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Autore: VaniaMajor    22/12/2020    4 recensioni
Kagome possiede un portafortuna. Non avrebbe mai immaginato che a causa sua sarebbe stata portata in un altro mondo, coinvolta in una guerra orribile e legata misteriosamente a un demone dai capelli d'argento...Ma chi è il Principe dai capelli neri dei suoi sogni? Perchè la sua onee-chan deve soffrire tanto? E c'è speranza di tornare a casa...viva?! La ricerca delle Hoshisaki è iniziata. Una AU di Inuyasha e della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Author’s note: Andiamo a conoscere la storia del nostro monaco preferito e a dare una sbirciatina in luoghi dove sarebbe meglio non avventurarsi…
 
CAPITOLO 6
TRAMA E ORDITO

 
Poco più tardi erano di nuovo nell’edificio che gli abitanti definivano “luogo d’accoglienza”. Dopo aver spiegato che il monaco aveva salvato il villaggio da un attacco demoniaco e aveva bisogno di riposare, erano stati lasciati soli con tutti i riguardi. Non sapevano ancora che condotta tenere con quel giovane uomo, tuttora incosciente, e con il suo piccolo seguace, ma gli accenni a Naraku avevano instillato in entrambe le ragazze la voglia di saperne di più.
Sango controllò che nessuno origliasse attorno alla camera, poi andò a inginocchiarsi accanto all’uomo incosciente, mentre Kagome gli tergeva la fronte sudata sotto lo sguardo preoccupato del piccolo kitsune.
«Dunque, quest’uomo è stato maledetto da Naraku? Perché?» esordì la Cacciatrice, brusca. Il piccolo demone volpe abbassò lo sguardo sui propri piedi e spinse in fuori il labbro inferiore.
«Non sono sicuro che dovrei dirvelo. Voi avete cercato di fargli del male.» borbottò, cocciuto e offeso.
«Perché è un libertino truffatore!» sbottò Sango, ma Kagome la interruppe, prendendo in mano la conversazione.
«Ti chiami Shippo, non è vero? – chiese al kitsune, con un sorriso – Come mai sei con quest’uomo? Non credo siate imparentati…»
«No, Miroku è un Uomo, non ha sangue demoniaco. – ammise il piccolo – Io…ecco, i miei genitori sono stati uccisi dagli scagnozzi di Naraku.» Deglutì, ma i suoi occhi rimasero asciutti. «Miroku mi salvò. Avrebbe potuto benissimo lasciarmi perdere, i demoni di Gake erano tanti. Invece, si mise a rischio per salvarmi la pelle. Non protestò quando decisi di seguirlo. Da allora, non mi ha mai lasciato indietro.»
«Vi aiutate a vicenda.» disse Kagome, suo malgrado commossa.
«Gli faccio da spalla e sto attento che non si metta troppo nei guai.» ammise Shippo, annuendo. Kagome lanciò un’occhiata a Sango, poi entrambe fissarono il monaco. Sicché, c’era una parte buona dentro quel giovane. L’aiuto che il piccolo Shippo poteva dargli non giustificava la fatica di prendersene cura, né l’avergli salvato la vita.
«Piccolo Shippo, il motivo che ci ha messe in viaggio è legato a Naraku e per questo non possiamo prendere alla leggera la truffa del tuo amico. Vorremmo cambiare opinione sul suo conto, ma se tu non ci racconti chi è veramente…» mormorò Kagome, gentile, guardando Sango per avere il suo supporto. La Cacciatrice annuì.
«Kitsune, la miko al mio fianco e io siamo nemiche di Naraku. Forse possiamo capirci e cessare le nostre ostilità. Se vuoi tirare il monaco fuori da guai, devi parlare.» disse. Shippo sembrò indeciso ancora per un istante, poi pronunciò poche parole con voce rauca, venata di paura: «Negai, l’Hoshisaki del Desiderio.»
«È una delle Hoshisaki malvagie. Cosa c’entra col tuo amico?» lo incalzò Sango.
«Miroku è…è un genio. I suoi poteri e la sua capacità di combattente lo hanno fatto diventare famoso e Sesshomaru-sama gli ha dato il comando di una squadra di monaci sul confine quando aveva solo quattordici anni. È stato allora che si è scontrato con Naraku e perfino lui si trovò ad ammirare il potere di Miroku. Allora…invece di ucciderlo, ecco…Naraku decise di usarlo.»
