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Autore: Lamy_    14/12/2020    0 recensioni
Durante un temporale Tommy Shelby trova riparo in una tavola calda di Londra che offre i pasti migliori di tutta la città. Qui conosce Judith, giovane studentessa che attira la sua attenzione. L’incontro fra i due segna l’inizio di una bizzarra amicizia.
Ariadne Evans è la sorella di David Evans, il capo della gang dei Blue Lions. Ariadne ritorna a Birmingham per assistere il fratello malato e aiutare la madre a gestire gli affari in via provvisoria. Le cose, però, non vanno come spera lei e una breve visita a casa si trasforma in una trappola. A complicare la situazione è l’attrazione che si instaura fra lei e Tommy. Tra una madre dispotica, un fratello minore che si mette sempre nei guai e una gang che dipende anche da lei, Ariadne impara a sue spese che ribellarsi è l’unica soluzione che ha.
E se Judith e Ariadne fossero la stessa persona?
“Siede arbitro il Caos, con le sue decisioni raddoppia ancora il contrasto per il quale regna; a lui presso governa supremo il Caso.”
(John Milton, Il Paradiso Perduto)
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thomas Shelby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4. IL GIRONE DEI BUGIARDI

“Per l’uomo non c’è altro inferno che la stupidità e la malvagità dei suoi simili.”
(Marchese de Sade)
 
Ariadne scrutava fuori dalla finestra il lento movimento delle nuvole bianche e soffici. La sera prima era rientrata a casa in uno stato pietoso: abiti sporchi di terra, foglie tra i capelli e un piccolo graffio sul mento. Aveva raccontato cos’era successo nel bosco mentre sorseggiava una tisana calda. Eric e Julian si erano preoccupati per lei, ma sua madre l’aveva guardata con disprezzo come suo solito e poi si era ritirata in camera sua. Per fortuna la stanchezza aiutò Ariadne e prendere subito sonno, dopo gli eventi accaduti una buona notte di riposo era più che necessaria. Si era svegliata intorno alle dieci, aveva fatto colazione da sola ed era tornata nella sua stanza a riflettere. Eric le aveva vietato di uscire perché doveva capire dove fosse finito Lucius e perché fossero stati attaccati, pertanto lei si era dedicata tutta la mattinata al disegno.
“Ti vedo.” Disse Ariadne con un sorriso.
La testolina di Agnes sbucò da dietro la porta con le sottili sopracciglia aggrottate.
“Ciao.” Mormorò la bambina, vergognosa.
“Dai, piccola, entra. Fammi compagnia.”
Ariadne sorrise quando Agnes saltò sul letto e si aggiustò le pieghe del vestito, era una bambina bellissima. Eric le aveva annunciato la sua nascita in una lettera, ma vederla dal vivo faceva tutto un altro effetto.
“Che fai, zia?”
“Stavo disegnando una foglia. Tu sai disegnare? Scommetto che sei bravissima!”
Agnes annuì energicamente, scese dal letto e corse in cameretta per prendere uno dei suoi disegni.
“Guarda! Ti piace?”
Il foglio ritraeva una casa, rondini svolazzanti e un cane accoccolato sul prato. L’indole artistica era di famiglia.
“Lo adoro! Lo sapevo che sei bravissima. Lo fai un disegno tutto per me?”
Ariadne la prese in braccio e le diede un foglio dal proprio album, poi le offrì anche l’astuccio dei colori.
“Le mie donne preferite!”
Julian baciò sia la testa della sorella sia della nipote. Si sedette sul bordo dello scrittoio e arruffò i capelli di Agnes.
“Eric è in casa?” indagò Ariadne.
“No. E’ uscito con un paio dei suoi per andare a cercare Lucius. Tu come stai?”
“Bene, tutto sommato. Trovarsi nel mezzo di uno scontro armato non è piacevole.”
Julian ridacchiò e si chinò a sfiorare un riccio rosso di Ariadne, gli era mancata molto quella loro complicità.
“Sai, per tua assoluta informazione, in cucina c’è una porticina che ti permette di uscire senza essere vista.”
Ariadne sgranò gli occhi a quell’informazione assai preziosa, era grata che il fratello avesse capito che aveva voglia di uscire.
“Tu mi copriresti con la mamma?”
