Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Nymeria87    14/12/2020    4 recensioni
dal testo:
“Ti sta bene tutto questo?” le chiese d’un tratto in un sussurro indicando con la mano le tavolate difronte a loro.
Sansa lo guardò curiosa soppesando per un momento la sua espressione costernata mentre cercava di comprendere il significato delle parole di Jon.
[...] “sei un uomo di valore Jon, ti meriti tutto questo, lo hai dimostrato sul campo di battaglia!”,
“Sono quasi morto sul campo di battaglia, e lo sarei se non fosse stato per te!”.
“Hai rischiato tutto per il Nord, è questo quello che loro vedono, un uomo che darebbe la vita per la sua terra e la sua gente...”
Per il Nord, certo, ma avrei dato la vita anche solo per te Sansa, sei stata il mio ultimo pensiero prima dell’impatto con le armate Bolton.
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Ripartiamo dalla settima stagione ripercorrendo gli eventi visti nella serie ma andando a scavare un pò piu’ a fondo, attraverso i gesti e le espressioni che hanno fatto galoppare la mia mente molto lontano, a coltivare congetture e ad immaginare ciò che (ahimè) non abbiamo potuto vedere.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jon Snow, Sansa Stark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Pietà, so di essere in ritardissimo, ma queste sono state per me 3 settimane di fuoco lavorativamente parlando e purtroppo ancora non è finita...
in ogni modo rieccoci a GI; spero di riuscire ad aggiornare evitandovi una nuova lunga attesa, in ogni modo se non riuscissi colgo l'occasione  per augurare a tutti un sereno Natale!
Buona Lettura!




Quanti giorni erano passati dalla sua partenza? Quanti altri sarebbero dovuti volgere al termine prima di rivederlo, prima di riabbracciarlo e inalare il calore balsamico della sua pelle, prima di potersi specchiare nuovamente nelle sue iridi scure d’inchiostro, capaci di fugare ogni suo tormento.
 
La neve aveva smesso di cadere e Sansa rimirava, dalle finestre della sua stanza, la gente del nord alle prese con i lavori quotidiani. Il suo cuore batteva in lontananza, su una remota spiaggia del sud ma la sua mente e i suoi occhi guardavano il cortile di Grande Inverno ed ogni suo occupante: c’era così tanto da fare e così poco tempo...
Amministrare il regno non era facile; andare incontro ad ogni richiesta con intelligenza e cercando di non scontentare nessuno ancora meno, ma Sansa era stata educata ed istruita per farlo durante tutta la sua infanzia e sembrava aver ereditato le capacità di Catelyn in questo, conquistando celermente rispetto e credibilità, tanto che in molti si affidavano alla sua guida senza indugio alcuno.
Sapeva come muoversi e lo faceva con una grazia ed una delicatezza innata anche sulle questioni più scottanti: era ferma e decisa quando necessario ma dai suoi occhi ghiaccio traspariva tutto l’amore che provava per quella terra e nessuno era capace di sostenere il suo sguardo fiero e appassionato senza indietreggiare di un passo, incantato o spaventato a seconda dei casi.
Le giornare si susseguivano piene e lei non avrebbe osato sperare di meglio: tante incombenze le tenevano la mente occupata lasciandole la possibilità di indugiare oltre i confini del Nord, nelle prime ore del giorno o nelle ultime del crepuscolo, quando di ritrovava nella solitudine delle sue stanze.
 
Un tocco umido e gentile all’interno del palmo la ridestò dai suoi pensieri, facendola voltare e abbassare lievemene lo sguardo.
“Hai ragione, non sono mai sola quando sono con te” sorrise al metalupo, prima di prodigarsi a carezzargli un orecchio. Spettro le si strusciò al fianco e il calore del suo corpo le diede un brivido lungo la schiena, come se Jon in quel momento fosse accanto a lei a confortarla, scostandole una ciocca di capelli, accogliendola in un bacio delicato sullo zigomo destro, in un sogno talmente dolce qunto doloroso.
Chiuse gli occhi a quel pensiero, cacciando indietro le lacrime, accucciandosi ad abbracciare Sapettro, inabbissandosi precipitosamente nel suo candido manto per recuperare la determinazione necessaria ad affrontare un nuovo giorno lontana da lui.
 
