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Autore: Vincentpoe    17/12/2020    0 recensioni
Dopo essere stato liberato dalla maledizione di Gaunter O'Dimm da parte di Geralt, Olgierd Von Everec decide di iniziare un cammino di espiazione per purificare la sua anima nera e poter rimediare agli errori del passato. Comincia così un pellegrinaggio nel mondo, dove il nobile atamano si troverà faccia faccia con mostri che farebbero impallidire un witcher, nella speranza di poter un giorno sconfiggere il padre di tutti i mali: l'uomo di vetro.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Dopo  due giorni di cavalcata, Olgierd lasciò la ragazza sopravvissuta al massacro di Ungus in una fattoria gestita dai suoi zii, che ospitarono l’Atamano per qualche giorno, il tempo di rimettersi dalle ferite inflittile dal lupo mannaro. Una volta ripresosi dalle ferite, Olgierd si rimise a cavallo, rifiutando l’oro che i contadini volevano offrirgli, e accettando solamente un po’ di provviste per il viaggio. Egli aveva intenzione di cavalcare fino a Roggveen, e lì avrebbe preso una nave che lo avrebbe portato ad Oriente, verso l’Olfier; egli non sapeva bene il perché avesse deciso di dirigersi verso quella regione, anche se in cuor suo pensava che tornare nelle terre dove tutto era iniziato e chiedere ammenda, fosse il primo passo per purificare la sua anima, o almeno sarebbe morto nel tentativo di farlo. Per diversi giorni cavalcò seguendo la costa, per poi rientrare nell’entroterra e attraversare la Foresta di Blackwood. Circolavano parecchie leggende su quella foresta, e sugli avamposti che gli elfi avevano costruito sulle colline, secoli prima.  Mentre cavalcava circondato dal cupo silenzio del bosco, Olgierd aveva come la sgradevole sensazione che qualcosa non andasse per il verso giusto: la foresta, che doveva essere piena di vita, si ergeva intorno ammantata di un silenzio innaturale, non un passero cinguettava, non si sentivano i rumori delle creature del sottobosco, e gli alberi erano così fitti che non facevano trapelare un filo d’aria, mentre le chiome erano insolitamente silenziose, e così folte da non fare passare i raggi del sole. Il sole tramontò e, seppur controvoglia, Olgierd decise di accamparsi nel bosco; accese un piccolo fuocherello e mise a cuocere un pezzo di carne, tenendo sempre vicina a se la sciabola. Era assai strano che una foresta fosse così silenziosa tetra, almeno che non fosse abitata da un grosso predatore come un basilisco, o un gigante, ma l’atamano era sicuro che meno si sarebbe  fermato in quella foresta, meglio sarebbe stato.
La notte sembrava procedere tranquilla, e Olgierd era sempre più convinto che le sue preoccupazioni fossero dettate dalla paranoia, quando un rumore sordo si udì tra gli alberi poco lontano. Olgierd rapido estrasse la sciabola dal fodero, e di istinto con una piroetta meno un fendente  dietro di se, e la spada andò a cozzare contro una rozza ascia, impugnata da due mani mostruose. Olgierd fece un balzo indietro, cercando di capire che razza di creatura avesse di fronte: somigliava ad un gigante, ma era poco più alto dell’atamano, la pelle era di un colore verde scuro, villosa, e ricoperta in parte da una corazza fatta di pelli di animale, dalle fauci spuntavano due lunghe zanne , nelle grosse mani tozze impugnava una rozza ascia bipenne molto primitiva. Con un primo sguardo Olgierd intuì che la creatura combatteva basandosi quasi solamente sulla sua forza bruta e quindi avrebbe dovuto usare l’astuzia. Piantò la sciabola nelle braci del fuoco e, non appena il bruto caricò, glieli lanciò sugli occhi, accecandolo; il colosso inciampo e Olgierd con una piroetta meno un fendente sul collo del mostro, squarciandolo, per poi finirlo con un colpo della balestra di Ungus. Il mostro stramazzò al suolo e Olgierd si avvicinò per