“Io farei qualsiasi cosa per te, Aria. Adesso vai, sparisci!”
La ragazza indossò un cardigan nuovo e pulito, abbracciò il fratello e scoccò un bacio sulla guancia di Agnes.
“Torno fra un paio d’ore. Grazie!”
 
Ariadne si nascose dietro il muro per non essere beccata. Dopo aver lasciato casa sua, si era recata al Garrison per parlare con Tommy, ma Margaret le aveva detto che il boss non si era fatto ancora vedere. Doveva assolutamente confrontarsi con lui, capire perché avessero attaccato proprio loro e soprattutto come uscire da quella brutta situazione. Fu così che decise di seguire Finn, che stranamente si era fermato in farmacia a comprare garze e disinfettante. Il piccolo Shelby l’avrebbe portata dritta nella tana del lupo. Ecco perché ora si ritrovava schiacciata contro la parete di una barca, intenta a non farsi scoprire. Pochi minuti dopo Finn si allontanava dal canale di fretta, guardandosi le spalle per controllare di non essere pedinato. Ariadne individuò la barca sulla cui fiancata c’era scritto “C. Strong” e senza perdere tempo salì a bordo. Bussò alla porticina della cabina e attese con una certa ansia.
“Finn, che caz … Tu?!”
Tommy era pallido e sudato, la sua pelle emanava un calore intenso.
“Ciao! Come va?”
Ariadne quasi inciampò quando Tommy la spinse dentro la cabina per evitare di essere visti.
“Che cazzo vuoi, ragazzina? Quanto sei stupida!”
“Scusami. Volevo solo sapere come stavi. Sono andata al Garrison e …”
La ragazza smise di parlare perché lo sguardo furioso di Tommy le impediva di spicciare parola.
“Mi nascondo da chi ha sparato nel bosco. E tu vieni qui col rischio di far uccidere sia me che te?”
“Oh, ehm … io avevo considerato questa prospettiva.” Ammise lei, imbarazzata.
“Già, perché sei una bambina che gioca a fare la donna d’affari.”
Era vero, Ariadne non era pronta ed Eric l’aveva data in pasto in leoni senza alcuna protezione.
“Beh, anche Finn è stupido perché lo stavo seguendo dal Garrison e non si è accorto di nulla.”
“Lo so che mio fratello è un coglione.”
Tommy si accese una sigaretta e al primo tiro emise un rantolo di dolore.
“Posso vedere la ferita? Magari ti posso aiutare.”
Lui annuì con indifferenza, al che Ariadne sciolse la benda sporca di sangue e si avvicinò per osservare meglio la ferita. Era così vicina che Tommy avvertiva il suo respiro caldo sulla pelle scoperta del fianco. A stento trattenne i brividi.
“Adesso sei anche una dottore? Quanti talenti nascosti.” Disse con cattiveria.
Ariadne non si offese, anzi sorrise e aprì la busta che Finn aveva portato.
“Mio fratello Julian da piccolo adorava correre e cadeva molto spesso, forse cadeva davvero troppo ora che ci penso. Mia madre lo avrebbe rimproverato per giorni se fosse rientrato con le ginocchia sanguinanti, quindi io ogni volta che si sbucciava le ginocchia mi premuravo di medicarlo.”
Tommy strinse i denti quando il disinfettante bruciò sulla ferita, però doveva ammettere che Ariadne aveva un tocco delicato. Muoveva le dita con cura, quasi stesse ancora pulendo le ginocchia del suo fratellino.
“Anche questa storiella è una bugia?”
La ragazza deglutì e per qualche secondo si interruppe, poi riprese a disinfettare per bene gli argini sanguinanti.
“Mi dispiace che tu lo abbia scoperto così.”
“Chi è Judith Leyster?”
“Era una pittrice del Seicento, una delle mie preferite. Quando sono arrivata a Londra ho deciso di cambiare nome. Non volevo che qualcuno sapesse chi sono davvero.”
Tommy rabbrividì quando Ariadne gli sfiorò l’addome mentre gli avvolgeva la benda intorno per impedire alla garza di cadere. Profumava ancora di bergamotto.
“Tu sapevi che ero Tommy Shelby?”
“No. Ho lasciato Birmingham a quindici anni, non conoscevo la tua famiglia e i Peaky Blinders. Per me eri solo il signor Shelby.”  