Si apprestò a scegliere cosa indossare, appena prima che le sue ancelle iniziassero ad arrivare per aiutarla. Da quando Jon era partito non si recava più al Parco degli Dei, non voleva dare a Ditocorto occasione alcuna di restare solo con lei. I suoi sguardi si erano fatti più penetranti, più oscuri e Sansa era sicura che avesse messo delle spie ben pagate all’interno di Grande Inverno per tenere sotto controllo ogni situazione.
Anche in casa sua, osava condurre i suoi giochi sporchi...
Sansa provò un moto di disgusto avvolgerle il palato, ma sapeva di doverlo tenere vicino, ricordando a se stessa che ogni adulazione che lui le prodigava, era volta solo a cercare di riconquistarla per un suo tornaconto personale; ciò che Baelish ignorava era che i giochi, questa volta, sarebbe stata lei a condurli, avvalendosi dell’apparenza di un cucciolo ben addestrato, che in realtà si era fatto lupo prima del tempo.
Laciò che Elin finisse di acconciarle i capelli, prima di sistemarsi il mantello sulle spalle.
Inflessibile era l’immagine che lo specchio le rimandava, esattamente come voleva risultare quella mattina.
Si apprestò verso il lungo corridoio dirigendosi presso i parapetti esterni dove Lord Royce, assieme al Maestro Wolkan, era in attesa di lei.
Ovviamente Ditocorto era già arrivato, preso in una melliflua conversazione con i due, prima che potesse voltarsi per accoglierla in un esagerato inchino, quando Lord Royce la salutò con un determinato “Mia Signora”, ben felice di interrompere il dialogo con quell’uomo che mal sopportava.
Sansa, senza dare troppa attenzione alla sua presenza, iniziò a dare compiti ad ognuno: doveva documentarsi sulle scorte di cibo e chiese a Maestro Wolkan di cercare negli archivi notizie ed informazioni sugli inverni passati, lasciandosi sfuggire alla vista uno spiraglio di panico nello sguardo di Lord Baelish, quando il Maestro le rispose prontamente che avrebbe consultato gli scrupolosi archivi di Luwin, il quale aveva tenuto copia di ogni messaggio che fosse arrivato a Grande Inverno.
Chiese a Lord Royce di occuparsi della supervisione della forgiatura delle armature e di assicurarsi che fossero rivestite di pellami, per rimanere calde alle basse temperature che li attendevano.
Sembrava non sfuggire niente al suo controllo, ad ogni passo che faceva attraverso i cortili di Grande Inverno, gli occhi del popolo la accompagnavano con rispetto e deferenza.
 
Quando riprese il suo cammino in sola compagnia di Baelish, la sua voce sibillina iniziò a sussurrarle  come al solito le ormai consuete lusinghe, suggerendole di voltare il suo sguardo più a sud, verso Cersei ed Approdo del Re. Sansa comprese fermamente cosa intendesse fare quel subdolo omuncolo e si mantenne ferma sulla linea di pensiero di Jon, replicando che al di la di tutto non aveva dimenticato Cersei e sapeva benissimo che chi avesse a che fare.
Tra le grinfie di quella donna c’ero io, non certo tu, sempre nascotro tra le tue puttane e  i tuoi bordelli.
 
