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Autore: DarkWinter    11/12/2020    4 recensioni
In un ospedale vicino a Central City, i gemelli Lapis e Lazuli nascono da una madre amorevole e devota.
Fratello e sorella vivono un'adolescenza turbolenta e scoprono il crimine e l'amore, prima di essere rapiti dal malvagio dr. Gero e ristrutturati in macchine mangiatrici di uomini.
Ma cosa accadrebbe se C17 e C18 non dimenticassero totalmente la loro vita da umani e coloro che avevano conosciuto?
Fra genitori e amici, lotte quotidiane e rimpianti, amori vecchi e nuovi e piccoli passi per reinserirsi nel mondo.
Un'avventura con un tocco di romanticismo, speranza e amore sopra ogni cosa.
PROTAGONISTI: 17 e 18
PERSONAGGI SECONDARI: Crilin, Bulma, vari OC, 16, Z Warriors, Shenron, Marron, Ottone
ANTAGONISTI: dr. Gero, Cell, androidi del Red Ribbon, Babidi
{IN HIATUS}
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 17, 18, Crilin, Nuovo personaggio | Coppie: 18/Crilin
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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39. Un Desiderio






 

 Si era risvegliato dal nulla, in una fredda mattina di dicembre.

La sua memoria era stata un vuoto per giorni, aveva vagato per chilometri senza una meta, senza una direzione.

La gente che l'aveva incrociato per strada gli aveva annuito, come se fosse uno di loro.

Era stato un viandante, incompleto, fin quando la memoria non gli era ritornata.

Allora aveva gridato. Si era torturato i capelli, graffiato la pelle, con le sue mani. Di nuovo due, le sue mani.

Come un ragno si era arrampicato fino alle rovine della sua roccaforte, là dove il vento soffiava gelido a qualsiasi ora, in qualsiasi stagione. 

Aveva gridato ancora davanti alle rovine.

Pezzi di roccia ghiacciata, resti di pavimento, la carcassa arrugginita delle pesantissime porte in metallo.

Respirando rabbia frenetica era sceso nelle camere nascoste del suo seminterrato: i suoi piedi avevano calpestato schegge di vetro e altre lamiere.

Niente era più cresciuto lì sotto.

Anziché urlare e sbraitare era imploso.

Un uomo abietto resta un uomo, abietto: la rabbia e la frustrazione avevano risvegliato in lui bisogni impulsivi e violenti da sfogare. Era riemerso nel mondo e si era aggirato nella regione; aveva violentato un paio di umane e nell'ucciderle con le sue mani, ad atto compiuto, gli ultimi istanti della sua vecchia vita avevano invaso il suo cuore da disgraziato, ridotto a un acino d'uva passa da più tempo di quanto riuscisse a ricordare.

Aveva rammentato la crescente sensazione di angoscia che l'aveva pervaso fin da prima di premere quel bottone, il senso di vittoria che aveva provato per un momento.

E poi, il non sentirsi più le gambe. 

Aveva ricordato il suo stesso sguardo fisso sul soffitto della sua fortezza, su coloro che da oltre la soglia guardavano con uno sguardo incredulo, forse quasi compassionevole nei suoi confronti. 

Non gli era rimasto più niente prima di morire, solo un ultimo pensiero di conforto: che il suo assassino avrebbe presto rimpianto di essere nato, patendo un destino straziante anche solo da vedere.

Peggiore della morte, dal suo punto di vista.

 

 Era tornato in quel seminterrato buio, una segreta. Aveva camminato su quelle schegge di vetro, aveva accarezzato i resti dei computer.

La solitudine gli era stata amica.

Senza capire come, aveva appreso che loro erano vivi. E che tutti gli altri erano tornati. Si era ricordato che poteva volare, fra altre cose. Cercare le sfere gli aveva rubato una settimana di tempo, era andato alla cieca.

Quando aveva visto il drago per la prima volta, il desiderio era stato facile da pronunciare.

Rivoleva indietro il frutto di anni di lavoro. E uno spazio in cui lavorare.

E perché no, anche un dispositivo di localizzazione: per trovare sia una della sue armi, l'unico alleato che avesse mai avuto, che il suo bersaglio.



 

/

 

Il momento più atteso dell'anno era quasi giunto, il matrimonio di Diciotto sarebbe avvenuto in due giorni. Le damigelle erano in fermento, la chat di gruppo faceva vibrare i cellulari svariate volte al minuto.

In quei mesi si erano divise i compiti: Sara, damigella d'onore, era stata in carico dell'addio al nubilato, Bulma e Carly si erano divise altri incarichi.

 

Ragazze oggi vado a ritirare i regalini per gli ospiti. Alla fine la stola la volete abbinata al vestito o al bouquet di Diciotto? 