Tommy si sedette su una panca di legno malconcia, aprì uno sportellino e tirò fuori una bottiglia si whiskey. Tolse il tappo e senza troppe cerimonie bevve direttamente.
“C’era qualcosa di vero in quello che mi hai detto?”
Ariadne iniziò a camminare sotto e sopra, odiava parlare di se stessa perché temeva di rivelare troppe cose.
“E’ vero quello che ti ho detto su mia madre. Lei è dispotica e mi detesta, lo hai potuto costatare tu stesso alla festa. E’ vero che Eric è andato in guerra e ha perso la gamba. Ed è vero che mi piace l’arte.”
“Tua madre è un osso duro.” Commentò Tommy.
“Anche tu mi hai mentito. Sei sposato e stai per diventare padre.”
Tommy ignorò la punta di irritazione nella voce di Ariadne, di certo non spettava a lui giustificarsi con una ragazzina.
“Ho sposato Lizzie solo un mese fa per riconoscere il bambino, o la bambina.”
“Quando eravamo a Londra insieme eri già fidanzato?”
“Non sono affari tuoi.”
Ariadne sbuffò, non sopportava quell’atteggiamento strafottente di Tommy.
“Mi tratterai male a vita perché ti ho mentito sulla mia identità?”
“Ariadne, non me ne frega un cazzo di come ti chiami o di come vuoi farti chiamare. Quanto è successo a Londra è una breve parentesi che non conta nulla. Ci siamo divertiti ed è finita lì. A Birmingham io sono uno Shelby e tu sei una Evans, siamo soci e basta.”
Tommy notò lo sguardo triste di Ariadne e per un secondo si intenerì, prima di tornare ad indossare la sua maschera di freddezza.
“Questo vuol dire che non mi aiuti se ti chiedo un favore?”
“Quale tipo di favore?”
La ragazza si appoggiò alla parete e incrociò le caviglie, mille pensieri le passavano per la mente.
“Ora con gli Scuttlers si è complicato tutto. Di sicuro cercheranno vendetta e mio fratello è costretto ad aiutarli, questo significa che io dovrò restare qui per risolvere la questione.”
“E cosa vuoi da me?”
“Aiutami a trovare un modo per tornare a Londra il prima possibile. Tom, io non posso restare qui. Odio la mia famiglia, odio i Blue Lions, odio questa malavita.”
Tommy la guardò dal bordo della bottiglia e fece un mezzo sorriso.
“Sei proprio disperata. Perché?”
“Non sono affari tuoi.” Ripeté Ariadne.
“Non posso aiutarti. Io e te eravamo presenti all’attentato nel bosco e per questo gli Scuttlers vorranno il nostro aiuto fino a quando non scopriranno che cosa è successo. Mick King non ti permetterà di andare via.”
“Quindi l’unico modo di porre fine a tutto questo è trovare chi ha sparato nel bosco? Bene! Comincerò a indagare!”
“Finirai per farti ammazzare, Sherlock.”
“Allora ci vedremo nel girone dei bugiardi, signor Shelby.”
 
Quando Ariadne entrò di soppiatto in cucina, incespicò su un sacco di patate e cadde con le ginocchia per terra.
“Ahia!”
“Sei seria?”
Marianne Evans teneva le braccia al petto e la solita espressione arcigna, che si abbinava alla perfezione con l’austero abito nero da lutto.
“M-madre … io … ero ehm … andata in giardino a controllare le rose.”
“Sei così sciocca, Ariadne. Lo so che sei uscita nonostante il divieto. Tu non fai mai quello che ti viene imposto.”
Ariadne si alzò e si pulì i pantaloni, non osava sollevare gli occhi dal pavimento.
“Sono la pecora nera della famiglia, giusto?”
“Sei peggio di Julian, il che è tutto dire. Sei un disastro ambulante.”
La madre le rivolse un’occhiata disgustata come se a stento trattenesse i conati di vomito.
“Se sono peggio di Julian, perché sono tornata? Lo sappiamo entrambe che stai meglio senza di me.”
“Sei qui perché Eric ha insistito. Io volevo che affidasse l’incontro con gli Scuttlers a Lucius.”
“Certo, perché tu consideri Lucius come tuo figlio!” sputò Ariadne, velenosa.