«Usarlo? In che modo?» chiese Kagome, preoccupata.
«Lo rapì e tentò di farlo diventare il Portatore di Negai, il Desiderio.» disse Shippo, teso, lanciando all’amico un’occhiata addolorata. Kagome avvertì Sango trattenere il fiato con un ansito doloroso. Ricalcava ciò che era avvenuto al suo fratellino.
«E…ci riuscì?» chiese la giovane, orripilata. Shippo scosse il capo.
«Miroku ha tanti difetti, ma il suo cuore è puro. Lui serve la Stella di En. Espulse Negai dal proprio corpo, rimettendoci quasi la vita. L’Hoshisaki uscì dal palmo destro.» Indicò la mano attraverso cui il monaco aveva aspirato i demoni e che ora giaceva sul pavimento, avvinta dal rosario. «Da allora, nel suo palmo è nascosto un foro che comunica col vuoto del cosmo e che risucchia tutto ciò che inquadra nel suo raggio d’azione. È la maledizione che Naraku gli ha lasciato, perché anche se sembra un’arma utile, in realtà…» Strinse i denti. «In realtà…- continuò, e la sua voce aveva il graffio delle lacrime - …più lo usa, più diventa grande e ingestibile. Miroku dice che un giorno non lontano lo ucciderà.»
«Ma è orribile!» sbottò Kagome, impressionata. Sango tacque. Era pallida, le labbra erano tese tanto da essere quasi scomparse. I suoi occhi vagavano su quel volto che avrebbe volentieri preso a schiaffi fino a poco prima, sovrapponendovi suo malgrado la tragedia di Kohaku. Grazie ai suoi poteri spirituali, quel monaco non era impazzito sotto l’influsso di Negai, ma il suo destino era comunque triste e crudele.
«Perché si comporta da sciocco, se questa è davvero la sua storia? – chiese, in un sussurro – Perché millantare di avere Shinsetsu e condurre una vita di bugie?»
«Miroku vuole vendicarsi. Cerca la vera Shinsetsu e le altre Hoshisaki mancanti. Nel frattempo, attira l’attenzione dei demoni di Gake e li uccide.- sospirò Shippo, scuotendo il capo – Credo che, se trovasse anche solo un frammento, si precipiterebbe da Sesshomaru-sama e tornerebbe a combattere per lui. Per come stanno le cose adesso, dice di essere troppo impuro per poter tornare a essere un paladino della Stella di En.»
Mentre il kitsune diceva quelle parole, Kagome avvertì un calore dolce e gentile diffondersi all’altezza del petto. Era il suo pendente, che sembrava volerle comunicare qualcosa. Prima ancora di riflettere o che Sango potesse intervenire sollevò il suo ciondolo e mostrò la pietra rosata, illuminata da un leggero lucore. Il kitsune la osservò per un attimo senza capire, poi spalancò la bocca in un’espressione di sorpresa e sgomento.
«La…la vera Shinsetsu?!» balbettò.
«Kagome, cosa stai facendo?!» protestò Sango.
«Quello che Shinsetsu vuole che io faccia.» mormorò lei, sapendo di dire la verità. Non aveva mai avuto le idee più chiare da quando era uscita da quel maledetto pozzo. Posò il ciondolo nella mano maledetta di Miroku e chiuse le dita di lui sulla pietra. Uno spasmo involontario scosse le membra del giovane uomo, poi il suo colorito si fece più sano, il suo respiro regolare. Le palpebre si aprirono, svelando gli occhi violetti che impiegarono un attimo ad appuntarsi sui volti delle due ragazze accanto a lui. L’Hoshisaki l’aveva guarito dal veleno dei demoni.
«Miroku! Stai bene?» esclamò Shippo, saltando in piedi.
«Io…voi…» balbettò Miroku, poi parve accorgersi di avere qualcosa in mano. Quando sollevò l’oggetto che teneva tra le dita e vi posò lo sguardo, si tirò a sedere con tale violenza da farsi venire un capogiro.
«Shinsetsu?!» ansimò, riconoscendo subito l’autenticità del frammento. Guardò Kagome e Sango con un’espressione così stupita e indifesa che per un attimo entrambe sentirono di poter dimenticare e perdonare le malefatte precedenti. Kagome avvertì il calore propagarsi in lei. Quella era la via giusta, un ulteriore passo che la avvicinava al ritorno a casa. Shinsetsu la stava guidando e lei avrebbe seguito i suoi consigli.