studiarlo meglio: Notò che l’armatura di cui si vestiva altro non era che una serie di pelli animali scuoiati da poco, e l’ascia era poco più che un pezzo di metallo affilato grossolanamente e piantato in un tronco. Incuriosito, Olgierd si diresse verso dove quella creatura era venuta, con la spada sguainata e munendosi di una torcia; dopo una decina di minuti arrivò su un sentiero, sul quale trovò un carro capovolto sul terreno, e all’atamano sembrò di vedere un’ombra muoversi tra i cespugli; si avvicinò facendo luce e tenendo l’arma davanti a se ma l’unica cosa che vide fu uno stormo di corvi disperdersi tra le fronde e volare nell’oscuro cielo della notte. Olgierd tornò sul sentiero per ispezionare il carro: non c’erano corpi, ma c’era un sacco di sangue, e sul lato del carro erano conficcate diverse rozze frecce nere, dalla punta arrugginita e dal piumaggio nero; il carico del carro era devastato, con tutti i bauli aperti; Olgierd dedusse che chiunque stesse guidando quel carro doveva essere un alchimista, poiché vi erano diversi reagenti sparsi sul terreno, alcuni anche molto rari che però gli aggressori non avevano recuperato,  come se stessero cercando una cosa in particolare. Il nobile atamano recuperò quanto possibile, conscio che, seppure quello fosse un furto, quegli ingredienti avrebbero potuti tornare utili; continuò ad ispezionare il carro, e notò qualcosa che gli aggressori non avevano scoperto, forse perché interrotti, o forse perché, nella loro rozzezza, non avevano pensato: vi era un doppio fondo sotto il carro, molto ben occultato, all’interno del quale si trovava uno scrigno; Olgierd lo aprì, sospettando che potesse essere l’oggetto che le creature stavano cercando: al suo interno vi era una pietra nera come la notte, smussata e rovente al tocco, così rovente che Olgierd dovette avvolgerla dentro diversi strati di un panno per non ustionarsi. Recuperata la pietra, si udì il rumore di un gran trambusto provenire dalla foresta, e un ululato squarciò il silenzio della foresta. Tra gli alberi, sulla collina, Olgierd vide un grosso lupo mostruoso fissarlo con sguardo malefico e con le fauci sbavanti, e scattò verso di lui ringhiando. L’atamano scavalcò il carro travolto e corse nel fitto della foresta, con il lupo alle calcagna, arrivò nel suo accampamento, montò a cavallo e corse al galoppo dirigendosi sul sentiero principale. Sebbene galoppasse co gran foga, il lupo, montato di una gran furia predatrice, stava pian piano guadagnando terreno, e in poco tempo avrebbe raggiunto il cavaliere. Dagli alberi, altri tre lupi arrivarono di gran foga, e questi erano montati dagli stessi uomini mostruosi che Olgierd aveva incontrato prima, armati con rozze spade e archi di corno, li stavano ormai a pochi metri e a breve lo avrebbero circondato. Con gran fretta  Olgierd iniziò a mischiare della polvere dell’achimista con della polvere da sparo, ci mise una rozza miccia usando un pezzo del suo vestito, la accese con l’acciarino e se la butto alle spalle, la fiala con le polveri esplose proprio sotto uno dei grossi lupi, che cadde morto sul proprio cavaliere, mentre gli altri quattro lupi si dispersero, spaventati dallo scoppio.
Olgierd continuò a cavalcare lungo il sentiero, fino a quando la foresta non lasciò il posto a dei campi desolati, che circondavano un villaggio con palizzata, e sotto la palizzata, diversi corpi di quelle creature giacevano. Avvicinandosi, Olgierd fu accolto da diverse guardie, che dalle mura li putarono contro diverse balestre.
-Alt- gridò un soldato – non un altro passo, lurido Orko- puntando la sua balestra verso Olgierd.
-Non sono un “Orko”, come mi chiami te, soldato- esclamò Olgierd. –Sono un uomo, Olgierd Von Everec è il mio nome, sono un atamano e provengo dalla regione di Oxenfurt. Sono armato e potrei aiutarvi contro quelle creature.