“Almeno Lucius non ha fatto quello che hai fatto tu otto anni fa.”
“Ho commesso quell’errore solo per salvarti la vita, madre. Quando lo capirai?”
“Tu mi hai rovinato la vita, Ariadne. Sei una disgrazia per questa casa.”
Marianne le diede le spalle per tornare in salotto, lasciando Ariadne con gli occhi umidi di lacrime. Però non avrebbe pianto perché, malgrado sua madre pensasse il contrario, lei aveva salvato la sua famiglia da un incubo.
 
Quella sera Ariadne aveva saltato la cena ed era andata a letto presto. Non aveva voglia di disegnare o di leggere, aveva solo voglia di starsene distesa a guardare il soffitto. Birmingham la soffocava, inibiva la sua vena artistica e soprattutto distruggeva il suo umore. Verso le dieci Julian le aveva portato un pezzo di crostata di mele, poi l’aveva salutata con un bacio sulla fronte ed era uscito di nascosto. Era un giovane sveglio e pieno di vantaggi, eppure preferiva annegare i suoi dispiaceri in alcol e nottate di passione con gente a caso. Ariadne richiuse gli occhi e si costrinse a dormire, almeno durante la notte casa sua non le faceva così paura. Ogni suo tentativo andò in fumo quando un frastuono risuonò dal piano di sotto. Si infilò la giacca da camera e andò in corridoio a controllare. Vide due ombre muoversi nel buio in direzione dell’ufficio di Eric. Recuperò un candelabro antico che faceva da arredo su un mobile del corridoio e in punta di piedi seguì le ombre.
“Fermi!”
La luce esplose di colpo e Ariadne si coprì gli occhi accecati. Davanti a lei c’era Julian che sorreggeva un Lucius ferito alla spalla.
“Aria, abbassa il candelabro. Ho trovato Lucius fuori dal cancello quando sono uscito.”
“Dove sei stato?” domandò Ariadne.
Lucius, impregnato di sudore per il dolore e lo sforzo, abbozzò un sorriso.
“Anche io sono felice di rivederti, bambolina.”
“Ripeto: dove sei stato? Eric ti sta cercando da ore.”
“Dopo gli spari sono stato trattenuto dagli Scuttlers per essere interrogato. Credono che tra i Blue Lions e i Peaky Blinders ci sia una spia. Solo poche persone erano a conoscenza dell’incontro.”
Lucius fu scosso da un colpo di tosse e Julian lo depose lentamente sul divano, benché sapesse che la madre lo avrebbe rimproverato per le macchie di sangue sulla stoffa preziosa.
“Questo è un problema. Un grosso problema.” Disse Julian.
“Se Mick King pensa che lo abbiamo tradito, allora verrà a darci la caccia.” Aggiunse Lucius.
Ariadne si mise le mani fra i ricci rossi e sospirò.
“Perché avremmo dovuto tradire gli Scuttlers? Sia Eric sia Tommy hanno bisogno di quell’accordo con loro. Non avrebbe senso gettare via qualcosa di cui abbiamo necessità.”
“Che sta succedendo?”
La stampella di Eric batteva sul marco lucido del pavimento mentre a faticava camminava.
“Ho trovato Lucius ferito fuori dal cancello.” Spiegò Julian.
“E tu che ci facevi fuori? Ho espressamente vietato a tutti i membri della famiglia di lasciare questa casa. Non siamo al sicuro dopo la sparatoria nel bosco.”
Ariadne per la prima volta si rese conto che la fronte di suo fratello era attraversata da rughe di espressione evidenti che dimostravano quanto fosse duro il ruolo del capo, e le dispiacque perché la sua mente ricordava ancora Eric come un ragazzo burlone e pieno di vitalità.
“Eric ha ragione. Gli Scuttlers potrebbero essere dappertutto.” Biascicò Lucius.
“Julian, accompagna Lucius nella stanza degli ospiti e chiedi a Barbara di dare un’occhiata alla sua spalla. Io e Ariadne dobbiamo parlare in privato.”
 
La gamba di Ariadne tremava nervosamente. Eric non era di certo d’aiuto con la sua faccia cupa e contrita da fitte di dolore.
“Che devi dirmi, Eric?”
“Mamma ti ha detto perché sei qui?”