 

La dottoressa Brief aveva aspettato a comprarle per tutte e tre, visto che non si erano ancora messe d'accordo.

Diciotto aveva rivelato che il pezzo forte del suo bouquet di seta sarebbero state rose color bordeaux e cipria.

Le damigelle erano tutte e tre di fenotipo chiaro (inclusa Sara, nonostante il suo biondo lazuliano fosse frutto di deco), non volevano assomigliare a dei confetti giganti.

Non avevano preso lo stesso abito, ma avevano cercato di coordinarsi col colore: la scelta era caduta sui toni medio-scuri del turchese, del verde malachite. 

Diciotto aveva approvato la scelta.

Quello di Carly era un abito al ginocchio che strizzava l'occhio agli anni '50, non aveva dovuto cercarne un altro: la gonna ampia e strutturata, dalla stoffa rigida, avrebbe nascosto la sua pancia di cinque mesi.

 

Ma perché la chiamiamo "Diciotto"? Io non l'ho ancora capito.

 

"Io lo so!" Rise Lillian, leggendo il messaggio di Sara. Era distesa prona sul letto dove Carly stava disponendo quattro graziose trousse. La sua idea era di creare kit d'emergenza per la sposa e loro tre.

Lillian la guardava disporre nelle trousse il contenuto di parecchi cestini: fazzoletti, articoli vari da toeletta, creme solari, paracetamolo, mascara waterproof, salviettine, preservativi, cicche alla menta.

Carly aveva disposto tutto in maniera super organizzata, pensava ad ogni dettaglio.

"Io già ti immagino supermamma a cui non sfugge nulla." 

" 'Super' non penso proprio, Lillian," Carly non la guardava nemmeno, indaffarata come un'ape operaia.

"E questo cos'è?" La ranger prese una specie di rotolo di scotch da un cestino.

"Booby tape." 

Lillian non sapeva manco cosa fosse.

Sara non conosceva i veri segreti, ma sapeva della gravidanza; il caso aveva voluto che incrociasse Lapis all'ospedale di Central City, ma Carly poteva contare su di lei, erano d'accordo che fosse meglio che Lazuli non sapesse nel suo grande giorno. Carly era appena entrata nelle sue grazie…

La gravidanza stava andando liscia, Carly era sempre a -3 kg, una cosa che non si sarebbe mai aspettata e che non sapeva se considerare persino negativa. Il dottore che aveva presidiato il test sierologico le aveva detto di tornare a discutere con lui. Anche se non stava incubando la varicella.

Lapis sarebbe andato con lei, alle 5 del pomeriggio quel giorno.

"Ci credi? Mi ha detto che ho fatto la varicella tempo fa, ma in modo asintomatico."

Carly era rimasta stupita e sollevata da quel risultato. Si inginocchiò davanti a una valigia aperta, si mise a piegare il completo di Lapis.

"In tinta con la sua macchina," Lillian afferrò la giacca, chiedendosi se fosse fatto apposta; il completo era color blu oltremare, una tonalità che onorava gli alti contrasti di Diciassette. Oltremare era solo un altro nome per lapislazzuli.

"Io ovviamente lo so. Valigie quasi fatte," Carly si distese supina sul letto, con un gran sospiro di soddisfazione. L'indomani sarebbe stata una lunga giornata sfiancante.

Appena dopo essere tornati da Central City, Carly aveva dovuto chiedere a Lapis di cambiare i programmi, "Non possiamo andare in aereo? Almeno parte del viaggio, non me la sento di fare tutto in macchina."

Era dallo scorso inverno che avevano programmato di andare a Satan City in macchina.

"Puoi tranquillamente dormire, Carly. Perchè tanto guido io."

Erano riusciti a non litigare per due giorni…

"Lasciamelo dire in un linguaggio che anche tu capisci: il dottore dice che non è sicuro per me affrontare una guida così lunga."

"Ti pare che io tiri il lungo al volante?"

Era come parlare al muro.

A Diciassette era venuto il dubbio di aver risposto male quando Carly non aveva nemmeno protestato. Si era solo buttata sul letto, forse desiderando di potersi addormentare e risvegliarsi quando lui avesse smesso di comportarsi da ragazzino immaturo.

Diciassette aveva cercato in fretta dei biglietti da North City a Satan City, ma per il weekend era tutti esaurito, anche la prima classe: Satan City era il punto di partenza da cui la gente raggiungeva in traghetto l'esteso Southern Archipelago.

Più tardi si era ripresentato da Carly con due fogli stampati.

"All'ultimo momento vuoi prenotare l'aereo...in macchina si va lo stesso, ma solo fino a Central City."

Carly aveva preso i biglietti fra le mani, senza leggere.

