbe mai potuto portargli via quei ricordi. E, mentre ognuno dei due era immerso nei propri, tristi pensieri, fuori iniziò a piovere per davvero.
 
 
 
NOTE:
1. sulla mia scrivania ci sono davvero quei due cestini. Ora Red ha preso possesso di entrambi, usando un po' uno e un po' l’altro e Furia, che non so perché non ha preteso di riavere indietro il proprio, dorme o sulle mie gambe, o sul letto. Sono felice, comunque, che Red stia anche in quello della sorella, così almeno non devo tirarlo via.
2. La storia del mobile vicino alla mia camera e del silenzio in casa è vera, non mi ci sono ancora abituata.
3. Anche la questione delle foto e degli audio è reale, così come lo sono le emozioni che ho provato. Mi è successo ieri mattina.
4. Mio fratello dice davvero quella cosa riguardo Furia e Red.
5. Soffro di ansia, attacchi di panico e depressione e, come Eleonora, prendo da anni farmaci per curarmi. Vado anche da una psicologa che, da quando è iniziata la pandemia, sento al telefono tutte le settimane per continuare la terapia. Sono anche seguita da una psichiatra e prendo farmaci.
6. La pieghetta sulla coda di Stella era meravigliosa. Non la dimenticherò mai. Ed è vero, mia mamma mi ha detto quella frase.
7. Mi capita abbastanza spesso di credere di sentire la presenza fisica di Stella. Dovrebbe confortarmi, ma per ora non è così e anzi, in quelle situazioni il senso di mancanza è ancora più forte, proprio come accade a Eleonora.
8. Furia ha miagolato in modo molto triste quando ha sentito quell'audio. Non so se abbia riconosciuto il verso della sorella o se stesse piangendo per un altro motivo, magari nella sua lingua non ha nemmeno detto una cosa triste, ma è da questo che sono partita per scrivere la storia. Per fortuna lui non ha avuto altre reazioni, quelle che ho descritto in seguito sono di mia invenzione.
9. Teniamo davvero le ceneri di Stella in casa.
10. La descrizione, dal punto di vista di Furia, di come sta Eleonora in quel periodo, è realistica, perché io mi sento così.
11. Stella dormiva sul serio sul tappeto del mio bagno, qualche volta.
12. I gatti non piangono, non come noi, ma mia mamma mi ha detto che alcune volte ha visto quelli di Furia pieni d'acqua quando miagolava in quel modo.
13. Furia si muove sul serio con le unghie fuori, è facilissimo sentirlo al piano superiore, se ci si trova abbastanza vicini a lui.
14. Se Furia prima crede che la sorella sia viva, ma poi si contraddice, ha dei dubbi e in seguito torna a credere all'esistenza di Stella è perché, in quel momento, è mentalmente fragile. L'audio l'ha sconvolto e, con la scrittura, ho cercato di descrivere la confusione che aleggia nella sua testa.
15. Non so cosa provi veramente Furia, ma per quanto mi riguarda in alcuni momenti sto un po’ meglio. Purtroppo durano pochissimo.
16. Furia è dimagrito molto, forse per i motivi che ho spiegato, ma sta bene.
17. Purtroppo, anche la questione della mancanza di attività fisica, che però sto riprendendo, e della dieta sregolata sono vere. Me ne vergogno e pian piano sto tentando di migliorare, ma è difficile. Dalla morte di Stella, e a causa di altri problemi di questo periodo, la mia vita ha perso un po' il controllo.
18. La conversazione con mia mamma è avvenuta sul serio, ma non così presto, qualche ora dopo. Ed è anche vero il sogno, fatto però stanotte.
   
 
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