Eric si lasciò cadere sulla sedia con uno sbuffo, il moncherino della gamba era scomodo da sistemare sulla poltrona.
“Ha detto solo che tu hai insistito perché io tornassi. E tu hai detto che sono tornata per gestire questo affare con gli Scuttlers. Non è così?”
“Ariadne, io sto morendo.”
Ariadne dovette reggersi al bordo dello scrittoio per non svenire. Inghiottì la saliva con difficoltà come se stesse mandando giù un bicchiere di candeggina.
“In … in che senso stai morendo?”
“L’infezione alla gamba è grave, molto grave. I medici dicono che non ho speranze di sopravvivere a lungo. Stando agli ultimi accertamenti mi restano all’incirca tre mesi di vita. Non c’è una cura.”
Eric era sereno mentre annunciava la sua dipartita in breve tempo. Era una sua caratteristica restare saldo anche nei brutti momenti.
“E mi hai richiamata per assistere alla tua morte?”
“Ti ho richiamata per due motivi: in primis, volevo trascorrere questi ultimi mesi di vita con mia sorella accanto perché non morirei tranquillo senza vederti ancora una volta; e in secondo luogo, ti ho richiamata perché tu prenderai il mio posto.”
Ariadne si alzò di scatto facendo rovesciare la sedia a terra. Tremava come una foglia, la sua espressione era di puro terrore.
“No! No! Non puoi farmi questo, Eric! Non puoi chiedermi una cosa del genere!”
“Infatti non te lo sto chiedendo, ti sto solo avvisando. Il mese prossimo ti presenterò come nuovo leader dei Blue Lions.”
“Perché me? Potresti scegliere Lucius, lui sarebbe perfetto!”
Eric incrociò le mani sotto il mento e sorrise, l’ingenuità di sua sorella lo aveva sempre affascinato.
“Perché Lucius non è uno della famiglia. Il mio successore dovrà essere un Evans di sangue. Julian non sarebbe in grado, è troppo incostante e ubriaco per guidare i Blue Lions. Agnes è ancora una bambina. Tu, invece, sei la candidata perfetta: sei giovane, intelligente e sai farti rispettare.”
Ariadne sprofondò contro la parete e scivolò fino a sedersi sul parquet.
“Non posso … Io non posso.”
“Ascolta, Ariadne: mia moglie è incinta e tutti noi speriamo che sia un maschio in modo da assicurare un futuro capo ai Blue Lions, ma nel frattempo toccherà a te gestire gli affari e portare in alto il buon nome della famiglia.”
“Affari? Buon nome? Eric, la nostra famiglia si occupa di usura! Nostro padre è stato il maggiore strozzino del Regno Unito! Cosa c’è di buono in tutto questo?”
“Nostro padre ha costruito un impero, una eredità che spetta a noi preservare!”
Ariadne scoppiò in una risata isterica, era ridicolo Eric mentre ribadiva a macchinetta le parole di sua madre.
“Ha costruito un impero con i soldi della povera gente! Sinceramente questa eredità a me fa schifo!”
“Sorellina …”
“Vaffanculo, Eric!”
 
Ariadne non si sarebbe arresa, non avrebbe ceduto ai ricatti della sua famiglia. Per questo ora stava rubando una bicicletta dalla serra dietro casa sua per scappare via e raggiungere la stazione.
“Non lo farei se fossi in te.”
Julian se ne stava appostato fuori dalla serra con le mani in tasca e una sigaretta tra le labbra.
“Devo andarmene, Jules. Non ho altra scelta.”
“Mi abbandoni di nuovo? Sei una pessima sorella.”
“Non si tratta di te o di me questa volta. Lo sai cosa mi ha detto Eric?”
“Ho origliato la vostra conversazione, quindi lo so che ti ha detto. Scappi per questo?”
Ariadne strinse le mani intorno al manubrio della bici fino a far sbiancare le nocche, quel dolore le permetteva di mantenere il controllo.
“Scappo perché non voglio essere complice di questo schifo. Jules, noi due meritiamo di meglio. Meritiamo una vita degna di essere vissuta nel pieno dell’onestà.”
“Scappare non è mai la soluzione. E poi sta pur certa che Eric ti cercherà anche in capo al mondo e ti troverà.”
“Allora vorrà dire che mi ammazzerò prima che mi trovi.”