"Highwick?"

"No, Berkhamstead."

L'aeroporto più fuorimano…

 

 Lillian guardava Carly arricciare il labbro,  quasi le dispiaceva essere di così buon umore.

"Mentre tu e Sev siete al matrimonio, io andrò con Bre a uno dei suoi eventi. E a cena da Ulf e Annelin."

"Chiami già i Geirsson per nome?" Carly sembrò ritrovare il brio, era estremamente felice per Lillian.

"Beh, ho sempre dato loro del tu. E poi, io e Brent...già da un po'."

Come sempre, Carly si riempì di gioia nel sentirsi raccontare le avventure amorose della sua sorella mancata.

"Non avevo mai visto Brent coi capelli sciolti," Lillian stessa non capiva come non gli venisse mal di testa. "Sono lunghissimi! Per un maschio, intendo, non come i tuoi."

Ogni volta che si facevano delle belle cavalcate nel Valhalla, il vichingo si scioglieva la chioma per lei.

"È una cosa che fa sesso, vero?" ammiccò Carly.

Lillian non sapeva come mai avesse aspettato così a lungo, "Brent è fantastico, mi tratta come una regina. Sembra che ami darmi piacere anche più di riceverne, è la prima volta che mi succede."

"Bene, Lillian," Carly le accarezzò il braccio, voltandosi a guardare dalla finestra. "È giusto che questo onore, che essere il pioniere spetti unicamente a Brent."

Ci furono pochi secondi di silenzio, prima che Lillian ricominciasse a raccontare.

Carly iniziò a saltare di gioia e ad abbracciarla.

"Ma puoi fare questo, Carlissima?"

"Perchè? Ho due gambe."

Lillian non ne sapeva niente ma pensava che una, da incinta, non potesse saltare così. Evidentemente non era il caso di Carly; le venne improvvisamente voglia di toccarle la pancia.

"Ti prego ti prego ti prego!"

A Carly dava fastidio che gliela toccassero ma visto che Lapis non si sprecava, non la disturbava se era la sua migliore amica a farlo. La pancia era lievitata, seppur non fosse ancora ingombrante; le sembrava di avere un piccolo palloncino tutto in avanti.

"Non si può più dormirci sopra," sospirò Carly, pensando a tutto il tempo che passava a cercare una posizione comoda per dormire; tutto quel suo rivoltarsi dava sui nervi a Lapis, che aveva smesso di fare finta di dormire di fianco a lei.

"Cosa fai alla tua mamma, mini Sev o mini Carly," Lillian sorrideva fin quasi alle lacrime, sperando di sentire una qualche risposta da lì dentro. Non ci aveva mai pensato, ma che figo era avere un'amica incinta? 

Lillian non credeva che avrebbe mai voluto esserlo, ma vederlo su Carly era qualcosa di nuovo e curioso.

Guardò interrogativa Carly, rammentando un dettaglio importante, "Non hai paura che sia come Diciassette?"

"Bono?"

No, quello non la preoccupava.

"Un po' terminator. Tipo che quando scalcia ti spezza le costole, mi sto preoccupando per te."

"Non penso sia possibile."

Per fortuna di Carly le modifiche di Lapis erano solo sue, non erano un tratto ereditabile. 

Probabilmente.



 

/

 

Due giorni. 

Era tutto lì, il tempo che la separava da quel giorno che aveva pianificato sin dal primo matrimonio-fuga romantica.

Questa seconda cerimonia le stava mettendo ancora più ansia, forse perché ci sarebbero stati tutti quelli che contavano nella sua vita.

Era l'ansia da emozione, le schiacciava il cuore, ma Diciotto gioiva nel sentirla. Significava che stava facendo la scelta giusta, che era felice della sua vita.

Crilin sedeva al suo fianco, su una pietra sfusa in quella magnifica abbazia in rovine. Il sacco fra le sue mani sembrava pesare, conteneva una buona parte della loro cerimonia.

"Siamo stati fortunati a poter avere il rimborso. Con il catering, i tizi della decorazione e del padiglione," sorrise la cyborg, cercando di lenire la sua stessa tensione. Si sedette di fianco a Crilin.

Il padiglione in spiaggia era stato il loro piano, fino a quando non avevano scorto le rovine dell'abbazia sulla scogliera.

Il guerriero alzò lo sguardo alla volta sventrata, al rosone senza vetri.

"In due giorni, immaginati questo posto…" Sarebbe stato perfetto. Il contenuto del sacco cioccò con rumore di palle da bowling, "Quando vuoi, amore."

 

 Come la prima volta, Diciotto rimase spiazzata di fronte alla mole e alla presenza del drago Shenron; la sua aura era percepibile anche per lei, un'essenza soprannaturale.