Incredibilmente l’atteggiamento così freddo e scostante di Sansa ottenne l’effetto contrario, facendo scoprire il Lord protettore della Valle ancora di più: “non combattere le tue battaglie a Nord o a Sud. Combatti ogni battaglia, dovunque, sempre nella tua testa” occhi inverecondi nello scrutarla.
Sansa rabbrividì, non fuggendo però all’ascolto, poichè tutte le volte che la voce di Petyr Baelish assumeva quel tono, significava vittoria, scoprirlo un velo di più, comprendere il suo modo di ragionare.
“Chiunque è tuo nemico, chiunque tuo amico... calcola ogni possibile serie di eventi, tutti in una volta: vivi segueno questo principio e nulla di cui accadrà potrà sorperenderti; tutto quello che potrà succedere sarà qualcosa che avrai già visto” concluse bramoso di lei e di ogni suo sguardo.
Sansa cercò metabolizzare e registrare quanto Baelish le aveva appena detto, quell’uomo aveva un’itelligenza acuta e una capacità insidiosa di manovrare le persone, eppure non poteva negare che era forse lo stratega migliore che avesse mai incontrato: quel modo distaccato di pensare e di vivere gli eventi lo aveva sempre mantenuto in vita incolume e indenne; aveva tanti nemici ma esercitava su di loro un potere tale da non invogliarli ad un affronto aperto.
Sansa era ancora avviluppata dall’aura di Petyr, quando la sua attenzione venne richiamata da una guardia:
“Lady Sansa, ai cancelli!”.
Si congedò con uno sguardo remissivo, in realtà ben felice di allontanarsi da lui, ma quando attraversò l’arco di pietra che delimitava il cortile principale, il pensiero di Ditocorto si eclissò difronte alla bolgia di curiosi che si accalcava verso il carro che era appena giunto.
Presa da un moto di ansia, accelerò il passo, facendosi strada tra la gente fino a che non riucsì ad arrivare al retro del carro e con occhi sgranati, specchiarsi nelle iridi vacue di suo fratello Bran.
Che gli Dei mi seveglino se questo è un sogno...
Gli occhi di Bran riflettevano il suo sguardo e non era un miraggio che pareva voler sparire da un momento all’altro: Bran era davveo li, adagiato su quel carro, vestito come un bruto, sporco di neve e fango ma era a casa, Bran era a casa.
Sansa neanche riconobbe la sua voce cresciuta quando lui la salutò con un semplice “ciao Sansa”.
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che si erano salutati?
Lady Stark sentì le lacrime salirle dal petto ma il suo ruolo di protettrice del Nord non sembò avere importanza quanto la disperata necesiità di conferma, che quello che stava abbracciando fosse realmente il fratello minore, perso da tempo ed inaspettatamente ritrovato tra i suoi singhiozzi silenziosi.
 
 
Famiglia.
Branco.
Erano le uniche parole che parevano risuonarle nella testa.
Quando si distaccò da lui, prese ad asciugarsi le lacrime con il guanto; sorrise mesta anche se lo sguardo di Bran non parve registrare niente di quello che gli stava accadendo attorno.
Sarà sconvolto, semplicemente...chissà cosa ha dovuto passare.
 
“Mio fratello Bran, è tornato a casa” conclamò non riuscendo a non soridere.
Un’ovazione che quasi non si sarebbe aspettata accolse le sue parole e un via vai di passaparola continuò a rumoreggiare in sottofondo.
Sansa passò in rassegna espressioni gioiose e donne che si asciugavano lacrime dai visi arrossati; solo allora si accolrse di un volto di una giovane ragazza, accostata al carro, dai capelli scuri e gli occhi irrequieti, vestita con gli stessi abiti che portava il fratello.
Anche la ragazza si accorse di lei e subito si presentò: “sono Meera Reed, Mia Signora, ho viaggiato con tuo fratello per lungo tempo...”.
Un sorriso di Sansa si distese per lei: “Meera Reed...i nostri padri si conoscevano!” affermò emozionata, “non riesco a credere a quello che hai fatto per mio fratello, ti sarò sempre debitrice per averlo ricondotto a casa” espresse emozionata Sansa.
“Vieni Bran, ti sistemerò nelle camere padronali...”
“Le mie vecchie stanze andranno benissimo Sansa” un’affermazione, non una richiesta, pacata ma pur sempre decisa..
Sansa si scambiò uno sguardo con Meera, la quale le restituì un sorriso di circostanza da cui sfuggì subito dopo.
“Come desideri, ti manderò un bagno e poi potremo parlare” rispose remissiva la sorella, facendo subito un cenno ad alcuni uomini perchè si occupassero di scortare il fratello all’interno.
Si accostò a Meera, camminando con lei fino a mostrarle le sue stanze: “dove siete stati per tutto questo tempo?” chiese titubante seppur curiosa,
“a Nord Mia Signora, sempre più a Nord, fin oltre la Barriera...”.
“Come mai così lontano? Come avete fatto a sopravvivere in quelle lande sconfinate?”.
“Di questo dovrai parlarne con tuo fratello, non sono la persona più adatta a spiegare cosa sia successo lassù” affermò pensierosa la ragazza, non riuscendo a guardare Sansa negli occhi.
La Lady sembrò in qualche modo capire, decidendo di non chiedere oltre: la vedeva turbata, per cosa ancora non lo sapeva, ma Meera era un ospite e avrebbe fatto qualunque cosa per ripagare il debito che aveva con lei nell’aver ricondotto a casa suo fratello.
“Riposati Meera, e di qualunque cosa tu abbia bisogno non esitare a chiedere: sei la benventa qui e lo sarai sempre” affermò Sansa con un sorriso dolce, prima di congedarsi da lei.
 