«Miroku-sama, - disse Kagome, con un sorriso – io sono Kagome Higurashi e la mia amica si chiama Sango. Stiamo andando a portare la vera Shinsetsu a Sesshomaru-sama. Volete venire con noi?»
***
La piuma volava nel vento, evitando le cime degli alberi, segnate e sfoltite da un vecchio incendio. La luce viola della luna ne gettava l’ombra tra quelle più scure della foresta, ne delineava con un lucore evanescente la sagoma lieve. Sfiorò la parete del monte e il suo volo vi si allineò, seguendo la catena di rilievi e tenendosi a debita distanza dalle rocce frastagliate. Si fermò all’imboccatura di una grande grotta, una figura di donna ne scese e la piuma scomparve.
Kagura aprì il ventaglio e lo appoggiò alle labbra, scrutando nel buio con gli occhi rossi turbati da pensieri foschi, come se stesse cercando la voglia di avventurarsi in quell’antro e faticasse a trovarla. Poi chiuse il ventaglio con un gesto secco e si avviò, attraversando la tenebra ed emergendo all’interno di uno dei tanti covi dell’Imperatore di Gake. Oltre la barriera magica, la caverna era illuminata da qualche torcia che segnava il cammino.
Tra i demoni che bighellonavano all’ingresso della caverna, due spiccavano per la loro forma umana. Kagura fece una smorfia. Avrebbe preferito saperli altrove. Passò loro davanti, ignorandoli, ma quello che stava seduto su uno sperone di roccia con le gambe scoperte a ciondoloni si liberò di un torsolo di pera, lanciandolo di proposito sulla sua strada.
«Già di ritorno, Kagura? Hai fatto i compiti?» disse il giovane, con un sarcasmo acido che contrastava con il volto bellissimo e il bizzarro abbigliamento femmineo. Lo sguardo di Kagura si spostò a lato, con fare sprezzante.
«Dovrei dire a Naraku di far dare una pulita. Da queste parti, c’è puzza di carogna.» disse, muovendo poi il ventaglio con un gesto secco e scagliando il resto della pera contro il viso tatuato del giovane.
«Come osi, sottospecie di donna?!» ringhiò l’uomo, saltando giù dalla roccia e sguainando una sciabola, il volto sfigurato dalla rabbia.
«Stai buono, Jakotsu. Hai cominciato tu.»
La voce proveniva dalla figura che fino a quel momento se n’era rimasta sdraiata, con il volto coperto dalle braccia incrociate sopra agli occhi. Bankotsu si tirò su un fianco, poggiando la testa sul palmo della mano, e guardò la demone del vento.
«Kagura, anche tu…Darci delle carogne non è stato tanto carino.» disse, in apparenza calmo. Kagura sollevò un sopracciglio, considerando dentro di sé che il termine ben si adattava a uomini che avrebbero dovuto avere la decenza di rimanersene sottoterra, ma non replicò. Non era lì per litigare o mischiarsi a quella feccia.
«Bankotsu, cosa ci fate qui? Non dovevate recuperare il frammento verde?» chiese, ignorando Jakotsu che fremeva dalla voglia di saltarle al collo ma aveva troppo rispetto per Bankotsu per disobbedirgli.
«Naraku ci ha richiamati, pare che questa storia di Shinsetsu l’abbia sconvolto abbastanza da instillargli la voglia di rivedere le fasi dei suoi piani. – rispose il giovane, accarezzando con fare distratto la gigantesca alabarda che gli riposava a fianco – Porti novità?»
«Vieni con me e lo scoprirai.» rispose lei, indifferente, facendogli cenno con il ventaglio. Si avviò e in pochi istanti entrambi gli uomini la seguirono nei meandri della caverna. I due erano contenitori di Hoshisaki, proprio come Kagura stessa. Naraku aveva disseminato le sue proprietà tra vari esperimenti, che manovrava come fossero i propri occhi e il proprio braccio armato. Kagura era addirittura nata dal multiforme corpo del mezzo demone e questo la legava a quel maledetto più degli altri. Il pensiero, come sempre, riempì Kagura di una furia gelida. Prima o poi avrebbe spezzato quella schiavitù e sarebbe stata libera, come il vento.