Le sfere brillavano di luce propria, ai piedi della coppia.

"Posso chiederlo io?" Diciotto si rivolse a  Crilin con il suo solito sguardo da gatta, ma il lucore che lo imperlava tradiva come si sentisse davvero.

Quando aveva riportato in vita Bruno aveva avuto paura di formulare il desiderio a Shenron, ma questa volta sarebbe stata una strada in discesa.


/

 

Il dottore riordinò i fogli sulla sua scrivania e fece sedere la giovane coppia nel suo studio, "Carly, non hai la varicella. Ma c'è una piccola carenza di ferro da sistemare, quindi ti darò dei supplementi."

Una carenza? Carly se ne sentì in colpa. La creatura di Lapis era forse in pericolo per colpa delle sue sviste? 

Carly si impose di non piangere, "Ma come...Cerco sempre di mangiare equilibrato e prendo le vitamine."

Era una cosa relativamente normale, la rassicurò il medico. Il problema era quando degenerava in anemia.

"Il volume del tuo sangue è aumentato, come succede normalmente, causando una minor concentrazione di emoglobina.  Succede, con la formazione della placenta. Non è colpa tua ed é improbabile che crei sofferenza al feto."

"E a lei, invece?"

Diciassette si sentì alle strette in quello studio, all'improvviso. Vedeva benissimo quanto Carly fosse pallida, percepiva il palpitare frettoloso del suo cuore.

In quel momento ebbe il timore insidioso che suo figlio fosse come lui e le stesse facendo del male. Anche se, con tutta probabilità, era una creatura umana normale. Come Marron, figlia di Diciotto.

Diciassette rimuginò sulle parole del medico, aveva bisogno di tranquillizzarsi.

Carly aveva tanta voglia di stringergli la mano. "Quindi non é grave?"

"No, non è anemia. Ti prescriverò dei supplementi di vitamine B12 e C, aiuteranno con l'assorbimento del ferro. Ritorna pure a fare un prelievo alla ventesima settimana, il mese prossimo."

Il medico si alzò per accompagnare la signorina Der Veer e il padre del bambino alla porta; sorrise benevolo, percependo lo stress di quest'ultimo. "Vedrai che la mammina si riprenderà con pochi accorgimenti semplici: tu falle bere un bel bicchiere di succo d'arancia tutte le mattine, mi raccomando."

 

/

 

Crilin e Diciotto si erano già stabiliti nell'hotel a Satan City. Tutti i loro vestiti e le loro cose erano state disposte con cura nella loro suite. Con l'intervento di Shenron non c'era molto da fare, ormai.

La notte dell'antivigilia del matrimonio, Diciotto non era restata a letto con Crilin. 

Camminava silenziosa sul parquet scuro, gettando occhiate timide al suo peplo, appeso in cima ad un armadio nella stanza adiacente alla camera da letto.

La stanza in cui Diciotto si sarebbe preparata insieme alle sue damigelle; in cui avrebbe fatto una domanda importante ad una persona ancora più importante.

Si era ricordata con molto ritardo che le serviva qualcuno che percorresse la navata a braccetto con lei. 

Le era venuto in mente che non avrebbe potuto fare come Sara, né come le altre del suo entourage.

Ma voleva camminare a braccetto con qualcuno di speciale. La scelta era stata naturale, immediata.

Diciotto non vedeva l'ora di comunicarla alla persona designata.


/


Diciassette e Carly erano partiti da Verny prima che il sole spuntasse. Lui aveva preso molto sul serio le parole del medico e non aveva lasciato che Carly uscisse di casa senza aver bevuto mezzo litro di spremuta fresca dietro alle sue nuove medicine; l'aveva quasi forzata e lei aveva finito per scognarsi, non aveva voluto la colazione.

Diciassette non aveva voglia di litigare per quello, voleva solo pensare a godersi la guida: considerato il suo uso dell'acceleratore, in otto ore sarebbero stati al Centro.

Avevano appena passato North City quando a Diciassette toccò sorbirsi le lamentele di Carly.

"Per favore, vuoi fermarti al prossimo autogrill?"

Dovevano essere a Berkhamstead entro mezzogiorno, così da avere il tempo di fare il check-in e prendere l'aereo con calma. Se tutto fosse andato come previsto, si sarebbero sistemati in hotel a Satan City intorno alle sei.

Quando Carly aveva accettato di essere una damigella era stata eccitata e onorata, ma ora le veniva male al pensiero di quella giornata già lunga. Una volta a Satan City si sarebbe dovuta trascinare all'addio al nubilato. Erano solo le sette e mezza, era sveglia dalle quattro e solo dopo mezzanotte avrebbe potuto concedersi un po' di riposo. Non era nemmeno certa che giornate così frenetiche e la Z4 lanciata a 180 km/h sull'autostrada fossero roba sicura per la sua salute. Prendi la jeep, gli aveva detto, è più sicura per i tragitti lunghi.