Julian tirò sul col naso, stava reprimendo le lacrime e gli occhi iniziavano a bruciargli.
“Non mi puoi lasciare solo in questo inferno. Io ho bisogno di te, Aria. Ti supplico!”
Se Ariadne prima era sicura della sua scelta, adesso lo sguardo affranto e la voce tremula di Julian le stavano facendo cambiare idea. Come poteva abbandonarlo di nuovo? Come poteva lasciarlo in pasto ai lupi della sua famiglia?
“Jules, mi dispiace.”
“E allora resta con me. Se ti dispiacesse sul serio, faresti di tutto per restare. Io da solo non ce la faccio più.”
“Resto. Io resto con te.”
Julian sorrise fra le lacrime e abbracciò la sorella fino a stritolarla con le sue braccia muscolose.
“Promesso?”
Ariadne sapeva che quella promessa avrebbe messo a repentaglio la sua vita, ma aveva salvato Julian una volta e lo avrebbe rifatto ancora. Ricambiò l’abbraccio affondando la guancia nel petto del ragazzo.
“Promesso.”
 
Ariadne si sentiva come la zolletta di zucchero che si stava sciogliendo nel tè bollente. Si sentiva prosciugata dalla sua famiglia come se le stessero succhiando via la linfa vitale. La colazione fu silenziosa: Julian beveva un caffè dopo l’altro; Barbara e Agnes mangiucchiavano le loro fette di torta; Marianne sorseggiava il suo tè con una calma snervante. L’unico rumore udibile erano le mandibole di Lucius che azzannavano qualsiasi cosa ci fosse sul tavolo.
“Così ti strozzi.” Lo riprese Julian.
Lucius fece spallucce e si calò dritto in bocca un intero cucchiaio di marmellata di prugne.
“Almeno morirò con la pancia piena.”
“Se continui a fissare il tè, dopo lo berrai freddo.” Disse Barbara con un risolino.
Ariadne scosse la testa per ridestarsi dai pensieri e sorrise appena per non deludere la cognata. Si portò la tazza alle labbra e fece una smorfia perché effettivamente la bevanda era ormai fredda.
“Signorina Evans, vostro fratello vi attende nello studio.” comunicò una delle cameriere.
La ragazza ebbe finalmente l’opportunità di sottrarsi agli occhi maligni della madre, che per tutto il tempo l’aveva guardata come se volesse sbatterle la testa contro il tavolo. Svoltato l’angolo, Ariadne rimase stupita quando vide Tommy pulirsi le scarpe sul tappeto dell’ingresso.
“Tom!”
“Salve, signorina Evans.”
La ragazza arrossì per essersi lasciata sfuggire quella confidenza, del resto loro due secondo opinione comune si conoscevano da poco.
“Buongiorno, signor Shelby. Come mai da queste parti?”
“Eric mi ha chiamato poco fa per una urgenza.”
Ariadne distolse lo sguardo solo quando la stampella del fratello picchiò dal fondo del corridoio.
“Prego, venite nel mio studio.”
Tommy si morse le labbra quando si sedette sul divano, la ferita di striscio gli causava ancora scariche dolorose. Ariadne prese coraggio e si sedette accanto a lui, poteva sentire le loro ginocchia sfiorarsi.
“Perché io e il signor Shelby siamo qui? E’ per gli Scuttlers?”
“Purtroppo sì.” confessò Eric, preoccupato.
“Che succede?”
“Due membri degli Scuttlers sono morti durante la sparatoria: il braccio destro di Mick e suo cugino. Ora immaginate la sua reazione non proprio pacata.”
“Cazzo.” Soffiò Tommy a voce bassa.
“Adesso Mick è sul piede di guerra. Crede che qualcuno di noi abbia organizzato la sparatoria per ucciderlo e accappararsi i suoi affari. Tommy, tu ne sai qualcosa?”
“No. E non sono stati i Peaky Blinders perché solo io e Finn sapevamo ora e luogo dell’incontro. Inoltre, a me serviva davvero fare affari con Mick e organizzare la sparatoria non avrebbe avuto senso.”
“Lo stesso vale per noi. A sapere dell’incontro eravamo solo io, Lucius e Ariadne. Qualcuno deve averci spiati e seguiti.”
Ariadne storse il naso, faceva così quando qualcosa non le tornava. Aveva letto e riletto Sherlock Holmes talmente tante volte da riuscire a carpire le crepe di ogni storia.