- un momento… Olgierd?!?- esclamò una voce che alle orecchie di Olgierd apparve famigliare. Il portone della palizzata si aprì, e Olgierd entrò in un piccolo villaggio, formato da non più di una decina di case di paglia, al cui centro capeggiava un grosso torrione in pietra. Ad accoglierlo, c’era un uomo dai lunghi capelli e i baffi biondi, coperto da un mantello rosso che li copriva le spalle, e a proteggere il torso c’era una robusta corazza in cuoio e al cui fianco potava una larga spada in acciaio con diverse incisioni runiche; l’uomo prima sorpreso nel vedere Olgierd, corse a stringergli la mano.
-Branduon- esclamò Olgierd sorpreso. I due uomini si strinsero la mano, e per la prima volta, sul volto di Olgierd comparve un gran sorriso.
-E’ dalla battaglia di Zraminia che non ci vediamo, quanti anni saranno stati, sei?- domandò Olgierd
- quindici- rispose Branduon, sorpreso nel vedere le orribili cicatrici che ricoprivano il volto e le braccai di Olgierd. –Non sembri invecchiato di un giorno, anche se quei tagli midicono che hai passato degli anni molto burrascosi, amico mio. Cosa ci fai da queste parti? Come hai fatto ad attraversare la foresta, con gli orki a pattugliare la foresta-
- ne ho incontrati alcuni, in verità, ma sono riuscito a liberarmene con un trucco, ma cosa sono?  non ho mai visto creature simili-  rispose Olgierd, mentre si dirigevano verso il torrione. Olgierd constatò che in tutto il villaggio ci saranno stati un centinaio di persone, tra guardie, i contadini rifugiatisi dalle campagne e i bambini, tutti armati alla ben in meglio, pochi con spade e balestre, la maggior parte con forconi, falci e attrezzi agricoli e tutti provati dalle battaglie con le creature; giravano voci su demoni che erano scesi dalle colline, del “cacciatore pazzo”  che li guidava, e tutti guardavano con sospetto l’uomo che era riuscito ad attraversare la foresta illeso.
- non lo sappiamo. Quelle creature sono scese dalle colline due settimane fa, bruciando i raccolti e massacrando chiunque incontrassero. Abbiamo provato a mandare dei messaggeri ad Oxenfurt, ma con la guerra contro Niilfgard nessuno è interessato a cosa succede negli avamposti qui ad Est-. Branduon si sedette sulla sedia vicino al camino, sospirando sfinito e stappando una bottiglia di Brandy Novigradiano, bevve una lunga sorsata e la offrì ad Olgierd.
-devo dedurre che Radovid non ha mandato te per aiutarci, dico bene- domandò Branduon
-Radovid è morto, e no, sono in viaggio per altri motivi, ma resterò a dare una mano- rispose Olgierd.
-Sapevo che non ti saresti tirato indietro- sorrise l’amico- Ma Iris? Come sta? Non la vedo dal giorno del matrimonio, non è venuta con te?-.
A quella domanda Olgierd abbassò lo sguardo e rimase in silenzio.
-cosa… no, quelle maledette creature, la pagheranno!- ringhiò Branduon.
-non sono state loro, sono venuto qui da solo… E’ stata colpa mia- replicò Olgierd, tirando giù una lunga sorsata di Brandy. I due rimasero in silenzio, Poi Olgierd domandò. – Branduon, di recente è passato di qua un’alchimista, o uno stregone, a fare delle ricerche nelle rovine elfiche?-.
Branduon ci pensò un po’ poi rispose – Beh si in realtà, giusto un mese fa venne qui uno gnomo a fare alcune ricerche, non ci ho mai parlato direttamente, ma il mio maniscalco si, perché?- domandò Branduon.
-Sul sentiero ho trovato un carro assaltato da quelle creature, e sembrava appartenere ad un’alchimista, a giudicare dai reagenti che trasportava. Sotto il carro c’era un doppio fondo, con uno scrigno all’interno, che gli orki non hanno trovato, penso perchè sono troppo stupidi per questi meccanismi. Credo che cercassero il contenuto dello scrigno, visto che non hanno preso alcun reagente o pozione-.