Che ne sai tu di auto, aveva ringhiato lui. 

Tuttavia quello che la faceva stare peggio era il trattamento del silenzio che Lapis le stava ancora riservando. 

Gliel'aveva detto che doveva fare la pipì, ma lui aveva tirato dritto, per tutta risposta le aveva passato una bottiglia vuota.

"Mi stai prendendo in giro? Ma anche no."

Smise di ridere quando si rese conto che Lapis non aveva alcuna intenzione di fare pit-stop.

Diciassette accese la radio, visto che non riusciva a fare stare zitta Carly.

Non seppe se gli dispiaceva tenerla sulle spine così o se aveva finito per non sopportare più le sue richieste, ma quando furono all'altezza di Ginger Town si fermò infine in un autogrill. 

"Fai quello che devi fare e torna subito."

Inchiodò, spense il motore e se ne stette sulle sue, mentre Carly scendeva dalla macchina contando delle monete dal suo portafoglio.  

"Smettila di comportarti così! Ti ho già chiesto scusa, se continui è per puro sadismo."

Con le lacrime e una sensazione di mal di pancia nervoso, Carly sbattè la portiera e si allontanò.

Era passata mezz'ora e Diciassette era rimasto ad arrostire in macchina. Voleva senza dubbio continuare a fare l'arrabbiato per chissà quanto, ma in fondo al cuore sapeva che si stava preoccupando per lei.

In piedi di fronte alla porta del bagno delle donne, la sentì piangere.

"Carly. Esci di lì."

Udendo Lapis bussare, Carly scorse allo specchio il proprio viso completamente rosso e dagli occhi gonfi, aveva fatto bene a non truccarsi quella mattina. Voleva stare lì e piangere in pace, sfogarsi finché le pareva senza dare la soddisfazione al cyborg di vederla soffrire così tanto a causa del suo atteggiamento da stronzo.

"Carly. Se non esci, ti tiro fuori io."

Diciassette non aspettò. La porta era chiusa a chiave ma lui non se ne accorse nemmeno quando la spinse per aprirla.

Trovò Carly tutta accaldata, non solo in viso ma anche sul collo e sulle spalle. L'afferrò pragmaticamente per un braccio e la trascinò fuori dal bagno, avevano perso mezz'ora.

"Non che sia così importante, ma c'è il matrimonio di Diciotto in ballo."

Ovvio, Diciotto era quella che importava di più per lui. Carly non aveva la forza di lottare e rispondere a tono, quella mattina:

"Puoi almeno lasciarmi mangiare prima di ripartire? Mi è venuta la nausea."

La nausea da fame, sensazione che Gero aveva cancellato dall'organismo di Diciassette. Con il respiro affannoso, la pelle bianca come panna e le vene quasi fluorescenti sulla scollatura, Carly gli diede ancora una volta quell'impressione di estrema fragilità.

Si erano messi in viaggio prima dell'alba, c'era ancora molta strada da fare e lei non aveva mangiato nulla nelle ultime dodici ore. 

Diciassette guardò la coda al bancone dell'autogrill, dove vendevano cibo e bevande. Sospirò.

"Ok, vado a prenderlo io."

Portò Carly vicino a una panchina, interamente occupata da persone che chiacchieravano e sorseggiavano caffè caldo.

Un uomo anziano alzò per caso gli occhi dal giornale, vide una giovane coppia in piedi lì vicino. Lei era graziosa, molto pallida; notando che era in attesa le offrì immediatamente il suo posto, il ragazzo lo ringraziò con un cenno del capo e si mise in fila.

Se Diciassette si sentiva sorpreso da quel gesto di civiltà, si risentiva anche del fatto che uno sconosciuto a caso potesse prendersi miglior cura della sua Carly. Grugnì irritato, desiderando di poter spazzare via quella fila.

Sulla panchina, l'uomo guardò la ragazza appoggiata allo schienale; si vedeva che non stava bene, anche se lei diceva il contrario.

"Le serve aiuto, signorina?"

Qualche lacrima le era rimasta fra le ciglia bionde, le ciocche di capelli sulle sue tempie erano madide di sudore.

"Oh, non è niente, solo il ferro…"

Carly si sforzò di dare corda al gentile estraneo, che le porse una bustina di zucchero.

"Prenda questo, nel frattempo. Ne porto sempre un po' nel caso in cui cominci ad avere cali di zucchero." 

Carly sorrise educatamente, strappando la bustina e leccando il contenuto.