Trovarono Naraku in quella che, col tempo, si era trasformata in una vera e propria sala del trono scavata nella roccia. Era passato molto tempo da quando il misterioso hanyo aveva preso possesso della corona imperiale ma non aveva mai soggiornato nel castello sito nel centro di Gake. La mente e le voglie di Naraku erano tutte tese verso En e per questo la sua vita era un continuo viaggio lungo e attraverso il confine, che quindi aveva dovuto attrezzare per i suoi momenti di sosta.
In quel momento, il viso bellissimo e crudele era chiuso in un’espressione indecifrabile, mentre lo sguardo seguiva le immagini silenziose che scorrevano nello specchio di Kanna, la piccola demone albina sorella di Kagura. I tre si fermarono e tacquero, consci che quando Naraku aveva quell’espressione era meglio non stuzzicargli i nervi, ma non appena Kanna abbassò lo specchio Kagura si fece avanti.
«Sesshomaru sa. – esordì, secca – La sta cercando. Il confine è in fermento: anche se per il momento non ha indizi da cui partire, non gli ci vorrà molto per trovarne. Sai com’è fatto.» Se la sua voce tradì una punta dell’ammirazione e del rispetto che provava per l’Imperatore di En, Naraku non diede segno di averlo notato. Non si voltò neppure verso Kagura, né cambiò espressione.
«Kagura non ha fatto colpo.» sussurrò Jakotsu, nascondendo una risatina. La demone del vento venne avanti di un passo, seccata.
«Mi ascolti, Naraku?! Sta succedendo ciò che non volevi, Sesshomaru è…»
«È tornata.» mormorò l’hanyo, sempre senza badare alle sue parole. Il tono era inusuale, denso di stupore e di un sentimento che gli ascoltatori non seppero decifrare ma che mise loro i brividi addosso.
«Certo che Shinsetsu è tornata, lo sai da giorni!»
«Non Shinsetsu, oca! – la censurò Naraku, voltando lo sguardo ardente su di lei e forzandola a indietreggiare per la paura – Lei è tornata con la sua Hoshisaki. Kikyo!»
«Kikyo?! – mormorò Bankotsu, che cercava di raccapezzarsi in quello che sembrava un delirio del loro capo – Quella sacerdotessa che fece fuori il Principe di En?»
«Lei…e non più lei. Si è reincarnata. – annuì il mezzo demone, alzandosi dal trono e facendo cenno a Kanna di non aver più bisogno dei suoi servigi – Shinsetsu è rimasta legata alla sua anima.»
«Allora devi fare ancora più presto. Se Sesshomaru trovasse quella donna…» iniziò Kagura, mentre il suo cervello rifletteva sulla nuova informazione, chiedendosi se potesse tornare utile. Le successive parole di Naraku, però, la lasciarono tanto stupita da cancellare le sue riflessioni.
«Sarà lei a trovare lui. È in viaggio verso il Palazzo di En, con l’ultima Cacciatrice come guardia del corpo e quel piantagrane di Miroku per buona misura.» disse. Sul suo viso, incongruamente, andò delineandosi un sorrisetto crudele.
«Miroku?! – esclamò Jakotsu, che aveva un debole per i bei ragazzi e si era già scontrato col monaco – Sarà meglio che quelle due tengano giù le mani dal mio monaco preferito!»
«Si stanno alleando tutti contro di te, eh? Vuoi che li fermiamo?» chiese Bankotsu, perplesso.
«Oh, no. Visto che ci siamo, rendiamo le cose più interessanti. Lasciamo che Shinsetsu risvegli il principe Inuyasha.» sogghignò Naraku.
«Ma sei impazzito?! Già non riusciamo a sconfiggere Sesshomaru, ci manca aggiungere quello che è stato il tuo più acerrimo nemico!» sbottò Bankotsu, irritato da quei giochetti. Naraku allungò una mano verso i tre e tutti barcollarono, avvertendo una potentissima aura malefica scorrere nelle loro membra, ricoprendoli di sudore gelido e spezzando il loro respiro. Le Hoshisaki che Naraku aveva impiantato nel loro corpo gli appartenevano e rispondevano al suo volere, tenendoli in ostaggio.