Qualche ora più tardi Sansa accompagnò Bran a far visita all’albero del cuore.
Il fratello sembrava in qualche modo evanescente, gli occhi che Sansa ricordava vivaci e curiosi rimanevano opachi, fissi in un punto lontano come se non guardassero veramente.
Rimirandolo seduto, avvolto nel suo manto di pelliccia nera, immobile nel suo scutare il nulla, Sansa si sentì infinitamente piccola.
L’albero del cuore avvolgeva le loro figure, eppure Bran, seduto proprio affianco al grande tronco albino, sembrava in qualche modo parter di quella sacralità, tanto quasi da spaventarla.
Sansa si strinse nel mantello, avvolgendosi le ginocchia e iniziando a pensare ad lata voce: “vorrei che Jon fosse qui...”
Incredibilmente anche Bran parlò: “si, ho bisogno di parlargli” disse apatico.
Sansa alzò gli occhi su di lui, realizzando solo in quel momento il significato implicito delle sue parole e travisando i pensieri di Bran gli andò incontro come a rassicurarlo: “tu sei l’ultimo figlio vivente di nostro padre” disse attirando finalmente i suoi occhi, “sei il Lord di Grande Inverno ora” affermò lei sorridendogli delicatamente, per rimarcare quel ruolo che sapeva appartenergli di diritto senza nulla togliere alla figura di Jon.
“Non posso essere il Lord di Grande Inverno, non posso essere il Lord di niente in realtà. Io sono il Corvo a Tre Occhi” replicò lui, senza alcuna emoziono a tradirgli la voce.
“Non so cosa significhi” ammise timidamente Sansa,
“è difficile da spiegare” poco più di un sussuro la voce di lui;
“provaci. Ti prego, per me” chiese speranozosa la ragazza, davvero intenzionata a caire e comprendere, perchè lui rimaneva pur sempre suo fratello, indipendenemente da quello che lui stesso pensasse.
“Vuol dire che posso vedere qualunque cosa, tutto quello che è stato e che è successo a chiunque e tutto quello che sta accadendo ora; sono solo immagini, frammenti per il momento. Devo imparare a guardare meglio. Quando la Lunga Notte verrà dinuovo, dovrò essere pronto” concluse lui volgendo il suo sguardo sul viso intagliato dell’antico albero Diga.
“Come puoi sapere tutto questo?” chiese Sansa che ancora non riusciva a comprendere appieno.
“Il Corvo a tre Occhi mel’ha insegnato”,
“pensavo fossi tu il Corvo a Tre Occhi” sempre più confusa, davvero non riusciva a capire,
“tel’ho detto, è difficile da spiegare”aggiunse lui come se non fosse in grado di riuscire a spiegarsi meglio a parole.
Sansa cercò di scrutarlo, come se uno sguardo più attento potesse darle qualche informazione in più: “Bran...” rpovò ad aggiungere ancora.

I suoi occhi bruni la incontrarono nuovamente, ancora una volta: “mi dispiace per quello che ti è accaduto. Mi dispiace che sia accaduto qui, nella nostra casa” la interruppe lui.
Sansa non aveva parole per replicare, chiunque sapeva bene o male cosa avesse passato, poi gli occhi di Bran si innalzarono a rimirare il paesaggio circostante: “era così bello quella notte: la neve che cadeva lieve, proprio come adesso” ed un brivido gelido percorse Sansa dall’interno, “e tu eri così bella... nel tuo abito da sposa bianco”.
Fu un attimo e sentì nuovamente le mani di Ramsay percorrerle brutalmente il corpo, i suoi occhi pungenti, ferini e malati, il suo sorriso crudele, la sua risata di scherno mentre...
“Devo tornare dentro, Bran” si ridestò in difesa lei, in difesa dai suoi stessi pensieri e dalle immagini che pensava essere riuscita a rimuovere dalla sua mente, ma che in realtà erano solo latenti, in attesa di una scintilla per tornare a reclamarla.
“Io rimarrò ancora un po’” replicò vuota la voce di Bran.
Sansa non osò aggiungere altro, spaventata da quella situazione, dai fantasmi che tronavano prepotenti e inquietata, seppur preoccupata, per quel fratello che pensava aver ritrovato anche se in una forma molto diversa da quella che si sarebbe aspettata.
 
Jon dove sei?









 
   
 
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