L'anziano le raccontò di essere in viaggio verso la costa sud, avrebbe passato il mese di luglio con i suoi nipoti. 

"Voi due siete molto giovani, vero?"

"Io ho ventiquattro anni, Lapis ventitré."

Carly parlò con nonchalance, stringendo gli occhi per un improvviso dolore alla schiena; aveva usato il vero nome del suo ragazzo sapendo che non avrebbe più rivisto quell'uomo.

Chiacchierarono fino a quando Diciassette non tornò con le braccia cariche di bottiglie d'acqua, brioches imbottite di formaggio e prosciutto e caramelle.

Tutti e tre condivisero la colazione; Carly era contenta che Lapis fosse stato abbastanza gentile con il vecchio. 

Aspettando che Carly riprendesse un po' di colore, il cyborg ascoltò pacificamente chiacchiere a cui non prese parte.

Un messaggio di Sara fece vibrare il cellulare di Carly.

 

Dove siete?

 

Diciassette si alzò e le tese la mano, senza fretta. "Ripartiamo?"

Poco dopo, il vecchio gentile accettò altre brioches e pastiglie alla frutta e salutò la giovane coppia; osservò il ragazzo portare via la futura mamma, tenendole una mano sulla schiena.

 

 Poche ore dopo Diciassette e Carly camminavano nei corridoi dell'aeroporto, separati, fra di loro la stessa distanza tenuta da tante altre persone che si avviavano verso gli imbarchi.

Erano arrivati in anticipo come pianificato. 

"Royal Airways vi dà il benvenuto a Central City Berkhamstead. Ora locale, 11.55."

L'altoparlante rintronò Carly.

Diciassette lasciò la valigia sulla bilancia e rifiutò ogni tentativo di comunicazione con la hostess di terra. 

Il suo passaporto aveva sette anni, risaliva a prima del rapimento; nella foto lui era ancora umano basic, i suoi capelli erano più corti e portava un solo orecchino. E quando il passaporto fosse scaduto? 

Era una questione seria: "come ti chiami?" (Diciassette) o "qual è il tuo nome?" (Lapis). 

Il cyborg continuò a pensarci passando per l'area sicurezza, così mal vigilata e inefficace dal proteggere aerei e passeggeri da veri malintenzionati; calcolando le persone che non aveva mai veramente perso e le cose che poteva comunque fare, non c'erano molti svantaggi nell'essere n°17. 

Ma se c'era una cosa che era stata più semplice, nella vita di Lapis Lang, quella era stata non avere dubbi su chi fosse.


/

 

Gli invitati erano quasi tutti giunti all'hotel. Bulma attendeva di incontrare una cliente particolare, l'aspettava vicino al suo velivolo, una valigetta nera dall'aspetto blindato alla mano.

Restò a guardarla arrivare dalla porta principale dell'hotel, le strinse la mano, "Signorina Lang."

"Dottoressa Brief."

 Kate invitò Bulma ad aprire la valigetta con uno sguardo: era curiosa di vedere cos'aveva comprato con tutti quegli zeni.

La scienziata maneggiò con cura le chiusure e l'arma contenuta all'interno, porgendola alla sua cliente.

"Eccola qui; normalmente la tecnologia della super pressione viene applicata all'ingrosso, soprattutto nei nostri robot industriali, ma è stato più facile del previsto. Metti il dito qui."

Bulma aveva progettato quella pistola in modo che non creasse vittime accidentali: c'era un piccolo display vicino al grilletto, la scienziata invitò Kate a scannerizzare le sue impronte digitali una ad una.

Una volta completata quella procedura, l'arma avrebbe risposto solo a lei.

Kate rimirava il suo acquisto, soddisfatta ma improvvisamente titubante, "E questo è abbastanza per difendermi dal tipo di gente a cui tu e i miei figli siete abituati?"

"Beh, dipende da chi ti trovi davanti. Ma il getto d'acqua che la mia creazione può produrre taglia rocce come burro. Avrei potuto costruirti una pistola ad energia, ma questa è più veloce: purtroppo non sono ancora in possesso della giusta tecnologia per creare reattori perpetui."

Come quelli di Lapis e Lazuli, pensò istintivamente la mamma.

"Per questo ho scelto la super pressione idrica. Tu non dovrai mai ricaricare l'arma." Bulma le mostrò un pannello interno, "Questo dispositivo assorbe vapore acqueo 24/24: sulla Terra, la pistola è perennemente carica."

Kate aveva chiesto a Bulma di costruirle un'arma seria, l'esperienza di Vegeta e del taser le aveva insegnato quanto fosse indifesa, che armi normali non bastavano.

Non si aspettava un'arma ad acqua, ma aveva piena fiducia in Bulma Brief.