«La vostra mente è piccola e non vede quanto possiamo guadagnare da questa situazione. – mormorò Naraku, sprezzante – Le Hoshisaki di Inuyasha e della sua spada sono sigillate da Kikyo e per questo mi sono precluse. Ho bisogno che quello stupido cane si svegli, non capite? Non solo ne otterrò le Hoshisaki, ma avrò finalmente il piacere di ucciderlo.»
Cosa che l’ultima volta ti è riuscita tanto male.” commentò tra sé Kagura, facendo ben attenzione a non lasciar trasparire quel pensiero. «Quindi…vuoi che li lasciamo andare?» chiese, rauca, riprendendo fiato.
«Per adesso, aspettiamo di vedere cosa succede.- disse Naraku, perdendosi di nuovo nei suoi insondabili pensieri – Sono sicuro che le cose si faranno interessanti. Molto più di quanto sperassi.»
***
La luna traeva riflessi dall’acqua del fiume, dalla riva bagnata su cui erbe e giunchi andavano a lambire la corrente. Il cielo notturno era un fulgore viola. La luna troneggiava al centro della volta celeste nella sua pienezza, come se si stesse gustando la bellezza del creato. I ciliegi erano in fiore e i petali chiari bevevano la luce della luna per poi partire per il loro ultimo viaggio, portati dal vento.
Sotto quella pioggia di petali, con le dita immerse nella corrente gentile, lei attendeva con un misto di eccitazione e timore. Lui sarebbe venuto? Sarebbe riuscito a tornare quella notte? Il messaggio diceva che la Stella era compiuta, ce l’avevano fatta. Anche lei era pronta a fare la sua parte.
Avrò anche la mia risposta?” si chiese, temendo che il cuore le scoppiasse in petto. Da tanto aspettava un cenno, una prova di essere riuscita a toccare il suo cuore, ma la battaglia infuriava e lei non avrebbe osato distogliere la sua attenzione dalla missione in cui era impegnato. Ora, forse…
Un fruscio alle sue spalle, il suo nome pronunciato dalla voce che amava. Si voltò, con un radioso sorriso sul volto, ma i suoi occhi non colsero la forma bianca e argentea che attendeva, bensì una massa più oscura delle stesse ombre.
«Junan, la Passione…- mormorò lo sconosciuto, la cui voce passò orribilmente da un’imitazione di quella amata a un sibilo malvagio – Volevi stargli a fianco, non è vero? Invece sarai la sua rovina.»
Si voltò, cercò di fuggire lungo il fiume, nella tempesta di fiori di ciliegio che ora sembravano cadere con furia, quasi temessero a loro volta la presenza di un nemico dalla malvagità insondabile. Avvertì un gelo immenso quando la tenebra la raggiunse, la trasse a sé, le tolse il respiro e la vista. Le parve di affogare e la sua voce non ebbe nemmeno il tempo di pronunciare per l’ultima volta il nome di chi era stato la sua ragione di vita…
Anna si svegliò di scatto con un grido soffocato in gola e le mani chiuse ad artiglio sulle coperte. Per qualche istante rimase immobile a fissare la stanza appena rischiarata dalla luce grigia dell’alba, cercando di separare l’incubo dalla realtà, poi lasciò andare un tremulo e sofferto sospiro. Si alzò a sedere e passò una mano sulle guance, che erano bagnate di pianto. Ebbe bisogno di alzarsi e scostare le tende per convincersi di non avere più nulla da temere.
«Che sogno orribile…» mormorò, con un brivido. Era iniziato in un’atmosfera magica e romantica per poi trasformarsi in un orrore. D’altra parte, il sogno era disseminato di fiori di ciliegio…non poteva finire bene. Si voltò a guardare la stanza. Era nella camera che da piccola condivideva con Kagome. Il letto della giovane scomparsa era vicino alla porta. Quante notti avevano passato a chiacchierare, ascoltando insieme le loro canzoni preferite o inventando avventure…Tempi andati, come succedeva inevitabilmente con la crescita.
«Forse non avrei dovuto tornare a dormire qui.» mormorò, mentre la triste realtà le tornava alla mente. Erano passate tre settimane e ancora non c’era alcuna traccia di Kagome. Ormai, la famiglia era disperata e la polizia brancolava nel buio. Non c’era da stupirsi se il sonno di Anna si popolava di incubi: anche lei era fuori di sé per la preoccupazione.
«Kagome…ovunque ti trovi, spero che tu sia ancora viva.» pregò.
   
 
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