“Se qualcuno volesse prendere gli affari degli Scuttlers dovrebbe uccidere Mick King. Sapete com’è, tagliare la testa al toro è il primo passo. Invece questi tizi ci seguono, iniziano a sparare e non colpiscono Mick. Non vi sembra strano?”
“Pensi che Mick abbia organizzato tutto?” chiese Eric.
“Potrebbe. Magari è solo una scusa per dichiarare guerra a voi e rubarvi il territorio. Vi ricordo che Mick ha preteso le corse illegali di Camden Town.”
Tommy riconobbe che la piccola Evans poteva avere ragione. Sin da dubito gli era sembrata una ragazza sveglia e intelligente, seppur infantile qualche volta.
“Se gli Scuttlers vogliono il nostro territorio faranno di tutto per ottenerlo. Quei bastardi sono ossi duri.”
Eric si massaggiò le tempie, non aveva dormito quella notte, e rivolse un’occhiata supplichevole alla sorella.
“Che proponi, Ariadne?”
“Perché chiedi a lei?” domandò Tommy, allibito.
“Perché Ariadne prenderà il mio posto come capo dei Blue Lions ed è bene che inizi a fare pratica.”
“Fammi capire: il nuovo capo dei Blue Lions sarà una bambina?”
Ariadne gli diede una gomitata, incurante di sembrare un’effettiva bambina capricciosa.
“Ehi, ho ventitré anni!”
Tommy inarcò il sopracciglio in segno di fastidio.
“L’anagrafe dice che ne hai ventitré, ma l’esperienza dice che ne hai zero. Hai mai sparato a qualcuno? Hai mai ucciso? Ti sei mai beccata un fottuto proiettile?”
“No, no e no. Ma questo non significa niente!”
Tommy sollevò le mani, si arrendeva dinnanzi all’ingenuità della ragazza.
“Tua sorella morirà entro pochi mesi.”
Ariadne stava per ribattere ma Eric le mise una mano sulla spalla per fermarla.
“Tommy, devi sapere che mia sorella è molto più di quello che sembra. Lei ha tutte le capacità per farcela.”
“Non faccio affari con una mocciosa.”
Tommy sbatté la porta con forza dopo aver lasciato lo studio.
“Adesso quel bifolco mi ascolta!” gridò Ariadne, lanciandosi all’inseguimento.
Tommy stava per chiudere la portiera quando Ariadne gli diede un pugno sul petto.
“Sei uno stronzo!”
“Non è una novità.”
“Vaffanculo!”
“Sì, me lo hai già detto.”
Ariadne emise un verso strozzato, quella nonchalance di Tommy la mandava su tutte le furie.
“Mi innervosisci!”
“Il sentimento è reciproco.”
Tommy sbuffò quando Ariadne lo colpì di nuovo sul petto, era delicata anche mentre gli dava un pugno.
“Lo so che ce l’hai con me per la storia di Londra e di Judith, però adesso ho davvero bisogno del tuo sostegno negli affari. Lo sai che non posso farcela da sola perché sono giovane e soprattutto perché sono una donna. Sarà difficile ottenere il rispetto degli altri.”
“Sostegno, affari, rispetto. Ma tu non eri quella che voleva tornare a Londra?
“Io voglio ancora tornare a londra ma ora non posso perché ho promesso a mio fratello Julian che sarei rimasta con lui.”
“Ariadne, in questa vita non c’è spazio per dei fottuti sentimentalismi e per degli alti ideali. E’ una vita di violenza e corruzione. Sei sicura?”
Ariadne intravide sua madre che la spiava dalla finestra, schiena dritta e sguardo di ghiaccio. La stava minacciando anche senza parole.
“No, non sono sicura per niente. Tu mi aiuterai?”
Tommy chiuse lo sportello e strinse le mani intorno allo sterzo, poi fece ciondolare la testa sul petto.
“Sarò il tuo socio in affari a patto che mi darai il cinque percento sui profitti mensili delle corse.”
“Affare fatto, signor Shelby!
 
 
Salve a tutti! :)
Stiamo entrando sempre più nella storia e iniziamo a capirci qualcosa in più.
Secondo voi Ariadne ha qualcosa in mente?
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 
  
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