Ripose la pistola e chiuse la valigetta con un sorriso compiaciuto sulle labbra.



 

 L'addio al nubilato sarebbe cominciato di lì a poco. Bulma si sistemò a tracolla la fascia "Bridesmaid" e andò ad incontrare Sara e Diciotto sulla soglia del boudoir dalle luci soffuse in cui avrebbero festeggiato.

La futura sposa si era presentata con una tenuta che Bulma non si sarebbe mai dimenticata: grandi lettere rosa urlavano "BRIDE TO BE" sulla sua t-shirt bianca, appoggiata fra i codini alti c'era una tiara scherzosa di plastica e pom pom rosa.

Tutto quel fluff era a metà fra il tenero e l'ironico, in dissonanza stridente coi tratti affilati della futura sposina e la sua espressione seria di natura.

"Stiamo aspettando solo Carly, poi siamo pronte." Proclamò Diciotto, giocherellando con una ciocca di capelli sottili e luminosi come vetro soffiato.

Sara si aspettava quasi che Carly non venisse; non aveva risposto a nessun messaggio nell'ultima ora, doveva essere morta di fatica.

Sposa e damigella d'onore si erano infine avviate nel boudoir, che non era molto lontano dalle porte dell'hotel: l'attenzione di Bulma fu catturata da un ragazzo con in mano un sacchetto del supermercato che passò al fianco della cricca di festeggianti, ignorandola volutamente. Aveva il fisico forte e flessuoso del combattente veloce, i capelli erano lunghi per un uomo; nerissimi, anziché biondi. 

"Diciassette?"

Con quegli occhi e quelle fattezze, altri non poteva essere che lui. Era la prima volta che Bulma lo vedeva, ne rimase sorpresa.

Nemmeno lui aveva mai incontrato Bulma.

"Stiamo aspettando Carly per l'addio al nubilato, glielo puoi dire?"

"Sta dormendo. Non la sveglierò."

Diciotto e Sara accorsero.

"Ma mia cognata?"

Diciassette si prese un momento per ammirare come sua sorella era combinata. Cercò di non ridere. "Lasciala stare. È molto stanca."

Bulma si azzardò a fare un commento, che non concluse mai.

"Ho detto di lasciarla stare."

La dottoressa rimase un po' spiazzata davanti al tono davvero freddo e duro di Diciassette; sperò che la terza damigella stesse bene. 

"Che modi, Lapis…" sbuffò Sara; aveva avuto ragione su Carly.

Diciassette fece per correre via, ma non prima di aver scattato una velocissima foto a Diciotto. Se la filò con una risata, non ascoltando quello che lei gli stava urlando.

 


La cricca aveva scelto di non avere il boudoir tutto per sé, erano in poche e sarebbe stato piatto, imbarazzante.

Si erano però prenotate un tavolo, quello basso circondato da belle poltrone sontuose.

Bulma tirò su dalla sua cannuccia, "Ci siamo solo io e Trunks, alla fine."

Che santa, Chichi. Si era offerta di tenerle Trunks per la serata.

"Vegeta non ha voluto venire…mi dispiace, io ci ho provato."

La scienziata notò lo sguardo interrogativo di Sara. "Mio marito. Ce l'ha su con Diciotto da quando lei l'ha menato. Sarò franca, in quel periodo della sua vita se l'é cercata…"

Lazuli che menava un uomo? Sara era sempre più confusa…

Diciotto sorrise, mostrando un accenno di denti. "Tranquilla. Non è importante."

Afferrò il suo cosmopolitan e lo tracannò in un sorso. Lei aveva fatto il suo dovere, mandare l'invito anche a Vegeta; se lui non aveva voluto presentarsi, cavoli suoi.

"Laz ma non stai ancora allattando?"

"Certo. Mica volevo che queste scendessero, prima di entrare nel mio vestito." Diciotto spinse il petto in avanti, con enfasi.

Bulma condivise una teoria che le era balenata in testa, dopo aver visto Diciotto bere un cocktail e allattare la bambina subito dopo, "Lei, l'alcol lo metabolizza così in fretta che al latte non ci arriva nemmeno."

"Laz…" 

Sara avrebbe dovuto sentirsi meno confusa?

Il brusio nel boudoir calò quando un presentatore in smoking occupò un piccolo palco e si mise a provare il microfono.

Sara sorbí il cocktail, nascondendo un sorriso compiaciuto.

"Sa sa sa...eccoci qua! Questa é una serata speciale," alzó un braccio, proprio a mo' di show, al suono di un concerto di trombe, "l'inizio della vita maritale…" altro concerto di trombe, "di una donna spa-zia-le! Diciotto!"