Branduon ci pensò su- questo halfling arriva a fare alcune ricerche e subito dopo piombano dei mostri dalle colline? Troppo strano per essere una coincidenza, proviamo a chiedere al mio maniscalco, Kduor, lui stava aiutando questo alchimista- rispose e appena fini la frase si sentì un ruggito carico di furore provenire dai sotterranei del torrione, seguito da uno sferragliare di catene e dalle voci concitate delle guardie.
-perdonami, ero così preso dall’averti incontrato che mi è passato di mente di dirti che siamo riusciti a catturare una di quelle creature. Lo abbiamo interrogato e torturato per farci dare informazioni, ma non parla la nostra lingua, solo quello che sembra un dialetto gutturale e incomprensibile  dell’elfico. Avevamo un elfo, un servitore che si occupava dei cavalli, ma sembrava terrorizzato da quella creatura, tanto che il giorno successivo l’abbiamo trovato impiccato nella sua stanza. Ora non solo mi devo occupare di questo assedio, ma devo anche impedire ai contadini di linciarlo e appendere la sua carcassa sul portone-.
-pensi che sia il capo di quegli esseri?- domandò Olgierd
-Non lo so, è vestito di pelli e di un’armatura rozza, non mi sembra affatto un comandante. Vieni, ti faccio vedere, forse tu riesci a capirci qualcosa-.
Entrambi uscirono dal torrione e si diressero alla fucina; essa era piccola, ma ben fornita di ferro e acciaio, una grossa forgia si ergeva al centro con un fuoco scoppiettante dentro, e su un tavolo da lavoro, un robusto nano dalla folta barba nera armeggiava con degli strumenti. Olgierd buttò un occhio su cosa stava lavorando, e concluse che voleva costruire uno  strano marchingegno funzionante con la polvere da sparo, ma del cui funzionamento, Olgierd ignorava.
-Padron Branduon, ci sono quasi riuscito- il nano accolse il guerriero. – con quest’arma gli orki non avranno scampo, purtroppo posso costruire solo un paio di queste armi-.
-ce le faremo bastare, queste tue “pistole”, come le chiami tu, Rulzik- commentò Branduon. –questo è il mio amico, Olgierd, e vorrebbe farti alcune domande su quello gnomo che chiese ospitalità qui nella tua forgia, qualche settimana or sono.-
-Puah, quell’ingrato- si rivolse ad Olgierd,- è piombato qui quasi tre settimane fa, dicendo di chiamarsi Kluzkirn, e di essere un alchimista mandato dall’università di Oxenfurt per svolgere alcune ricerche sulle rovine ad ovest-.
- per caso stava studiando questa pietra?-  chiese Olgierd e mostrò la pietra  al nano.
-Si, l’aveva trovata su quelle rovine, diceva di aver ricevuto dei consigli su come trovarla da un mercante proveniente da Bianco frutteto. Quando tornò qui provammo a lavorarla, ma quella sostanza è più dura dell’acciaio, ed emana calore proprio, non ho mai visto nulla di simile- Olgierd posò la pietra nera sul tavolo, era così rovente che aveva iniziato a bruciare i panni dentro cui l’aveva avvolta.
-poi quando quelle creature hanno iniziato a scendere dal monte,  quel codardo di un mezzuomo ha caricato le sue cose in tutta fretta ed è fuggito, senza neanche pagarmi l’affitto-. Sbraito il nano,  – spero davvero che quelle creature lo abbiano ammazzato, perchè se lo becco, gli torco quel collo da mezzuomo che si ritrova-.
-Mi duole dirti che penso sia stato vittima degli orchi-  rispose sarcastico Olgierd, - piuttosto, posso vedere la sua stanza?  Può darsi abbia lasciato qualche indizio-.