Un occhio di bue sorprese Diciotto con uno sguardo imbarazzato e un altro bicchiere davanti al naso.

"Hotel Ryz, fatevi sentire! Diciotto si sposa!"

Il presentatore la indicò con un gesto galante. Le altre persone nel boudoir furono contagiate dall'atmosfera, si girarono a guardare la ragazza illuminata.

Presto il locale si riempì di applausi e fischi da stadio.

La festa si scaldò quando un'insegna a neon stile vintage si accese sul palco: la scritta "Congratulazioni", sovrastata da un ironico simbolo, il numero 18 barrato.

La musica si fece suadente e un gruppo di avvenenti, statuari giovanotti comparve sul palco: un pompiere, un poliziotto e altri in uniforme.

Un'uniforme che consisteva solo in slip succinti, in scarponcini di pelle nera e in un copricapo. Il boudoir esplose dei fischi di altre ragazze.

Bulma e Sara fecero il tifo, mentre il gruppo iniziava a danzare.

 

Il karaoke era iniziato a mezzanotte.

Bulma non ci aveva messo molto a sciogliersi. 

"Sex bomb, sex bomb, you're a sex bomb." Cantava sul palco con una tizia a caso, un braccio del poliziotto intorno alle spalle, facendo segno a Diciotto di salire lì.

Diciotto ballava discretamente giù dal palco, il boudoir si era quasi trasformato in una discoteca. Aveva voglia di salire e partecipare al karaoke. Tantissima voglia.

Diciotto ci teneva alla sua reputazione glaciale, ma era pur sempre una ragazza di ventitré anni, amante del divertimento. Le serate folli della sua adolescenza erano un ricordo piacevole che Gero le aveva portato via.

E poi l'avevano già vista mangiare e tracannare cocktail, peggio di così?

Si preparò a salire.

"Digiuotto! Maglia bianca!"

Una voce nota le arrivò alle orecchie, dall'entrata del boudoir.

Una voce che cantilenava, vecchia e impastata, imbarazzante.

La festeggiata distinse nitidamente la figura ricurva del Genio, sostenuta da due ragazze prorompenti. Doveva essere ubriaco marcio, era arrivato fin lì dall'addio al celibato?

"Diciotta, voglio mettere la mia faccia nelle…"

Diciotto fece un cenno imperioso a un buttafuori, sperando che il vecchio non vomitasse nel boudoir. 

"Uno stripper sta bevendo sambuca dal mio ombelicooo!" urló Sara, sopra la musica, rivolgendosi sia a Lazuli che passava di lì sia alla ragazza distesa sul suo stesso tavolo. Lo stripper scambió un cenno d'intesa con l'altra ragazza e Sara, questa ci mise un po' a comprendere.

"Ah, no, non posso. Sono sposata." Mostrò il suo anulare inanellato. Gli altri due annuirono e si congedarono da lei con un saluto.

Sara era color rosso scarlatto. Diciotto si chiese come avrebbe potuto presentarsi nella sua suite in sole cinque ore, per vestirsi insieme a lei.

"Laz, troiona, vieni qui!" Sara si ricoprì il ventre sbrodolato di liquore, "Non dirlo a mio marito, che mi fa una testa così altrimenti. Mie intenzioni, solo innocenti. Mi stavo divertendo."

Diciotto sorrise alla sua migliore amica. Lo sapeva.

"Stai tranquilla, Sara. Quello che succede al mio addio al nubilato, resta nell'addio al nubilato."

Inclusa la sua performance da karaoke. Nell'udire le prime note di Wannabe, Diciotto si trascinò dietro Sara.

La signora Weiss era troppo ubriaca per ricordarsi di lei che cantava, in ogni caso.







 

Pensieri dell'autrice:

 

Buongiorno cari lettori!

Ammetto di essermi divertita da morire a descrivere il delirio alcolico, era da un po' di capitoli che non c'era un delirio alcolico.

Piccola nota: oltremare, è davvero un sinonimo di lapislazzuli. In antichità, il pigmento ottenuto dalla pietra sminuzzata veniva chiamato in Italia "oltremare" per via della sua provenienza (so che per esempio l'Afghanistan esporta lapislazzuli). Fine di DarkWinter-Alberto Angela.

É un colore molto simile alle tennis di 17 in Z, sembra fatto apposta! Io, in ogni caso, l'ho fatto apposta.

È stato un capitolo felice, nonostante si sia aperto con uno scenario piuttosto tetro. Non sono solo Crilin e 18 a dare il titolo al capitolo!

Lillian si preoccupa per Carly, ma Carly stessa ha ragione: il figlio suo e di 17 non é "un po' terminator" (sarebbe orribile per la povera Carly se così fosse!)

 
   
 
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