-seguitemi- disse il nano, e li portò in una stanza posta al piano superiore della forgia. Quando entrarono, notarono che la stanza era messa a soqquadro, come se qualcuno se ne fosse andato in tutta fretta: il letto era disfatto, i cassetti svuotati e sul tavolo si trovavano diverse pergamene, con appunti e scarabocchi, in parte incompleti; sotto ai fogli, era stata posizionata uno spesso foglio di pergamena, come superficie per scrivere. Olgierd la accarezzò, poi si munì di un carboncino e si mise a ricalcare la pergamena; fece un sospiro di sollievo, poiché l’halfling, fosse troppo eccitato nel prendere i suoi appunti, aveva lasciato un ricalco di ciò che aveva scritto sulla pergamena che ricopriva il tavolo, e i due faticosamente iniziarono a leggere ciò che aveva scritto, tra i fogli sparsi e il ricalco:
 
- Finalmente l’università mi ha dato i finanziamenti per i miei studi qui sulle colline; già li sento, quei pomposi gambelunghe, che se la ridono per un halfling alchimista che studia Archeologia nell’università di Oxenfurt, e va cercare tesori in rovine dimenticate seguendo antiche leggende. Sono giunto a questo avamposto e ho chiesto aiuto al fabbro locale, che per fortuna è un non umano come me, e mi ha dato in affitto una stanza nella sua forgia, dove potrò condurre i miei esperimenti in santa pace. Non ringrazierò mai abbastanza il mio benefattore, un mercante proveniente da Novigrad, per aver finanziato al mia spedizione, da cui trarrò gloria e denaro; non ha mai specificato quale fosse il suo nome, mi ha solo detto che commercia specchi, e si è dimostrato interessato sui miei studi delle rovine elfiche nordorientali. Secondo quanto detto dalle leggende, gli elfi avevano costruito un avamposto su queste colline, dove portavano avanti i loro studi sulle sfere e i mondi alieni. In tempi più recenti (parliamo di quattrocento anni circa) queste rovine vennero riaperte da uno dei tenenti della caccia selvaggia; non conosco il suo nome, e negli scritti viene solamente nominato come “il cacciatore pazzo”.  Stando alle leggende, questo membro della caccia selvaggia aveva raggiunto un mondo popolato da una popolazione lontana cugina degli elfi, solo mostruosi e con una predisposizione alla distruzione, che vennero usati dallo spettro come testa d’ariete durante le sue razzie nel mondo dei mortali.
Oggi mi sono incamminato sulle colline, e dopo quasi un giorno di camminata, sono giunto alle rovine di Shail’Khauron, che nella lingua degli Elfi significa “Bocca Degli inferi”. Sul sito ho trovato diverse rozze armi, quasi tutte evolute dalla sciabola, solo fatte di un ferro nero, dalla cui lame si diramano diversi spuntoni per sventrare gli avversar. Ma è all’interno ciò che mi ha portato qui. Le cronache parlano di un misterioso “cristallo nero” capace di grandi prodigi.
Dopo diversi giorni di scavi sono riuscito ad entrare nel salone principale. A sorvegliarlo vi era un grosso golem, di cui mi sono prontamente liberato con un ordigno esplosivo. All’interno del salone vi erano diversi stendardi aventi come simbolo un grosso occhio rosso senza palpebre attraversato da una lancia. Al centro dell’immensa sala vi era un grande arco rettangolare, fatto in alabastro, al cui centro c’era il quella che sembra essere la pietra nera che sto cercando; prenderla è stato molto complicato, poiché emette un calore proprio quasi insopportabile. Valendomi di un paio di grosse pinze da fabbro sono riuscito a portarlo fuori dalle rovine. Arrivato al villaggio mi sono messo a studiarlo con l’aiuto del fabbro: il cristallo sembra assolutamente liscio e impenetrabile agli strumenti, Riesce quasi a bruciare i tessuti, e il contatto con l’acqua porta alla formazione di un vapore dall’odore fortemente sulfureo, che mi sono veduto bene dall’entrare in contatto. Domani tornerò al sito a fare altre ricerche.
 
Le creature… L’orda, è uscita dall’arco. Ho visto il cacciatore pazzo, avvolto da un’aura spettrale, uscire dalle rovine…
Devo fuggire, lui vuole la pietra… non può averla…-.
   
 
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